Dopo aver scritto oltre metà dell’articolo su questo argomento l’ho gettato nel cestino. Mi sono accorto che in rete, c’era una rassegna ben fatta. Indovinate dove? Facile, su Wikipedia!
Ovviamente questa lettura appare utile soprattutto a ragione dei molti link che vi sono riportati; questi consentono agevolmente di risalire alle fonti ed ai relativi dibattiti.
Da parte mia vorrei presentare alcune osservazioni, che un po’ sono il frutto di idee consolidate, ma d’altra parte le ho verificate con un paio d’esperti che sull’argomento hanno conoscenze aggiornate ed esperienza specifica. Penso poi che molto m’aiuteranno i lettori con i loro commenti in quanto è innegabile che si tratta di una questione aperta.
Nella mia città, qui a Senigallia, si parlava dell’argomento ancor prima che fossero allestiti i due box, dal vago sapore rustico di baita montanara, per la vendita al dettaglio del latte.
Si dibatteva sui vantaggi che sarebbero stati questi: il prodotto giunge direttamente dalla stalla al consumatore, senza passaggi intermedi. L’offerta è conveniente, con un prezzo concorrenziale di 1 Euro al litro, e dovrebbe garantire la qualità, tanto importante per il consumatore finale.
Appena inaugurato il primo distributore c’è stato chi lo ha acquistato per regalarlo agli amici, chi ha fatto qualche chilometro in più per averlo comunque a disposizione dei bambini. Acquistare latte è un gesto quotidiano, abituale, ma con questa novità vi si aggiunge quell’entusiasmo che sappiamo bene coinvolge un po’ tutti quando si trova un prodotto antico a condizioni apparentemente migliori.
Forse a ragione della mia età, e quindi di qualche esperienza in più comunque maturata, posso affermare che qualche dubbio sulla novità m’è venuto all’istante. Poi ho fatto diverse telefonate e scritto in giro per capirne di più, approfittando delle competenze ed dell’esperienza di amici e conoscenti. Quindi mi pongo ancora una domanda: siamo di fronte ad una scelta vincente, in grado di orientare il futuro approvvigionamento del latte da parte delle famiglie italiane, oppure è soltanto una buona mossa commerciale per difendere le legittime aspettative degli allevatori, sempre penalizzati a causa di prezzi davvero irrisori?
Cominciamo con l’intenderci sui termini: il latte che viene erogato dai distributori automatici si definisce , in quanto lo è, con il termine di “latte crudo”. ”Latte crudo” in contrapposizione a “latte bollito”. La bollitura infatti è la pratica storica, antichissima che i più anziani di noi ben ricordano. Un tempo s’andava a comperare il latte nelle stalle dove c’erano le “mungane”, le vacche da latte. Oppure passava a domicilio il “lattarolo” che distribuiva il latte dopo la mungitura, con i classici bidoni di alluminio, spesso con il “quartino” per la misura, appeso al collo o sul becco del contenitore.
Il “latte fresco” è invece quel latte che un tempo proviene dalle “centrali del latte”, oggi dappertutto sostituite con stabilimenti di produzione industriale che provvedono alla raccolta, al trattamento ed alla distribuzione al consumatore finale attraverso le reti di vendita. Tutto ciò attraverso una catena del freddo, i famosi 4 ° C, a cui deve esser conservato il latte in bottiglia, che precedentemente è stato pastorizzato ed omogeneizzato. L’omogeneizzazione non fa altro che rendere il grasso uniformemente disperso e quindi anche più digeribile, mentre la pastorizzazione, trattamento davvero essenziale ed assolutamente determinante, consente di eliminare tutte quei microrganismi patogeni che insidierebbero, ed alcuni molto gravemente, la salute del consumatore finale. In poche parole la pastorizzazione avviene con un passaggio su strato sottile, a condizioni controllate di continuo, per pochi secondi ad una temperatura omogenea dai 70 ai 75 °C.
Un cenno va fatto anche nei confronti del cosiddetto “latte di alta qualità” che non è un modo di dire o una trovata commerciale. Il “latte di alta qualità” è un latte prodotto secondo precisi requisiti di legge che riguardano la selezione delle mucche, la loro alimentazione, i criteri di mungitura, ma poi anche la struttura dello stabilimento di lavorazione fino alle caratteristiche del confezionamento del prodotto.
