(segue…) “Titanic” è, probabilmente insieme a “Rimmel“, uno dei migliori album di De Gregori; esce nel 1982 ed è il primo disco del cantautore romano nel nuovo decennio, decennio che, come scrive Giommaria Monti, De Gregori sembra prendere “contro mano”: i primi anni 80 sono infatti quelli dell’ottimismo, del protagonismo a tutti i costi, del rampantismo, della ricerca esasperata del successo…
E De Gregori cosa fa…?
Ancora una volta riesce a spiazzare tutti, discografici compresi, che inizialmente accolgono con imbarazzo e stupore un disco che narra di un naufragio, anzi… “del” naufragio: quello del transatlantico Titanic e di tutti i valori (molti dei quali molto simili a quelli… allora “di moda”) di cui la nave è un simbolo formidabile.
Spiazza tutti, dicevamo; ma, subito dopo, tutti celebrano questo album come uno dei migliori lavori, non solo di De Gregori ma anche della musica italiana.
I critici catalogherebbero l’album “Titanic” come un “concept-album“, anche se, in realtà, le canzoni che raccontano la vicenda del transatlantico sono soltanto 3 su 9 (“L’abbigliamento di un fuochista”, “Titanic” e “I muscoli del Capitano”); in realtà le canzoni di De Gregori sul Titanic saranno alla fine 4 e non 3, in quanto, in “Scacchi e tarocchi” del 1985, il cantautore tornerà sull’argomento con “Tutti salvi” (che narra il dopo-naufragio, prendendo spunto dal titolo dei quotidiani dell’epoca, sebbene i morti furono in realtà circa 1500…!).
E’ tuttavia innegabile che la “trilogia del Titanic” sia il momento centrale (anche l’ordine delle canzoni all’interno dell’album, non casuale, lo testimonia) dell’intero disco e, anche in questo caso, alla base c’è anche una suggestione letteraria ben precisa: si tratta di “La fine del Titanic” (di Hans Magnus Enzensberger), un poema in versi, pubblicato in Germania nel 1978 e tradotto in italiano due anni dopo, che narra la storia del transatlantico (simbolo di un’epoca che sembrava invincibile e che invece culminerà, poco dopo – il Titanic affonda il 14 aprile 1912 – nella Prima Guerra mondiale) e la vita dei suoi passeggeri.
Una vita divisa in “classi”, proprio come i biglietti di imbarco: ci sono i passeggeri di prima classe, autentici milionari, quelli di seconda classe, meno fortunati, e quelli di terza classe, persone che fuggono in America “per non morire”; questa rigida suddivisione è evidenziata da un’amara considerazione di Enzensberger
La terza classe / Non conosce l’inglese né il tedesco, una sola cosa / Non gliela deve spiegare nessuno: / Che tocca prima alla prima classe
che De Gregori riprende quasi alla lettera nei versi iniziali della sua “Titanic“:
La prima classe costa mille lire / la seconda cento / la terza dolore e spavento
La canzone si snoda poi nel racconto della ragazza “di prima classe” che va in America “per sposarsi” ed in quello del ragazzo “di terza classe” che in America ci va “per non morire“; in mezzo c’è il racconto di tutta la vita sulla nave, un racconto in cui il filo conduttore lo fa una sola parola, “ghiaccio“, che appare in ciascuna delle tre lunghe strofe: “il ghiaccio dentro al bicchiere“, “il ghiaccio che abbiamo nel cuore“, “quegli occhi di ghiaccio così difficili da evitare“; quella del “ghiaccio” sembra una presenza innocua ed insospettabile e nulla lascia presagire (sebbene la canzone, priva di ritornello o di un riff musicale da ricordare, sia efficacissima nel creare l’attesa…) che sarà proprio un iceberg, un immenso blocco di ghiaccio, a provocare il drammatico naufragio del transatlantico. (continua…)
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