Riformare la giustizia?

In questi giorni i principali giornali nazionali e anche qualche telegiornale parlano di una possibile paralisi della giustizia italiana: sembra una storia non nuova e, infatti, non lo è.

Si tratta dell’ennesima decisione sbagliata che, come unico risultato, renderà la vita nei Tribunali italiani ancor più difficile.

Riassumo, in breve, la situazione che si sta verificando: all’interno dei vari uffici giudiziari vengono utilizzati diversi applicativi per i quali, ovviamente, sono necessarie assistenza tecnica e manutenzioni; il Ministero della Giustizia a causa dei tagli economici ha, di fatto, bloccato i contratti con le aziende incaricate di assicurare tale servizio.

Può sembrare una questione da poco ma, se la situazione persiste, si può arrivare ad un blocco degli applicativi stessi ed all’impossibilità del loro utilizzo: in sostanza si può arrivare alla situazione, paradossale, in cui il personale dei Tribunali italiani (magistrati, cancellieri, ufficiali giudiziari e altri) sarà quasi totalmente impossibilitato a lavorare.
Volendo prescindere, ora, da qualsiasi valutazione sull’effettiva utilità ed efficienza del sistema così come attualmente congegnato, appare tuttavia inevitabile una riflessione sui generis, sulla ratio, che, almeno in teoria, sta guidando l’evoluzione del sistema giudiziario italiano.
E’ in atto, infatti, un tentativo di progressiva informatizzazione degli uffici giudiziari che, come è intuibile pensare, dovrebbe ridurre il carico di lavoro dei Tribunali e velocizzare i tempi della giustizia.
L’obiettivo della giustizia civile è, ad oggi, il cosiddetto “Processo Telematico” (PCT): una scelta assolutamente condivisibile e razionale vista l’arretratezza dei mezzi ancor oggi utilizzati.
Ebbene, se questo è il fine, come si può pensare di bloccare chi, col proprio lavoro, accompagna i lavoratori italiani della giustizia verso questo obiettivo altrimenti irraggiungibile?
Illogicità tipicamente italiane.
A queste considerazioni taluno potrebbe obiettare che, in tempi di “vacche magre” come questi qualche taglio, anche consistente, è indispensabile.
Una simile obiezione non può che trovarmi concorde: sono molti, troppi i settori della pubblica amministrazione italiana pieni di sprechi ed inefficienze sui quali tagliare non si può, si deve!
Il problema, allora, è uno solo: individuare esattamente dove tagliare.
Per non rendere il discorso eccessivamente astratto, col rischio di scadere in quella critica aprioristica che tanto va di moda oggigiorno, cito un esempio per tutti.
Lo Stato italiano è tristemente conosciuto in Europa (non solo ma anche) per le condanne che riceve; in particolare, la lungaggine dei tempi processuali è stata causa di moltissime condanne dell’Italia pronunciate dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo perchè, a detta della Corte, far attendere i cittadini tempi eccessivamente lunghi per ricevere una pronuncia che hanno il diritto di ottenere significa ledere un diritto fondamentale degli stessi.
Si fosse trattato di qualche caso isolato, problemi particolari non si sarebbero posti ma, come è facile pensare, scoperta questa possibilità di ottenere un risarcimento la Corte europea è stata “invasa” di ricorsi presentati contro lo Stato italiano.
Per “porre rimedio” a questa situazione, anche sulla base delle sollecitazioni arrivateci dall’Europa, il legislatore interno ha partorito un provedimento noto col nome di “Legge Pinto” (legge 24 marzo 2001, n. 89).
La legge del 2001 prevede che, in caso di durata “irragionevole” di un processo di qualsiasi natura (civile, penale o amministrativo) non sia più necessario ricorrere alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo per ottenere un risarcimento, potendo lo stesso essere ottenuto tramire un ricorso interno, esperibile davanti alla Corte d’Appello.
Il provvedimento ha dato qualche frutto sperato?
Più o meno, questa soluzione equivale a gettare delle garze su una ferita aperta che, invece, andrebbe suturata.
Una soluzione “tampone” per evitare di intasare la Corte europea.
Non solo si tratta di una non soluzione, ma si è di fatto oberato il sistema di un carico di lavoro ulteriore.
A questo punto sembra già possibile capire quanti nodi vadano risolti ma, purtroppo per noi, le genialità italiche non finiscono qui.
Quando lo Stato italiano viene condannato dalle varie Corti d’Appello a risarcire i cittadini per la durata eccessiva dei loro processi (una cifra che, solitamente, si aggira su qualche migliaia di euro, variabile in base al tempo atteso), così come avviene all’esito di ogni processo che si chiude con una condanna al pagamento di una somma, lo stesso, essendo risultato soccombente, dovrebbe pagare.
Negli altri processi può capitare che, tuttavia, la parte non vittoriosa non adempia spontaneamente: a questo punto si rende necessario procedere all’esecuzione forzata per ottenere quanto deciso in sede di condanna.
Ogni fase processuale, e quella dell’esecuzione è una fase successiva alla condanna, segue una sua procedura e, pertanto, ha un suo costo: spese processuali, onorari degli avvocati, ecc.
Lo Stato italiano, quando viene condannato a risarcire i cittadini, ben pensa di non pagare immediatamente, rendendo così necessaria la fase dell’esecuzione.
Tradotto in termini pratici ed economici, questo significa che la cifra che sarà tenuto a pagare aumenterà, in maniera non certo irrilevante e, dal canto loro, i cittadini dovranno attendere ancor più tempo per ottenere il risarcimento.
Gli unici che, credo, gioiscano di questa situazione sono gli avvocati, i quali si vedono costretti a procedere ad una nuova fase processuale e, pertanto, ad ottenere compensi maggiori.
Appare evidente, allora, che per come congegnato, anche all’interno di questo assurdo sistema di risarcimenti vi sono ampi margini di risparmio: caro Stato italiano, se devi pagare per la tua inefficienza almeno fallo subito!

