Scozia 2005 /2

6 – E’ il giorno dell’isola di Skye. Le previsioni della BBC sono state chiare: pioggia, pioggia, pioggia fino a meta’ pomeriggio. In caso di pioggia torrenziale la grafica della BBC indica un’area verde e oggi Skye e’ costellata di aree verdi. Non a caso una delle aree piu’ piovose di tutta la Gran Bretagna. Nonostante l’evidenza scientifica il gestore del nostro B&B (lo spione) ci assicura che troveremo tempo bello perche’ quelli del meteo non ci hanno mai capito niente… Partiamo. Cielo nerissimo. Prima pioggia gia’ sul ponte che conduce all’isola. La parte sud dell’isola e’ un susseguirsi di montagne, vallate, fiordi, torrenti. Scarsissima presenza umana. Il paesaggio e’ davvero fantastico. Le nuvole che nascondono le cime delle montagne aggiungono un tocco di mistero.
Raggiungiamo il nord dell’isola (lunga circa 80km), segnalato dalle guide per le sue “stranezze geologiche”, schivando le pecore se ne stanno beatamente in mezzo alla strada, padrone incontrastate della loro isola.

Prima sosta: Old Man of Storr, un pinnacolo roccioso alto 50m (come un palazzo di 15 piani) che mi ricorda il menhir di Obelix. E che Marco1 ribattezza simpaticamente “la tega”. Per raggiungerlo dobbiamo inerpicarci per circa un’ora lungo un sentiero scosceso in mezzo alle nuvole, finche’ non ci appare in tutta la sua maestosita’. Ma arrivati in cima le nuvole si diradano e inizia a piovere: ci aspetta un’ora di discesa sotto pioggia battente, arriviamo alla macchina fradici. Ma le viste sul mare e le isolette vicine sono indimenticabili.
Seconda sosta: dopo esserci asciugati e cambiati i vestiti zuppi d’acqua ci dirigiamo alla Kilt Rock, uno strapiombo di roccia a picco sul mare cosi’ ribattezzato per la somiglianza con le pieghe del tipico gonnellino scozzese. Piove. Cielo sempre piu’ nero.
La terza sosta prevista sarebbe un’altra delle “stranezze”, ma non ci arriviamo perche’ lungo la strada ci coglie uno scroscio cosi’ violento che il tergicristallo non basta piu’ a garantire la visibilita’. Vatti a fidare dello spione… La strada in alcuni punti e’ diventata un fiume. Preferisco accostare e aspettare che passi la buriana.
Terza sosta: Portree, capoluogo dell’isola. Piove. Dopo esserci rifocillati, visitiamo il porticciolo dominato da una fila di casette variopinte. Un tocco di colore nel grigio dell’estremo nord.
Quarta sosta: Distillerie Talisker. Sono circa le 16 e come da previsioni BBC ha smesso di piovere e sta rischiarando. E’ troppo tardi per il tour guidato della distilleria, non per un assaggino. Ci incuriosisce il torrentello di scarico verso mare che emana odore di whisky…
Raggiunta Armadale nell’estremo sud dell’isola torniamo sulla terraferma con il traghetto. Passiamo la sera risolvendo un qui pro quo con un titolare di B&B che millantava una nostra prenotazione, spacciandoci un suo errore per “Highland’s ospitality”…

