Scontri di civiltà : Iran vs USA

Sfogliando l’ultimo numero della rivista Newsweek mi sono imbattuto in un articolo firmato da tale Amir Taheri dal titolo: A Clash of Civilisations.

Il titolo mi ha subito incuriosito e leggendo l’articolo ho notato che Taheri ha menzionato proprio il libro di Samuel Huntington, “The Clash of Civilisations and the Remaking of a New World Order” che io avevo a mia volta citato nella discussione con ellie

La tesi principale dell’opera di Huntington è che, dopo la caduta del comunismo, i principali motivi dei conflitti nel mondo non saranno più ideologici o economici, ma, in presenza di profonde divisioni dell’umanità, di “natura culturale”, tra appartenenti a diverse civiltà. Secondo il politologo, il prossimo grande conflitto sarà quello tra le civiltà cristiana e islamica.

Huntington divide infatti il mondo odierno in otto grandi civiltà differenti: occidentale, ortodossa, islamica, africana, cinese, indù, giapponese e latino-americana. Queste civiltà sono in competizione tra loro anche se alcune riescono ad integrarsi maggiormente, mentre altre sono inconciliabilmente divise.

Il testo è stato pubblicato nel gennaio del 1998, quindi ben prima dell’undici settembre 2001 e, seppur criticato da molti, risulta essere abbastanza profetico riguardo alla realtà odierna.

Taheri, analizzando i dati di vendita dell’opera, ha notato che essa ha avuto molto successo proprio in Iran dove ben 1000 copie sono state acquistate e ritirate da un camion dell’esercito appartenente allo “Islamic Revolutionary Guard Corps”, gruppo di cui fa parte anche il neo-eletto presidente Ahmadinejad.

Da queste premesse, l’articolista trae le conclusione che nel futuro sarà inevitabile uno sconto tra Iran e Stati Uniti per le seguenti ragioni:

1) L’Iran è determinato a rimodellare il medio-oriente a sua immagine in uno scontro deliberato con l’immagine americana. Il potere reale in Iran è infatti nelle mani delle “Guardie della Rivoluzione”, che, mentre noi occidentali ammiravamo la “moderazione” dell’ex presidente Kathami, erano già all’opera da tempo per ramificare la loro rete politico-affaristico-militare. In Iran non c’è stata dunque una vera lotta tra moderati e integralisti, ma nelle ultime elezioni è solamente venuto alla ribalta il vero potere con il volto di Ahmadinejad, già sindaco di Teheran.

2) L’Iran ha l’obiettivo di creare un mondo multipolare in cui esso detenga la leadership del mondo islamico.

3) La guerra di George Bush al terrorismo islamico non ha fatto altro che avvantaggiare i mullah, perchè ha di fatto messo fuori gioco tutti i loro peggiori avversari: i Talebani afghani e Saddam Hussein. Inoltre la politica statunitense ha minato la fedeltà dei suoi storici alleti nel mondo islamico, l’Arabia Saudita e l’Egitto.

4) L’Iran può fare la voce grossa perchè le difficoltà incontrate dagli americani in Iraq e Afghanistan fanno ritenere che questi dovranno presto abbandonare la regione.

5) La crescita enorme del prezzo del petrolio ha garantito al nuovo governo iraniano la possibilità di finanziare sia le ricerche belliche, in particolare nel campo del nucleare, sia importanti riforme economoche e sociali.

Questo articolo rappresenta, a mio modesto parere, un classico del giornalismo partigiano. Non conosco la biografia di Amid Taheri, ma dal nome si potrebbe ritenere di origine iraniana. Potrebbe dunque essere uno dei tanti rifugiati politici che lavorano in America per rovesciare i governi dei loro paesi. In particolare le sue tesi non mi convincono per i seguenti motivi:

1) Demonizzare l’avversario sembra strumentale alle proprie esigenze: gli americani, e tutti gli europei, hanno fatto apertamente il tifo per il moderato Kathani prima delle scorse elezioni e ora si vuole insinuare che anch’egli sia intimamente legato con l’integralismo? Un pò di coerenza non farebbe male in certi casi.

2) L’Iran, dal mio punto di vista, non ha alcuna possibilità di divenire la guida del mondo islamico perchè rappresenta solamente gli Sciiti che sono una fetta largamente minoritaria dei musulmani (circa il 10% del totale). Inoltre i rapporti tra Sciiti e Sunniti sono tutt’altro che idilliaci come dimostrato ampiamente dalla situazione irachena.