29 pensieri riguardo “Riformare la giustizia?”

  1. Da notare le occorrenze dell’articolo:

    Governo: 0
    Destra: 0
    Berlusconi: 0

    Ministero: 1
    Stato: 5

    Bene, ora che sappiamo che la colpa di questo disastro è del Ministero ma soprattutto dello Stato, possiamo continuare a votare i competentissimi ed efficientissimi politici come ci comanda SantaRomanaChiesa e soprattutto pregare iddio di non avere mai bisogno di/non finire MAI in un tribunale italiano.

  2. Caro “abbello”, ho cercato di dare un contributo e fornire uno spunto di riflessione che fosse, per quanto possibile, terzo ed imparziale.
    Per questo motivo non ho citato alcun politico nè una parte politica precisa.
    Se avessi inserito le “occorrenze” che citi tu, avrei snaturato questo contributo facendolo scadere nella solita polemica politica.

  3. Forse proprio per il fatto che Gabriele, nella sua documentata analisi, non ha voluto dare “occorrenze” politiche a me riesce difficile collegare i tagli attuali alla situazione da sempre tragica della Giustizia in Italia.
    Solo per fare un esempio personale attendo da quasi due mesi la banale fotocopia di una sentenza del GIP. Ho fatto la richiesta andando di persona allo sportello e compilando un modulo così schifoso che ne ho conservato volutamente la copia. Avevo chiesto un anno fa di presenziare a questa udienza…e mi hanno ignorato!
    Entrare in Tribunale senza essere avvocato vuol dire essere trattato a pesci in faccia, e quando i pesci in faccia invece li prendono gli avvocati sapete cosa fanno? Tacciono perchè se protestassero, non dico rivolgendosi al Consiglio Superiore della Magistratura, ma al capoufficio poi gliela farebbero pagare. Non l’ho detto io ma l’ho sentito da diversi avvocati.
    Allora, Gabriele, mi piacerebbe sapere a quanto per tutto questo potrebbe giovare la piena informatizzione degli uffici.

