Quante volte avete sentito dire che nei nostri ambienti di vita c’è un killer in agguato, l’amianto? Tante, tantissime; ogni giorno di più. Vi propongo qui una segnalazione ripetuta, anzi una vera denuncia, sperando così che, attraverso i media e rendendo partecipe l’opinione pubblica, si ottenga qualcosa dalle nostre Autorità.
La città di Senigallia aveva addirittura una fabbrica: la SACELIT che realizzava manufatti in malta cementizia ed amianto. Il prodotto finale è conosciuto universalmente con il nome di “Eternit”. Anche qui centinaia, migliaia di tetti son coperti dalle inconfondibili lastre ondulate; altri manufatti come tubi e vasche sono ancor’oggi sparsi un po’ dappertutto, nei nostri ambienti di vita e di lavoro. Sul loro stato di conservazione, che è la caratteristica basilare per stabilirne la pericolosità (in seguito al possibile rilascio delle fibre, che provocano letale il mesoepitelioma della pleura) si potrebbe disquisire a lungo. Non è però questa l’occasione e la sede.
Il nostro sito presenta solo la documentazione, per ora del tutto priva di risposte, circa una piccola ma concreta segnalazione. Sappiamo benissimo come la sostituzione di un tetto o i lavori di bonifica di un edificio siano disciplinati con severità ed eseguiti, di conseguenza, con grande attenzione da ditte specializzate. In genere su questo fronte non ci sono problemi, o quanto meno non siamo in grado noi di segnalarli. C’è invece un vastissimo mondo di cittadini, gente qualsiasi che, consciamente o inconsciamente, si trova a contatto con piccoli oggetti, pezzi di lastre, scarti di demolizioni, residui abbandonati che sono comunque potenzialmente pericolosi. Non tutti li riconoscono subito, ma chi ha un minimo spirito d’osservazione sa benissimo che questi pezzi di eternit si rinvengono un po’ dappertutto. Ad esempio io li ho trovati in terra al bordo di una strada, a ridosso di una cassonetto della spazzatura o anche in un angolo della casa.
Cosa fare per non correre rischi? Per non spostarli su altri, o differirli nel tempo? Come si può “smaltire” correttamente qualche etto di questo materiale, o solo pochi centimetri quadrati di una lastra, senza attivare le complesse e costose procedure di un “piano di smaltimento”? Quelle procedure che sono prescritte per demolire un tetto del peso di molte tonnellate, o la copertura di un capannone industriale dell’ordine di centinaia di mq?
Tutto ciò l’ho chiesto, per ora inutilmente, al nostro assessore comunale all’ambiente. Con fiducia spero (d’altronde credo di averne diritto come cittadino contribuente!) che nel giro della molto onerosa raccolta dei rifiuti solidi urbani si trovi anche la giusta via per risolvere questo piccolo problema.
Qui di seguito viene elencata la cronologia della corrispondenza con l’assessore Simone Ceresoni, con i link che rimandano al testo delle singole lettere.
- lettera del 21 settembre 2009
- sollecito alla risposta, due mesi dopo (20 novembre 2009)
- risposta dell’Assessore Ceresoni in data 28 novembre, prot. 66697
- “lettera di Natale”. Nuova e motivata istanza scritta il 25 dicembre 2009
Implementerò l’elenco con l’attesa risposta, quando giungerà.
Così spero si avvii a soluzione la lotta a questo silenzioso killer, così diffusi dappertutto. Che siano piccoli quantitativi non significa affatto una riduzione della loro pericolosità: il “cancro che non perdona” è appunto originato da poche, pochissime fibre di amianto. E’ così s’origina un vero “killer”, un tumore che si manifesta dopo molti anni dal contatto con la sostanza, anche con basse esposizioni. Per di più un tumore per il quale, ad oggi, non sono stati individuati trattamenti curativi efficaci.
Ho qualche problema per scaricare la corrispondenza (tutti e tre i link portano al documento di settembre) ma forse è un problema della mia connessione.
Suggerirei di verniciare l’oggetto in eternit con della comune vernice spray prima di avvolgerlo nella plastica, è una tutela in più contro la diffusione delle fibre.
Per il resto temo che allo stato attuale nessuno possa risolverti il problema.