3) La guerra di Bush in Iraq ed in Afghanistan ha certamente indebolito i rivali storici dei Mullah iraniani, ma ha, allo stesso tempo, mostrato che gli Stati Uniti non stanno certo con le mani in mano e sono pronti ad intervenire dovunque vengano minacciati i loro interessi e la loro sicurezza.

4) Le difficoltà incontrate dagli americani soprattutto in Iraq, sono state superate in maniera soddisfacente e, se veramente si dovesse avviare il processo democratico, si dovrebbe parlare solamente di una loro grande vittoria.

5) Certamente l’Iran vive una fase di grande progresso economico, ma, in caso di conflitto con l’Occidente, l’economia avrebbe molto più da perdere che non da guadagnare.

In definitiva questo articolo mi sembra molto propagandistico e con la volontà di creare un nuovo mostro da combattere. Chissà che l’amministrazione americana non voglia ancora ripetere l’eperienza fatta con l’Iraq quando, per alimentare la fobia del “mostro”, ci rifilò le più grosse panzane, tra cui quella delle armi di distruzione di massa, facendole passare a ripetizione sui mass-media per ottenere il consenso popolare?

Vedremo.

New Orleans: the day after tomorrow!

Non so se avete visto il film citato nel titolo, ma quello che sta succedendo a New Orleans mi ricorda molto quelle scene catastrofiche e spettacolari girate grazie agli effetti speciali di Hollywood.

Peccato che quello che sta succedendo alla "Big Easy" sia drammaticamente vero.

L’uragano Katerine ha infatti travolto la città con venti a oltre 200 Km/h, travolgendo le deboli difese di una metropoli costruita 2 metri sotto il livello del mare e protetta solamente da una diga naturale alta 4 m e da una zona paludosa nella quale sfocia il fiume Mississippi.

Avrebbe potuto anche andare molto peggio (sembra impossibile vedendo le immagini), perchè Katerine, prima di giungere nella città, ha perso ben due gradi di potenza (dal 5° al 3°), altrimenti sarebbe rimasto veramente ben poco da salvare.

Il presidente Bush e il sindaco della città avevano ordinato agli abitanti, circa 1,3 milioni, di evacuare le loro case e di portarsi al sicuro nell’entroterra. Sembra che in città siano rimaste solamente 100-200 mila persone, di cui almeno 10 mila dentro al bellissimo Superdome (uno stadio avveniristoco dove giocano i New Orleans Saints di football), e tutte si trovano ora senza acqua, gas ed elettricità.

L’acqua in alcuni punti supera i 2 metri di altezza e si teme pure un "back flood" (una inondazione in senso contrario) proveniente dal fiume Mississippi enormemente gonfiato dalle piogge. Si calcola che il riflusso delle acque potrebbe durare per settimane con effetti catastrofici sulle fondamenta delle case e dei grattacieli.

Il conto delle vittime si è fermato a 68, ma il governatore della Louisiana afferma che con ogni probabilità il numero è destinato a crescere esponenzialmente.

Ora Katerina sembra puntare verso la costa dell’Alabama; i porti di Biloxi e Mobile sono in stato di allerta e negli stati di Alabama, Mississippi e Tennessee è molto alto il rischio di forti trombe d’aria.

Per ulteriori informazioni visitate i seguenti links:
• http://www.cnn.com
http://www.lsp.org/emergency.html
http://www.nytimes.com
http://www.washingtonpost.com
http://www.corriere.it

Scontri di Civiltà : la storia tra ragione e religione

Prendo spunto dalla discussione tra Andrea e Gianluigi per esporre qualche mia idea sul tema dello scontro tra religioni (o civiltà), molto attuale soprattutto dopo gli ultimi eventi di Londra.

[quote=andrea][…] perché da che mondo è mondo sono le civiltà più forti socialmente, economicamente e militarmente a tentare di sopraffare quelle deboli. Ora, dire che è in atto un tentativo di sopraffazione (leggi guerra di civiltà) ai danni della civiltà occidentale ha una parte di verità ma corrisponde ad una lettura unilaterale del fenomeno[/quote]

I conflitti tra nazioni sono stati, sono e saranno sempre causati, nella maggioranza delle occasioni, dalla religione (soprattutto dopo la fine delle altre ideologie). Chi conosce un pò di storia deve essere consapevole di questo fatto e non può sorprendersi ogni volta di ciò. Questo non toglie che l’evoluzione del genere umano sta portando a preferire la convivenza piuttosto che lo scontro frontale tra le religioni stesse.

