E’ durata quasi due ore, questa stasera, la conferenza al Centro Cooperativo Mazziniano di Senigallia.
Nel 159° anniversario della proclamazione della Repubblica Romana, data che viene sempre ricordata nella nostra città, il professor Marco Severini, nostro concittadino e docente all’Università degli Studi di Macerata, ha presentato nuovi documenti su Girolamo Simoncelli. Questi di fatto costituiscono la sostanza del libro di prossima pubblicazione sulla discussa figura del senigalliese, fucilato il 2 ottobre del 1852.
“Il processo fu una autentica farsa“, parole testuali del professor Severini, che con questa affermazione drastica ha anticipato la sostanza del suo lavoro di ricerca. Lo ha reso ancor più stimolante soprattutto per noi senigalliesi, in quanto per giungere a queste conclusioni ha dovuto portare alla luce nuovi documenti. Pensare che fino ad oggi erano ignorati pur essendo alla portata di chiunque volesse studiare l’epoca, i fatti ed il personaggio.
L’appuntamento con la presentazione ufficiale del volume è per il 28 marzo prossimo presso il Centro Sociale “Saline”, in via dei Gerani 8, a Senigallia. Il volume sarà disponibile già dai giorni precedenti nelle librerie cittadine.
Per gentile concessione degli organizzatori e del relatore abbiamo registrato la conferenza e la successiva discussione. Pubblichiamo il podcast. Per ascoltarlo basta cliccare sull’icona sottostante.
Da senigalliese residente all’estero, a poche ore dall’evento, ho avuto modo di ascoltare Severini e gli altri intervenuti, in “differita”.
Le tecnologie odierne permettono anche a qualche sparúto concittadino vostro, “sparito” dalla circolazione del territorio comunale, di essere partecipe, come auditore, quasi in diretta.
Non ho granché da commentare; mi limito ad esprimere la grandissima soddisfazione di aver potuto ascoltare tale disquisizione, tantopiú da una città montana del Giura svizzero, nella quale esiste una parrocchia di “veterocattolici”, scismatici in séguito ai vari dogmi proclamati da Pio IX, in illo tempore.
Anche perché, in fatto di nuove repubbliche quarantottesche e postquarantottesche, come quella romana, la mia città d’adozione (La Chaux-de-Fonds) è stata protagonista dell’unica proclamazione repubblicana definitivamente vincente (unico esempio, in Europa, purtroppo) il 1° marzo del 1848, in quel di Neuchâtel, cantone elvetico che per bandiera di Stato ha il nostro tricolore (sic!) ornato d’una crocetta federale bianca all’angolo superiore del lembo rosso. Tricolore identico, e non per caso. Ma questa è un’altra storia…
Magari verrò a raccontarvela di persona, lí da voi, nella nostra Senigallia, prossimamente. In tema di storie repubblicane, è proprio una curiosità edificante e gustosissima.
Grazie a Gianluigi per la solerzia nella segnalazione.
Conoscevo la serietà e l’impegno del Prof.Severini avendo dello Stesso letto e catalogato quanto dello Stesso ci ha fatto omaggio.Noi del Centro Studi Luccini di Padova ringraziamo lo Studioso e per non scivolare in specifiche emozioni provate nel vedere il busto di Papa Mastai alla stazione ferroviaria di Senigallia suggerisco personalmente di consultare la Sciarada di Papa Mastai scritto da Andreotti.Bravo Marco nel portare alla luce avvenimenti sino ad ora trascurati od oscurati.Mi sono permesso un pò di confidenza col Prof.Severini in quanto lo Stesso è mio nipote acquisito.
Bravo impegnato chè nel nostro programma di manifestazioni culturali e storiche ci siamo sentiti in obbligo di averLo quì a Padova per la presentazione in pubblico di quanto dallo Stesso pubblicato.Date ancora non fissate ma sarà nostro vantaggio e piacere ospitare lo studioso ancora così giovane.Bravo Marco.
zio dario
11-02-08 Padova
Ho rimesso stamane un mio commento in merito in attesa di approvazione era.Perchè è scomparso? posso sapere se si tratta di causa-principi-oppure per ragioni tecniche.Scrissi anche che il Prof. Severini Sarà a Padova su invito del Centro Culturale Luccini.
grazie
dario petrolati
Via Beato Pellegrino,16 Padova
od anche Centro Studi Ettore Luccini Padova
Su wikipedia non c’è ancora una voce dedicata a Simoncelli, lancio la proposta a chi conosce il personaggio di scriverla, per iniziare sono sufficienti i dati anagrafici e 3 periodi di senso compiuto. Poi mano a mano si potrà migliorarla.
Aspetto l’uscita del libro, grazie per l’informazione.
Rispondo al commento di “babel-zeta” soo per sottolineare che una voce Simoncelli, redatta dal sottoscritto, compare nella 3° e ultima edizione del Dizionario biografico dei marchigiani (edizione CD-rom, il lavoro editoriale, Ancona 2007).
Grazie e cordiali saluti.
MS
Grazie per la notizia. Ora si tratterebbe di mettere il testo su Wikipedia e quindi credo che Lei stesso possa procedere subito, scegliendo il taglio più opportuno. Operazione questa che si effettua anche con estrema facilità.
Infine mi piace sottolineare che il suggerimento del lettore (babel-zeta) ha prodotto subito l’effetto sperato.
Anche noi della redazione di Popinga ne siamo soddisfatti.
Metto il link per chi volesse iniziare a scrivere.
Ringrazio per l’informazione, consulterò appena mi sarà possibile il Dizionario biografico dei marchigiani, e ricordo a chiunque volesse contribuire a Wikipedia, che questa è distribuita con licenza GnuFDL, e quindi può accettare materiale proveniente da pubblicazioni con copyright se e solo se il detentore del copyright (l’autore spesso ma non sempre) accetta esplicitamente (inviando una mail all’indirizzo permissions-it@wikimedia.org) di distribuirlo con questa licenza, quindi sono da evitare copincolla non autorizzati dall’autore.
Ovviamente se riesco a trovare notizie mi ci metto anch’io a scrivere! 🙂
Ciao a tutti!