7 – E’ il penultimo giorno del nostro viaggio e, finalmente, c’e’ il sole! Una intera giornata di sole, dopo lo sprazzo di 3-4 ore di Edimburgo. Ci aspetta la cosiddetta “Strade per le Isole”, una cavalcata di 80km, lungo la costa da Mallaig a Fort William, famosa per ospitare alcuni degli scorci piu’ fotografati di Scozia.
Prima sosta: Mallaig, ameno porticciolo animato solo dall’arrivo di un nuovo traghetto. Sul tetto di ognuna delle belle casette a ridosso del porto c’e’ un gabbiano appollaiato.
Seconda sosta: Loch Morar, dimora del secondo mostro piu’ famoso di Scozia dopo Nessie, ma anche qui niente bestione. Che il whisky dia allucinazioni?
Terza sosta: Silver Sands of Morar, stupende spiagge di sabbia bianca che nemmeno ai Caraibi… L’acqua in compenso e’ gelida, ma c’e’ un pazzo che sta pescando immerso fino alla cintola. Potere riscaldante del whisky?
Quarta sosta: Arisaig, sonnolento (forse perche’ e’ domenica mattina?) porticciolo. L’unico segno di vita e’ un piccolo spaccio di generi alimentari. Livia si presenta alla cassa per pagare una bottiglia di whisky, ma e’ gentilmente invitata a riporla sugli scaffali: e’ domenica, niente alcolici in questa parte del mondo…
Quinta sosta: Glenfinnan, luogo caro al popolo scozzese poiche’ qui Bonnie Prince Charlie inizio’ il suo tentativo, fallito, di riconquistare la corona britannica. Il monumento commemorativo dice poco al turista italiano, ma lo scenario e’ spettacolare col fiordo da un lato e il viadotto ferroviario (altro set di un Harry Potter) dall’altro.
Sesta sosta: Neptune’s Staircase. Si tratta del sistema di chiuse che collegano il canale di Caledonia all’Atlantico. Molto interessante, ma non so se tutti hanno apprezzato.
Settima sosta: Fort William. Lo scenario, con lo sfondo del Ben Nevis, il monte piu’ alto di Gran Bretagna, e’ suggestivo, ma del forte nessuna traccia. Marco2 paga a Marco1 un pacchetto di patatine causa scnfitta a briscola a 59… Tanti negozi per turisti. E noi ci adeguiamo…
In serata ci dirigiamo verso sud, attraversando paesaggi dapprima brulli e maestosi come la Glen Coe e poi piu’ boschivi e dolci nelle Lowlands.

8 – Dopo la notte passata nello sperduto villaggio di Aberfoyle, ma con una bellissima locanda, ci apprestiamo al lungo viaggio verso l’Inghilterra con destinazione finale aeroporto di Durham Teesside.
Colazione leggera con haggis, piatto nazionale scozzese a base di interiora di agnello… A dir la verita’ Livia e’ stata l’unica coraggiosa…
Facciamo due brevi soste lungo il tragitto, nel segno del moderno e dell’antico.
A Falkirk, ancora in Scozia, visitiamo un avveniristico sistema che consente il passaggio di imbarcazioni tra canali situati a diversi livelli (diciamo che si tratta delle “chiuse del Duemila”). Ci si puo’ chiedere a cosa serva visto che i canali britannici sono in disuso, ma in compenso i turisti sono tanti.
La seconda sosta e’ in Inghilterra a visitare le rovine del Vallo di Adriano nel loro scorcio piu’ suggestivo. Ma comincia presto a piovere ed e’ ora di ripartire e non c’e’ cosi’ tempo di vedere il sicomoro immortalato nella scena iniziale del Robin Hood di Kevin Costner.

E siamo cosi’ alla conclusione del nostro viaggio. Che dire?
Bei posti (soprattutto la costa atlantica), bella compagnia, cibo cosi’ cosi’.
E portate il k-way…

Dei 30 anni e dell’amicizia…

Stavo avviandomi a compiere i miei primi 30 anni in maniera un pò malinconica e triste, dopo un anno funesto e pieno di sfortuna e con quel pizzico di tristezza che accompagna l’addio alla giovinezza e l’ingresso nella età matura.
E’ bastato però un gesto dei miei amici più cari a farmi cambiare completamente umore a farmi ricordare questo compleanno come uno dei più belli di sempre.

Questa festa a sorpresa mi ha sorpreso in maniera inaspettata facendomi quasi commuovere (e chi mi conosce sa che non è facile) ricordandomi quanto sia importante l’amicizia e quanto sia bello avere degli amici soprattutto nei momenti difficili.
Ringrazio tutti quelli che sono venuti ed anche quelli che non sono potuti venire: grazie per il fantastico regalo e per la giornata felice!
Un grazie particolare a coloro che hanno investito il loro tempo per organizzare e allestire il tutto.

Una cosa è certa: è bello avere degli amici così!!!!

Scozia 2005 /1

Protagonisti: Daniele, Livia, Marco 1, Marco 2, Michela
Periodo: 8-15 Agosto 2005
Mezzo: Aereo + Auto

1 – Viaggiamo separatamente. Io arrivo in tarda serata ad Humberside (Inghilterra) con voli KLM da Bologna. I nostri eroi atterrano invece a Durham Teesside (Inghilterra) con volo RyanAir da Roma Ciampino. Io dormo a casa a Beverley, mentre i nostri eroi raggiungono Durham coi mezzi pubblici. Non hanno pero’ tempo di vedere la bellissima cattedrale, usata da sfondo anche per un film di Harry Potter, in quanto rapiti da un ristoratore indiano.

