Quando il giornalismo va a farsi benedire /1

Ogni tanto, in qualche telegiornale capita di imbattersi in “notizie” come queste: “il tal ministro smentisce seccamente le accuse di corruzione nei suoi confronti”, oppure “il governo ribadisce la piena fiducia al tal politico investito dai violenti attacchi dell’opposizione”.
Le accuse di corruzione o i violenti attacchi non costituiscono notizie con dignità autonoma e meritevoli d’approfondimento: censurate come tali, sono riportate solo per essere neutralizzate da una tempestiva smentita.

Simili miserie, si parva licet, capita di vedere anche a Senigallia. Dopo queste note, mi riprometto di non tornar più sull’argomento. Visti gli interlocutori, conviene lasciar perdere.

Su La Voce Misena dello scorso 30 giugno è apparso un corsivo a firma di P. Alberto Teloni dal titolo “Blasfemia”. A tale articolo ho risposto l’11 luglio, inviando alcune puntuali osservazioni alla redazione del settimanale e per conoscenza all’autore. Ho chiesto che fossero pubblicate, tutte o in parte, nello spazio dedicato agli interventi dei lettori.
In assenza di un riscontro, ho reiterato la richiesta via e-mail 5 volte (20 e 22 luglio; 5, 9 e 22 agosto) sperando in una risposta, di qualunque segno fosse. Se la pubblicazione non fosse possibile – per qualsiasi motivo: contenuti, linea editoriale, mancanza di spazio, o semplicemente perché il giornale non pubblica interventi di chi si chiama Andrea – che almeno si avesse l’onestà di dirmelo. Invece nulla: silenzio assoluto.
Poi, il 25 agosto su La Voce Misena nº 29 è uscita la contro-replica di Teloni ai miei commenti mai pubblicati. Senza entrare nel merito di ciò che scrive Teloni (e ci sarebbe parecchio da dire), voglio complimentarmi con La Voce Misena per il metodo.

Un capolavoro assoluto di giornalismo surreale: si pubblica un articolo, si censura la replica di un lettore ed infine si pubblica la contro-replica dell’autore. Ovviamente l’autore fa riferimento alla replica, ma di questa ai lettori non è dato conoscere neanche una riga. Tutte le affermazioni restano allora sospese a mezz’aria, svuotate e non verificabili: da una parte ci sono i monologhi del rispettabile opinionista, dall’altra un fantasma senza voce.
Cosa capiscono i lettori dell’intera vicenda? Nulla, ma poco importa, quando l’obiettivo è evitare il contraddittorio.
Da dei giornalisti avrei gradito un minimo di professionalità, ma mi sarebbe anche bastato uno straccio di decenza e d’educazione. Sempre che, beninteso, simili metodi abbiano qualcosa a che vedere col giornalismo.
Di nuovo, i miei complimenti.

5 pensieri riguardo “Quando il giornalismo va a farsi benedire /1”

  1. Appena m’è giunta la Appena m’è giunta la notizia di quanto uscito su Popinga ho letto – in tempo reale direi – quello che hai scritto, caro Andrea.
    Veramente ineccepibili le tue considerazioni, lapidarie, incontrovertibile. Fanno riflettere – anche qui in provincia, a Senigallia – su come quel minimo di professionalità che si richiede a chi vanta la qualifica di "giornalista" possa essere bruciata in un attimo. Mi chiedo il perchè? Ho solo delle ipotesi e per ora le tengo per me. Sarebbe molto triste doverle calare su persone che si conoscono

  2. La consapevolezza del panino Questo articolo di andrea mi ha fatto riflettere e mi ha riportato alla mente quanto letto su Regime (Marco Travaglio, Peter Gomez; BUR Editore) riguardo alle censure giornalistiche in Rai da parte del governo Berlusconi.
    Per motivi di spazio ho omesso molte delle questioni trattate in quel libro, che vi consiglio, ma mi riallaccio all’articolo di Andrea per approfondire in particolare il modo in cui vengono spesso presentate le novità politiche del giorno. Chi ha detto cosa? Che gli ha risposto quell’altro? E quell’altro ancora, era d’accordo? Quanto ci sarebbe da parlare! Quanti servizi sarebbero necessari per riportare tutto ciò che ha detto chi di mestiere deve discutere, appellarsi, deliberare, opporsi!
    Ed ecco quindi l’idea del panino imbottito; un megaservizione di 3, 4, 5 minuti in cui si cerca di riassumere cosa è successo in politica in quel giorno. Ma, siccome è noto che ci si ricorda meglio quel che viene detto all’inizio e specialmente alla fine di un servizio, ecco che le fettine di pane della maggioranza vengono sistemate all’inizio e alla fine, mentre quella di prosciutto dell’opposizione, più o meno sottile, viene nascosta a metà servizio. Il risultato è una generale impressione di maggior coerenza di chi riceve più spazio.
    Ad aggravare questa situazione atta a favorire una delle due fazioni politiche, ma solitamente la maggioranza, c’è un’altra tecnica, che intervista solo i personaggi al quale ci interessa maggiormente dar voce e riporta solo con la voce fuori campo del giornalista le dichiarazioni, le risposte, le accuse di altri che si vuole, non dico censurare, ma quantomeno oscurare. In questo contesto, quanto riportato da Andrea è ancora più grave visto che il suo è un panino solo pane e quindi ancor più indigesto! Questi stratagemmi giornalistici ci influenzano giorno dopo giorno, ma averne la consapevolezza non può che aumentare il nostro spirito critico.
    Il panino non è però prerogativa della maggioranza. Proprio oggi, su Rai Tre, ho visto un servizio, le cui lapidarie parole finali dell’intervistato erano “eufemisticamente” atte a scoraggiare l’elettore a ridare fiducia a Berlusconi!
    Buon appettito a tutti.