Certo, le differenze religiose producono uno stato di "guerra fredda" che occasionalmente trova sfogo in determinati punti del globo dove la tensione è più forte per determinati motivi storici. I primi casi che mi vengono in mente sono:

• il conflitto israelo-palestinese, generato dall’immigrazione di milioni di Ebrei, in fuga dall’Europa, in un territorio superficialmente limitato e in un lasso di tempo brevissimo (diciamo dagli inizi del ‘900 fino al ’49, anno della prima guerra tra arabi ed ebrei, e che continua tuttora).

• Il conflitto tra protestanti e cattolici nell’Ulster.

• I conflitti tra cristiani e musulmani in vari paesi dell’Africa e dell’Asia.

• La guerra fredda (con escalation nucleare) tra India e Pakistan.

• Le guerre nel Caucaso (specie in Cecenia).

• il conflitto nella ex-Jugoslavia in cui si combatterono tra loro cattolici (croati), ortodossi (serbi) e musulmani (una parte dei bosniaci e molti albanesi) in una terra di confine da sempre teatro di conflitti etnico-religiosi.

Soffermandoci su questo caso: se consideriamo Bin Laden un super-terrorista (giustamente) per avere ucciso 3000 persone alle torri gemelle, che dovremmo dire di Milosevic, responsabile, direttamente o indirettamente, di eccidi come quello di Srebrenica o delle pulizie etniche verso gli albanesi (in gran parte musulmani) nel Kosovo? Ricordiamoci bene che gran parte di quelle vittime furono civili. Oppure cosa dovremmo pensare di Tudjman, che con l’avallo della Città del Vaticano (primo stato a riconoscere la sovranità della Croazia) compì anche lui i suoi bei massacri di musulmani nella zona di Mostar e fu in seguito autore di una bella pulizia etnica nei confronti dei serbi della Krajna e della Slavonia?

Possiamo affermare, quando un Tudjman stermina musulmani, che i cattolici hanno dichiarato guerra all’Islam?
Allo stesso modo, possiamo dire che cattolici e protestanti sono in guerra perchè nell’Irlanda del Nord i due gruppi si ammazzano da decenni?

In generale si può affermare, ma questa è una mia teoria, che all’aumentare dell’importanza della ragione cala l’imortanza della religione, fino a superare anche il vecchio concetto di "Darwinismo" (sociale o etnico o religioso). In fondo se gli americani usassero la legge del più forte potrebbero facilmente sterminare i musulmani o gli ortodossi o i confuciani. E questo anche senza nemmeno dover ricorrere alle armi atomiche. Pensiamo all’effetto di virus tipo Ebola, molto studiato dagli scienziati militari americani per il suo tasso di mortalità, se diffuso in città sottosviluppate e densamente abitate come Karachi o Teheran o Giacarta.

Insomma, ciò che io auspico è che la religione perda sempre più importanza a scapito della ragione nei rapporti tra gli stati.
In questo senso le dinamiche della storia sembrano darmi ragione:

• Se pensiamo alla situazione dopo la pubblicazione delle tesi di Lutero, che portarono gli stati europei a distruggersi reciprocamente per diversi secoli, possiamo notare che i rapporti tra cattolici e protestanti sono molto migliorati anche se esiste sempre l’Irlanda del Nord.
• Se pensiamo all’epoca delle crociate (XII secolo), alla battaglia di Lepanto (1571) o all’assedio turco di Vienna (1683), possiamo affermare che la situazione attuale tra cristiani e musulmani è quasi idilliaca (nonostante Bin Laden).
Lo stesso raffronto vale anche per i rapporti tra quasi tutte le altre religioni.

E’ altresì vero che se qualcuno ci attacca, "noi" abbiamo il diritto di difenderci, ma questo diritto è reciproco e vale anche contro l’Occidente.
E’ chiaro che se qualcuno invade l’Iraq (e parlo dell’Iraq, non dell’Afghanistan), gli iracheni e i loro amici avranno il diritto di difendersi nel modo che ritengono più opportuno. Essendo una guerra asimmetrica, non possiamo aspettarci che ci rispondano con le nostre stesse armi (visto che non le posseggono).