  4. Gianluigi, i problemi sono molteplici e analizzarli è complesso, ma, in ultima istanza, quello che conta è in quanto tempo un Tribunale è in grado di dare una risposta; l’informatizzazione riesce ad eliminare o in alcuni casi ad automatizzare alcuni passaggi (spesso inutili) che ancora oggi vengono fatti interamente a mano su registri cartacei più vecchi di me.
    Più in generale, come ho fatto nelle prime righe del post, posso rilevare che lo stato di sofferenza della giustizia è, come tutti sanno, una situazione non nuova; siccome in molti chiedono e a volte mi chiedono come mai i processi durano così tanto, ho voluto portare qualche esempio concreto di meccanismi assolutamente illogici.

  5. Hai ragione Gabriele, ma dovresti darci qualche lume sul perchè i tempi della Procura di Bolzano non sono assolutamente quelli del medesimo ufficio di Bari. Suppongo, e non avrei modi di credere altrimenti, a parità di attrezzature informatiche!

  6. Il Ministro della Giustizia causa tagli ha bloccato i contratti con le aziende incaricate di assicurare tale servizio! (il servizio sarebbe quello dell’aggiornamento e della manutenzione dei pacchetti applicativi necessari).
    Ma sulla base di quali documenti si afferma ciò?
    Comunque, si continui pure, tanto più si pubblicano queste “esternazioni” piu Berlusconi vince!!!!

  7. Enrico, non ho bisogno di alcun documento per affermare quanto ho scritto dato che, collaborando con un ufficio di un Tribunale, ho il riscontro diretto di ciò.
    Posso dirti che quel servizio attivo fino al 31 dicembre 2010 dall’inizio del 2011 non lo è più e ora stanno cercando una soluzione che, spero, sarà definitiva.
    Posso anche dirti che questo ha portato a licenziamenti di alcune persone che lavoravano nelle società creditrici del Ministero.
    Perciò queste “esternazioni” corrispondono alla realtà, una realtà raccontata dall’interno; una realtà che se non venisse raccontata molto probabilmente rimarrebbe sconosciuta ai più.
    Per Gianluigi: le attrezzature non sempre sono pari, tra un ufficio giudiziario e l’altro possono esserci differenze notevoli e, cosa che forse può sorprendere, anche le prassi utilizzate a volte sono differenti.
    Credo comunque che la differenza sia dovuta quasi esclusivamente alle persone che nei Tribunali lavorano.

  8. WOW, pure Enrico Rimini è intervenuto su Popinga con un commento di tale profondità da lasciarmi completamente attonito!
    La sua lucida analisi del post di Gabriele lo ha fatto giungere alla conclusione che l’autore sia il solito comunista trinariciuto, complottante contro il Sire di tutti noi, il buon vecchio Silvio Berlusconi!
    Non avevo neanche voglia di intervenire, visto il carattere molto tecnico del post e la sua assoluta apoliticità, ma i peones berlusconiani coi paraocchi mi fanno venire il nervoso, quindi dirò la mia.
    Secondo me la giustizia italiana è al fallimento per due ordini di motivi:
    1-un fallimento politico assoluto di Berlusconi, poiché le promesse a vanvera di una riforma della Giustizia fanno ridere anche gli aficionados più ultraortodossi del premier.
    Dopo 16 anni di Cirami, Cirielli, processi brevi e leggi ad personam, una riforma radicale della Giustizia dal PdL appare veramente una mera utopia.
    Non che la sinistra abbia idee migliori, se non quella di devolvere ulteriori fondi all’apparato burocratico, magari per assumere altro personale.
    Come se pompare soldi in continuazione fosse un modo per aumentare l’efficienza del sistema, mentre serve solo ad aumentare gli sprechi ed il malaffare.

    2-un fallimento amministrativo completo, dato che, come al solito, i budget di spesa che si prefiggono non vengono rispettati e, quando i soldi finiscono, tutti cominciano a piangere miseria ed a lamentarsi se solo si pensa di chiudere il tribunaletto di quartiere presso cui svolgono il loro lavoro (mi viene in mente un noto principe del foro senigalliese non certo comunista).

    Purtroppo di questi fallimenti pagano le spese i cittadini, soprattutto quelli onesti, che subiscono lesioni dei propri diritti e che meriterebbero una Giustizia rapida ed efficace.