  3. Non ho seguito la vicenda

    Non ho seguito la vicenda per cui non posso esprimere alcun parere in merito. Comunque guarderò il numero in questione della Voce Misena con la famosa replica e poi potrò dire la mia. Se le cose sono andate così,comunque, certamente non sono stati molto corretti…
    Però adesso parlare di censure o regime nei confronti della Voce Misena mi sembra un po’ troppo…Si sa che è un giornale la cui redazione è tutta composta da persone legate alla Chiesa, in un modo o nell’altro, quindi è ovvio che chi non condivide alcune cose non ci si ritrovi…Neanche io che magari in parte posso condividerle mi ci ritrovo…ma qualche risata sugli articoli di Nicoli sulle strade dissestate intorno alla sua parrocchia – che tira fuori tutte le settimane – me le sono fatte…E gli sfrondoni e gli errori di ortografia? Adesso sono migliorati, penso che ci sia un correttore di bozze, ma prima era un divertimento assoluto il giovedì a casa mia quando arrivava per posta il giornale…da morire dalle risate…
    Comunque trovatemi un giornale che non sia di parte e che sia assolutamente obbiettivo e vi prometto un premio…pensate al Giornale o alla Repubblica, solo per fare due esempi di quotidiani di schieramenti opposti.A volte sono illeggibili.
    Un saluto a tutti voi giornalisti e tenetemi aggiornati sui dibattiti, mi piacciono molto e soprattutto mi piace partecipare…
    Ciao
    Silvia

    1. Cara Silvia, non vorrei essere frainteso Cara Silvia,
      non vorrei essere frainteso.
      Le mie osservazioni non hanno niente a che vedere con la partigianeria o l’orientamento (politico, sociale, religioso) del giornale. So bene che nessun giornale è obiettivo, ma non potrebbe essere diversamente: se io leggo La Repubblica so come la pensa, se leggo Il Giornale troverò il punto di vista opposto. L’obiettività non esiste neppure quando si raccontano fatti, figuriamoci quando si manifestano opinioni! Ma, direbbe Croce, è proprio dal contraddittorio tra opinioni soggettive e contrastanti che nasce l’oggettività, che si offre a ciascuno l’opportunità di farsi una sua opinione.
      Detto questo, le mie osservazioni sui metodi de La Voce Misena sono, per così dire, tecniche. Parlo di censura perché di censura si tratta. Non è un giornalista quello che scrive una contro-replica senza aver prima mostrato ai suoi lettori le opinioni a cui sta rispondendo, magari per stroncarle, ridicolizzarle o attaccarle ferocemente. A quel punto, a La Voce Misena avrebbero fatto meglio a continuare ad ignorarmi senza contro-replicare: se non la professionalità, avrebbero almeno salvato la buona educazione.

  4. Non sempre la censura riesce Non sempre la censura riesce bene. Direi che questo commento s’addice a puntino alla Voce Misena, al suo Direttore ed ai suoi redattori per i fatti di cui stiamo discutendo. Certo occorre un po’ d’osservazione e la voglia di vedere, di capire, di non trangugiare tutto quel che offre la stampa prendendo l’inchiostro della tipografia come se fosse oro colato.
    Più o meno sull’argomento di questo dibattito, a pagina 30 dello stesso numero di Voce Misena, appaiono due missive. Una riporta il testo integrale sulla vicenda di Radio Duomo, guarda un po’ a firma di Andrea Scaloni e del sottoscritto!, e di seguito troviamo la risposta del Sindaco di Senigallia.
    Direte voi cosa c’è allora da lamentarsi? Che siamo stati omessi i destinatari della lettera in quanto non era indirizzata solo al Sindaco (che ha risposto subito e con diligenza) ma che era diretta anche ai veri attori della vicenda, come il responsabile della radio Don Gesualdo Purziani ed il Direttore della stessa Voce Misena. Si ricordi che questo settimanale, ospitando gli editoriali a firma di padre Alberto Teloni, aveva di fatto innescato la polemica.
    Dicevo poco fa che “non sempre la censura riesce bene”. Così omettendo i destinatari e facendo rispondere solo al Sindaco qualcuno deve aver pensato di chiudere la vicenda e mettere tutto a tacere. Di stendere un velo pietoso anche sulle righe scritte da Padre Teloni.
    Peccato che nella fretta i solerti redattori non abbiano letto l’ultima parte della missiva, quella in cui si chiede una riposta almeno al Direttore del settimanale diocesano ed in cui s’invitano i responsabili della testata ad “una bella reprimenda contro i palinsesti di Radio Duomo?” Qui cade l’asino nel senso non solo che la “reprimenda” non c’è, ma che non troviamo nemmeno una difesa d’ufficio degli scritti contestati.
    Men che mai poi sono state date risposte ai due firmatari, abitudine deprecabile questa, un po’ come per i numerosi e-mail di Andrea…finiti in un capiente cestino. Eppure quando si studiava il galateo, si quello di Monsignor Della Casa (monsignore anche lui e quindi possibile buon maestro per dei colleghi religiosi) si apprendeva la regola che “scrivere è cortesia, rispondere obbligo”.
    Mi domando perché siamo rimasti solo noi laici a seguire le regole di questo monsignore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.