Distruggeremo in dieci anni ciò che è stato costruito in dieci secoli?
A proposito di suoli e di paesaggio agrario
La trama sottile e geometricamente ordinata dei filari di viti, la distribuzione solo apparentemente casuale delle grandi querce isolate, o allineate lungo i sentieri, o disposte a piccoli gruppi, l’equilibrata disseminazione delle case coloniche conseguente all’appoderamento frazionato quanto intenso, e la marginalità delle aree a bosco ed a prato rispetto alla dilagante presenza dei coltivi sono state fino a ieri, nell’agricoltura marchigiana — per usare l’espressione di un agronomo maceratese di età napoleonica — il frutto di « un sistema che riuniva l’utilità all’avvenenza », maturato in dieci secoli di sapiente lavoro contadino e di concordi sforzi collettivi, per riappropriarsi di un territorio inselvatichito e degradato dal crollo della compagine demografica e politica dell’Impero romano.
Ho recuperato alla versione elettronica questo vecchio articolo che mi onoro di aver firmato, con tre insigni accademici, oramai tanti anni fa.
Oggi lo ripropongo all’attenzione di chi ha interesse per questi argomenti, in quanto e’ apparso da qualche giorno un comunicato che preannuncia una severa vigilanza in materia di tutela dei suoli agrari.