  9. Estendete il problema a tutta la Pubblica Amministrazione ed avrete il quadro completo di quello che si è voluto creare in Italia.
    Il fatto poi che i “dipendenti” possano permettersi di mandare in rovina un ufficio, la dice lunga sulla qualità dei “dirigenti”. E non date la colpa ai sindacati, perchè sono praticamente assenti.
    Il problema è che le miserie della Giustizia vengono pagate subito e salate dai cittadini ma tranquilli che presto arriveranno anche tutte le altre.
    Dovrei fare come Gabriele e scrivere un post ad hoc…

  10. Concordo su quanto scrive LorenzoManin quanto, pur da un osservatore esterno (cittadino-utente)la situazione appare molto grave. E’ anche giusto che la responsabilità sia da attribuire prima di tutto ai “dirigenti”, come quando si attribuiscono loro i meriti. Nel caso che avevo citato in precedenza, il confronto tra due Procure della Repubblica, per quel che ricordo da lontane letture, si evidenziava soprattutto la capacità manageriale dei dirigenti.
    Infine mi sia consentito di ribadire una antica “fissazione”: la Giustizia prima di tutto. Si perchè è inutile lamentarsi che funziona male la sanita, oppure i trasporti, o che so io l’ufficio delle dogane quando poi per fare un ricorso si finisce nella palude della giustizia.
    Pensare che per sfuggire a queste sabbie mobili, in un caso che mi riguarda molto da vicino, ho suggerito di scegliere la via che credevo maestra: quella del “ricorso al Presidente della Repubblica”. Sono già trascorsi 16 (sedici!)mesi e si registra…il silenzio più assoluto!

  11. Concordo, Gianluigi. La Giustizia è alla base di qualunque Democrazia e la sua lentezza e malfunzionamento sono la causa a cui si possono ricondurre tutti i mali del nostro Paese.
    Per quanto riguarda la P.A., la grande novità è la valutazione a cui saranno sottoposti i dipendenti, con dei criteri che definirei…curiosi. Vi mando un file, se volete farvi quattro risate.
    Una valutazione negativa significa, nell’immediato, la perdita di 600 Euro l’anno e, a lungo termine, il blocco dei concorsi interni.
    Personalmente dovrò essere valutato da un dirigente che ho intravisto dentro una macchina una volta in un anno e mezzo.
    Sapete invece chi valuterà i dirigenti? Autocertificazione!
    Alzi la mano chi si rifiuterà di fare un bagno da 100.000 Euro al capoccia di turno… 🙂
    (ovviamente non ci si dovrà dimenticare di nessun “capoccia”, altrimenti la cosa arriverà ai giornali)

  12. Sicuramente il problema investe l’intera pubblica amministrazione italiana: sfido qualcuno a trovare in Italia un servizio essenziale efficiente!
    Giustizia, sanità, scuola, trasporti: tutti settori caratterizzati da attese infinite.
    Ad ogni modo, io mi sento di ripartire la colpa ovviamente sui dirigenti che non vigilano a dovere, ma anche su alcuni dipendenti: sono molti, troppi gli uffici pieni di nullafacenti che, se avessero un minimo di senso del dovere, lavorerebbero.
    Certo, questo non esime i dirigenti dalle loro colpe dato che, a quanto mi risulta, le sanzioni verso questi signori sono ben poche.

  13. Se prendi una qualunque, efficiente azienda e lasci i dipendenti senza organizzazione, la troverai piena di nullafacenti in tempi brevissimi.
    La P.A. è un’azienda che ha anche un altro problema: la sua inefficienza da lavoro ad un sacco di aziende private, di consulenti e liberi professionisti.
    Per questo è stata creata e cresciuta per non funzionare.
    Esistono (per fortuna) delle “schegge impazzite” che provano ad invertire questa tendenza, ma trovano grosse difficoltà.
    Non credere che nelle grandi aziende siano tutti lavoratori geneticamente votati al sacrificio, o che sia così facile licenziarli.
    C’è solo organizzazione, responsabilizzazione ed un controllo serio e capillare sulla produttività.
    I modi per far funzionare la P.A. ci sarebbero e nemmeno così difficili da attuare.
    Si potrebbero certificare ISO, in modo da avere ben definiti processi, procedure, responsabilità e tempi (in sostanza ricostruire la “filiera” di qualunque pratica).
    Associando ad ogni passaggio un ufficio e dei responsabili, si determinerebbero carichi di lavoro e si capirebbe se il personale è in esubero o mal distribuito o se ce n’è carenza.
    Impedendo il ricorso sistematico a professionisti esterni, si potrebbero dirottare risorse per formare il personale.
    Non è impossibile, ma ci vuole la volontà di capire che ne guadagneremmo tutti.
    Non credo che la classe politica attuale sia in grado di compiere questo cambiamento.

