Dopo una settimana di stop, sono ripresi tutti i campionati di calcio dalla Serie A alla III categoria.
Come ha detto il presidente di Lega, Matarrese, e come hanno ribadito tutti i presidenti della massima serie, con solo qualche lodevole eccezione, lo spettacolo deve continuare e un morto ogni tanto fa parte del sistema.
Cinico e discutibile, ma la vera e cruda realtà!
Che importa se ogni domenica lo Stato deve schierare decine di migliaia di poliziotti e carabinieri negli stadi?
Che importa se lo stadio stesso è diventato il catalizzatore del disagio sociale (e mentale) di molti giovani italiani?
Che importa se nessun padre di buon senso porterebbe più i propri figli alla partita per paura della loro incolumità?
Che importa se la degenerazione dell’informazione fornitaci dai giornalisti italiani ha fatto diventare il calcio simile ad un reality show in cui il gesto tecnico – il gol, la rovesciata, il colpo di tacco- è messo in secondo piano rispetto al gossip, agli errori arbitrali, alle polemiche, alle vicende processuali, ecc.?
Show must go on, lo spettacolo (se è ancora tale) deve continuare ad ogni costo, magari in stadi vuoti, perchè la gente lo vuole, dice Matarrese.
Più che la gente, direi che è il business a volerlo.
Le televisioni che pagano centinaia di milioni di Euro per aggiudicarsi i diritti TV lo vogliono.
I presidenti delle società che spendono molti più soldi di quello che incassano lo vogliono.
Insomma dare al popolo “panem et circenses” si, ma per far intascare soldi a tutti i parassiti che vivono succhiando la linfa vitale a questo gioco, che ormai ha perso qualsiasi parvenza della semplicità e dell’ingenuità con cui tutti i bambini italiani iniziano a calciare il pallone.
Il mio non vuole essere un discorso retrogrado; il pallone è diventato un business in quasi tutti i paesi occidentali, ma noi non sappiamo darci regole giuste e, quando le facciamo, non le rispettiamo.
Un esempio: sono passati due anni dal decreto Pisanu, ministro dell’Interno del governo Berlusconi, ma molti stadi non sono ancora a norma perchè i prefetti hanno dato sempre delle autorizzazioni all’uso degli impianti in deroga alla legge.
E’ bastato che il governo mostrasse un pò di fermezza (finalmente) e a San Siro, lo stadio di Milano, sono serviti meno di sette giorni affinchè si posizionassero i dispositivi di sicurezza previsti dalla norma.
Una settimana per fare il lavoro che non era mai stato fatto in due anni!
Il classico comportamento italico, dove si aspetta sempre il morto o l’evento catastrofico per attuare le misure necessarie e dove non c’è mai un piano di lungo respiro per prevenire o contrastare determinati fenomeni.
E questo non vale solo per il calcio, ma per quasi tutto: dalla politica energetica a quella ambientale, dai trasporti fino allo sport.
La solita italietta, con i soliti vizi, che vuole passare per un grande paese che non sarà mai, se non riesce a superare i propri difetti cronici.
Insomma Show Must Go On, l’italico popolo ha ancora il suo pallone, fino alla prossima vittima, che tanto, come dice Matarrese, fa parte del sistema.