Anche il terrorismo non l’hanno inventato certo i musulmani. Mi viene in mente la figura di Guglielmo Oberdan, uno dei nostri eroi del risorgimento, che era solito piazzare ordigni esplosivi nei territori irredenti del Trentino, uccidendo magari degli ignari poliziotti croati o cechi che nulla avevano da spartire con la lotta di liberazione italiana dagli austriaci (non vi ricorda un pò Nassirya?). E non venite a parlarmi di dittatura, visto che americani ed europei (si, anche noi) hanno finanziato e sostenuto dittature altrettanto sanguinarie: mi vengono in mente Mobutu o Batista o 1000 altri, oltre agli stessi Saddam Hussein e Bin Laden.

In definitiva il mondo non è solo Bianco o solo Nero, Bene o Male, ma tutti hanno i loro scheletri nell’armadio.
La sintesi di tutto il mio ragionamento è questa: se nel rapporto tra due individui o Stati o qualunque altra aggregazione è prevalente la religione (o l’ideologia in generale) si arriva inevitabilmente allo scontro (se uno afferma di possedere la verità, è impossibile qualsiasi dialogo). Se invece prevale la ragionevolezza è possibile avere il dialogo e forse anche la convivenza pacifica.
Io almeno lo spero.

La Grande Storia della Guerra

Quali sono le pulsioni dell’animo umano che spingono alla guerra? Come si è evoluto il concetto di guerra e la sua realizzazione pratica?

John Keegan risponde a queste domande partendo dalle prime battaglie rituali dei popoli preistorici sino al concetto di annientamento totale dell’avversario. Keegan parte appunto dai combattimenti dell’età della pietra, spesso incruenti e puramente rituali, per poi legare lo sviluppo dell’arte bellica allo sviluppo della società stessa.

Con la nascita dell’agricoltura cominciano infatti i primi conflitti tra popoli nomadi e popoli sedentari nelle pianure dell’Asia minore. Questo periodo vede l’avvento dei popoli a cavallo (animale domesticato già nel IV millennio a.C.), prima tramite il carro da combattimento, che porta gli Assiri al dominio di tutta la mezzaluna fertile.

In seguito il carro da combattimento (utile solo in pianura) viene soppiantato dall’uso del cavallo montato. A prendere il sopravvento sono dunque i popoli della “steppa”, eccellenti cavalcatori, tra cui i più noti sono gli Unni, i Turchi e i Mongoli, che riusciranno a conquistare il più grande impero della storia.

Parallelamente i Greci cambieranno radicalmente il modo di combattere, introducendo la “falange”, la prima forma di esercito organizzato in maniera “moderna” con un armamento standardizzato (la panoplia) e uno schieramento disciplinato. I romani modificheranno poco questo schema, rendendolo solo più flessibile, nella conquista del loro grande impero.

E’ solo nel XV secolo che avviene un’altra svolta epocale: l’avvento della polvere da sparo e del cannone che permette ai turchi di abbattere le poderose mura di Costantinopoli.

Il cambiamento introdotto dal cannone non è solo tattico ma anche psicologico: dallo scontro “corpo a corpo” si passa “all’uccisione a distanza” che finisce per togliere ogni remora ai guerreggianti. Si giunge così alla teoria “dell’annientamento totale dell’avversario” ottenibile ai nostri giorni con le “armi di ditruzione di massa”.

Siamo giunti quindi alla fine della guerra? La paura dell’annichilimento totale porrà fine all’innato istinto che porta gli uomini a sfogare la propria aggressività contro i propri simili? Keegan conclude la sua analisi asserendo che la guerra è diventata ormai una abitudine per l’uomo, ma che non sopravviveremo se non ci disferemo delle nuove abitudini che abbiamo imparato!

John Keegan
La grande storia della guerra
Dalla preistoria ai giorni nostri

(Mondadori, 1996)

“The Marble Man” di Thomas L. Connelly

Chi non conosce il mitico generale Robert E. Lee comandante dell’armata della Virginia durante la guerra civile americana? Ebbene la sue fama ha valicato i confini degli Stati Uniti ed è giunta in tutto il mondo. Molti conoscono il nome del generale Lee pur essendo completamente all’oscuro delle vicende e dell’esistenza stessa di questo conflitto.Ma come ha potuto la figura di Lee, uno degli sconfitti, divenire così famosa?

Ce lo spiega Thomas Connelly, professore di storia dell’università della Carolina del Sud, in questo interessante saggio. In realtà alla fine della guerra civile la fama del generale Lee era pari, se non inferiore, a quella di altri generali confederati tra cui “il vecchio Joe” Johnston, “Stonewall” Jackson ed altri. Certo il ruolo di Lee durante la guerra fu di primo piano e fu l’unico generale sudista che provò a invadere il territorio dell’Unione, ma la sua fama e la sua grandezza crebbero solamente al termine della guerra e dopo la sua morte.

