Blasfemo chi?

Quando, prima dei referendum sulla fecondazione assistita, vedemmo su un altare (laterale o meno, poco importa) della Chiesa delle Grazie di Senigallia un manifesto di propaganda per l’astensione, il parroco ci disse indispettito che era tutto regolare. Di che s’impicciano, ‘sti mangiapreti?
L’altra settimana abbiamo letto su La Voce Misena, settimanale della Curia senigalliese, una reprimenda dello stesso Padre Alberto contro i blasfemi. Lungi dall’imbarcarsi in concetti etici e in massimi ragionamenti, il Nostro non fa che indulgere in minimi slogan per tutto l’articolo, prendendosela addirittura con i bestemmiatori annidati a Radio Radicale.

Il ragionamento (si fa per dire) è questo:

1) Anche se in Italia (purtroppo) la bestemmia non è più reato, andrebbe ugualmente punita;
2) A Radio Radicale (gli hanno riferito) si bestemmia;
3) Togliamo i soldi a Radio Radicale e facciamo tacere una volta per tutte Pannella, Bonino e Capezzone!     

1) «È vero che una serie di sentenze della Cassazione e pronunciamenti della Corte costituzionale hanno svuotato di certe difese il nostro codice penale».
Siamo in attesa che la Chiesa si faccia, in quanto tale, promotrice di proposte di legge verso lo Stato italiano: non manca molto, basta dare un’occhiata al documento della Conferenza Episcopale delle Marche sul lavoro domenicale. Nel frattempo, una curiosità: qual è il codice penale di cui Padre Alberto ha nostalgia? Forse il codice Rocco?
«Bestemmiare non è lecito sia che si offenda il nome di Dio in chiave biblica o cristiana sia che si offendano altre espressioni della divinità, sia pure di modesta invenzione umana».
Condanno anch’io la bestemmia, ma lo Stato italiano l’ha depenalizzata. È un bene o un male? Siamo sempre lì, alla distinzione tra peccato e reato. In attesa che la CEI faccia reintrodurre il reato penale, un’altra curiosità: quali sarebbero le altre espressioni della divinità, sia pure di modesta invenzione umana? Forse i simboli delle altre religioni? Padre Alberto, glielo va a spiegare Lei agli ebrei e ai musulmani che il loro Dio è una modesta invenzione umana? E come la mettiamo con quegli inventori giocherelloni buddisti o induisti?   

2) Che a me risulti, a Radio Radicale non si bestemmia né più né meno di quanto si bestemmi al “Grande Fratello”. Ci sono momenti di apertura agli interventi telefonici del pubblico, senza filtri, e dunque è qui che si possono sentire volgarità.

3) Radio Radicale «usufruisce di generoso finanziamento pubblico perché trasmette in modo integrale le sedute parlamentari. OK; ma a chi interessano le sedute parlamentari? Noia infinita e dibattito scontato».
Padre Alberto, tra uno sbadiglio e l’altro, perché la CEI non propone di abolire, se non ancora le sedute parlamentari, almeno la trasmissione dei dibattiti? Le sembrerà impossibile, eppure quelle sedute noiose, quei dibattiti scontati sono l’esercizio della rappresentanza popolare, incarnano l’essenza stessa dello Stato democratico. Pensi che orrore: c’è addirittura una maggioranza e un’opposizione…!!!
Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Chi un mese fa invitava all’astensione ai referendum facendo appello alla maturità del popolo italiano, adesso con aria di sufficienza snobba l’interesse di quanti vorrebbero seguire le loro istituzioni. Di grazia, Padre Alberto, quali sarebbero i canali “leciti” e non noiosi dell’informazione politica e parlamentare?

Per inciso, il generoso finanziamento pubblico a Radio Radicale per la trasmissione delle sedute parlamentari sta solo nell’immaginazione di Padre Alberto. Radio Radicale è vincitrice di un concorso pubblico (aperto a chiunque) per la fornitura delle radiocronache dei lavori parlamentari: per tale servizio le viene corrisposto il prezzo stabilito in fase di appalto.
È piuttosto la Chiesa ad usufruire di un generosissimo finanziamento pubblico da parte dello Stato, tramite l’8 per mille. E Padre Alberto non ci venga a raccontare che quello è denaro donato volontariamente da ogni contribuente con la dichiarazione dei redditi, non ci parli come il card. Ruini di democrazia fiscale. Perché lui dovrebbe sapere che la Chiesa si becca non solo quasi tutti i soldi di coloro (i due terzi dei contribuenti) che non esprimono alcuna preferenza, ma anche la metà dei soldi che vanno espressamente allo Stato. E non ci dica nemmeno che quei soldi vanno per le “opere di carità”, perché l’80% prende altre strade.
Come punizione per i blasfemi, tra il serio e il faceto Padre Alberto propone di «togliere a Radio Radicale mille euro per ogni bestemmia trasmessa. Vediamo se riescono a farsela finita», o in alternativa «di abrogare con referendum i signori Pannella, Bonino e Capezzone» (sempre che arrivi al quorum, aggiungo io…).