  14. Nel settore pubblico da me conosciuto c’è questa convivenza tra lavoratori pubblici e privati: nella prima categoria trovi retribuzioni e contratti migliori (essendo praticamente tutti a tempo indeterminato ma, ahimè, non tutti entrati tramite concorso pubblico).
    Il dipendente privato non può permettersi di non lavorare, quello pubblico sì.
    Anche i dirigenti, in qualche caso, non sanno cosa fare con alcuni nullafacenti: non possono che spostarli da un ufficio all’altro.
    L’unica soluzione sarebbe quella di avere nel settore pubblico licenziamenti possibili alle stesse condizioni del settore privato.
    Se non temi per il tuo posto di lavoro o per la tua retribuzione, chi te lo fa fare di lavorare (a meno che tu non abbia un minimo di senso civico)?
    Mi piacerebbe e sarebbe ora che la politica ed i sindacati iniziassero a condannare queste persone invece di difenderle ma si sa: indirettamente bastonerebbero loro stessi.

  15. Capita per caso che abbia appreso poco fa che il “processo civile telematico” non avrebbe costi aggiuntivi. Ho sentito che la sperimentazione è in atto, con successo, da 4 o 5 anni presso alcuni tribunali e che se venisse adottato subito ad esempio i tempi per le “ingiunzioni di pagamento” beneficierebbero di una riduzione drastica, da 80 giorni a soli 8 giorni!

  16. La notizia che riporti Gianluigi è corretta: questo è solo un esempio di velocizzazione.
    Tra l’altro il decreto ingiuntivo è uno degli strumenti più utilizzati.

  17. Ho lavorato nel pubblico e nel privato, Gabriele, e le cose non sono esattamente così semplici. Ad esempio, alcune delle condizioni che i lavoratori della FIAT sono stati chiamati ad accettare, nel pubblico esistono da anni e sono state imposte senza referendum.
    Licenziare un lavoratore nel privato non è così semplice, ma è verissimo che, nel pubblico, è quasi impossibile. Ma temo che sia giusto così, almeno fino a quando i dirigenti non rischieranno i propri soldi e saranno costretti veramente a valutare chi merita e chi no sulla base della produttività anzichè su altri…parametri (vedi commento 11).
    Il lavoro dovrebbe essere ben altro che senso civico o paura di licenziamento. Dovrebbe essere responsabilità, rispetto di scadenze e raggiungimento di obiettivi ben definiti.
    Stabiliamo questo prima di “tagliare” a cacchio solo perchè questo ci provoca un vago senso di soddisfazione nei confronti del tipo allo sportello che è stato maleducato.
    Sull’atteggiamento dei sindacati sono d’accordo con te. E lo ripeto spesso anche a loro, che sono convinti sia loro dovere difendere chiunque.

