Ho sempre detestato l’autoreferenzialità in generale, e in particolare sui blog.
Ciò che molti scambiano per autorevolezza è solo un paravento che nasconde l’incapacità di aprirsi agli altri e alle loro ragioni. Rimaniamo in orbita attorno a noi stessi, in questo mondo virtuale che ci siamo costruiti facendo finta di essere altri da quelli che siamo. Nella foga autocelebrativa manco ci accorgiamo di scivolare nel ridicolo.
C’è ad esempio chi si preoccupa di far sapere a tutti, con tanto di foto, quanto ha mangiato bene nel tal ristorante sul lungomare, quanto è bravo nella tal cosa, oppure quante volte al giorno va in bagno e di che colore la fa.
Non so voi, ma io non sento il bisogno di essere multimediale anche sulla tazza del cesso. E qualche volta, anziché denudarci su pubblica piazza, dovremmo riscoprire il valore del silenzio e del privato. Altrimenti spiegatemi la differenza tra un blog e una trasmissione di Maria De Filippi.
Molti si riempiono la bocca col “Web 2.0”, cioè un nuovo modo di intendere internet, più orientato alla dimensione sociale, alla condivisione, all’autorialità rispetto alla mera fruizione. E invece continuano a indugiare tra l’autoreferenzialità e il riciclaggio di contenuti creati da altri, il copia e incolla di quel che circola sul web, un processo infinito di frammentazione e replica di pseudo-notizie, una colossale frittura di aria già fritta e rifritta.
Siamo al paradosso: la cosiddetta blogosfera, lungi dall’essere qualcosa di omogeneo, è un impasto di tante micro-sfere impermeabili le une alle altre, universi virtuali e paralleli. Potentissima nel passaparola, grazie a quegli wormholes che sono i link; poverissima sotto il profilo dei contenuti. Pochissimi sono quelli che creano contenuti per davvero; gli altri leggono, copiano e al massimo linkano: se la tirano, credono di contribuire al grande universo virtuale, in realtà sono insignificanti come scoregge nello spazio.
Uscire dall’autoreferenzialità richiede uno sforzo: levare lo sguardo oltre il proprio ombelico, esporsi, mettere in moto libere opinioni, fare informazione. C’è chi lo chiama giornalismo. Se esiste un futuro per i blog, credo sia proprio questo.
Non a caso i più diffidenti verso i blog sono i giornalisti, i professionisti dell’informazione che rivendicano a sé l’autorevolezza e la professionalità nella produzione di notizie. Salvo poi – ne è piena di esempi anche la stampa locale – pascolare sul web a caccia di materiale da riciclare.
Superare l’autoreferenzialità, dicevo. Purché lo si faccia fino in fondo, consapevoli che esponendosi si rischia la critica e il dissenso. Quali che siano i contenuti (e sui contenuti ci sarebbe da dire), non si può pubblicare e poi meravigliarsi delle reazioni.
Il dissenso da noi è sempre visto come un male. La contrapposizione dei punti di vista genera malintesi, si carica di significati assoluti, si colora di ideologia.
In troppi non capiscono che il dissenso non è odio, non produce rancore. Non c’è nulla di personale nell’attaccare liberamente un punto di vista altrui, espresso altrettanto liberamente.
E c’è poco da fare gli offesi, perché il limite non sta né nell’uso delle parole, né nel buongusto (buono o cattivo gusto secondo chi?), ma semmai nel codice penale, perché la diffamazione è già reato.
I blog dovrebbero affrancarsi da questa mentalità, perché non hanno alcun interesse da difendere, tranne la libertà dei propri autori.
Ma, come ha dimostrato questa recente polemica, c’è chi ancora non lo capisce.
Per fortuna ci sei tu ad insegnarci questi concetti e ripeterli in un post più volte sicuramente ne rende più facile la fruizione però ti chiedo, visto che sostieni “In troppi non capiscono che il dissenso non è odio, non produce rancore. Non c’è nulla di personale nell’attaccare liberamente un punto di vista altrui, espresso altrettanto liberamente.” di dare un taglio a questa faccenda, come lo abbiamo fatto noi, per non portare avanti un finto dibattito su un post che non vi è piaciuto. Non produce rancore ma strascichi interminabili si, evidentemente.
Poi se intendi pubblicare altre cose a riguardo, ci mancherebbe tu non possa farlo, ci linki e chi arriverà nuovo a leggere il blog, ne capirà lo spirito vero.
Buona serata
Insomma tutto è bene quel che finisce bene…
E gli accessi si impennano!!!
Un altro paradosso dei blog è che più grosse sono le cazzate pubblicate, maggiori sono gli accessi ai siti!
Invito Andrea a non perdere tempo con post come questo, ma a scrivere che bisogna ammazzare negri, omosessuali, ebrei, o magari gli informatori farmaceutici, molto più fastidiosi dei vecchi nelle file dal dottore!
Che ti importa, tanto poi chi legge gli altri post capirà che quelle che hai scritto sono solo cazzate…
Buona notte.