La serata si è rivelata piacevole e interessante perché sono stati introdotti nuovi elementi di giudizio e di ricerca su un personaggio storico senigalliese che è stato giudicato in maniera controversa. C’è molta attesa per il libro di Marco Severini che di certo contribuirà a gettare nuova luce su Girolamo Simoncelli e sui fatti che lo videro protagonista.
La vicenda di Gerolamo Simoncelli merita indubbiamente di essere riconsiderata alla luce dei nuovi documenti emersi e, soprattutto, con un atteggiamento laico e sereno. A distanza di oltre 150 anni, credo sia un bene cercare di fare chiarezza su quanto avvenuto poiché a guadagnarne sarà certamente il begeglio memoriale della comunità. E a proposito di memoria, la vicenda di Simoncelli è parte di quella più complessa e generale della Repubblica Romana del 1849, per molto tempo dimenticata nonostante le sue eredità democratiche, laiche e repubblicane rappresentino l’humus cui apparteniamo. Semignorata in Italia, la Repubblica è ricordata in vari luoghi del mondo, tra cui la mia Boston.
Complimenti agli organizzatori della serata! E a chi ha effettuato
questo utile servizio di informazione. Vorrei sapere quanti sono stati i patrioti della repubblica uccisi dalla restaurazione pontificia in quegli anni. Grazie ancora e salute a tutti.
Anche se questo articolo è scivolato oramai in archivio, se ne parla oggi sul Corriere Adriatico, alla pagina sulla cronaca di Senigallia. Si anticipa anche la presentazione del libro di Severini al Centro Sociale Saline il prossimo 28 marzo…
Questa avverrà in occasione della prossima rassegna di Scipta Volant che stiamo organizzando.
Complmenti a chi ha realizzato questo servizio! Gran bel colpo! 🙂
Ancora complimenti a Marco per le sue “scoperte” che arricchiscono la storia di luoghi e personaggi dimenticati confermando quanto l’epopea 1848/49 sia stata un evento straordinario ed entusiasmante che ha coinvolto il popolo più di quanto non sia stato insegnato nelle scuole. Un popolo, il nostro, che è ancora oggi “orfano” di una parte fondamentale del percorso democratico compiuto in quegli anni. Ho sempre pensato che gli italiani, uomini e donne, avrebbero avuto un approccio più consapevole al valore della democrazia se avessero conosciuto ciò che davvero avvenne in Italia in quegli anni. Per questo è nato da otto anni il Comitato Livornese per la promozione dei valori risorgimentali e da due il Coordinamento toscano di cui sono presidente. Il nostro scopo è proprio colmare quel vuoto a partire da iniziative con le scuole, con i docenti e con i cittadini. Abbiamo anche fondato un Comitato Nazionale che per ora opera solo in occasione di celebrazioni e ricorrenze. Perché non pensate anche voi ad un Comitato analogo? Gli studi che Marco, come Fabio Bertini a Firenze, ci regala meritano una platea più vasta e ciascuno di noi ha il dovere di divulgarli soprattutto appassionando le giovani generazioni.
Congratulations to Prof. Marco Severini who has researched another very interesting historical topic. I look forward to the forthcoming publication of the book on Girolamo Simoncelli.
Bravo Marco, è sempre utile ricordare coloro che avendo partecipato alla Repubblica Romana sono stati vittime della durissima repressione papalina. Oltre ai condannati a morte, ricordiamo i molti romagnoli e marchigiani che hanno passato lunghi anni nella tremenda prigione di Paliano. Il lughese Antonio Bedeschi fu liberato sono nel 1866 e visse gli ultimi anni a Senigallia. .
Innanzitutto un ringraziamento a chi permette che si possano seguire simili iniziative anche nel web.
E’ stato piacevole ascoltare con quale entusiasmo e competenza il prof. Severini ha trattato uno dei momenti fondanti della nostra Nazione, soprattutto quando questo si fa sulla base di documenti – in questo caso – inediti.
La storia della Repubblica Romana, come quella del Risorgimento, è uno dei miei interessi di appassionato di storia. E’ bene che queste cose, dimenticate per decenni, riemergano dall’oblio nel quale, per varie ragioni, sono cadute o vi sono state spinte.
Colgo l’opportunità per ringraziare da questo sito il Prof. Marco Severini per l’interessantissima conferenza tenuta presso il nostro Centro Cooperativo Mazziniano in data 9 febbraio sulla figura di Girolamo Simoncelli e ringrazio POPINGA e Gianluigi Mazzufferi per averne egregiamente permesso la diffusione. Il nostro Centro Mazziniano da anni sta conducendo una intensa attività nel campo storico, culturale ed editoriale al fine di non disperdere il patrimonio delle nostre origini sul quale si basa l’impianto della costituzione repubblicana e della società attuale con i suoi pregi e aimè con i suoi difetti.
Il dibattito che ne é scaturito ci conferma una ripresa di coscienza ed interesse per questo genere di manifestazioni e ci sprona a continuare ad organizzare i tradizionali incontri del 9 febbraio, della manifestazione estiva e del 2 ottobre ai quali mi auguro si possa dare lo stesso risalto dato alla recente manifestazione.
Luciano Di Marcelli – Presidente del Centro Cooperativo Mazziniano di Senigallia
Ho letto l’articolo di Wikipedia su Simoncelli e mi porta a rifettere sulla difficoltà di una memoria pubblica e condivisa quando si frappongono questioni ideologiche.
Le forti divergenze che, almeno prima delle ricerche del prof Severini, esistevano tra storiografa cattolica e laica su un’atto storico ben determinato, come il processo a Simoncelli, sono l’evidenza di questa difficoltà.
Il tutto è aggravato dal fatto che comunque stiamo parlando di un’altra Italia, quella del nostro Risorgimento, e di un evento che è avvenuto 156 anni fa, per cui si potrebbe pensare ad un qualcosa che ormai non susciti “forti passioni”.
All’opposto per avere finalmente una memoria pubblica finalmente condivisa rispetto a momenti importanti della nostra vita nazionale, come il Risorgimento, andrebbero messe da parte convinzioni personali e ideologie per attenersi il più possibile ai documenti.
Come ogni vero storico dovrebbe fare.
Lo studio della biografia di Simoncelli, attraverso il lavoro sugli articoli che è stato fatto sia a Roma che nelle Marche, può aiutare a comprendere l’ambiente culturale e politico che ha permesso ai volontari marchigiani nel ’60 di rendere le Marche autonome dallo Stato Pontificio e di aderire allo Stato Piemontese.