Come per certi soggetti, l’eternit non fa danni soltanto quando è sottoterra (in qualsiasi sottoterra) ma la filiera dello smaltimento, con le sue discariche autorizzate, è dimensionata per i grossi quantitativi, non certo per quei due chili di cui sei venuto in possesso.
In attesa di risposte ti consiglierei di sotterrare i reperti, quando sarà il momento li tirerai fuori per il corretto smaltimento. Questo mio suggerimento si autodistruggerà entro due minuti. Ciao
Il Direttore, nonchè mago del sito, ha provveduto subito a riparare il “guasto”. Grazie per la segnalazione
Caro Maddechè grazie anche per i consigli che spero servano ai lettori più sprovveduti. Temo però di non essere stato chiaro in questo “racconto didattico”.
La mia iniziativa, rivolta a che le Autorità non vivano solo per le inaugurazioni, è finalizzata non certo alla risoluzione del mio limitatissimo problema di “quei due chili”, bensì alla miriade di casi che si presentano a tutti i nostri concittadini.
Sei sicuro che solo il sottoscritto abbia ritrovato in terrà due frammenti di lastra ondulata di Eternit?
Immagino che per la tua esperienza di vita e di lavoro qualche reperto di “piccolo calibro” ti sarà pur capitato tra le mani. Molti anni fa tutto finiva tra i calcinacci, ma oggi sarebbe davvero impossibile attivare un “pronto soccorso comunale o del CIR 33” per questi casi?
Non dico che sia come chiamare gli artificieri (quando da ragazzi trovavamo bombe e proiettili), ma affermo con certezza che non si pagano con piacere centinaia di euro l’anno per smaltire banali rifiuti domestici se poi, di fronte ad una scheggia di Eternit, vanno tutti in pallone.
Ho letto la corrispondenza allegata e ho trovato ben calzante la tua ultima lettera all’Assessore.
La mia esperienza lavorativa può essere utile per trattare il tipo di rifiuto come merita, senza fasciarsi la testa in anticipo e senza credere di aver a che fare con la kriptonite.
Ovviamente c’è la premessa che il cittadino sia adeguatamente informato e motivato sul da farsi, obbiettivo che non si è raggiunto nemmeno per i rifiuti comuni, figuriamoci per quelli particolari.
La rimozione di piccoli quantitativi di fibrocemento (eternit è un marchio commerciale) può essere agevolmente svolta da due operatori con maschera antigas, guanti in lattice e tuta in Tyvek usa e getta. Verniciato il frammento con una normale vernice spray, lo dovranno imballare con un foglio di polietilene spesso (non il domopak!) e riporlo in luogo sicuro, in attesa di averne un congruo quantitativo da inviare, tramite smaltitore autorizzato, in discarica.
Questa è la procedura che usiamo nel nostro settore e garantisce tutti, operatori, azienda e ambiente.
I due operatori potrebbe fornirli il CIR33 e il cittadino potrebbe fornire lo sforzo di fare una telefonata e di non gettare un rifiuto pericoloso nel grigio, ma di tenerlo dove l’ha trovato, senza maneggiarlo se non è indispensabile.
Questa semplice procedura (operatori, maschere, tute ecc.) potrebbe entrare a far parte del capitolato del CIR33, un consorzio che svolge il suo lavoro senza eccessivi slanci e che ha senz’altro bisogno dell’input dei suoi soci (i Comuni) per migliorare il servizio.
A questa opera di stimolo potrebbero partecipare anche i “culi di pietra” da te citati. Ciao
Fa senz’altro piacere discutere con Maddechè in quanto argomenta con buonsenso e concretezza tecnica.
La proposta per il CIR 33 (non ditte private, se possibile) era il mio obiettivo, tanto che ho avuto una inutile corrispondenza in proposito con il Consorzio.
Però il motivo di fondo dell’iniziativa (per ora ignorata dal “palazzo”) è stato e resta questo: vorrei un politico che amministri, non un “ragioniere” che gestisca banalmente l’ordinario.
Infine: ho usato il nome commerciale di “eternit” in quanto nel dire comune, specie nella nostra Senigallia con lo stabilimento Sacelit!, il termine “fibrocemento” resta un po’ più ostico da afferrare.