2 – Mentre i nostri eroi visitano finalmente il bellissimo centro storico di Durham, patrimonio dell’Unesco, io li raggiungo in macchina. Sistemiamo con qualche difficolta’ valigie e zaini nel pur capiente bagagliaio della mia Chevrolet perche’ Marco1 ha portato un valigione con ricambi per 30 giorni. Ci mettiamo in viaggio verso la Scozia. Non c’e’ autostrada e Marco1 mi esorta spesso a premere sull’acceleratore. Una volta lo fa proprio mentre siamo nel mirino di uno degli innumerevoli autovelox fissi… Fortunatamente non lo ascolto. Immancabile sosta al confine con zampognaro e giapponesi che gli fanno la foto. Breve sosta a Jedburgh ad ammirare le rovine di una imponente abbazia. Raggiunta la capitale Edimburgo subito ci perdiamo, ma grazie alle indicazioni di una passante e a un po’ di fortuna finalmente troviamo il nostro B&B. Giretto pomeridiano e notturno in centro, per il famoso Royal Mile. Prima impressione: troppi italiani in giro… Siamo colpiti dalla audace architettura della nuova sede del parlamento scozzese. Prime gocce di pioggia e ci rifugiamo nel Museo di Scozia: 7 piani ricchissimi di reperti e testimonianze sulla storia della Scozia ma troppo dispersivo. Dopo un’ora e mezzo usciamo avendone visto solo una piccola parte e con la sensazione che il ricordo che ci rimarra’ piu’ impresso e’ la vista della citta’ dal terrazzo posto all’ultimo piano. E anche il ricordo di Marco2 fenomeno nella gara dei riflessi… Serata in pub a base di Guinness, steaks e jacket potatoes.

3 – Giornata interamente dedicata alla visita di Edimburgo. Raggiunto il centro con autobus a due piani in perfetto stile britannico siamo i primi a varcare la soglia della National Gallery: non sara’ quella di Londra, ma ci sono davvero tanti bei quadri. Ovviamente la sala che preferisco e’ quella degli impressionisti. Percorrendo i verdi giardini che con la ferrovia dividono in due la citta’ ci dirigiamo verso la New Town, magnifico esempio di un oculato e rigoroso sviluppo urbanistico. Insieme alla Old Town, al contrario irregolare e caotica, e’ stata designata patrimonio dell’Unesco. Torniamo quindi verso la Old Town e ci dirigiamo verso il castello. Mentre siamo in fila per l’ingresso ci informiamo sui biglietti per lo spettacolo serale (Military Tattoo) che si tiene sulla spianata. Niente da fare…i biglietti sono finiti a gennaio! E pensare che viene replicato tutte le sere di agosto e le tribune hanno una capienza di circa 10000 spettatori… Incredibile! La visita del castello e le vedute del Firth of Forth ripagano ampiamente della delusione per il mancato spettacolo. Marco1 si invaghisce del gendarme dell’One o’Clock Gun e gli da’ un bacio in bocca. Nel pomeriggio spunta finalmente il sole e ne approfittiamo per sederci su un prato e intavolare un bella partita a queen. Cena in ristorante messicano dove Michela diventa lo zimbello del cameriere.