La memoria collettiva andrebbe bombardata quotidianamente sui fatti imprescindibili del passato, ma si sa è scomodo ricordare, un paese lacerato come il nostro potrebbe ricucirsi solo attraverso la storia nazionale. Una storia che in pochissimi ancora leggono e tramandano ai propri figli. Dopo la lettura delle notizie che riporta Wikipedia e l’ascolto dell’intervento su Simoncelli del prof. Severini, ritengo che sia sempre più necessario stimolare e incentivare la cittadinanza a stringersi intorno ai momenti e ai personaggi del passato, proponendo loro lezioni aperte e gratuite, per suscitare interesse e non importa se permarranno le ideologie,l’importante è che gli studi e le verità ricavatene emergano e siano fruibili ai più.
Leggendo la biografia di Simoncelli, la prima cosa che, per il sottoscritto, appare evidente e in un certo senso sconcertante, è costituita dal fatto che la situazione in cui si ritrovò Simoncelli è una situazione che risulta attuale: lo sventurato patriota venne condannato solo per aver avuto il coraggio di esprimere le proprie idee che però differivano dal pensiero di Pio IX. Questo modo di agire da parte della Chiesa è antitetico ai principi che sono alla base della dottrina cristiano-cattolica e ritengo inoltre che la cecità della storiografia cattolica degli ultimi anni, la quale continua a perpetuare la legittimità della condanna pontificia, fa capire come la dogmaticità religioso-ideologica, unita alla poca volontà di interpretare criticamente un fatto storico, sia rovinosa per la ricerca della veridicità storica e quindi sia causa anche del sorgere di falsi storici.
Bisogna anche ricordare, caro duca bianco, che all’epoca il delitto di lesa maestà era abbastanza in voga non solo nel Regno della Chiesa, ma in quasi tutti i regni e verso tutti i governanti.
La libertà di pensiero e di critica non era certo riconosciuta, ma questa è una colpa che non si può addebitare alla Chiesa.
E’ chiaro che vedendo il fatto con l’occhio del 2008 la sentenza appare scandalosa, ma storicizzando l’evento non si può essere sconcertati.
Come dice Viola, la Storia deve essere raccontata per farci capire come diritti che oggi diamo per scontati, un tempo non lo erano affatto.
Sul fatto poi che la Chiesa, oggi come allora, sia intollerante all’eterodossia di pensiero siamo perfettamente d’accordo.
Se ho capito qualcosa dalla lettura dei Vangeli è che un discepolo di Gesù non potrebbe mai accettare di assassinare (o di fare assassinare) un’altra persona, ma purtroppo le parole del Messia non hanno mai interessato molto i suoi successori sul soglio pontificio.
Il Risorgimento dovrebbe essere studiato innanzitutto a scopo esclusivamente culturale.mi riferisco ad un valore che oggi sta scomparendo,ossia l’amore per la cultura in quanto tale,un patrimonio che è fuori del tempo nel senso che riesce ad essere immortale,trascende ogni limite temporale,imponendosi prima di tutto come esigenza dell’intelletto e dello spirito.se poi volessimo comprendere perchè il Risorgimento,come fatto politico,culturale e sociale del nostro paese,può dirsi attuale,basterebbe dare uno sguardo alla nostra Costituzione. Essa infatti nasce avendo come modello di riferimento la Costituzione emanata nella breve esperienza storica della Repubblica Romana,che,in una Europa dominata dalla grandi potenze,dalla monarchia,da politiche autoritarie e legittimiste, divulgava concetti nuovi quali democrazia,repubblica e laicità che però non rinunciava al potere spirituale del Papa.
studio del Risorgimento perciò diventa studio di una fase fondamentale del processo di costruzione del nostro Stato.
L’esperienza della Repubblica Romana insegna molto anche in fatto di laicità.nel nostro Paese questa è una questione molto discussa e spesso si è cercato di proteggerla dalle ingerenze più o meno efettive della Chiesa.forse la questione da cui partire oggi non è tanto la laicità,valore sancito dalla nostra Costituzione e condiviso pressochè da tutti,quanto la definizione che ognuno è libero di darsi di ingerenza.oggi,in nome di una cultura laica,meglio laicistica,si tenta di criticare il fatto stesso che la Chiesa esprima la propria visione, che dovrebbe essere recepita semplicemente come una delle molteplici visioni riguardo il tema in questione.la fiducia nel libero arbitrio impone,infatti, che questo sia padrone di aderire o meno a qualunque ideologia.il vero rischio che oggi si sta correndo è che la cultura laica sia sempre più disposta ad ascoltare solo le sue ragioni facendole passare per la Ragione.
Nelle parole del prof. Severini le vicende che coinvolgono Simoncelli riemergono con tale intensità, che mi fanno ricordare quanto la storia sia fatta di vite umane, che vanno salvate dalla fiumana anonima in cui a volte la storia si tramuta. La ricerca storica che vuole avvicinarsi alla verità alimenta una memoria più “giusta” che, in quanto tale, non può che essere condivisa. A questo proposito il caso Simoncelli mostra quanto il cosiddetto “sangue dei vinti” venga spesso ignorato o addirittura diffamato. Sembra che ai vinti della storia non si dia mai abbastanza spazio o peggio si demonizzi la loro memoria, per questo è importante parlare della storia dei vinti soprattutto quando è “fuori moda”. Ritengo inoltre che solo evitando di demonizzare una delle parti ci si possa avvicinare alla verità, mentre nel caso opposto, come è avvenuto per Simoncelli ma, anche come rischia ora di avvenire per Pio IX, si rischia di alterare il colore alle epoche con faziosità. Di certo nella storia/vita il male esiste, ma non lo si può mai vedere come male assoluto. Infatti, soprattutto nel caso di chi fa ricerca, l’individuazione del male assoluto porta alla certezza nella scoperta e, dunque, pone fine alla ricerca… come è avvenuto per gli storici cattolici del passato.
(Fonti: documento di Wikipedia ed ascolto della conferenza del prof. Severini)
La storia di Girolamo Simoncelli mi ha portato a riflettere sulle condanne a morte comminate dallo stato Pontificio per reati di natura politico-insurrezionalista. Esse vengono ancora oggi mantenute sullo sfondo della storiografia dello Stato Pontificio. Il caso Simoncelli non ha fatto, purtroppo, eccezione.
