Vi ricordate quell’insegnante di religione di Fano, Caterina Bonci, che qualche giorno fa il vescovo ha allontanato dall’insegnamento?
Non adatta all’insegnamento in quanto divorziata, sostiene il vescovo; discriminata per la propria avvenenza e per la minigonna, ribatte la diretta interessata.
Sulla vicenda, qualche osservazione intelligente e non convenzionale troviamo sul blog dell’ottimo Antonio Tombolini. Dell’articolo di Antonio due cose voglio riportare. Già conoscevo la prima, mi è nuova la seconda.
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L’insegnamento della religione cattolica è pagato dallo Stato italiano coi soldi dei contribuenti, ma il Concordato prevede che assunzioni e licenziamenti siano decisi dai vescovi.
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Una legge d’un paio d’anni fa permette agli insegnanti di religione di partecipare ai concorsi pubblici per la cattedra di ruolo. Per farlo, però, devono essere muniti di un certificato d’idoneità rilasciato discrezionalmente dal vescovo. Una volta assunti (a tempo indeterminato, s’intende), in caso di esuberi o di revoca dell’idoneità, possono passare a insegnare anche altre materie.
A parte il divorzio, la minigonna e le scollature, il succo è questo: lo Stato italiano paga gli insegnanti di religione come suoi dipendenti pubblici e poi consente che questi sottostiano alle regole di un potere altro, cioè l’autorità ecclesiastica.
Stando così le cose, ci piaccia o no, il vescovo ha ragione da vendere: lui ha semplicemente seguito la legge. Quelli che si stracciano le vesti per la poveretta ora disoccupata dovrebbero prima informarsi.
A margine, mi piacerebbe sapere – così, per curiosità – quale sia stato il comportamento della Bonci agli scorsi referendum.
Non voglio fare dietrologia di bassa lega e so bene che questo non sposta d’un millimetro i termini della questione. Dico solo che una delle conseguenze di simili leggi, in determinate situazioni, è annullare la segretezza del voto quando non addirittura limitarne la libertà.
I cattolici sanno ragionare con la propria testa, direte voi. Avete ragione, ma vi faccio una domanda: quale sarà stata, a giugno, la libertà di voto degli insegnanti di religione, ben consci di poter pagare col posto di lavoro la loro “disobbedienza” alla linea astensionista della CEI?