Le Province sono inutili? Aumentiamole

Pillole (amare) de “La Casta” (di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, edizioni Rizzoli). Parte 2.

Quante sono le Province in Italia? Nel 1960 erano 92 per salire fino a 110 nel 2005 (la lista completa è qui).

Quali sono esattamente le competenze delle Province? Tutte cose che potrebbero tranquillamente essere affidate ai Comuni. Le Province spesso vivono di deleghe delle Regioni; anzi, molte volte rappresentano un ostacolo verso una maggiore fluidità delle decisioni.

Le competenze assegnate che contano sono poche: l’edilizia scolastica per gli istituti superiori (elementari e medie spettano ai comuni), la manutenzione di una parte delle strade (quelle non gestite da Anas o Comuni), lo smaltimento dei rifiuti (spesso gestito, però, da commissari regionali); presunti poteri in materia di sviluppo economico, teoricamente basati sui distretti industriali, sono castelli in aria.

Negli anni ’70, quando si attuò l’ordinamento regionale, il repubblicano Ugo La Malfa propose l’abolizione delle Province, per eliminare – a suo dire – una duplicazione di burocrazia e spese. Anche il segretario del Pci di allora, Enrico Berlinguer era d’accordo. Però si convenne di aspettare, per abrogarle, il consolidamento delle Regioni. Arrivò il decreto 616 del 1977, in piena solidarietà nazionale, che smantellò i comprensori comunali creati dalle Regioni, e rilanciò il ruolo delle Province. Berlinguer e La Malfa si erano convertiti o rassegnati.

Qual è il criterio della Provincia? La compattezza geografica del territorio? Le affinità culturali? La dimensione? L’ossatura produttiva? No nessuno di questi. Ci sono Province come quella di Torino con 315 comuni e altre come quella di Prato con 7 comuni, Province come Roma con 4 milioni di abitanti, e altre con 58.000 abitanti, come quella dell’Ogliastra, con il capoluogo Tortolì a quota 10.000 abitanti.

In Sardegna, dopo le nuove quattro Province aggiunte nel 2001, ora c’è sono otto, in media una ogni 200 mila abitanti. Il presidente della Regione, Renato Soru, disse che otto province sarde erano una pazzia, e dunque le nuove avrebbero dovuto dividere soldi ed uomini con le vecchie. Nel 2003, quando in Regione votarono per l’istituzione delle nuove 4 province, solo un consigliere regionale votò contro. Ci si domanda, perché? Questo è il punto: perché le Province fanno comodo ai partiti, servono a creare poltrone per i trombati della politica. Solo all’inizio, il raddoppio delle province in Sardegna costerà ai cittadini più di 100 milioni di euro.
Un calcolo recente della Corte dei conti indica in 50 milioni di euro il costo della nascita di una nuova Provincia (con la creazione della Prefettura, della Questura, dell’Archivio di Stato).

Questi enti sono un formidabile serbatoio di poltrone da distribuire: 110 poltrone da presidente, 110 da vicepresidente, circa 950 da assessore, 110 da presidente dell’assemblea consigliare, circa 3.200 da consigliere, per un totale di 4.480 comode poltrone.
Quanto guadagnano gli occupanti di queste poltrone? Si va dai 36 euro del gettone di presenza nelle Province più piccole ai 3705 euro per gli assessori delle realtà medie, fino ai 7.000 euro per i Presidenti delle entità più grandi. Il totale è difficile da fare perché oltre a Trento e Bolzano, calcolate a parte, anche la Sicilia si regola per conto suo. Ma le stime parlano di stipendi complessivi per oltre 61 milioni di euro.

Anche Cesare Salvi e Massimo Villone, nel loro libro, scrivono che “gli addetti ai lavori sanno benissimo che la Provincia è l’anello debole del sistema del governo locale“. Salvi e Villone non hanno troppe speranze che passi il loro disegno di legge per la soppressione delle Province, ma suggeriscono che si potrebbe stabilire almeno che “una nuova entità territoriale si finanzi per i maggiori costi con una tassa a carico dei cittadini che la richiedono“. È probabile che le proposte di nuove entità autonome scomparirebbero tutte.

Intanto finchè ci sono spendono, e alcune spesso moltissimo. Come la Provincia di Milano che ha un bilancio annuale di 1 miliardo e 165 milioni di euro e alla fine del 2004, anno gestito per metà dall’azzurra Ombretta Colli e per metà dal diessino Filippo Penati, aveva la bellezza di 2583 dipendenti, 75 in più dell’anno prima e, ad esempio, impiegò 237.000 euro per “spese diverse e funzionali per gli uffici della direzione centrale di presidenza, ufficio di segretario e ufficio stampa. Non solo. La Provincia di Milano controlla un impero economico con 28 partecipazioni: dalle società autostradali a quelle idriche e aeroportuali.

Certi presidenti provinciali, sia di destra che di sinistra, sia del sud che del nord, sono amanti del calcio. La provincia di Cagliari, del diessino Ernesto Milia, ha dato nel 2005 agli amanti rossoblu 150.000 euro; quella del Palermo, del forzista Musetto, 700.000 euro agli amanti rosanero; quella di Lecce, del diessino Pellegrino, 1.200.000 euro agli amanti giallorossi.

Dal 2000 al 2004, secondo i dati dell’Upi (Unione Province Italiane), le uscite hanno subito un balzo del 66,1%. In particolare la spesa per il personale è lievitata del 33,8%, a fronte di un aumento delle unità in organico del 20,9%. Fino a un totale di quasi 57.000 dipendenti.

Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella - La Casta - Rizzoli (copertina)

Un commento su “Le Province sono inutili? Aumentiamole”

  1. Mi piace questo sito, ci tornerò spesso. Sto in questo periodo cercando di far conoscere un nuovo scandalo bancario, una vergogna che avviene in sardegna, nel silenzio totale :

    Un nuovo scandalo nel silenzio colpevole dei media tutti: 7000 agricoltori e pastori indotti a usufruire di mutui regionali agevolati in base alla legge 44/88, le cui modifiche sono state dichiarate in un secondo momento illegittime dalla Unione Europea, nonostante il preciso impegno da parte della Regione a sistemare la situazione, si trovano ora esecutati dalle Banche , non solo per quanto da essi stessi dovuto, ma anche per la parte che avrebbe dovuto devolvere la Regione, ai sensi dei contributi della Unione Europea.

    Si vende la loro terra all’asta per quattro soldi, la SPECULAZIONE AVANZA

    Si danneggia infatti in questo modo, non solo i 7000 titolari, ma l’indotto di oltre 40.000 persone , tra lavoratori diretti e braccianti , una catastrofe per la Agricoltura Sarda e per l’ ambiente che verrà abbandonato alla speculazione edilizia , considerato il nuovo limite dei 10 km dalla costa per le costruzioni che rende appetibilissimo per i costruttori il terreno che stanno comprando già a 4 soldi.Terra che viene sottratta alla Agricoltura ed affidata agli speculatori edilizi.

    Hanno cominciato a sottrarre i terreni prospicienti il mare, basta niente a renderli edificabili, fate girare questa notizia per favore

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