Il ruolo politico della Chiesa, da sempre sospeso tra l’esercizio del potere spirituale e del potere temporale del Papa, ha impedito a Pio IX di fare, al di là della colpevolezza di Simoncelli, l’unico atto dovuto, degno del Vicario di Cristo: applicare la misericordia attraverso la concessione della grazia.
Ogni giudizio morale va naturalmente sospeso, perché il contesto era quello di circa 150 anni fa e le condizioni storiche erano diverse.
Oggi, comunque, resta il fatto che Pio IX è attualmente “in odore” di santità, essendo stato proclamato Beato.
Il dibattito seguito all’intervento di Marco Severini è interessante da seguire nelle molteplici articolazioni che ha preso.
Per la mia esperienza personale di studiosa della Repubblica Romana e della sua Costituzione, il dibattito suscita in me alcune riflessioni su quella vicenda, in particolare sul valore di quell’esperienza storica e del suo testo giuridico fondamentale.
Un documento costituzionale, frutto di un’Assemblea Costituente eletta a suffragio universale e del lavoro appassionato dei deputati provenienti da tutta Italiain un’epoca in un cui ancora l’Italia non c’era.
Un testo costituzionale repubblicano, laico, democratico, unico in quei tempi ad aver affermato l’eguaglianza formale e sostanziale tra i cittadini, padre nobile del testo costituzionale italiano del 1948. E’ bene non scordarlo nell’anno del 60° anniversario della nostra Costituzione, frutto di due esperienze storiche fondamentali per il nostro paese: la Resistenza ed il Risorgimento, spesso disconosciute nei tempi attuali.
Faccio mie le parole di Piero Calamandrei : “In questa costituzione (del 1948, n.d.a.) c’ è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati qui, in questi articoli e, a saper intendere dietro questi articoli, ci si sentono delle voci lontane. Quando io leggo nell’art.2 “l’ademipimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” o quando leggo nell’art.11 “L’Italia rifiuta la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli(…)” ma questo è Mazzini, questa è la voce di Mazzini!
O quando nell’art.52 io leggo “l’ordinamento delle forze armate s’informa allo spirito democratico della Repubblica, esercito di popolo”, ma questo è Garibaldi!”.
Mi fermo qui, ma in tempi di “revisionismi” costituzionali ritengo che sia quanto mai utile rimarcare il valore e la sostanza del nostro percorso fondativo e della storia che abbiamo alle spalle.
Ho letto la biografia di Girolamo Simoncelli e trovo scandaloso e inconcepibile il comportamento della Chiesa, sia quello di 150 anni fa che quello attuale. Il primo credo sia evidente (e credo l’abbiano detto molti commenti precedenti il mio), nessun versetto della Bibbia tollera l’omicidio. Il secondo, ovvero il comportamento attuale, è altrettanto censurabile. Credo infatti che la beatificazione di Pio IX abbia ucciso Girolamo Simoncelli una seconda volta.
Per quanto riguarda la storiografia cattolica trovo che non sia molto giusto difendere la legittimità di una condanna pontificia. Essa inoltre dovrebbe guardare con piu’ obiettività alla storia e seguire le corrette strade della ricerca.
Pinball, mi dispiace ma devo contraddirti: nella Bibbia, specialmente nel Vecchio Testamento, gli omicidi e gli eccidi si susseguono senza soluzione di continuità.
La storia del popolo ebraico, narrata nel nostro libro sacro, altro non è che il racconto delle guerre, degli assassinii, delle vendette e di tutti gli atti più o meno cruenti compiuti dai patriarchi e dai capi degli ebrei nel nome e per conto del Signore.
E’ nel Nuovo Testamento ed in particolare nei Vangeli, che c’è la prima vera dottrina non-violenta della storia.
Forse è proprio per questo che Gesù diventò tanto famoso.
E’ altresì vero che la Chiesa ha sempre giustificato le guerre e gli omicidi quando fossero consoni con la sua linea politica.
In questo i vari Papi ed i cristianissimi monarchi europei sono sempre stati più “ebrei” che “cristiani”.
In realtà, al giorno d’oggi, i veri cristiani, cioè coloro che seguono veramente gli insegnamenti di Gesù Cristo, sono veramente molto pochi!
La laicità dello Stato è un tema vivo dal Risorgimento, in quanto, con fasi alterne, questo non si è mai verificato pienamente nel tempo. La storia di Simoncelli è uno dei validi esempi che possono portare a un più chiaro giudizio sull’occorrenza o meno della laicità dello Stato.
Complimenti innanzitutto al Prof. Severini, la cui professionalità ed estrema competenza contribuiscono concretamente ad amplificare la fruizione e l’interesse per le vicende storiche.
La Sua indagine circa l’esperienza umana e politica di Girolamo Simoncelli è sicuramente significativa, dal momento che permette di dar voce e visibilità a quella determinante stagione di innovazione democratica che si identifica nella Repubblica Romana del 1849, spesso non opportunamente considerata dall’indagine storiografica.
La figura del Simoncelli infatti interpreta in maniera esemplificativa quel clima di fermento costituzionale e di modernità che si stava affermando all’epoca e, al tempo stesso, testimonia le difficoltà ancora esistenti nell’abbracciare pienamente questi ideali.
Nonostante l’esperienza della Repubblica Romana sia stata circoscritta ed abbia avuto in definitiva un esito fallimentare, resta comunque di estrema importanza per quanto riguarda il suo contributo nell’accelerazione del processo storico nazionale, poichè ha innescato dinamiche e valori nuovi; prima tra tutte l’eredità di una Carta costituzionale che si imporrà poi come modello di architettura normativa della nostra Costituzione.
L’unica “colpa” che si può imputare al personaggio in questione è l’essere nato in una fase politica di transizione, nella quale i principi di cui si era fatto portavoce erano ancora a livello embrionale e non compiutamente consolidati.