Il “latte crudo” va sottoposto a bollitura. Così recita la legge e così appare logico fare per avere quelle garanzie che nessuno può dare al 100% sulla carta, dalla stalla al trasporto, dal sistema di erogazione al momento in cui in consumatore finale, a casa sua, utilizza il prodotto.
Sui distributori automatici è ben evidenziata la scritta, imposta da specifiche disposizioni legislative, che indica la necessità di far bollire il latte prima di consumarlo. Scritte che nel nostro caso si trovano sulla sinistra, in basso, rispetto all’erogatore ed in alto, su riga continua a grandi lettere, ma in posizione davvero poco osservabile (si veda il cerchietto rosso nella foto qui sotto, clicca sulla foto per ingrandirla).
Un breve appunto ora sulla “bollitura”. Bollire il latte vuol dire portarlo davvero in ebollizione per qualche minuto. Chi come noi da ragazzo faceva bollire il latte tutti i giorni, sa benissimo che l’operazione non è sempre facile il quanto il latte fuoriesce dalla pentola, dal brick con grande facilità quando è quasi a 100°C con una voluminosa schiuma (che non sono altro che le proteine del latte stesso). Per eseguire correttamente la bollitura occorre “rompere” questa schiuma, abbassare la fiamma e mantenere il tutto a temperatura per 3 o 4 minuti. Qui pongo la domanda centrale: chi lo fa? Chi procede correttamente così, sempre?
La bollitura assicura che non esistano più rischi per la salute, ma a questo punto va detto che se il latte così trattato assicura tutti i macronutrienti (cioè lipidi, proteine e calcio), però il latte pastorizzato è di certo nettamente superiore a quello bollito perché ha subito un processo molto meno “distruttivo”.
Si potrebbe fare cenno anche ad un altro sistema di conservazione del latte, per altro assai diffuso: il latte U.H.T. Come dice la sigla (Ultra High Temperature), questo viene trattato, sempre in condizioni assolutamente controllate, con una temperatura ed un tempo adeguati ad assicurare una “sterilizzazione” del prodotto. Si giunge cosi ad un lungo periodo di conservazione, alcuni mesi, ma ciò avviene al costo della perdita e/o della denaturazione di diversi componenti nobili del latte stesso.
A questo punto della nostra riflessione potrebbero entrare in campo anche una serie di considerazioni economiche e credo che ognuno possa svilupparle agevolmente da solo. Scrivo qualche dato: il latte al produttore viene pagato poco più di 30 centesimi (33, 34 con un conguaglio che talvolta è arrivato a 40 centesimi). Il prezzo di vendita per i gli erogatori automatici, come abbiamo scritto, è di 1 Euro, mentre quello “fresco” imbottigliato oscilla da un punto vendita all’altro da 1.40 a 1.60 a secondo delle marche. Si trova anche del latte fresco non nazionale, prodotto in Germania per l’esattezza, che viene commercializzato soltanto a 65 – 70 centesimi, mentre altre catene commerciali vendono a prezzi di poco superiori ad 1 Euro, latte fresco che riscuote un discreto apprezzamento anche da parte di consumatori esigenti.
Non ho mai attinto dai nuovi distributori.
Ho alcune perplessità che tra l’altro emergono chiaramente anche dal tuo post.
Di contro l’iniziativa potenzialmente ha lati molto positivi:
– se la stalla è locale ci si avvicina ai famosi chilometri zero
– si riducono gli imballaggi e i rifiuti riutilizzando gli stessi contenitori in vetro
– se il produttore è serio e alimenta le sue mucche in maniera biologica si può avere latte davvero salutare
Il problema è come sempre se fidarsi o meno di quanto viene indicato dai produttori e degli eventuali enti certificatori che, soprattutto nel campo del biologico, mi sembrano ancora entità piuttosto aleatorie.
Sono favorevole ai distributori per qualunque prodotto sia possibile adattarvisi, non per la supposta migliore qualità, ma per una questione di imballaggi e rifiuti che, più ed oltre che riciclare, dobbiamo imparare a non produrre.
