I Beccasoldi

Te la do io la spending review

Tutto si fa per farci spendere di più. Il caso della cremazione: una bara di legno pregiato viene usata solo per il trasporto e poi bruciata col morto. Inquinamento e spesa vanno di pari passo. Un appello ai titolari di imprese funebri e ai responsabili delle amministrazioni civiche e sanitarie: anche in un funerale è possibile spendere meno inquinando meno.

Per mia sorella morta (lei favorevole) ho scelto la cremazione. Per più di una ragione che non sto qui a dire, ultima delle quali che si spende meno. Ci vogliono circa 560 euro per l’incenerimento, 300 per una bella urna, e poi il costo del viaggio a San Benedetto del Tronto, il posto più vicino dove c’è un crematorio. A ritirare l’urna si può andare da soli, ma per l’andata ci vuole il carro funebre e, ovviamente, la cassa.

Ecco, appunto, la cassa. Ne vorrei una semplice, di legno non pregiato, senza lucido e senza ornamenti, oppure una di quelle di metallo che usa la Polizia quando c’è un morto sulla strada: in fondo serve solo per il trasferimento, il tempo di andare, e poi non serve più.

Nossignore – fa l’uomo dell’impresa – una simile cassa non esiste: la meno cara, priva della scocca di metallo e del rivestimento interno, costa 2200 euro. E me la fa vedere. Dignitosa, buon legno lucido e non privo di modanature.

D’accordo, la prendo: se non posso fare altro! Ma subito mi sale uno scrupolo, che poi in sostanza è un’ovvietà: possibile che un oggetto così ben lavorato, fatto di ottimo materiale che era stato prima un albero – certo d’importazione – , pagato quanto due mesi di stipendio di uno che lavora, debba durare solo due ore? Mia sorella se solo lo sapesse si ribellerebbe. Così, senza pensarci troppo, pongo una condizione: caro signore, la cassa è mia e dopo la funzione la rivoglio; non per me magari, ché ancora non mi sento pronto, ma la faccio sterilizzare e la metto a disposizione di chi non ha i soldi. Mica tutti si possono permettere…

Impossibile, interrompe l’impresario. Una cassa da morto non si può riusare: ci sono i regolamenti. E poi al crematorio bruciano il morto con la cassa e tutto.

Abbozzo per il momento e lascio che trascorra quasi un anno, ma me la lego al dito e mi prometto di tornarci sopra.

E’ venuto il momento. Vediamo. Una cosa alla volta: rules and regulations. Il Regolamento di Polizia Mortuaria (DPR 285/1990) stabilisce (art. 30) che “per il trasporto da un Comune ad un altro Comune che disti non più di 100 chilometri […] si impiega la sola cassa di legno”.

Sorge subito un piccolo problema: in linea d’aria Senigallia dista da San Benedetto 100 chilometri giusti; il percorso autostradale però ne dà 115. Diciamo allora che il necroforo non ha pignoleggiato, non mi ha imposto l’acquisto di una cassa completa di scocca e guarnizioni interne, quale è quella che ci vuole oltre i 100 chilometri, nel qual caso il costo sarebbe salito a 4500 euro.

Resta il fatto comunque di una cassa da 2200 euro che serve solo al viaggio, che poi era l’obiezione iniziale. Avevo posto due condizioni ipotetiche: o vi servite di una cassa pluriuso adibita a solo trasporto come quelle della Polizia, o mi restituite la bara di legno per un possibile riuso. Purtroppo però né l’una né l’altra si può realizzare, per il semplice fatto che quelli della cremazione non tolgono la salma dal contenitore.

Allora si può porre il problema in termini di economia verde. E mi ravviso che non sono certo io il primo a pensarci: già la Legge Regionale 3 del 1 febbraio 2005, in un articolo specificamente dedicato alla cremazione, si preoccupava di affidare all’Autorità Sanitaria competente per territorio la facoltà di autorizzare “in caso di cremazione, l’uso di feretri di legno dolce non verniciato al fine di ridurre sia i fumi inquinanti che i tempi di cremazione”.

Vedi? mi dico: meno inquinamento e meno spesa.

Nel tempo poi le tecniche di “packaging mortuario” si affinano: contenitori più “leggeri” rispetto alla classica bara, biodegradabili, realizzati con materiali diversi dal legno massello, facilmente combustibili come cellulosa, pasta di legno, cartone…

Una conferma viene dal Decreto del 12 aprile 2007, col quale il Ministero della Salute autorizza cofani in cellulosa con solo i bordi in legno per inumazione o cremazione. L’autorizzazione vale anche per il trasporto entro una distanza di 100 chilometri, “ferme restando tutte le prescrizioni già previste dalla vigente normativa per l’uso del cofano mortuario in legno”.