Trovo questo dibattito stimolante e attendo anch’ìo di leggere il lavoro di Marco Severini, che sarà sicuramente di grandissimo interesse non solo per gli addetti ai lavori. Il 1848 (e dintorni) è stato un momento eccezionale, in cui lo Stato romano è passato in pochi mesi da teocrazia a repubblica democratica; ma parlando del 1848 e del risorgimento in genere non possiamo dimenticare che quello fu anche un momento di grandi coinvolgimenti urbani, in cui emerse il lavorio prodotto dalle sette carbonare nei decenni precedenti. Quella emersione non è sempre coerente con l’idea limpida, eroica e un po’ oleografica del patriota. Insomma, accanto alle baionette al sole dei volontari ci furono anche i pugnali nell’ombra, cioè diversi omicidi “per ispirito di parte”. La vicenda di Senigallia è anche – e, a un certo momento, soprattutto – questo: più di una una ventina di morti ammazzati nel volgere in un anno (e sono filopontifici o moderati); poi, con la restaurazione pontificia, più di una ventina di condannati a morte. Tra i fucilati c’è Girolamo Simoncelli, che era un brav’uomo: concordo con Severini, si stenta a capire perché lui finisca davanti al plotone d’esecuzione, l’unica risposta che mi viene è che si sia trattato di un tragico errore da parte del pontefice. Non credo ad amenità come un complotto dell’Antonelli, ma non c’è dubbio: è stato uno sbaglio fatale, un tragico errore, un mostruoso fraintendimento.
Ma che dire degli altri 24 – mi pare – fucilati senigalliesi? Prescindendo dall’orrore per qualsiasi condanna a morte (io non ho pietà dell’assassino, ho disgusto per ogni Stato che dà lavoro al boia), nel loro caso le condanne erano “giuste”?
Non credo si possa separare l’affare Simoncelli – lo ripeto, un brav’uomo: e non lo dico io ma le tante testimonianze fra cui quella del governatore distrettuale di Senigallia – dal complesso dei fatti tragici, e meno presentabili, del 1848 e dintorni. Girolamo Simoncelli compì un errore, in buona fede e per il bene della città ma per lui fu un errore tragico: a un certo punto accettò il comando di una guardia civica (o nazionale) che non si poteva comandare, e che – per viltà e/o per infiltrazione – in ogni caso non aveva il coraggio di opporsi alla cd. compagnia infernale; così operando – e, certo, operò tante volte “al meglio” – Simoncelli assunse la responsabilità dell’ufficiale di picchetto, che risponde di tutto quel che avviene in caserma. Certo, il papa avrebbe dovuto capire e discernere il grano dal loglio. Resta difficile capire perché non lo fece.
Come personale contributo al dibattito vorrei ricordare che Pesaro e Senigallia ebbero, fino a un certo punto del 1848, due storie parallele. In entrambe le città, che appartenevano alla stessa legazione di Urbino, dall’estate in poi – in coincidenza con il ritorno dei volontari dal Veneto – alcune frange proletarie (allora si diceva “dell’infima plebe”) si ammutinarono, persero ogni rispetto (e forse ogni fiducia) verso i maggiorenti che fino ad allora avevano guidato le città. Ma a Pesaro il limite fu superato nel novembre 1848 quando una banda di popolani e guardie civiche ammutinate saccheggiarono certe barche nel porto e ne distribuirono festosamente (o si mangiarono) i viveri depredati. Quei patrioti plebei si riunivano nella bettola di tal oste Lombardi, e da lui pretendevano di chiamarsi – con un senso doppio trasparente – “lega lombarda”. La borghesia cittadina decise di far basta: mandò dei sicari – delle guardie civiche “per bene”… – che uccisero l’oste, ammazzarono qualche altro aderente alla sua lega, arrestarono una cinquantina di suoi ex adepti, insomma tennero saldo il controllo della città. Nel carnevale 1849 alcuni senigalliesi della compagnia infernale si fecero vedere nel teatro di Pesaro: una cronaca del 1898, scritta mezzo secolo dopo, ricorda che “alla fine dello spettacolo dalla parte scelta della nostra guardia civica e da molti altri patrioti amanti dell’ordine furono energicamente invitati a partire”. Si può intuire il senso di quell'”energicamente”…
A Senigallia invece gli “ammazzarelli” non trovarono ostacoli né nella guardia né nel circolo cittadino, che ne furono per così dire soverchiati. La loro immagine risulta talmente imbarazzante che si provò a dirne di tutto, compreso che non fossero “veri” patrioti. Secondo me furono invece una punta estrema e anarcoide (ma loro si dicevano mazziniani) del mondo urbano repubblicano, che purtroppo per qualche mese fu padrona della città. Tra le loro vittime, in qualche modo, ci fu lo stesso Simoncelli.
Nel mio primo giorno di vacanza, vedo con piacere che il dibattito sulla vicenda Simoncelli sta continuando, con una varietà di accenti e di posizioni che no può fare che piacere. Aggiungo solo una cosa. Il libro che arriverà nelle librerie nei prossimi giorni è stato scritto con una prospettiva decisamente diversa rispetto alla vecchia storiografia risorgimentale e, in sostanza, con un’attenzione particolare verso la memoria, i ricordi, le sensazioni, l’approccio culturale, in virtù di quel nuovo orientamento storiografico che va diffondendosi anche in Italia e di cui è, ad esempio, testimonianza l’Annale 22. Einaudi, dedicato proprio al Risorgimento, curato da P. Ginsborg e A. M. Banti, uscito pochi mesi fa.
Contento di aver scoperto questo interessantissimo forum voglio innanzitutto fare i complimenti al Prof. Severini per la sua notevolissima preparazione e per il suo assiduo impegno nella ricerca storiografica.
