Una politica senza utopie?

Difficile scegliere, e ancor più difficile capirci qualcosa, quando in un dibattito sulle utopie della politica le esperienze presentate come “alternative” sono quelle di:
– un professore della Pontificia Università Gregoriana, figlio della buona borghesia cattolica veneta, già comunista, maoista, poi folgorato sulla via di Damasco, anzi nel letto di un reparto di neurologia dove si stava disintossicando dal maoismo e dall’esaurimento nervoso, alla vista d’un crocifisso;
– un giovanotto del centro sociale “Mezza Canaja”, no-global, movimentista, autonomista, bravo con la bomboletta spray, fan di Che Guevara e del subcomandante Marcos, folgorato non sulla via di Damasco ma sul lungomare Da Vinci, dagli strali di tutta l’intellighenzia cittadina, per qualche manifestino con la foto del Papa con un preservativo;
– a margine, un professore senigalliese di religione, «cristiano convinto fin dalla nascita» (già in sala parto, scommetto), ex sessantottino, ex lettore del Manifesto, ex fautore del Regno dell’Utopia escatologica, anche lui poi folgorato sulla via di Damasco una mattina, leggendo una frase del Vangelo sul giornale, ed oggi divenuto – non è dato sapere se per premio o per nemesi – responsabile del coordinamento comunale di Forza Italia.

Loro vengono spacciati per antagonisti, eppure sono storicamente, culturalmente, persino antropologicamente la stessa cosa. Non a caso, conoscendosi, si sono riconosciuti.
E a noi laici, relativisti, un po’ miscredenti sorge qualche dubbio.
Se uno non è mai stato folgorato sulla via di Damasco?
Se uno non si sente membro di nessuna Chiesa?
Se uno nutre la stessa diffidenza per tutte le utopie della politica, a prescindere dal colore?
Se uno non si sente rappresentato da nessuna delle varie ideologie totalizzanti che hanno tracciato nel secolo scorso le scorciatoie della democrazia, producendo in Europa i mostri che tutti conosciamo, che fa?
La tradizione laica, democratica, liberale, tollerante, un po’ scettica – di Gaetano Salvemini, dei fratelli Rosselli, per intenderci – da chi è rappresentata oggi?
Davvero l’unica scelta del menu deve continuare ad essere il cattocomunismo o gli insegnamenti degli atei-devoti?

Un commento su “Una politica senza utopie?”

  1. Dov’è la laicità dello Stato ? Su questo sito, ricorderai caro Andrea, v’è stato spazio al dibattito dello scorso anno circa il referendum, relativo alla “procreazione assistita”.
    Poi il silenzio assoluto, come purtroppo ben previsto da un “ prelato pesante” con il quale parliamo spesso. Silenzio non solo nostro, ma di tutti i media…e ben altri media
    Oggi tu invochi <<La tradizione laica, democratica, liberale, tollerante, un po’ scettica – di Gaetano Salvemini, dei fratelli Rosselli >>  per  sfuggire <<all’unica scelta del menu>>  che sembrerebbe essere quella del << cattocomunismo>>. Una invocazione, quasi una preghiera laica.
    Il nostro Parlamento quando trascrive in norme giuridicamente vincolanti per tutti i suoi cittadini le convinzioni di alcune “parti” (in larga misura religiose) sulla natura dell’embrione e sul significato antropologico della procreazione che cosa fa?
    Purtroppo, nei fatti,  in questo benedetto paese ha vinto “ l’idea che lo spazio pubblico della società debba essere organicamente e gerarchicamente strutturato dalle decisioni del potere politico”.
     Per me questa è la gabbia, profondamente antiliberale, che ipoteca la laicità dello stato.
    A quanto intravedo mi sembra che esista un consenso tacito che unisce tantissimi cattolici e molti laici, nonché i conservatori, ma anche i cosiddetti  progressisti.

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