Per capire cosa avviene subito dopo la “separazione in casa”, gesto quotidiano a cui siamo tutti abituati, abbiamo visitato lo stabilimento della ditta Cavallari. Siamo stati alla ZIPA di Casine d’Ostra (AN), dove su una superficie di 27.000 metri quadrati, di cui 8.000 coperti, la ditta selezione e tratta quattro frazioni dei nostri rifiuti: le plastiche, la carta, il vetro ed i metalli.
Sul posto vi lavorano 54 persone complessivamente, ma la maggior parte dell’attività, il 60%, è assorbita dai rifiuti industriali che sono anche stati l’origine dell’impianto.
Nello sguardo complessivo va data un’occhiata anche ad un settore di nicchia, comunque interessante, quello relativo alla raccolta ed all’inoltro presso le specifiche piattaforme di trattamento dei frigoriferi. Questi finiscono nell’area di Milano, mentre per i sempre più numerosi rifiuti elettronici (televisori, computer, radio, etc) la destinazione è per uno stabilimento localizzato nell’hinterland di Venezia.
Qual’è il punto cruciale, e per certi versi critico delle lavorazioni di cui abbiamo fatto cenno? Senza dubbio la linea delle plastiche, materie regine della nostra epoca e della nostra civiltà. Per quanto attiene questa raccolta, nell’ambito dell’intero CIR 33, abbiamo notato un controsenso e ne abbiamo avuto conferma sul posto. I metalli sono raccolti dai cittadini chiedendo di consegnarli assieme alla plastica. Questo mix pone seri problemi al momento della separazione. Essendo questa fatta per via magnetica, in presenza di plastiche leggere ed ingombranti, le stesse vengono facilmente trascinate assieme ai metalli. Ecco così che la ditta si trova di fronte ad ulteriori ed onerose attività di separazione manuale.
Secondo il Consorzio che utilizza la plastica per il riciclaggio, dopo aver proceduto ad ulteriori e particolari selezioni, queste debbono provenire esclusivamente da “imballaggi”. In relazione a questa prescrizione forse se ne comprende la logica ispiratrice, che vorrebbe separate le due provenienze, quella domestica ed industriale, per evitare commistioni ed imbrogli sulle vie di smaltimento. Però così facendo nascono comunque dei controsensi: mai e poi mai potrebbe essere smaltito, nel sacco della nostra plastica di casa, un volgare secchio se il suo volume è di 20 litri. Perché, secondo la logica del Consorzio, è di una dimensione tale da far presupporre la provenienza da uso “industriale” o al minimo artigianale. Invece se avete un piccolo secchiello, da 2 o da 5 litri (tanto per intenderci quelli della pittura murale) questo verrà accettato. Attenzione però a non approfittare delle facili offerte di tutti i supermercati quando, per eccessivo entusiasmo in materia di fai da te, vi azzarderete ad imbiancare una intera stanza. No, assolutamente no, in questo caso il vostro secchio non potrà essere collocato, come buon senso e ragione vorrebbero, nelle plastiche da riciclare. La ditta Cavallari sarebbe costretta, con una onerosa selezione manuale, ad escluderlo dal mucchio delle plastiche!
A parte questa divagazione, su un aspetto che comunque ci ha colpito, diremmo che la ditta in questione non può rinunciare alla selezione manuale, per opera di una serie di addetti che operano in ambiente controllato e con le dovute cautele, mentre il rifiuto transita sul un nastro trasportatore. Tutto ciò è necessario prima che si arrivi al processo di compattazione ed imballaggio, preliminare alla spedizione al COREPLA, che comunque può essere fatta solo quando le impurità non superano il 17%.
Stando a quanto ci ha riferito il titolare dell’impianto, signor Giovanni Romagnoli, la frazione materie plastiche che perviene da parte della raccolta CIR 33 alla ditta mostra da tempo una alta percentuale di “impurità”, cioè circa il 30%. Gran parte dei materiali sono del tutto estranei, come cartone e/o legno, oppure utensili e giocattoli che non essendo “imballaggi” devono obbligatoriamente essere allontanati. Ci sono però anche moltissimi bicchieri di plastica: questi devono essere selezionati e tolti, uno ad uno, dalla massa indifferenziata. Diciamo che questa operazione, certo conforme alla regola stabilita, presenta qualche motivo in più per non essere compresa come una scelta razionale.
La “linea” relativa alla carta, per la quale è ammesso un 2% di impurità, sembra non presentare problemi. Scaricata nello stabilimento di fatto viene subito pressata ed imballata.
Così è anche per il vetro che viene di fatto trasferito subito alle destinazioni degli utilizzatori finali. Qui viene frantumato e mescolato ad altre sostanze per essere fuso, in questo caso con un notevolissimo risparmio energetico. Purtroppo il nostro vetro ha un valore commerciale molto basso perché quello di colore bianco è mescolato altri colori. Al momento parliamo di vetro proveniente solo da bottiglie, bicchieri, barattoli, in quanto almeno a Senigallia, dove da un anno è stato chiuso il Centro Ambiente, non è di fatto possibile consegnare il vetro in lastre (quelli delle nostre finestre!). Il cosiddetto “deposito preliminare”, gestito dall’Edra-Ambiente in località S. Angelo, si rifiuta di prenderlo. Ma questa è un’altra storia e forse ne parleremo.
Gianluigi Mazzufferi
Franco Scaloni
Leggo velocemente questi interessanti post che compiono il viaggio che, tre anni fa, ci eravamo proposti di compiere, clandestinamente, io e altri dell’allora Meetup.
Alcune pecche della raccolta differenziata non sono state risolte, da allora. I rifiuti RAEE, ad esempio, devono essere conferiti in discarica. Ma chi deve buttare una calcolatrice viene facilmente tentato dal buttarla nel grigio o nel primo cassonetto pubblico che incontra, o, peggio, nel primo fosso. Mettere un bidone a disposizione dei cittadini durante i giorni di distribuzione dei sacchi, poteva essere un modo di andare loro incontro. Stessa cosa per legno e metalli. Con la plastica va l’alluminio e la banda stagnata, mi pare, ma non il ferro.
Ah, se volete buttare un PC ricordatevi di togliere l’HD (per la privacy, mi hanno detto…).
A suo tempo ebbi ha chiedere sul forum del CIR33 il perchè non si adotassero delle sigle identificative dei vari materiali uguali per tutti i comuni, in modo di facilitare i compiti degli utenti nel diversificare i rifiuti. La risposta fu : impossibile perchè ogni comune ha la sua colorazione del cassonetto ed in EU ancora non si è giunti ad una unificazione di sigle dei materiali.
Questo evidentemente non è vero! Infatti se si prende un pacco di pasta di una notissima marca Italiana, si può notare che ciò la ditta lo sta facendo con una propria iniziativa. Sul pacco compare un bollino con il logo del riciclo (le due frecce concentriche) e sotto un riquadro con all’interno le scritte “ASTUCCIO CARTONCINO – Raccolta CARTA”.
Da una parte la volontà di voler scoprire l’acqua calda, dall’altra la logica del buon senso.
Si, ho notato questa cosa anche in altri prodotti. La risposta del cir33 data a Franco è stata a dir poco fumosa, anche perchè nessuno ha parlato di colore dei bidoni o di “accoppiamento” di rifiuti. Se intanto mi dici “carta” o “plastica” poi, al colore del bidone dove buttarli, ci posso pensare anche da solo, no?