Le varie generazioni che gli succedettero crearono e modificarono l’immagine del generale a seconda dei loro scopi politici, facendolo diventare prima un idolo dei popoli del Sud, vinti ma sempre combattivi e pronti al riscatto, poi un vero e proprio simbolo nazionale, venerato anche al Nord da coloro che lo avevano sconfitto, ed infine un eroe della middle-class, il prototipo dell’uomo libero che combatte per la sua terra contro le ingiustizie. Insomma la figura di Lee viene plasmata ogni volta in maniera diversa a seconda dei fini politici dei suoi apologi.

Una visione della storiografia alquanto orwelliana che ci invita a riflettere sui personaggi storici, su come le loro figure siano state rappresentate attraverso i secoli e su come siano giunte a noi. Un monito a essere sempre critici di fronte alla storia ricordando che questa, come noi la conosciamo, non è la pura verità, ma solo una rappresentazione fatta da uomini con i loro fini politici e propagandistici.

The Marble Man
di Thomas L.Connelly (libro in inglese)

La valle dell’Eden

La storia di due famiglie che giungono nel moderno Eden rappresentato dalla valle del fiume Salinas dopo la fine della “Guerra Civile”.
Gli Hamilton e i Trask incominceranno lì la loro saga che, attraverso varie generazioni, si intreccia con quella dell’America stessa. Opera moralistico-filosofica che ci pone innanzi alle più forti pulsioni dell’animo umano che, a volte, la società contemporanea tende a nascondere od a negare.

La valle dell’Eden di John Steinbeck

Alleati di Hitler

La guerra, una grande guerra, fu sin dall’inizio il punto centrale del programma di Mussolini. La sua realizzazione ultima, il conflitto 1940-43, portò alla sua totale umiliazione e alla dissoluzione del regime fascista“. Una analisi approfondita e spietata della preparazione e della conduzione della guerra da parte di Mussolini. Cosa avrebbe potuto e dovuto fare l’Italia per non essere umiliata nella II Guerra Mondiale e come invece il Duce e i suoi leccapiedi l’hanno portata alla catastrofe. Impietoso.

Alleati di Hitler
di MacGregor

A volte ritornano

La sera, quando mi corico, sento ancora il bisogno di assicurarmi che le mie gambe siano sotto le coperte, una volta spenta la luce. Non sono più un bambino ma non mi va di dormire con una gamba che sporge dal letto. Perchè se una mano gelida mi afferrasse la caviglia, potrei anche urlare… Sono cose che non succedono, naturalmente, e lo sappiamo tutti. L’essere che, sotto il letto, aspetta di afferrarmi la caviglia non è reale. Lo so. E so anche che se sto bene attento a tenere i piedi sotto alle coperte, non riuscirà mai ad afferrarmi la caviglia.

Ecco l’horror di King: la paura irrazionale che ci fa venire i brividi alla schiena quando siamo in una stanza buia, in una serata ventosa che fa sbattere i rami degli alberi contro la nostra finestra, quando sentiamo il miagolio acuto di un gatto in calore.

A volte ritornano, come i nostri incubi, mostri immaginari che la nostra fantasia rende più reali della stessa realtà. Per questo i libri di King ci affascinano e ci terrorizzano, perchè ci mette dinnanzi alle nostre paure recondite ed è proprio nei racconti brevi che il maestro dell’horror da il meglio di sè.

A volte ritornano
di Stephen King (1978)

Le dichiarazioni di Ratzinger

-Sulle altre forme di Cristianità:

"Non sono Chiese nel senso proprio; comunque, coloro che sono stati battezzati in queste comunità sono, attraverso il battesimo, uniti in Cristo e così sono in una certa comunione, benchè imperfetta, con la Chiesa". [Dominus Jesus Declaration 2000]

Insomma, i cristiani sono cristiani. Il dialogo con ortodossi e protestanti dovrebbe continuare sul tracciato delineato da GPII.

-Sulle altre religioni:

"Parlando obiettivamente, (essi) sono in una situazione di grave deficienza rispetto a coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi di salvazione dell’anima." [DJD 2000]

Dialogo interreligioso si, ma solo i Cristiani detengono la verità…

-Sulla contraccezione:

"Non possiamo risolvere grandi problemi morali semplicemente con la tecnica e con la chimica, ma dobbiamo risolverli moralmente, con lo stile di vita." [Sale della terra 1997]

Insomma gli africani devono imparare a cambiare stile di vita prima di venire tutti infettati dall’AIDS.

