Una riflessione sul partito democratico

Romano Prodi e Walter VeltroniL’Italia sembra procedere, o almeno sembra dover procedere, nella linea della semplificazione politica dei partiti.
Così si parla di creare due grandi forze che si affrontino tra loro, l’una di ispirazione di centro destra e l’altra di ispirazione di centro sinistra.
Questo è l’auspicio, la realtà, ancora una volta, sembra essere più complicata.
Ma procediamo valutando ciò che sta accadendo.

Nell’attuale contesto, forse forzando un po’ questo processo, si inserisce il Partito Democratico; la semplificazione e la riduzione dei partiti in Italia è un fatto certamente positivo; il cambiamento deve però accompagnarsi ad una realtà nuova e non ad un rimescolamento delle attuali ma ormai vecchi carte in gioco.
Per come viene concepito, il Partito Democratico molto somiglia a quello che oggi si chiama Ulivo, in netta perdita di consensi, come le ultime elezioni hanno dimostrato (-10% nella nostra città).
Non stiamo assistendo alla creazione di un vero soggetto nuovo, che racchiuda in sé gran parte della sinistra, delle forze che la compongono, ma assistiamo all’unione un po’ forzata di 2 partiti, Ds e Margherita.

Tutto ciò, questo processo, avviene molto velocemente nel momento in cui il governo Prodi rimane schiacciato dalla perdita di consensi e procede di forza nella sua azione tra mille problemi e litigi interni.
La domanda sorge spontanea: si vuole per caso spostare il tiro, l’attenzione su altre questioni?
Negli ultimi giorni non si fa altro che parlare di Veltroni; poco si parla di Prodi e del suo esecutivo che continua a combattere a suon di senatori a vita.

Veltroni fa un bel convegno in cui illustra il suo programma e quello della sinistra che lui vorrebbe, forse dimenticando che i programmi si fanno prima delle elezioni e non quando si è al governo: si rivolge infatti alla sua parte politica, attualmente al governo del paese.
Cosa c’è di nuovo in questo?

Dentro la maggioranza si levano molte voci di dissenso: Mastella, Boselli, Di Pietro, Parisi, parte della sinistra radicale; c’è poi stato chi ha correttamente fatto notare che il discorso di Veltroni altro non era che la ripetizione di quanto scritto nelle 280 pagine del programma con cui l’unione si è presentata alle elezioni politiche, vincendole.
Veltroni, abile uomo politico, viene oggi presentato come soggetto nuovo quando, in realtà, è un politico di nascita, essendo in politica praticamente da sempre; infatti ben conosce l’esperienza di governo, essendo stato vice presidente del consiglio nel primo governo Prodi.
Quello che sembra delinearsi è qualcosa di già visto, temo.

Resta quindi una domanda fondamentale: come è possibile governare la stessa coalizione che, ad oggi, ha dimostrato che per le differenze presenti al suo interno è ingovernabile?
Come può un uomo governare un paese se prima non riesce a governare una coalizione?
Questo non è certo un attacco ad alcun partito: ogni forza politica ha i suoi ideali, i suoi valori, le sue idee ed è giusto che persegua la sua strategia politica.
Quello di cui l’Italia oggi non ha assolutamente bisogno è avere una coalizione inconciliabile con se stessa.

C’è il sospetto che il Partito Democratico, con Veltroni, ovvero la parte più moderata dell’attuale maggioranza, punti a rafforzarsi quanto più possibile, per riacquistare quei consensi e quella capacità di incidere sulle scelte che oggi l’altro animo della maggioranza, la sinistra radicale, ha conquistato a suo danno insomma… logiche e giochi di potere tutti interni ad una coalizione.

Se veramente si vuole creare un soggetto politico nuovo, capace di interpretare i nuovi bisogni, capace di guardare al futuro, si deve cominciare da ciò che i cittadini vogliono: un cambiamento vero dell’attuale classe dirigente.
Questo non è quello che accade dentro il Partito Democratico: Veltroni parla di giovani come ha sempre fatto Prodi in campagna elettorale e vediamo una costituente del Partito Democratico fatta prevalentemente di uomini la cui età media può forse aggirarsi tra i 50 e i 60 anni.
Dove sono in questo i giovani? E le donne?

La politica va riformata partendo da un’attenta ed onesta analisi: la coalizione di sinistra contiene al suo interno forze inconciliabili; la diversità non è una colpa, può anzi essere un bene; ostinarsi a far convivere forze tra loro diverse questa si è una colpa, anche grave.
Bisogna individuare idee e valori comuni per poi pensare un soggetto politico nuovo; forzare i tempi come si sta facendo può servire ad una coalizione o a qualche partito per riconquistare qualche consenso, di certo non serve all’Italia.
Perchè si cerca di mettere un vestito nuovo a quello che oggi ha dimostrato di non funzionare?

Riflessioni analoghe, anche se con presupposti diversi, vanno fatte per il centro destra; anche questo deve impegnarsi nel cammino di unificazione.
Mi riservo tuttavia di parlarne in un altro momento per non creare confusione.
Il Partito Democratico non è quel partito unico di una parte politica che in molti auspicano, allora perchè tanta fretta e tanto finto entusiasmo?

4 pensieri riguardo “Una riflessione sul partito democratico”

  1. Credo, come te, che ormai il gioco politico si svolga nella “metà campo” del centro sinistra, che è capace di manifestare una qualsiasi idea e, allo stesso tempo, l’idea contraria.

    Rimando alla frase che, pronunciata alla vigilia delle ultime elezioni politiche da Marco Pannella, ancora dimostra tutta la sua attualità: da una parte ci sono dei buoni a nulla (centro sinistra), dall’altra quelli capaci di tutto.

    Buon referendum!

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