Concordo con Lorenzo; un’idea veramente intelligente è data dai distributori di detersivi (e prodotti simili) nei supermercati, peccato che ad oggi siano poco utilizzati.
L’idea dei distributori di latte non è male, anzi; però penso che siano pochi coloro che eseguono correttamente la procedura di ebollizione per 3 o 4 minuti, coi relativi rischi che ne derivano.
Probabilmente l’uht è, ad oggi, il miglior compromesso.
Nel primo commento se colgo dei “SE”, trovo una certezza che è quella relativa agli imballaggi.
I problemi relativi al prezzo, alla sicurezza ed alla qualità del prodotto mi da molto da pensare.
Mi chiedo solo il perchè “l’alta qualità”, la “sicurezza” fornita dall’industria tecnologica, non ci fornisce la stessa quantità di “panna” che una volta galleggiava sulla superfice del “caffelatte”, e cosa c’è di strano che impedisca ai prodotti di case italiane, di avere gli stessi prezzi di quelle prodotte in Germania (considerando che queste hanno spese di trasporto!) salvo che non si voglia sollevare un problema di razzismo bovino. La tecnologia offre la sicurezza e la qualità, oppure è il patrimonio genetico del bestiame che ci rassicura su questo? Bollitura 3-4 minuti, sono concorde, ma quanti dei nostri nonni, padri e anche quelli della nostra (parlo della mia) età sono deceduti per cause derivanti da assunzione da latte mal trattato… ma dai…al massimo una cacarella!!! Gianluigi, io sono della vecchia generazione…e per me la qualità la faceva e la fa ancora la panna e la densità del latte, se poi c’è anche qualche centesimo di risparmio ben venga. Oggi tutti che ci tutelano la salute…ci controllano che i grassi non disturbino i nostri tassi di colesterolo, ma in effetti ritengono che annacquino, per un uso commerciale di ulteriori prodotti caseari che rimpinguino le loro casse. Mi si dirà ” ci sono i controlli…” si in Italia !!!??? Comunque sia, il latte crudo, potrebbe essere un sistema per ridurre se non risolvere almeno il problema Tetrapak.
Ecco alcuni brevi cenni di risposta, per quanto so io, diretti a chi ha commentato cioè Franco, Gabriele, LorenzoMan e OneNightInPoang .
Di imballaggi torneremo a parlare, senza demonizzarli, ma valutando per bene i pro ed i contro, almeno per quanto si sa oggi. Quando parli di “qualità e densità del latte” facendo riferimento alla nostra giovinezza, caro Franco, dimentichi di valutare che il latte fresco e comunque quello UHT ed affine, è tutto omogeneizzato. A spanne spiego che l’omogeneizzazione è appunto il procedimento che permette, a parità di materia grassa contenuta, di evitare che questa si separi di fase, e quindi “galleggi”. Tra l’altro l’omogeneizzazione (che rende le particelle di grasso in tante piccole goccioline, in perfetta sospensione) viene praticata proprio per migliorare le qualità digestive del latte stesso. Consumarlo così è un po’ “meno pesante”!
Con Gabriele non sono d’accordo che l’UHT “sia oggi il miglior compromesso”. Per le esigenze della mia famiglia e del sottoscritto il “latte fresco” è quello che utilizzo di norma.
LorenzoMan tocca il discorso generale sui distributori automatici. Per il latte che è un prodotto vivo e substrato ideale per la vita…anche di batteri, il discorso è un po’ più delicato e andrebbe approfondito, sempre con una attenta valutazione del costo energetico.
Infine al primo commentatore, OneNightInPoang, vorrei dire di non mitizzare il discorso pur rispettabile dei cosiddetti “chilometri zero”, che sono interessato a continuare, quando ne avremo l’occasione, anche applicandolo ad altri prodotti. Sempre a lui ricordo che il giusto riutilizzo dei contenitori presuppone, soprattutto per il latte, una igiene assoluta ed infine che la questione dell’alimentazione delle mucche, già ben affrontata da chi produce il cosiddetto latte di “alta qualità” è impreciso che sia riferita solo ad una supposta alimentazione “biologica”.