-Sull’omosessualità:

"Sebbene la particolare inclinazione di una persona omosessuale non sia un peccato, essa è più o meno una forte tendenza verso un intrinseco male morale; e così, la stessa inclinazione, deve essere vista come una oggettiva malattia… Come in ogni conversione dal male, l’abbandono della attività omosessuale richiederà una profonda collaborazione tra l’individuo e la grazia liberatrice di Dio" [Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica 1986]

Quindi gli omosessuali sono persone sulla via del male che hanno bisogno di convertirsi. In fondo, su questo tema, pare meno intransigente che in altri campi.

-Sul sacerdozio delle donne:

"Questa ordinazione sacerdotale costituisce una grave offesa alla costituzione della Chiesa ed è un affronto alla dignità delle donne, il cui ruolo specifico nella Chiesa e nella società è distintivo e non rimpiazzabile" [Dichiarazione alla sacra congregazione per la dottrina della fede 2002]

Fino a quando la Chiesa Cattolica continuerà a discriminare le donne?

-Sulla politica:

"Un cattolico dovrebbe essere colpevole di formale collaborazione con il male, e così indegno di presentarsi alla Sacra Comunione, se avesse deliberatamente votato per un candidato favorevole all’aborto o alla eutanasia."

Dobbiamo dunque aspettarci grosse interfenze di questo Papa suille decisioni politiche? Io ho paura di si anche se in questo caso la Chiesa rischia di perdere ancora l’appoggio popolare come è successo in passato proprio sul tema dell’aborto. In Italia infatti più del 90% della popolazione è cattolica, ma al referendum più del 50% ha votato a favore della legge sull’aborto. Speriamo che la Chiesa si accorga di tutto ciò e non cerchi di pesare troppo sulla vita politica del nostro paese (utopia?).

Un papa di destra?

Certamente è difficile catalogare un Papa con le categorie della politica, ma indubbiamente l’elezione al soglio pontificio di Jozef Ratzinger rappresenta una chiara volontà della chiesa espressa proprio dall’ex cardinale nella sua ultima omelia pre-conclave.

La chiesa cattolica ha scelto purtroppo la via dell’arroccamento sulle sue posizioni ideologiche più estremistiche, allontanandosi sempre più dalla via modernistica delineata dal Concilio Vaticano II.

Già Karol Wojtyla, durante il suo pontificato, aveva tenuto una linea abbastanza ambigua:

Aperto verso le altre religioni, verso i giovani, verso le manifestazioni della fede (da qui le numerose satificazioni) e convinto pacifista.

Intransigente e conservatore riguardo alla ortodossia della dottrina ed alla morale su tutti i maggiori temi emersi durante il suo pontificato: dall’aborto al divorzio, all’eutanasia, alla scuola privata, all’etica sessuale (ad esempio sull’uso dei profilattici), al ruolo della ricerca scientifica, alla procreazione assistita, al sacerdozio femminile e più in generale al rapporto tra uomo e donna (evidentemente era più amante della figura di Maria che di quella della donna).

Il nuovo Papa, Benedetto XVI, è stato il cosigliere dottrinale di Giovanni Paolo II per quasi tutto il pontificato e dunque non si dovrebbero avere grandi sconvolgimenti in questo campo.

Quello che è veramente preoccupante è la visione ultraconservatrice del nuovo papa anche negli altri ambiti: basti ricordare che solo pochi anni addietro (nel 2000), il cardinale Ratzinger si era espresso con chiarezza contro il concilio vaticano II, arrivando addirittura ad auspicare un ritorno della lingua latina nella celebrazione delle messe e il ritorno a celebrare i riti rivolti verso l’abside e non verso i fedeli!

La Chiesa Cattolica sceglie dunque di fare una battaglia di difesa e di arroccamento sui suoi dogmi invece di aprirsi, come molti auspicavano, alla modernità non certo abdicando dai propri valori, ma adeguandoli alle sfide del terzo millennio.

In definitiva non mi sembra questo il modo di continuare quella grande opera di riavvicinamento della chiesa alla società iniziata sotto il pontificato di Giovanni XXIII e portata avanti, anche se in maniera ambigua, da GP II.

Secondo il mio modesto parere questa è una scelta assolutamente sbagliata, ma solo il tempo e le azioni del nuovo Papa potranno confermare o smentire queste prime impressioni.