4 – Ci lasciamo alle spalle Edimburgo attraversando il Firth of Forth in direzione nord e ci godiamo la vista del famoso Forth Bridge, ponte ferroviario in acciaio.
St.Andrews, patria del golf, mi emoziona subito. La citta’ vive per lo sport a cui ha dato i natali. Tantissima gente cammina per strada con la sacca piena di mazze, i negozi vendono abbigliamento per il golf e c’e’ anche un museo del golf. Ma e’ quel grande prato verde della buca 18 (Roberto rassegnati, non e’ la 17!) circondato dalle case e a un tiro di schioppo dalla spiaggia che ti colpisce piu’ di tutto. Provo un po’ d’invidia per quei fortunati che, avendo prenotato con un anno d’anticipo, ora possono roteare le loro mazze. Marco1 suscita l’ilarita’ di uno spettatore quando ad alta voce esprime il proprio disappunto per un “putt” sbilenco: “Nooo!!!”. Anche Livia, che non mi era sembrata felicissima dell’inserimento di St.Andrews nell’itinerario, ne rimane colpita.
Visitiamo anche le rovine del castello e della cattedrale. Nel camposanto della cattedrale attira la nostra attenzione la tomba di “Tommy”, morto il giorno di Natale del 1875 a soli 24 anni, ma gia’ tre volte vincitore del famosissimo torneo.
Lasciamo St.Andrews col rammarico di non aver imbucato nemmeno una pallina (e anche di non averla comprata… son dovuto correre perche’ scadeva il parcheggio e nel frattempo i bast…se la son comprata solo per loro…) alla volta di Inverness. Dopo cena abbiamo tempo per una passeggiata notturna lungo il fiume, dominato dal castello illuminato.

5 – E’ il giorno della traversata est-ovest che ci portera’ dal mare del Nord all’Atlantico. Piu’ ci muoviamo verso est e piu’ il paesaggio diventa selvaggio e affascinante. Inizia la Scozia che ci aspettavamo.
Prima sosta: Loch Ness alla ricerca del mostro, ma lo troviamo solo nei negozi di souvenir. In compenso la vista del lago dalle rovine dell’Urquhart Castle e’ molto suggestiva, cosi’ come la ricostruzione cinematografica della storia del maniero con tanto di sipario che si apre alla vista delle attuali rovine.
Seconda sosta: Eilean Donan Castle, un castello appollaiato su un isolotto roccioso nel bel mezzo di un fiordo e raggiungibile con un ponte in pietra. Riflessi indimenticabili. Non a caso scenario di diverse pellicole di successo.
Terza sosta: abbiamo raggiunto l’Atlantico, a Plockton, villaggio simil-caraibico con tanto di barche a vela, isoletta e palme (grazie alla corrente del Golfo). Davvero strano trovare un posto del genere in Scozia. Manca solo il sole. Hai detto niente… Abbiamo la geniale idea di avventurarci a piedi in una penisoletta raggiungibile attraversando la zona di bassa marea. Nessuno si fida di Marco1 che ha scelto la via piu’ lunga e tutti seguono me per la strada piu’ breve. Finiamo immaltati fino alle caviglie…
Quarta sosta: Kyle of Lochalsh, villaggio di pescatori dominato dalla sagoma a dorso d’asino del ponte che porta sull’isola di Skye. Ceniamo, davvero bene, nel ristorante gestito da una simpatica signora olandese. In serata raggiungiamo, poco fuori Kyle, un B&B con vista. Con con vista su un’isoletta popolata di foche, con vista sull’isola di Skye sormontata da nubi nere e con vista… del gestore su di noi (nel senso che tramite uno spioncino ci sbircia mentre giochiamo a queen in salotto… no comment). (… continua)

Il 20 settembre in via Pasubio

 

La finestra di Carlo Riginelli (20 settembre 2005)

Difficile, anzi impossibile, che non ci sia alla finestra il tricolore. Dove? A Senigallia, in via Pasubio, al civico 22, 3° piano. Un po’ spiegazzato, ma il tricolore c’è! Ad opera di chi e perché? Si, è sempre lui, questo cittadino senigalliese che il XX settembre (scriviamo cosi, come consuetudine con i numeri romani) non salta l’anniversario, mentre in Italia tutt’Italia viene un po’ trascurato, anzi spesso tenuto in sordina. Leggi tutto “Il 20 settembre in via Pasubio”

Energia del futuro o futuro dell’energia?

La questione energetica costituisce ormai da qualche anno una problematica di fondamentale importanza e gli eventi degli ultimi periodi hanno contribuito significativamente a porre ancora più in risalto questo cruciale argomento. “Perché acquistiamo dalla Francia e dalla Slovenia energia elettrica prodotta da centrali nucleari?” “Che cosa succederà se il prezzo del petrolio continuerà a crescere?” “Quando Paesi come la Cina e l’India incominceranno ad attestarsi sul livello di vita occidentale come sarà possibile garantirne il fabbisogno energetico?”

Questi interrogativi irrisolti sono ormai di pubblico dominio ed è proprio per fornire un’informazione il più possibile accessibile a tutti che venerdì 16 settembre, presso la Sala Convegni del Palazzo del Turismo di Senigallia, si è tenuto un incontro pubblico dal titolo “Ricerca scientifica ed energia del futuro”.

