Salendo a nord, da Gerusalemme verso la Galilea, abbiamo attraversato la valle del fiume Giordano, ed in particolare i cosiddetti “territori occupati” (per alcuni più semplicemente “amministrati”) da Israele. La maggior parte di quest’area, chiamata anche “west bank”, non è stata mai annessa allo Stato ebraico ma viene da esso controllata, a partire dalla sua conquista durante la “guerra dei 6 giorni” (1967).
Tranne quegli appezzamenti di terreno i cui proprietari hanno potuto vantare diritti precedenti al 1967, l’intera zona è di proprietà statale e data in concessione. Questo territorio è fra quelli che Israele considera oggetto di trattativa, prima con la Giordania ed ora con i palestinesi, nell’ottica di dare “terra in cambio di pace”.
Alcuni zone della west bank non sono ne’ annesse ne’ amministrate da Israele: sono i territori sotto l’amministrazione completa dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP). Si tratta prevalentemente di aree urbane, come Gerico, Hebron, Ramallah, Betlemme.
Una di esse, la piccola Eluja, l’abbiamo attraversata domenica mattina. L’asfalto di colore più scuro è il primo segnale che indica la sua diversa “appartenenza”. La zona è tranquilla, tanto che la polizia e l’esercito israeliano hanno recentemente rimosso ogni controllo diretto.
Vasche per allevamenti ittici e, a destra, coltivazioni di banane (valle del Giordano)
Lungo la valle abbiamo visto coltivazioni orticole e floreali, allevamenti di tacchini e di pesce. Purtroppo la manodopera, qui, è sempre meno palestinese. Dopo i disordini e le ribellioni degli ultimi anni, ora gli israeliani preferiscono servirsi di personale straniero, specialmente thailandese: questi immigrati rimangono pochi mesi ma guadagnano abbastanza per potersi permettere una nuova casa nel loro paese.
L’ennesima occasione persa per i palestinesi: essi avevano (e hanno) a portata di mano esperienze, organizzazioni e tecniche all’avanguardia – quelle israeliane – ma, anziché acquisirle se ne allontanano. Queste valli rigogliose, circondate dal deserto, rischiano di fare molti passi indietro se, per motivi geopolitici, il governo israeliano decidesse di lasciarle sotto il completo controllo palestinese.
Sembra di sfogliare una enciclopedia alla parola Israele!
Bravi tutti sia per la documentazione fotografica, sia per gli interventi precisi. Una tirata di orecchie forse per il modo puntiglioso all’ italiana nel voler entrare in un posto dove necessitava seguire delle precise regole. Quando si va in casa d’ altri bisogna rispettare le regole della casa, giuste o sbagliate che siano.
Questo per lo meno è il mio parere. Che poi sotto ci sia il solito marcio business, è cosa risaputa e che noi italiano dovremmo ben conoscere, dal momento che nei nostri luoghi di culto si fa altrettanto.
Comunque bravi a tutti e peccato che il bel viaggio sia agli sgoccioli.
Un arrivederci, quindi, a presto, fiducioso di vedere quanto prima il vostro bel documentario che immagino avrete sicuramente girato.
Bravi, sembra che il viaggio sia riuscito bene. E’ interessante vedere i vari punti di vista dei partecipanti alla spedizione.
Speriamo di vedere presto il resto delle foto!
ciao Marco & Sylvia