  18. @Gianluigi e Lorenzo: il commento numero 12 è proprio il mio e l’ho fatto dopo aver letto due commenti che non condivido assolutamente.
    Intanto mi dovreste spiegare cosa significa fare una classifica dell’importanza delle varie parti del settore pubblico: io non penso assolutamente che la Giustizia sia più importante della Sanità e della Pubblica Istruzione ad esempio.
    C’è da dire che la Giustizia è il settore che funziona peggio in termini di risultati e forse i suoi mali sono più evidenti, ma la cattiva organizzazione di Sanità e Scuola fa si che vengano assunti medici per ragioni più politiche che meritocratiche o che ci siano in giro degli avvocati praticamente analfabeti (non mi riferisco a Gabriele ovviamente).
    Anche il ragionamento di Lorenzo mi appare quantomai contraddittorio: nel post 13 afferma che i medici agirebbero meglio se ci fosse una certezza della pena e poi, nel post 20 afferma che il lavoro non dovrebbe essere “senso civico o paura del licenziamento”.
    In pratica qualsiasi lavoro dovrebbe essere svolto da persone competenti e formate al meglio nella scuola e non da mediocri, che dovrebbero lavorare bene solo perché sottoposti alla mannaia dei ricorsi giudiziari!
    Io sono d’accordo con la seconda affermazione, dato che, soprattutto nella Sanità sono da rivedere più i metodi di assunzione che non sanzionare chi, assunto nonostante la sua mediocrità, non riesce a compiere neanche operazioni semplici!
    Prevenire è meglio che curare!
    Sulle diversità tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti ci sarebbe molto da dire: in primis l’assoluta impossibilità di essere licenziati dalla PA innesca dei fenomeni che non possono più essere tollerati come il fatto che siano equiparate persone oneste e lavoratrici e nullafacenti, per non parlare degli assenteisti, del fatto che in media nella PA siano richiesti il doppio dei giorni di malattia rispetto al settore pubblico e così via.
    Inoltre a livello psicologico è molto diverso lavorare nella PA o nel settore privato: in un momento di crisi economica è molto più difficile progettare la vita, per un lavoratore che non sa se la sua azienda potrà sopravvivere, rispetto ad uno che ha lo stipendio garantito in eterno.
    E non venitemi a parlare di mobilità del lavoro, vista che oggi è molto difficile trovare un nuovo lavoro, soprattutto per persone di una certa età.
    E poi la mobilità non riguarda mai le persone con un contratto a TI della PA, che nella stragrande maggioranza dei casi si rifiutano anche solo di spostarsi da un ufficio all’altro.
    Se poi vogliamo parlare di altre differenze come nell’orario di lavoro, dove nessuno mi ha mai spiegato perché il lavoratori del privato debbano lavorare 40 ore a settimana, mentre quelli del pubblico sole 36.
    Ma possiamo parlare anche di premi di risultato o degli aumenti retributivi. Per esempio negli anni di elezioni si trovano sempre i soldi per i rinnovi contrattuali degli Statali, che infatti, negli ultimi 15 anni, sono cresciuti molto di più rispetto agli stipendi dei lavoratori dipendenti nel settore privato.
    Mi dovreste anche spiegare perché gli scatti di livello nel settore pubblico sono ancora automatici, mentre in quello privato vengono elargiti solo ai meritevoli (nella mia azienda per arrivare al livello C1S qualcuno ha impiegato 7 anni, un altro 13).
    Perché non si è mai pensano di rendere omogenei i contratti del pubblico e del privato e magari di trovare un modo per legare gli aumenti retributivi nei due settori rimuovendo degli aspetti IMHO incostituzionali?
    In definitiva se parliamo dei problemi del funzionamento dello Stato italiano non serve fare delle stupide classifiche, ma bisognerebbe agire a livello politico con un coraggio che nessuno hai mai avuto in Italia, dove si aspetta sempre il disastro per iniziare a fare qualcosa.

  19. Il commento di Gaspa è assolutamente centrato! Anche giuridicamente ho sempre pensato che questa disparità tra lavoratori pubblici e privati sia assolutamente incostituzionale per violazione dell’articolo 3 e di altre norme (vedete ad esempio l’articolo 36 della Costituzione per cui la retribuzione deve essere “proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto”).
    Però, anche in questo caso, si trovano giustificazioni (a mio avviso idiote) altrove e i tanti politici che invocano sempre la Costituzione non si sono mai sognati di dire queste cose!
    Tuttavia si sa, l’Italia campa su queste ipocrite contraddizioni.