Parlando parlando, ricavo l’impressione che nelle autorità amministrative e sanitarie locali ci sia una sostanziale ignoranza di questo decreto che ha ormai più di cinque anni di vita; e che non si faccia abbastanza per farci spendere di meno, anche dove si potrebbe con un minimo di impegno ed efficienza. L’obiettivo, almeno in questo caso, è a portata di mano: dissipare meno risorse naturali, non inquinare e spendere di meno. Per i primi due rimando alla pubblicistica facilmente accessibile sulla rete; per quanto riguarda la spesa diretta, invece, leggo che una cassa di cartone a Venezia costa il 30% in meno di una in legno. Qualcosa è, e con la diffusione si può fare anche meglio.

Intanto toccherebbe trovarle. A Senigallia, che io sappia, nessuna impresa funebre propone al cliente casse di cellulosa o di cartone (attendo smentite), sempre con la solita spiegazione che i regolamenti non ne permettono il trasporto; ma l’ASUR e il Comune dovrebbero avere interesse a che fossero effettivamente proposte e liberate da falsi impedimenti.

Il Comune, per esempio, ogni anno si trova di fronte alla necessità di seppellire qualcuno che non ha mezzi o che non viene reclamato dalla famiglia, e interviene in modo sostitutivo all’interramento per una spesa di circa 1000 euro o con un contributo che si aggira intorno ai 700 euro.

In quanto al trasporto verso la cremazione, che avviene da Comune a Comune, come abbiamo visto le casse in cellulosa si possono trasportare; quelle di cartone non so. Ma, fosse anche no, l’impedimento si aggira facilmente: il Comune o chi per lui fa assemblare un contenitore, un sarcofago climatizzato, fornito di ogni regolarità di legno e di metallo, che contenga la bara di cartone. Viene messo a disposizione per un piccolo compenso e, giunto a destinazione, aperto, scaricata la bara che vi è contenuta e quello riportato a casa e buono per un’altra volta.

Come vedete risparmiare natura e soldi non è difficile. Chi legge, se può qualcosa, è pregato di tenerne conto.

Leonardo Badioli
ilpuntodisvolta.blogspot.com

6 pensieri riguardo “I Beccasoldi”

  1. Condivido quanto espresso nell’articolo: cercano di mettere tanti ‘paletti’ solo per sostenere un business che ogni anno rende milioni di euri…

  2. Grazie Leo. Hai toccato un tema puntuale e vedrai che, anche se ci sono resistenze, qualcosa si muoverà.
    Se hai voglia e tempo di continuare sull’argomento si potrebbe affrontare lo scandalo dell’edilizia funeraria, quella tutto marmo ed acciaio inox, quando invece siamo nati dalla terra ed in terra dovremmo ritornare.

  3. le casse in cellulosa o cartone si possono usare solo per il trasporto di resti mortali non mineralizzati dopo i venti anni dalla tumulazione, tutto il resto sono chiacchiere da bar.comunque la legge parla chiaro in merito.

  4. Se Walter ci spiegasse la ratio della disposizione di legge magari ci si potrebbe convincere che deve restare così. Altrimenti, se non si fanno riforme nemmeno in questo campo,…buonanotte!

  5. Ministero della Salute /DECRETO 12 aprile 2007
    1.  E’  autorizzato  l’uso  in  ambito  nazionale  di  un manufattocostituito  da  un  cofano  mortuario  in  cellulosa  bordo  legno inmonoblocco,  per  il  trasporto  di  salme, per l’inumazione e per lacremazione da impiegarsi nei seguenti casi e condizioni d’uso: a) inumazione,  nel  caso di trasporto a distanza inferiore a 100Km (&60; 100 Km); b)  cremazione,  nel caso di trasporto a distanza inferiore a 100Km (&60; 100 Km); c) l’uso  del  predetto  manufatto  dovra’,  comunque, rispettaretutte le prescrizioni gia’ previste dalla vigente normativa per l’usodel  cofano  mortuario  in  legno  e,  in  particolare,  ai sensi delcombinato  disposto dell’art. 30, comma 13 e dell’art. 25 del decretodel  Presidente  della  Repubblica  10  settembre  1990, n. 285, deveescludersi  l’uso ditale manufatto, nel caso di deceduti per malattiainfettiva-diffusiva.

  6. Il cofano in cellulosa esiste e come ricorda Leo esiste il decreto. Sono gli impresari funebri, che sono a conoscenza del prodotto e anche del produttore (italia), che non vogliono proporlo per ovvi motivi commerciali

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.