Tutto quanto esposto non è vangelo, ma frutto di mie opinioni e di qualche antico ricordo di studio. Quindi se ho sbagliato correggetemi.
Mazzufferi 1 e 2:-)
1. “Dopo aver scritto oltre metà dell’articolo su questo argomento l’ho gettato nel cestino. Mi sono accorto che in rete, c’era una rassegna ben fatta. Indovinate dove? Facile, su Wikipedia!”
2. “Non mi limito però a consultare, come fa un signore che ci frequenta in questi ultimi tempi, la solita fonte a portata di mouse, cioè solo Wikipedia. Mi avvalgo di quegli strumenti ordinari che usano molte altre persone in tutte le parti del mondo…” ( http://scaloni.it/popinga/una-moschea-di-gesu-in-nome-della-tolleranza/ ) (commento n.125)
Egregio signor Ritvan,
può anche non crederci ma l’ho scritto proprio pensando a Lei! Comunque le faccio osservare soltanto che bisogna saper scegliere; specie in certi ambienti non sempre tutto è oro colato. Lei sceglie o trangugia? Non si preoccupi di rispondermi piuttosto approfondisca le certezze islamiche che corroborano la Sua esistenza e Le auguro di non vivere solo di Wikipedia (ci sono anche altre occasioni in questo mondo). Stia bene e da buon veterinario ci illumini sul “latte crudo”.
——Egregio signor Ritvan,può anche non crederci ma l’ho scritto proprio pensando a Lei! Gianluigi Mazzufferi——-
Esimio signor Gianluigi, non avevo il minimo dubbio in proposito:-)
——Comunque le faccio osservare soltanto che bisogna saper scegliere; specie in certi ambienti non sempre tutto è oro colato. Lei sceglie o trangugia?—–
Beh, veda Lei cosa Le dissi quando espresse nel succitato thread ( http://scaloni.it/popinga/una-moschea-di-gesu-in-nome-della-tolleranza/ commento 160 ) i Suoi Molto Onorevoli Dubbi sull’affidabilità di Wiki e che cito: “Comunque, per sua informazione, la Wikipedia non è una specie di blog libero e bello:-) dove ognuno possa inserire tutte le cazzate che gli passano per la testa. Per ogni informazione inserita viene richiesta da parte della Redazione una citazione da autorevole fonte cartacea o telematica (link). E il tutto compare nella bibliografia …..in fondo a ogni voce.”
—–Non si preoccupi di rispondermi piuttosto approfondisca le certezze islamiche che corroborano la Sua esistenza—–
“certezze islamiche” tipo quella che la fustigazione della bevitrice di birra in Malaysia sarebbe collegata all’islam albanese:-) o quell’altra per cui la rimozione in Kosovo di alcuni simboli storici serbi disseminati ad minchiam da Milosevic sarebbe ispirata dal Corano?:-)
—-e Le auguro di non vivere solo di Wikipedia (ci sono anche altre occasioni in questo mondo).—–
Come già detto nel succitato thread, MSNEncarta sarebbe di Suo gusto?
—–Stia bene e da buon veterinario ci illumini sul “latte crudo”.—-
Come già detto altrove, faccia UNA domanda e avrà da me UNA risposta. Non so, però, quanto “illuminante” sarebbe per Lei, visto che io sono sì medico veterinario, ma sono specializzato da diversi lustri in un campo che non è quello dell’igiene degli alimenti di origine animale.
Ah, Egregio, dimenticavo: il Suo Preg.mo link alla Wiki sul latte crudo non funziona.
Risolto il mistero del non funzionamento del link di Wikipedia nel post. L’Esimio Sig. Gianluigi – probabilmente colpito momentaneamente dalla “maledizione di Maometto”:-) – ha così copiato l’URL:
httphttp://it.wikipedia.org/wiki/Latte_crudo://
L’URL corretto, invece – per chi fosse interessato-è questo: http://it.wikipedia.org/wiki/Latte_crudo
Chi volesse continuare ad interessarsi dell’argomento può leggere utilmente quento cita qui http://www.salmone.org/una-riflessione-sulle-contaminazioni-batteriche/ Antonio Pascale che intervenie sull’argomento oggi di grande attualità, l’Escherichia coli.