Lo scorso 17 novembre, a Senigallia, si è tenuto un dibattito sul tema “Meritocrazia e opportunità, generazioni a confronto sull’eredità del ’68 e la realtà di oggi“. All’incontro, promosso dalla FIDAPA, hanno partecipato Lanfranco Pace, giornalista de Il Foglio e La 7, Riccardo Paradisi dell’Indipendente e Maria Teresa Bianciardi del Corriere Adriatico; moderava Massimo Morici.
Poiché l’incontro non è stata registrato, abbiamo pensato di porre, il giorno seguente, alcune domande a due dei relatori. In questo primo post pubblichiamo il video e il testo dell’intervento di Riccardo Paradisi. Seguiranno gli altri.
Lanfranco ha parlato di una rivoluzione mancata, per lui. Tu che hai la differenza di una generazione forse aspetti una rivoluzione futura?
Si, la rivoluzione va auspicata almeno per quelli della mia generazione, i trenta-quarantenni. E’ una rivoluzione che investa gli argomenti di cui si è discusso in questi giorni, il settore che riguarda le opportunità, il merito. Investimenti e politiche serie sulla ricerca, sulla riforma dell’università, delle professioni. Quindi una maggiore possibilità di accesso alle professioni, una maggior opportunità di formazione seria, ma questo passa attraverso una ristrutturazione liberale delle professioni, dell’università. Capacità e possibilità di valutare la formazione e di rendere più elastici gli ordini professionali, e quindi rottura di quelle sine cure, di quelle caste come si dice oggi, che tutelano fondamentalmente i tutelati ed i garantiti, ed escludono coloro i quali devono entrare nel mercato del lavoro.
Oggi quello che è evidente è che la vera frattura, la lotta di classe se vogliano utilizzare questo argomento, è tra una generazione che sta entrando e l’altra che è entrata. Per evitare che il conflitto passi dalla latenza all’atto sarebbe necessario che i sacrifici che vengono richiesti non se li accolli soltanto l’ultima generazione che sta entrando, fondamentalmente dei trenta-quarantenni, ma sia spalmata su tutta la generazione attiva, che vada anche alle persone che sono già entrate nei meccanismi. Anche perché ci sono due dati che possono riassumere la situazione: la generazione che entra adesso è la prima generazione del dopoguerra ad essere più povera rispetto alla precedente e questo è un dato inedito e fondamentale. Il secondo punto è quello del reparto della previdenza: la mia generazione è quella che pagherà i costi di una riforma pensionistica che è fatta appunto con criteri di tutela di una sezione di popolazione che è quella più avanzata.
Ricevo ora come mail il testo sottostante. Chi scrive è persona da me stimata e ben nota. Tolgo solo la firma e pubblico, come commento:
Ti rispondo ancora prima di aprire il link…………. Sono giorni che non voglio più sentire parlare di meritocrazia, un vocabolo inesistente nella lingua italiana… Anzi diventi scomodo, ti evitano, ti isolano, un esempio, in breve da non seguire. Sono indaffaratissima appunto, ti chiamerò più tardi…
Mesi fa ci provò Ichino a parlare di meritocrazia, ma senza successo, guadagnandosi solo insulti – se ben ricordo. Buona parte della responsabilità è ascrivibile alle “tesi del sessantotto” (quelle degli esami di gruppo e del sei politico), delle quali hanno beneficiato in primo luogo gli ex-sessantottini, che ora ricoprono ruoli importanti nella Istruzione (medie, superiori ed uniersità) e nella dirigenza di Enti ed Istituzioni; a soffrirne è stata la scuola, da quella materna ai corsi universitari. Casualmente mi sono trovato a far parte di commissioni d’esame (laurea triennale), di essere correlatore di tesi triennali e specialistiche, e tutor in master per laureati e – fatte le dovute eccezioni – mi pare che ne sapessimo di più noi all’uscita dalla maturità.
D’altra parte se dovessimo usare il criterio meritocratico verrebbe a mancare una delle principali attività dei sindacati, che è quella di tutelare gli incapaci; se si dovessero valutare i meriti 1/3 della dirigenza sarebbe da mandare a casa (e sono un ottimista); se si dovessero valutare i meriti bisognerebbe mandare a casa anche 1/3 dei pubblici amministratori (ministri, governatori regionali, sindaci e loro assessori)che continuano a tenersi gente incapace professionalmente ed umanamente (ma che gli tengono bordone nella maniera disinvolta con cui gestiscono il potere.
N.B. – non sono assolutamente un anarchico-insurrezionalista, sono e sono sempre stato un moderato …
Mah, magari eravate anche più bravi di noi al Liceo, ma la “Vostra” (diciamo quella di Pace) generazione è quella che ha portato in dote alla “Nostra” 1,2 milioni di miliardi di vecchie lire di debito pubblico.
Grazie tante!
P.S. Non scordiamoci che chi ha goduto dei benefici del “lavoro per tutti a spese dello Stato” è stata la Vostra generazione (di fenomeni), mentre noi Vi paghiamo le pensioni pur sapendo che noi non le prenderemo, o le prenderemo in età molto più avanzata e molto più basse.
Il tutto svolgendo lavori sempre più precari (al contrario Vostro) e mal pagati.
Per tutto questo, noi giovani idioti, vi ringraziamo!