La parabola delle cicale

Cari fedeli,

nel sermone di quest’oggi, domenica in cui celebriamo la GIORNATA DELLA TERRA, vorrei richiamare la vostra attenzione su un passo degli Atti dell’Apostolo Rubbia, là dove, nel Discorso all’Areòpago dei Verdi, si serve della parabola delle cicale per annunciare la fine dei giorni. Dice l’Apostolo:

Per non fare la fine delle cicale occorre investire da subito in ricerca e sviluppo, creando metodi innovativi per cambiare il sistema energetico. In Gran Bretagna si pensa a societa’ senza petrolio: anche noi dobbiamo pensarci, perche’ gia’ tra 15 anni sara’ troppo tardi. E’ necessario produrre energia a basso costo, immediatamente disponibile e compatibile con l’ambiente, perche’ bisogna affrontare subito la questione di “quando il petrolio non ci sara’ piu’”. Una societa’ che non sara’ in grado di procurarsi energia e’ destinata alla fine. Occorre puntare sul sole, largamente sufficiente per fare qualsiasi cosa. Fonti come eolico e fotovoltaico, hanno il difetto di non dare energia in modo costante. Il fotovoltaico funziona per 1/3 del tempo, mentre l’eolico per il 20%.

Questo passo dell’apostolo Rubbia rimanda direttamente alla lettura del Vangelo di Giovanni, 12, 44: “Signore, chi credette alla nostra parola?”
L’evangelista fa qui riferimento a coloro che perseverano nel male, e mettono insieme serie climatiche per negare la parola dell’Altissimo. Di essi dice il profeta Isaia:

Ha accecato i loro occhi
e incallito il loro cuore,
affinché con gli occhi non vedano
e col cuore non comprendano
e così non si convertano.

Allora il sole si oscurerà a causa del biossido di carbonio,
la luna non darà più la sua luce,
aumenteranno le maree fino a sommergervi¸
Allora sì, si batteranno il petto le tribù della terra,
e diranno finalmente:
la fine incombe su di noi
alla faccia dei cicli di Bruckner!…

(padre Celestone da Pontremoli)

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