Inizio questa recensione facendo un riferimento all’Istituto Bruno Leoni, istituto che ne ha voluto la pubblicazione. Lo faccio per un sentimento di riconoscenza nei confronti dell’opera che viene svolta da questo importante e forse esclusivo think thank italiano.
E’ appena uscito, nella collana Policy promossa da questo Istituto, a cura degli Editori Facco e Rubettino, il volume di Silvio Boccalatte: “Abolire le Province“. Di certo un titolo conciso, chiaro ed esaustivo. Lo è per gli appassionati al tema, ma penso anche per il cittadino distratto ed indaffarato.
Apre il volume una breve ma eccellente prefazione opera di Gianfranco Fabi, su cui avremo modo di ritornare. L’introduzione, come anche il capitolo delle conclusioni, sono appunto curati da Silvio Boccalatte, che è il regista dell’opera. I sei capitoli sostanziali attraverso i quali si articolano le 182 pagine del volume, afferiscono alle competenze di diversi specialisti: Luigi Ceffalo, Emiliano Frediani, Andrea Giuricin, Sabrina Ragone, Giovanni Piccirilli ed Enrico Albanesi. Costoro raccontano la storia, analizzano le funzioni e mettono in chiaro i costi, anche con l’aiuto di grafici e tabelle. I tre ultimi capitoli, dal IV al VI, esaminano invece gli analoghi livelli amministrativi di Spagna, Germania e Gran Bretagna. Almeno a me hanno offerto panorami del tutto sconosciuti.
La semplice lettura della prefazione di Fabi consente di ritrovare, in una esposizione ben ordinata e chiara tanti, tantissimi degli argomenti delle lunghe discussioni pubbliche, di quelle con amici e conoscenti, su questo tema. Si torna a riflettere quindi sul problema di fondo che sembra oscillare tra “il necessario prezzo della democrazia e i sempre più pesanti costi della politica“. Vi si ritrovano accenni alle Aziende Sanitarie, alle Circoscrizioni Giudiziarie ed alla Diocesi legando il tutto alla ricerca della soluzione possibile per il proposito che resta sempre più solo uno slogan: “tagliare la spesa pubblica“.
Se la bontà e la modernità di uno Stato si basano sulla capacità di adeguare le proprie strutture alle mutate esigenze è chiaro che l’Italia abbia bisogno di istituzioni più forti, ma meno farraginose, aperte ma meno costose. Come ebbe a dire nel 1967 Ugo La Malfa riferendosi ai “riformatori” questi debbono avere il coraggio di “innovare tagliando” come appunto la questione delle autonomie locali richiedeva. “Non devono assolutamente obbedire agli interessi costituiti” di fatto indicando che occorreva, già allora si badi bene, “dare vita a nuovi istituti che interpretano la necessità e la realtà in maniera più efficace ed attuale“.
Piacevole è la lettura dell’excursus storico che ci riporta al 1882, governo De Pretis, con un disegno di legge sull’argomento dell’abolizione non formalizzato, fino a quello che può essere considerato davvero il predecessore del nostro attuale movimento, l’onorevole Gesualdo Libertini. Questi il 12 giugno 1902 chiede con un ordine del giorno al Ministro dell’Interno di presentare un disegno di legge per “abolire l’ente Provincia, riconosciuto ormai perlomeno inutile“.
Viene poi ricordato molto opportunamente come in seno alla Costituente, Luigi Einaudi e Costantino Mortati, avevano redatto un testo che prevedeva l’abolizione delle province, ma le loro tesi furono rovesciate in seduta plenaria adducendo primariamente considerazioni di ordine storico. Così come non potevano mancare le sferzanti citazioni di Ugo la Malfa di cui, in parte abbiamo dato conto prima.
Nessun riassunto è possibile per il capitolo 3, a cura di Andrea Giuricin, perché i numeri , le grafiche, le scarne tabelle ci fanno comprendere l’essenziale ed illustrano i trend tanto evidenti quanto pericolosi. Accenno solo, uno per tutti, i motivi dell’allarme: moltiplicazione delle spese invece che un loro diminuzione.
Infine non resisto alla tentazione e scrivo qualche numero, qualche dato perlomeno paradossale. In Sardegna, nella nuova provincia di Carbonia Iglesias, nel 2007 c’erano 2 politici ogni 3 impiegati. Oggi il rapporto è un po’ migliorato: un politico ogni 3 impiegati!
L’ultima considerazione è che non basta leggere e diffondere il libro. Occorre dare concretezza a questi dati, a queste denunce, a queste proposte. Come? Andando subito a firmare la proposta di legge di iniziativa popolare, ma anche promuovendo punti di raccolta e concrete iniziative di sostegno. Oggi è possibile ed urgente farlo.