“Onorevole Di Pietro, per cortesia scriva qualcosa, una sua opinione su questo libro”
“No, su questo libro mai!”
Tutto questo il colloquio che ho tentato di imbastire, per avere due righe autografe, sul libro che avevo in mano. Con me c’era anche Anna Maria Bernardini, anche lei con la copia del libro, pronta a raccogliere un successivo e differente commento. Anche lei quindi è rimasta delusa; non penso certo per il contenuto letterario della nota, quanto per l’aspetto umano e politico.
Non sarebbe stata importante la forma dello scritto. Eravamo a caccia del contenuto per sapere, e purtroppo non lo sappiamo, quanto vorrebbe dire ai potenziali elettori il leader dell’IDV, sia come uomo e come esponente politico. Non riesco ad immaginare cosa possa scrivere a discarico delle pesanti ed articolate critiche che il libro espone così bene e con tanta ineccepibile documentazione. Chi come noi è solo osservatore trova abbastanza strano questo semplice fatto: com’è possibile scrivere 500 pagine di “aria fritta” o di accuse infondate senza adeguate “pezze d’appoggio”? Per di più su un uomo politico del calibro di Antonio Di Pietro, che sempre ha rivendicato il ruolo di moralizzatore. Quindi un soggetto che non dovrebbe sottrarsi, ancor più di altri, alla trasparenza assoluta, a quelle stesse regole che chiede e vorrebbe per il prossimo.
“Di Pietro, la storia vera” è una biografia puntigliosa e documentata all’inverosimile. Nei fatti è l’opera quasi ventennale di un cronista che si è occupato di lui ancor prima che il poliziotto, asceso al ruolo di magistrato, divenisse l’idolo nazionale di “mani pulite”. Quando il giornalista cominciò ad interessarsi di Antonio di Pietro, “Ninì” per gli amici, questi era “solo un magistrato ben introdotto nei boschi politici della <<Milano da bere>>”. Ricordate?
Quindi stasera mi trovavo in via Arsilli, di fronte all’Auditorium dove erano convocati i suoi supporter. Avevo in mano la mia copia personale del libro, anche se avrei voluto averne una decina da distribuire (ma il libraio non me le ha procurate!). Questo volume, uscito nell’ottobre scorso per i tipi della Mondadori, è frutto della penna di un giornalista grintoso, poco più che quarantenne, Filippo Facci. Lo stesso che già nel 1997 aveva dato alle stampe un altro libro del tutto simile, oggi introvabile, dal titolo: “Di Pietro, biografia non autorizzata”.
Infine mi sia consentita questa breve nota a margine, tanto per capire l’ambiente, le persone ed anche le piccole meschinità di ogni giorno. Sulla soglia della ex Chiesa dei Cancelli, ad attendere Di Pietro c’erano alcuni suoi alleati marchigiani. Prima di tutti il noto avvocato ed onorevole David Favia, un tempo Forza Italia, poi Udeur ora dell’Italia dei Valori. Telefonava in continuazione: forse non mi ha visto, non importa. C’erano anche i due big della campagna elettorale in corso a Senigallia. Alto e svettante Maurizio Mangialardi e più sotto, vicino a lui, il professor Mario Cavallari. In questi 10’ d’attesa mai il loro sguardo ha avuto modo d’incrociarsi con il mio. Erano impegnati a discutere. Un “buonasera” all’aspirante sindaco non lo avrei certo negato e magari mi sarebbe piaciuto anche dare un saluto più cordiale a Mario Cavallari, che conosco da cinquant’anni. Soltanto l’ex consigliere regionale Gianfranco Borghesi, ora coordinatore regionale dell’IDV per le Marche, s’è accorto che c’ero. Mi ha chiamato per nome, si è avvicinato sorridente e, credo in nome delle antiche frequentazioni politiche, mi ha anche platealmente abbracciato al centro della via. Misteri degli uomini o della politica?
Gaspa, mi dici quando avrei mai detto delle cose simili?
Io ho fatto una semplice considerazione che, a quanto pare, può dare fastidio perchè vera.
Non ho mai detto che chi la pensa diversamente da me sia idiota o lo faccia esclusivamente per vantaggi personali, non buttiamola sempre sul personale perfavore!
Io giudico i risultati di chi governa e ne traggo delle conclusioni.
Non è che, al contrario, visto che non ho appoggiato chi ha vinto l’idiota sarei io che non sono stato in grado di scegliere il “migliore”?
Le considerazioni sul voto che ho fatto non riguardano ogni singolo elettore e non vedo perchè tu ti sia sentito chiamato in causa.
Quello che dice Gianluigi sulla gestione urbanistica è sacrosanto e lo dico anche io da molto tempo (gli esempi di quelle mancanze lì ho a 10 metri da casa!).
Noi siamo in una città (e in una regione) che si dimostra essere poco obiettiva a differenza di altre realtà italiane (vedi il Lazio, il Piemonte, Roma, Torino, la Puglia, tutte quelle realtà dove i risultati non sono mai scontati).
Quando qualcuno mi dimostrerà che quello dell’ex gil non è uno scandalo sarò pronto a cambiare idea.
Per me un errore come quello è sufficiente per non dare più fiducia ad una persona, ma gli esempi potrebbero essere ulteriori, a fianco, ovviamente, di alcune cose positive che sono state fatte.
Vedo comunque da un commento precedente che fai riferimento a tessere di partito… se il riferimento è a me hai solo pregiudizi e, tra l’altro, sei anche male informato visto che non ho una tessera e non faccio parte di un partito.
Se ti interessa, puoi sforzarti di conoscere le persone con cui parli, vedrai che molti pregiudizi cadrebbero nel giro di 2 minuti.
Io non sono assolutamente ipocrita, ho scritto anche qua cosa penso del Pdl e di Berlusconi; vedo tuttavia che ogni volta non si riesce a parlare di Senigallia perchè certe vergogne locali non vanno giù, allora la si butta sempre sulla politica nazionale.
Questa è ipocrisia.
Mangialardi ha commesso errori gravissimi e tu parli male di Marcantoni; non sei obiettivo.
Analizza gli errori fatti e poi parla del resto.
Il fatto è che, come dice Gianluigi, tra il modo di governare di Berlusconi e quello usato a Senigallia non c’è differenza, solo che se lo fa una parte politica va bene, se lo fa l’altra no.
Ipocrisia bella e buona.
Gaspa, quale sarebbe la campagna elettorale di Popinga?