  20. Non ho mai fatto e non intendo fare “classifiche” sulle differenze tra lavoratori pubblici, lavoratori privati, liberi professionisti o commercianti. Anzi, penso che non porti proprio e niente.
    I problemi ci sono in tutti i settori e vanno risolti, a prescindere dalle categorie.
    La mobilità nel settore pubblico (che c’è solo nella direzione che fa comodo, cioè verso Roma) non risoverebbe i problemi dei lavoratori privati.
    I contratti sono fatti per categorie e le differenze ci sono anche tra i diversi settori pubblici.
    Riguardo agli scatti di livello automatici, non so proprio di che parli.
    Sugli aumenti lo stesso, bisogna vedere se nella media che piace tanto a chi scrive i titoli dei giornali siano compresi (e spesso lo sono) anche quelli dei dirigenti. In genere la stampa ama riportare (almeno mi sembra di ricordare, visto che l’ultimo rinnovo di contratto risale a qualche anno fa ed il prossimo sarà tra qualche anno) l’aumento medio, annuo, lordo. Ho tutte le buste paga, posso risalire anche alle cifre.
    Ma il punto, come dicevo, non è questo.
    Abbiamo il diritto ad una P.A. efficiente e dobbiamo pensare di pretendere questo dalla politica. Poi fate la vostra classifica personale di cosa è più o meno importante, non è questo il problema. Ognuno la pensa come vuole.
    Efficiente può anche non voler dire licenziare per forza.
    O mettere in mobilità per forza.
    Non sono azioni da cui partire, semmai azioni di cui va dimostrata oggettivamente la necessità.
    E’ notizia di oggi l’abbandono dalla Civit (Commissione indipendente per la Valutazione della P.A.) di Pietro Micheli.
    La motivazione “…è che i limiti stiano prevalendo sul cambiamento ed i vizi di un sistema da riformare non siano stati affrontati in modo corretto e con l’intesità di energie politiche e risorse economiche che la sfida richiede”.
    L’articolo completo lo trovate qui http://www.repubblica.it/cronaca/2011/01/15/news/brunetta_civit-11246926/.
    La più grande, ipocrita contraddizione è che la politica abbia creato questo mostro e che ora la stessa politica, incapace di gestirlo, punti il dito sui dipendenti, molti dei quali hanno le loro responsabilità, chi lo nega, ma che non possiamo permettere né accettare siano la sola causa di malfunzionamento.
    Ma se pensate che la soluzione siano i tornelli, la scansione della retina, i licenziamenti e la mobilità a prescindere, buona fortuna.

  21. @Gaspa, solo un cenno. Mi restano solo vaghe tracce di una lontanissima “educazione civica” (così si chiamava un tempo): Giustizia e Difesa sono in assoluto competenze prime e non delegabili dello Stato. Per questo credo che trasporti, sanità, il catasto o la lotteria di Capodanno potrebbero benissimo essere affidate ad altri. Da qui il mio accenno, ma ammetto d’essere un profano e dovrei alemno approfondire per discutere con te, con voi tutti.

  22. Io credo che, volendo trovare un ordine, un criterio possa essere quello di basarsi sui diritti che i vari servizi dello Stato devono garantire.
    Anche se oggi si sente sempre dire che sarebbe l’art. 3 della Costituzione il più importante, una sciocchezza simile va rivista considerando che il primo e diritto fondamentale è quello alla vita.
    Vita, libertà e salute dal mio punto di vista sono al di sopra di tutto.
    Concordo però con Gianluigi e Lorenzo laddove dicono che una giustizia efficiente funzionerebbe da deterrente e, automaticamente, responsabilizzerebbe chi deve assicurare gli altri servizi fondamentali.

  23. Un gruppo di esseri umani che decidere di condividere uno spazio, un territorio limitato, per prima cosa si da delle regole che non avrebbero significato se non ci fossero anche delle pene per chi non le rispetta ed un organismo preposto a giudicare. Poi verrebbe tutto il resto. Ecco perchè ho detto che la Giustizia è basilare. Non che il resto non sia importante. Non sono d’accordo con Gianluigi sul fatto che tutto, tranne Giustizia e Difesa, può essere affidato ad altri.

  24. …per tutto il 2011!! Nemmeno un ultranovantenne fa programmi a così breve scadenza! Meno male che i Maya hanno previsto la fine del mondo per il 2012…

  25. Esatto, il fatto che si parli di avere scongiurato un blocco del sistema e poi di voler riformare la giustizia mi fa pensare male, molto male.
    Si trovi una soluzione definitiva almeno a questo problema, dato che non è poi così complicato da risolvere.

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