Tanti sono gli spunti offerti dal dibattito, a me piace sottolineare la cultura profonda del Risorgimento, l’epopea di centinaia di migliaia di persone che cominciarono a pensarsi come parte di una “comunità immaginaria”. Giovani e agiati signori così come tanti umili cittadini (in primis, naturalmente, il nostro Simoncelli) decisero di farsi patrioti, rischiando la prigione, l’esilio, la vita, senza aspettarsi vane glorie ma solamente affascinati dall’ideale della rinascita della Nazione italiana, fino a quel momento pura astrazione retorica. La Repubblica Romana segnò l’apice di questa nuova stagione e la sua Carta Costituzionale l’eredità più innovativa lasciata ai posteri. Principi come la libertà, l’uguaglianza, la democrazia, la cittadinanza, in anticipo sui tempi, suonarono come rivoluzionari e spaventarono le grandi nazioni dell’epoca che, per lo più monarchiche e reazionarie, misero fine a questa gloriosa esperienza. A prescindere da considerazioni di parte, penso che lo studio del Risorgimento sia sicuramente importante per comprendere il processo di costruzione e l’identità del nostro Stato attuale ma, ancor più ed in prospettiva futura, è necessario carpirne gli insegnamenti. Personalità come Garibaldi e Mazzini, moderne e già con un orizzonte internazionale, insieme a tante altre meno conosciute, come il Simoncelli, sono un esempio di onestà, di coraggio e di rigore morale che non possono, se adeguatamente conosciute, che suscitare in noi un moto interiore di ammirazione ed interesse. La storia nazionale si incontra con quella locale, la grande storia con il piccolo frammento, alla ricerca delle mentalità, delle motivazioni e dell’immaginario che sottintendevano a questi uomini. Naturalmente in mezzo a tanti valorosi patrioti si nascosero dei poveracci, dei furfanti e finanche degli assassini ma le loro azioni non cambiano la sostanza del messaggio risorgimentale, così come più recentemente di quello della resistenza, semmai rappresentano uno stimolo per ulteriori ricerche, più profonde e particolaristiche. Se è corretto sostenere che la storia non è mai stata tutta raccontata, è altrettanto necessario dire che, come nel caso della biografia sul Simoncelli ricca di documenti esaurienti, i tempi sarebbero maturi per raggiungere una memoria pubblica finalmente condivisa e che solo reticenze ideologico culturali astoriche possono oramai negare.
Davvero encomiabile l’idea di mettere a disposizione di tutti la registrazione dell’interessante conferenza dell’amico Marco. Utilizzerò senz’altro il podcast nella mia attività di insegnante.
Consiglio una visita al sito http://www.historycast.org/, pioniere in Italia del “podcasting storico”, al quale, perché no, si potrebbe segnalare questa iniziativa.
Se posso, volevo fare i miei complimenti al Prof. Severini che ha messo a disposizione di tutti, tramite podcast, la sua conferenza e che è intervenuto al dibattito qui in corso con grande partecipazione, apertura al confronto e allo scambio, disposto a mettersi in discussione. Veramente complimenti, in tempi di professori sussiegosi e diffidenti verso le nuove tecnologie e i nuovi mezzi di informazione, questa disponibilità è cosa rara e preziosa.
Bravo Severini; e’ riuscito ad alimentare un dibattito coinvolgente attraverso quella che, probabilmente, considerava una sua opera minore. Dopo il suo “Armellini in moderato”, “La Repubblica Romana del 49, la Primavera della Nazione”, ecco, per entrare nuovamente nel nostro Risorgimento il suo Processo inutile a un cittadino, quasi qualsiasi, della sua citta’, che e’ anche quella dell’ultimo Papa Re, dimenticato dagli storici accademici. Ma e’ un Processo che inutile non e’ dal momento che si e’ trasformato in un processo alla odierna ipocrisia e incoerenza.
La situazione in cui viveva il comune cittadino dello Stato Pontificio é magistralmente descritta dal pur famigerato colonnello Bentivoglio (noto per aver oppresso e insanguinato la citta’ di Rimini all’indomani del fallito esperimento di Governo democratico cosiddetto delle Province Unite, e quindi al si sopra di ogni sospetto di parte) nel suo Indirizzo ai popoli e ai principi d’Italia, stampato a Rimini nel 1831:
«In ogni parte non vi é che incertezza, contradizione, instabilità; e non vi é altro di metodico e di fermo fuori del pagamento delle imposte e delle persecuzioni politiche. Le quali persecuzioni, comecché dipendenti dallo stravagante volere della Setta Apostolica e dagli odi privati nelle province, rendono il dolce e paterno governo di Sua Santità di una tale intollerabilità che Giobbe stesso non sapria sostenerlo. Difatti si può egli vivere a questo modo? La Camera [Apostolica n.d.a.] vuole la metà delle tue rendite. Il Vescovo ti molesta per una donna. La Polizia ti perseguita per opinione politica. Il Legato ti schiaccia, perché il suo potere sta sotto la porpora e non conosce confini. La Inquisizione ti carcera e ti tormenta in secreto per opinione religiosa. Il nobile ti vilipende se non lo strisci. Se ricorri ad alcuno, non sei ascoltato o sei mandato e rimandato da Erode a Pilato, finché ti stanchi, perché non hai una legge da reclamare contro l’arbitrio e l’oppressione. E quindi noi amatissimi sudditi di Sua Santità (ad eccezione di alcuni pochi) siamo e saremo spiantati se possidenti; falliti, se commercianti; affamati, se operai; derelitti, se manifatturieri; avviliti, se agricoltori. Si numerano i passi nostri, si commentano le nostre parole, si perquisiscono le nostre case, s’infamano le nostre famiglie, si notano i nostri sguardi, si sospetta delle nostre amicizie…Tale é la condizione dei dilettissimi sudditi della Corte Romana».
E dopo il periodo rivoluzionario della Repubblica Romana durante il quale, oltre agli animi eletti e puri dei democratici, emersero, come avviene in ogni rivoluzione, anche quelli che lo furono un po’ meno perche’ non tutti sono disponibili a porgere l’altra guancia e a dimenticare, segui’ la reazione: nel 1850 risultavano reclusi nelle carceri pontificie 10.800 compromessi con la Repubblica e la stragrande maggioranza erano comuni cittadini.
Cosi’ la reazione papalina, sostenuta in buona misura dalle armi austriache che presidiavano i territori piu’ indisciplinati dello Stato, si scateno’ violenta, almeno fino al 1853, tanto da far scrivere a Victor Hugo, nel 1856, rivolgendosi agli Italiani:
«…Ricordate i supplizi, gli assassinii, i delitti, le forme tutte del martirologio, le battiture pubbliche, le battiture in prigione, i tribunali di caporali, i tribunali di vescovi, la sagra consulta di Roma, le grandi corti di Napoli, i patiboli di Milano, d’Ancona, di Lugo, di Senigallia, d’Imola, di Faenza, di Ferrara; la mannaia, lo strangolamento, la forca; centosessantotto fucilazioni in tre anni, in nome del papa, in una sola città, Bologna; il forte Urbano, Castel Sant’Angelo ed Ischia; Poerio senza sollievo fuorché quello di mutare sulle proprie membra il luogo delle catene; i proscritti immemori del numero dei proscritti; le galere, le segrete, i trabocchetti, gli in pace, le tombe!….».
