Referendum: voterò No

Domenica voterò No. Lo farò, per la prima volta, senza entrare nel merito del quesito.

  • Perché non mi fido di una “riforma” – qualunque essa sia – partorita da quattro “saggi” del livello dell’ex ministro Calderoli. Lo stesso che ha scritto la legge elettorale per poi definirla una “porcata”. Per quale motivo Calderoli, prima della legge-porcata, dovrebbe essere stato in grado di concepire una Costituzione illuminata? Non so voi, ma io da uno così non comprerei nemmeno un chilo di insalata…
  • Perché, prima di cambiarla, bisogna essere capaci di rispettare la Costituzione in vigore. È inutile invocare regole nuove, belle e giuste, quando delle regole vigenti s’è fatto e si fa scempio tutti i giorni.

3 pensieri riguardo “Referendum: voterò No”

  1. Non sarebbe strano che, dopo il referendum, qualcuno, addirittura gli stessi che l’hanno scritta, o votata in Parlamento, definisse la nuova riforma Costituzionale una “porcata”. Anzi, addiruttura me lo aspetto.

  2. faccio il bastian contrario Se anche questa volta si va alle urne per dire no a Berlusconi c’è poco da scrivere. Infatti è più che legittima, per quanto sterile, la posizione che oramai vede inchiodato il paese da così tanti anni. Sarà quindi un’altra votazione pro o contro Silvio; così la politica italiana, gaia malata di approssimazione e maldestro rispetto dlle regole, resterà inchiodata a questo stereotipo, con penosi risultati.
    Invece voglio scrivere due righe, esternare qualche mio sommario pensiero. Lo faccio anche per il gusto d’essere l’unico “bastian contrario”. Si quei dopo due interventi sparati, entrambi, sul no ci sta bene, a mio avviso, anche una timida opinione, solo un commento, che valuti alcune delle ragioni del si.
    Senza sforzi di fantasia credo che non sia difficile ipotizzare che in caso di vittoria del no, probabile per diversi comprensibili motivi, non ci sarà spazio alcuno per un dialogo sulle riforme costituzionali.
     Se si tenta di scendere poi sugli aspetti tecnici della riforma si scopre che c’è la voglia di far permanere quel modello debole di Governo rispetto al Parlamento che  Angelo Panebianco ha spiegato bene un paio di giorni fa scrivendo: “Un modello che viene da lontano nella tradizione italiana, dallo Statuto Albertino alla Carta del 1948, si fonda sull’idea che un primo ministro forte sia assimilabile alla figura del dittatore e pretende che le mediazioni politiche vengano realizzate solo in Parlamento”.  
     C’è poi la questione di fondo che vede un effetto delegittimante nei confronti dei proponenti le modifiche, di fatto approvate dalla metà del paese, a cui viene negato il diritto di fare ciò che si afferma come principio.
    Voglio anche aggiungere infine il mio desiderio di vedere riformata una Carta Costituzionale che era già vecchia ed inattuata anche quand’ero ragazzo. Da venticinque anni poi, da tutte  le parti provano a cambiarla  (vi ricordate quel liberale con la barba bianca, Bozzi, mi pare!) e non ci sono mai riusciti.
    Se una volta cambiata non andasse bene in pratica cosa vieterebbe a gente che accetta finalmente per principio il cambiamento di modificarla ancora?   
    A mio avviso la democrazia non è immobilità delle regole, ma continua capacità di adeguarle alle genti ed agli anni che passano.

    1. ????

      Quali sono i due interventi sul no? Il mio era a favore del SI!!!

      ehehheh, ho visto l’altra tua replica, non per nulla siamo in linea nello stesso momento,,,

      ciao!!!

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