Sono d’accordo: togliamo a quegli sporcaccioni dei radicali il diritto di trasmettere le sedute parlamentari. Chi le vuole ascoltare vada a Roma. Le scelte – Padre Alberto concorderà – devono essere consapevoli e volontarie. Allora aboliamo anche l’8 per mille, giacché a me dà fastidio che chi non esprime preferenza sia d’ufficio buttato nel calderone di coloro che finanziano la Chiesa cattolica. E mi disturba soprattutto un sospetto, che ancora non riesco a confermare ma neppure a diradare: che il mio 8 per mille sia stato usato direttamente o indirettamente per la campagna astensionista agli scorsi referendum. 
È proprio il caso di dirlo: mai flatus vocis fu migliore investimento. Forse Padre Alberto si riferiva a se stesso.

5 pensieri riguardo “Blasfemo chi?”

  1. Intervento puntuale

    Intervento puntuale e garbato permetti quindi, caro Andrea, di farti i complimenti. Vorrei lasciare alcune annotazioni, molto sommarie.
    Eccole:

    *il sottoscritto ascolta sempre Radio Radicale e posso attestare che da anni, dico anni!, non ascolto bestemmie. Certo il fenomeno s’era verificato un tempo, quando lasciando i microfoni aperti a qualsiasi commento (come sempre) c’era stato una sorta di esplosione del turpiloquio. Ora vorrei sapere quando il confratello di Padre Alberto ha ascoltato le bestemmie: si può, come sai, andare a riascoltare tutto quello che è stato trasmesso sull’archivio della radio.

    *scrive il nostro frate che i cittadini non avrebbero interesse ad ascoltare le sedute parlamentari. Peccato che io abbia ascoltato, a suo tempo, gran parte di quelle dedicate alla famosa legge 40 e che prorio grazie a questo mi sia impegnato per l’unica scelta divenuta possibile: il referendum abrogativo. Ricordo anche di aver ascoltato il discorso del Papa in diretta ai tempi della storica visita di Giovanni Paolo II in parlamento, e rammento bene l’applauso all’accenno ad un atto di clemenza per i detenuti. Questo però forse poco importa a chi è a piede libero.

    *quanto alla questione dell’otto per mille se anche Padre Alberto ascoltasse Radio Radicale – magari quando svolge qualche funzione manuale, come un tempo si leggeva al refettorio! – avrebbe avuto modo di sapere qualcosa di interessante, in diretta e senza le pietose omissioni dei comunicati della CEI.
    Anche al clero di base è bene non far sapere i particolari del grande businnes! Ottimo quindi il link

    A risentirci presto
    Gianluigi

    1. Gianluigi, la verita’ e’ una

      Gianluigi,
      la verita’ e’ una: loro non possono permettersi che la gente conosca. Magari vorrebbero, ma non possono.
      Se la gente avesse seguito il percorso della legge 40 prima dell’approvazione, magari avrebbe maturato una consapevolezza diversa. Se la gente fosse messa in condizione di conoscere il meccanismo dell’8 per mille, darebbe i suoi soldi con una motivazione e una coscienza diversa. Magari li darebbe al 100% alla Chiesa cattolica: tanto di cappello, sarebbe una volonta’ espressa.
      Qui invece siamo al sostituto d’imposta in nome del Padreterno.

  2. C’e’ un errore, sia nel

    C’e’ un errore, sia nel pezzo del buon prete, che in questo intervento di Andrea.

    [quote=andrea]il generoso finanziamento pubblico per la trasmissione delle sedute parlamentari è previsto da una legge dello Stato.[/quote]

    Falso. Radio Radicale, per i suoi servizi parlamentari, non percepisce alcun "finanziamento pubblico" previsto "da una legge dello stato". Partecipa invece *a un concorso pubblico* per la fornitura del servizio, un concorso che si svolge pubblicamente, cui puo’ partecipare chiunque. Chi vince riceve *non* un finanziamento pubblico, ma *il corrispettivo*, il prezzo del servizio, stabilito in base al bando di concorso. Cosi’ come l’impresa che vince l’appalto per asfaltare le strade non riceve un "finanziamento pubblico", ma il prezzo per il prodotto fornito. C’e’ una bella differenza, mi pare.

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