E il Papa Re, che era anche Vicario di Cristo (come lo sono anche gli attuali papi), avrebbe potuto, almeno come tale, fermare quel sistematico massacro: il Papa infatti era informato di ogni condanna. L’art. 468 del Regolamento organico di procedura criminale, promulgato da Gregorio XVI il 5 novembre 1831, ripristinato alla caduta della Repubblica, stabiliva che La sentenza di condanna a morte, dopo divenuta esecutiva, non veniva eseguita se non dopo averne data comunicazione al Sommo Pontefice, per sapere se egli desse ordini in contrario: ciò anche se il condannato non avesse presentato domanda di grazia .
Possiamo allora concludere, a proposito di ipocrisia e di incoerenza, che se oggi qualsiasi forma di vita, perfino quella embrionale o quella di feroci assassini che attendono da anni negli Stati Uniti d’America una iniezione letale, va tutelata anche perche’ ce lo dice il Vicario di Cristo pro tempore, presumibilmente (in nome della stessa quasi bimillenaria religione) cio’ andava fatto anche un 156, 158 anni fa e, a maggior ragione 140 anni fa quando a perder la testa sul patibolo di quel sant’uomo che fu Pio IX, i due muratori (cioe’ addetti all’edilizia) Monti e Tognetti.
Giancarlo Parma (Bologna)
Volevo fare i miei più sentiti complimenti al professor Severini che come sempre tratta nei suoi libri argomenti molto interessanti.
La storia del Risorgimento mi ha sempre entusiasmato, soprattutto perché durante questo periodo si iniziò concretamente a diffondere l’idea di una “patria” nazionale e quindi il desiderio di riunire con leggi e con ordinamenti politici unitari tutte le popolazioni della penisola, in quanto dotate di una storia, di una cultura e di una tradizione comuni.
Negli ultimi anni ho riscoperto l’esperienza della Repubblica Romana del 1849 che purtroppo viene male e a volte per niente trattata nelle scuole. Grande errore a mio parere perché essa, al di là della sua breve durata, fu un’esperienza fortemente innovativa che lasciò eredità profonde e durature. Innanzitutto fu uno Stato assolutamente laico che riservò alla Chiesa e al Papa il solo esercizio del potere spirituale; poi fu il primo Stato democratico e repubblicano, basato sugli ideali di uguaglianza,sovranità popolare e sul suffragio universale maschile (applicato per la prima volta in Italia), regolato dalla Costituzione più democratica ed avanzata del Risorgimento (anche se purtroppo non poté entrare in vigore). Ma quello che più mi ha affascinato è che quest’esperienza registrò il più alto numero di partecipanti popolari ad una lotta risorgimentale: patrioti provenienti da tutta Italia, borghesi, clero e donne collaborarono concretamente con le autorità repubblicane.
La mia tesi di laurea ha analizzato la partecipazione femminile durante l’esperienza della Repubblica Romana. A Roma, infatti, durante questo periodo agirono personalità femminili che, anche se sono state relegate in un angolo dalla storiografia ufficiale e a volte quasi dimenticate, giocarono un ruolo importantissimo nello scenario storico-politico dell’epoca. Cinque furono le tipologie di donne che operarono nel contesto romano del 1849: giornaliste-pubbliciste (Margaret Fuller), combattenti (Antonietta Porzi Colombi), conferenziere (Cristina Trivulzio di Belgioioso), volontarie popolane e infermiere (Anna de Cadilhac Galletti, Giulia Calame Modena).
Sono poi passata ad analizzare il contesto della mia città, Ancona, che nel 1849 oppose resistenza per 27 giorni ad un esercito austriaco mandato in Italia centrale per sconfiggere le città della Romagna e delle Marche che avevano aderito alla Repubblica Romana.
Anche durante quest’assedio la partecipazione femminile fu alta. Purtroppo la scarsità di fonti non mi ha reso possibile svolgere una ricerca più approfondita. Dagli archivi e dai giornali è comunque emerso che in questi 27 giorni si ebbe il fiorire di episodi di pietà, di volontà e di coraggio da parte di donne spinte da fortissimo senso patriottico e di dedizione alla causa, pur in un contesto tanto lontano dal loro ordinario vivere quotidiano. Queste figlie, mogli e madri, si sono dimostrate sorprendentemente forti di fronte ai tanti pericoli, e hanno saputo offrire un saggio di notevole forza d’animo e di grande umanità.
La storia, così come la conosciamo, ci presenta spesso grandi uomini e donne, noti per le gesta importanti e dai nomi che sono ormai pietre miliari nel complesso panorama degli eventi di questo o di quel periodo storico, ma questi grandi della storia non sono i soli ad aver firmato con il loro valore morale o militare i principali capitoli di importanti mutamenti epocali e cambiamenti sociali irreversibili. Riferendomi a quel grande fermento di iniziative popolari che fu il Risorgimento e che sfociò nella realizzazione dell’Unità d’Italia, accanto ai Mazzini e ai Garibaldi, altre figure di donne e uomini coraggiosi hanno avuto ruoli non del tutto secondari nelle lotte per l’affermazione dell’identità nazionale.
I loro nomi sono noti, forse, soltanto agli esperti studiosi, ma la storia senza il loro apporto non sarebbe la stessa; molti di questi umili ed oscuri eroi, come nel caso di Simoncelli, senza clamori e ignorati dalla gloria dei grandi, hanno profuso coraggio ed abnegazione lottando per l’affermazione dei più alti ideali, dando alla causa ciò che di più prezioso avevano: la vita.
Vorrei ringraziare innanzitutto il Prof. Severini per avermi fatto conoscere il forum e avermi invitato a prendere parte al dibattito e complimentarmi per il Suo nuovo lavoro.
Nei precedenti commenti si è già detto molto sull’importanza che la Repubblica Romana ebbe nel processo di formazione dello Stato Italiano e del fatto che molto spesso la storia è fatta di persone che rimasero nell’ombra e non ebbero i giusti meriti.