I blog non sono strumenti di informazione altrimenti non sarebbero blog ma appunto portali informativi o giornali on line. Sulla polemica nazistoide invece credo il problema sia non tanto il putiferio creato ma il fatto che chi ha scritto il post non se lo aspettasse, il che denota, a voler essere teneri, naiveté da parte dell’autore, perché ben venga ogni polemica e/o provocazione a scuotere la nostra atarassia buonista, ma guai a non sapere cosa si sta innescando.
Anche sul web un po’ di savoir vivre serve. Poi ognuno scriva secondo coscienza, codice penale e grammatica italiana alla mano 🙂
Sul fatto che la gente scriva sul blog quante volte va al bagno o se si è rotta un’unghia, la colpa non è della rete ma di un egotismo infantile e narcisista che sconfina nel problema mentale, ma non è il mezzo ad esser guasto ma la fonte del messaggio, poi è comunque meglio scrivere queste cose nei blog che annojarci gli amici a cena; in questo senso i blog sono abreatori e hanno quasi una funzione sociale; il fattto che poi, così facendo, risultino nojosi paziena: poco male se non li leggerà nessuno. E’ vero che nel rumore di fondo di questo vociare vaniloquente si perdono i pochi blogger di qualità, ma questo è DA SEMPRE il dramma della letteratura italiana, un mare di infimi scrittori scioperati con penne di qualità che si contano sulle dita di 2 mani. Poi non stupiamoci che la gente non legga, quando in libreria si trovano i libri di Alberoni o Vespa, non leggere è una forma di autodifesa dell’intelligenza comune.
Ma tornando al discorso informazione: io mi preoccupo di più dei giornalisti venduti che non fanno i mastini della nostra democrazia come dovrebbero e si prendono pure sovvenzioni statali, invece che dei blogger che parlano del loro bagno:
Un conto è la noja, un conto è la truffa.
Una domanda: “C’è qualche blogger che se ne sbatte come me degli accessi al suo blog, o dei link, o di tutte le altre corbellerie??……”.
A me spiace quando scrivo qualcosa che non legge nessuno, però se viene letto da una cinquantina o sessanta persone mi basta e tutto il resto è noia…
No Quilly, a me basta anche quando lo leggono in due o tre! 😉
Andrea, per quanto riguarda il prendersi le proprie responsabilità e non cascare dalle nuvole per le reazioni altrui quando si pubblica qualcosa, mi trovi d’accordissimo, avevo già espresso idee simili commentando il famigerato post. Però, correggimi se sbaglio, mi sembra che tu auspichi anche una generale parificazione blog = giornalismo. A livello etico-filosofico probabilmente hai ragione, ma a livello empirico e personale io non la sento un’equazione sempre e necessariamente vera… un blog può anche nascere come un diario on line, scritto per la propria autorefenziale memoria o il proprio personale divertimento. Questo sicuramente contribuisce alla creazione di una gran alitata mondiale di aria fritta che, nei tempi passati, sarebbe rimasta celata fra le pagine dei diari… Ma il bello della rete è che, se un internauta in cerca di vere informazioni, idee, cultura e/o dibattito si trova invece per caso sotto gli occhi un blog che non ha nulla da aggiungere al mondo, può benissimo passare oltre senza dedicargli tempo.
Concordo in pieno con Vercellik quando commenta: “io mi preoccupo di più dei giornalisti venduti che non fanno i mastini della nostra democrazia come dovrebbero e si prendono pure sovvenzioni statali, invece che dei blogger che parlano del loro bagno: Un conto è la noja, un conto è la truffa.”
Ciaociao. Sere
@Serena. Sinceramente anche a me basta che lo leggano in due o tre ma non volevo fare il modesto e umile a oltranza.
Per quanto riguarda il diario online secondo me le due cose sono in contraddizione, il diario lo vedo come una cosa intima e personale che perde il suo senso originario nel momento in cui viene condiviso con l’universo mondo.
Io definirei il blog un modo di comunicare in tempo reale con l’universo mondo le proprie opinioni, raccontare storie, scambiare foto.
Sono sempre stato un tipo creativo, anche se non sono un fenomeno in niente. Nel blog metto disegni, storie, fotomontaggi, documenti e ho la possibilità di constatare in pochi secondi se ciò che ho scritto, pensato o disegnato piace o fa cagare. Direi di non prendere i blog troppo sul serio. Inoltre secondo me la socialità solo virtuale non ha alcun senso, ovvero se avessi un blog e non conoscessi di persona gli altri internauti, commentatori e blogger il tutto sarebbe assai fine a se stesso.
Serena, io contestavo appunto che i blog meritino le critiche di essere pessimi giornali online, i blog sono blog possono essere pessimi blog, ma non si può criticare una Fiat Punto per essede una cattiva fuoristrada: non è la sua funzione.
In questo polemizzavo con Andrea S. che pareva essere molto critico nei confronti di questi vaniloquenti e narcisi blog.
Quindi sono anch’io d’accordo, in linea di massima, con Vercellik, blogger con cui ho un rapporto difficile ma con cui spesso collimo.
Ahimè credo di cascare spesso nella famosa “autoreferenzialità”….
Ma quando leggo c@##@te e insulti in giro nei siti o nei forum non ce la faccio a resistere.