(segue…) Dopo i primi, grandi successi e dopo il dramma sfiorato al Palalido, nel 1976, De Gregori torna, sul finire degli anni 80, con due album: “De Gregori”, del 1978, e “Viva l’Italia”, dell’anno successivo.
Soprattutto il primo è un album di grande importanza, nella produzione artistica del cantautore: si tratta di un disco che, pur rimescolando ancora una volta le carte fino a qui raccolte, continua ad attraversare i nodi chiave del modo di scrivere le canzoni che abbiamo sin qui rintracciato: “la storia”, in “Generale” ed in “Il ‘56”, “le storie” in “L’impiccato”, il mondo dell’infanzia in “Babbo in prigione”, i ritratti femminili in “Natale”, la forma racconto in “Renoir”; De Gregori inserisce nell’album del 1978 anche una canzone molto individuale e privata, “Raggio di sole”, legata all’imminente paternità (nasceranno Federico e Marco, gemelli).
Tra tutte quelle contenute nei due album di cui ci occupiamo in questo intervento, la canzone più famosa è senza dubbio “Generale”, una canzone presente, con gli arrangiamenti più diversi, in quasi tutte le raccolte degli anni successivi e nelle scalette di quasi tutti i concerti.
Nella raccolta “La valigia dell’attore”, ad esempio, la canzone è arrangiata, in maniera davvero molto originale e suggestiva, quasi fosse un bolero; in ogni caso, il ritmo della canzone, qualunque sia l’arrangiamento, è sempre molto incalzante e serrato, come quello di una marcia.
E, in fondo, di “marcia” si parla, in quanto “Generale” racconta di un soldato, un soldato che torna dalla guerra; sarebbe però sbagliato dire che “Generale” è una canzone “sulla guerra”, perché descrive piuttosto “il ritorno dalla guerra”, le piccole cose che aspettano il soldato al suo ritorno a casa:
Generale la guerra è finita / il nemico è scappato, è vinto, è battuto / dietro la collina non c’è più nessuno / solo aghi di pino, e silenzio, e funghi / buoni da mangiare, buoni da seccare / da farci il sugo quando viene Natale / quando i bambini piangono / e a dormire / non ci vogliono andare
Anche in questo caso, la canzone nasce da una suggestione letteraria definita e quanto mai precisa: “Addio alle armi” di Ernest Hemingway” (l’autore sarà nuovamente chiamato in causa, anni dopo, con una vera e propria citazione: il titolo di un’opera di Hemingway, “Morte nel pomeriggio”, diventerà il titolo dell’album di De Gregori del 2001, “Amore nel pomeriggio”).
In particolare, un verso preciso è ispirato al capolavoro dello scrittore americano composto durante la prima guerra mondiale, alla quale Hemingway ha partecipato sul fronte italiano come autista della Croce Rossa; si tratta di “e a farci fare l’amore, l’amore dalle infermiere”; è De Gregori stesso a spiegarlo, nel 1997, a NEU, una rivista infermieristica: “Quella canzone è figlia di un mondo letterario che parte soprattutto dal romanzo di Hemingway “Addio alle armi”, dove c’è la figura di un’infermiera dolcissima che comunque fa l’amore con un protagonista”.
“Generale” descrive il campo dopo la battaglia, il silenzio dopo quell’ecatombe che fu la prima guerra mondiale, dove i cinque figli della contadina, i cinque soldati del fronte, le “cinque lacrime sulla mia pelle”, sono la decorazione di quel generale, le “cinque stelle” sulla sua divisa.
Il racconto del soldato avviene sul treno del ritorno e questo non è senz’altro casuale: la metafora del viaggio conosce in questo disco, ed in questa canzone in particolare, una superba collocazione (un’operazione simile avverrà anche nell’album successivo, “Viva l’Italia”, poi, soprattutto, in “Titanic”, ma anche in molto altro ancora): la metafora del viaggio, infatti, aggiunge in questo caso qualcosa in più all’idea della transizione, del passaggio da un luogo all’altro, dove le cose si vedono in un modo diverso; il viaggio qui è anche il passaggio da un mondo all’altro, da una convinzione, da un’idea, ad un’altra:
Generale dietro la stazione / lo vedi il treno che portava al sole / non fa più fermate neanche per pisciare / si va dritti a casa senza più pensare / che la guerra è bella anche se fa male / che torneremo ancora a cantare
Una caratteristica di questa canzone è la mancanza di un vero e proprio ritornello o, almeno, di un ritornello cantato: il “ritornello” può essere infatti considerato l’intermezzo di pianoforte che scandisce il racconto e separa una dall’altra le quattro strofe; ma le caratteristiche che rendono “Generale” una pietra miliare nella produzione di De Gregori e nella storia della musica italiana del dopoguerra sono la sua composta grandezza e la sua forza espressiva, riconosciutale da tutti: “Generale” riceverà l’ennesimo, ma importantissimo, tributo nel 2002, quando Vasco Rossi inserisce nel suo cd “Tracks” la versione proposta nel concerto del 7 luglio del 1995 a San Siro (in un certo senso, Vasco Rossi ha così ricambiato l’omaggio di qualche anno prima, quando De Gregori proponeva nei suoi concerti una sua versione di “Vita spericolata”, canzone inserita poi dal cantautore romano anche nel live “Il bandito e il campione”). (continua…)
Un commento su “1978, semplicemente “De Gregori””