Quindi le prime riflessioni che a me vengono in mente e sulle quali vorrei soffermarmi sono sul metodo storiografico che sta prendendo una nuova impostazione di ricerca che trovo molto stimolante. Ricercare varie fonti, soprattutto nella sfera privata, utilizzare archivi e memorie rende necessario che esse vengano selezionate e gestite; inevitabilmente ogni storico lo fa in base ai suoi criteri di ricerca e alla coscienza storica che si è formato attraverso le sue esperienze e il suo bagaglio culturale.
Credo che stia poi al lettore attento e appassionato prescindere dalle eventuali faziosità e con occhio critico ricercare la verità o avvicinarvisi il più possibile. Soprattutto per un tema caldo come il Risorgimento italiano si troveranno sempre diverse impostazioni storiografiche, di stampo cattolico da una parte e laico dall’altra.
Il lavoro dello storico non deve limitarsi a rimaneggiare solamente le fonti già note, ma deve essere una costante ricerca, per amore della Storia e della Verità oggettiva; e il fatto che, come in questo caso,esso susciti un dibattito per me va visto come stimolo e incentivo ad andare avanti nell’esplorare argomenti e situazioni particolari attraverso la ricerca di documenti inediti.
Due parole sull’importanza dello studio del Risorgimento.
Sono laureato in Storia e ora insegno lettere alle medie, parlo per esperienza personale. Lo studio del risorgimento è fondamentale per capire le categorie e la situazione politico istituzionale italiana del ‘900 italiano. Costituzione, repubblica, liberalismo, rapporti stato- chiesa, questione settentrionale, e forma istituzionale e amministrativa dello stato sono argomenti difficilmente comprensibili senza lo studio della loro evoluzione durante le vicende risorgimentali. Le vicende risorgimentali hanno segnato nel bene o nel male in modo profondo le sorti future del nostro paese. Per quello che riguarda Simoncelli, è molto interessante la ricostruzione del prof Severini. Per quello che ho potuto evincere dall’ascolto del podcast la ricerca evita i rischi di un lavoro agiografico concentrandosi sullo studio del processo e di un clima di scontro e di scarse tutele giuridiche proprio dello Stato della Chiesa come di altri Stati italiani del periodo. Non vedo l’ora di poter leggere il testo.
Ho letto con vero piacere i numerosi commenti al podcast relativo alla conferenza del 9 febbraio su Girolamo Simoncelli.Complimenti al prof. Severini per aver suscitato un dibattitto (anche storico) così vivace, segno evidente che a Senigallia, e non solo, questi argomenti non sono affatto peregrini. Tra i tanti interventi, hanno suscitato la mia ilarità quelli di Neoguelfo che maldestramente fa bruscamente sterzare verso i suoi interessi di parte la lettura della storia: come si fa a sostenere che la Repubblica Romana sia stata prodromo di nefandezze quali la prima guerra mondiale, etc. etc.? Simili affermazioni resuscitano a forza atteggiamenti neoghibellini e invece sarebbe tempo di usare maggior ragionevolezza nel ponderare argomenti storici quali quello che riguarda la vicenda del senigalliese Girolamo Simoncelli, troppo spesso sminuito da parte “cattolica”. E’ gioco forza consigliare a Neoguelfo di andarsi a rileggere i “fondamentali” dello studio storico: questo per evitargli in futuro figure barbine come quella che sta facendo, unico tra i tanti, con le sue esternazioni bislacche.
Anch’io credo non si possa capire un tubo della nostra vita civile contemporanea prescindendo dal Risorgimento. Invece questo accade e mi sembra un continuo girare a vuoto. I valori risorgimentali sono lì, a disposizione di tutti e ci indicano in qualche modo la strada da percorrere per vivere insieme senza pestarci i calli tutti i santi giorni. Invece sono pane quotidiano le urla, gl strepiti, gli spintoni, la propaganda infingarda e l’incapacità cronica di risolvere almeno uno, uno solo, dei problemi storici che ci affliggono, a cominciare da quello dei rapporti tra Stato e Chiesa (nonostante il Concordato e la Costituzione)per finire a quelli nuovi (il rapporto tra i cittadini, i media e i monopoli che li gestiscono). Spero che forum come questo aiutino a farci capire meglio e a meglio operare, ciascuno per quel che ci compete. Comunque complimenti a tutti per il livello (alto) della discussione.
Domani venerdì 28 marzo 2008 si presenterà a Senigallia il nuovo lavoro di Marco Severini su Girolamo Simoncelli. Finalmente si potrà avere la possibilità di aprire/riaprire il dibattito su un tornante della storia unitaria determinante per la comprensione di alcuni fenomeni storico-politici sovente “occultati” per varie ragioni. Certo, parlare di Girolamo Simoncelli, patriota e martire, significa parlare di Pio IX, della Repubblica Romana. L’argomento si è sempre presentato scabroso da affrontare, soprattutto perchè non si può non effettuare una seria disamina sugli atteggiamenti della Chiesa e del suo primate Pio IX, spesso, se non sempre, in aperta contraddizione con i principi evangelici enunciati ma non praticati. L’uccisione di Simoncelli rimane a mio avviso emblematico di questo atteggiamento teocratico pontificio che non si è fatto scrupoli di oltrepassare i confini dell’etica, per perseguire fini che nulla hanno a che fare con lo spirito evangelico, ma sono ben ancorati a meri interessi economico-politici e di egemonia culturale sulla società. Oggi, in questo primo scorcio di secolo, forse è possibile fare nuova luce su episodi – come quello di Simoncelli – che restituiscono un quadro più completo di eventi storici, spesso ammantati dalla retorica e utilizzati a fini ideoligici. Per me, risulta molto interessante che il libro di Marco esca a Senigallia, città natale di Pio IX, osannato, santificato dalla chiesa e dai più, ma sulla cui figura invece aleggiano molte ombre sinistre.
questo nuovo studio condotto dal professor Severini (a cui rivolgo i miei complimenti)ha offerto una nuova e importante occasione di dibattito storico. Lo stesso ha permesso non solo di conoscere meglio la figura dello sfortunato patriota Simoncelli(per me condannato ingiustamente e con l’aggravante che la storiografia cattolica continua a definire legittima la sentenza papale), ma anche di riconfermare l’importanza della storia dal cui insegnamento a mio avviso non si può e non si deve prescindere.