La conferenza è stata articolata in due momenti: nel primo sono stati presentati i filoni verso i quali si sta indirizzando la ricerca in ambito energetico, mentre nel secondo è stato fatto il punto della situazione presente e sono stati evidenziati quegli accorgimenti attualmente praticabili da tutti per un impiego razionale dell’energia.

Le prospettive future di sfruttamento dell’energia solare sono state introdotte dal Prof. Vincenzo Balzani, autore del libro “Energia oggi e domani”. Il suo intervento ha posto anche l’accento su come oggi si senta tanto parlare a sproposito di idrogeno, additato molto spesso come la soluzione universale di tutti i problemi energetici, ed ha contribuito a far luce sulle reali possibilità associate all’impiego di questo combustibile.

Molto significativo è stato il contributo offerto dal Prof. Maurizio Cumo, vicepresidente dell’Associazione Italiana Nucleare, il quale ha evidenziato come, a suo avviso, nell’immediato futuro sarà necessario intraprendere la scelta obbligata di produrre l’energia elettrica con centrali nucleari, essendo già adesso questa tecnologia quella economicamente più vantaggiosa.

Nell’ambito della presentazione delle tematiche di ricerca attualmente intraprese è poi intervenuta la Prof.ssa Rita Casadio, che ha introdotto il pubblico presente in sala nel mondo delle biotecnologie sulle quali i ricercatori stanno lavorando per mettere a punto un processo per la produzione dell’idrogeno su scala industriale. Infine, hanno concluso la prima parte dell’incontro due interventi sulle tecniche di confinamento magnetico ed inerziale per la realizzazione della fusione nucleare.

Il secondo momento della conferenza è stato aperto dal forte richiamo del Prof. Carlo Maria Bartolini sulla necessità di provvedere sin da adesso all’utilizzo tecnologicamente più efficiente delle risorse energetiche in attesa dei futuri sviluppi della ricerca, per i quali, allo stato attuale, è difficile ipotizzare un’applicazione concreta prima di qualche decennio. In particolare, Bartolini ha posto l’accento sulla dipendenza del sistema energetico italiano dalle fonti fossili ed in quest’ottica ha presentato quelle che attualmente rappresentano le soluzioni più efficienti per lo sfruttamento di queste risorse. In questo senso, il professore ha evidenziato come la tecnologia che al momento più si presta ad un utilizzo razionale dei combustibili, siano essi fossili od ottenuti da biomassa, è quella della cogenerazione distribuita. In questo modo, in un’unica centrale si ha la produzione contemporanea di elettricità e di calore direttamente sul luogo in cui queste due forme diverse di energia sono richieste. Questa tecnologia presenta pertanto il duplice vantaggio di sfruttare, innanzitutto, quel calore che nelle normali centrali elettriche viene disperso in ambiente e che costituisce quindi uno scarto, per produrre energia termica utilizzabile per comuni impieghi di riscaldamento o per processi industriali ed, in secondo luogo, di fornire l’energia nel posto in cui deve essere utilizzata, minimizzando le perdite legate al trasporto della stessa.

La sezione dell’incontro dedicata agli scenari attuali è stata conclusa dal Prof. Fabio Polonara che ha esposto le linee guida del Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR). Il professore ha posto in evidenza l’importanza del risparmio energetico e dello sfruttamento delle fonti rinnovabili in ogni settore ed in particolare a partire dagli edifici ad uso residenziale. In questo ambito è stato sottolineato come l’impiego dell’energia solare, sia per la generazione di elettricità mediante pannelli fotovoltaici sia per la produzione di acqua calda, possa fornire un significativo contributo al bilancio energetico delle famiglie, in primo luogo, e della collettività in generale. Inoltre, molto interessante è stato lo spunto lanciato da Polonara sull’opportunità di valutare l’incentivazione delle colture per la produzione di biocombustibili come possibile strumento per rilanciare l’agricoltura nazionale.

Di fronte ad un problema così importante estremamente significativo è stato l’atteggiamento dei relatori intervenuti alla conferenza. Nessuno di essi, infatti, si è fatto promotore “della soluzione energetica”, ma tutti hanno manifestato apertura verso tutti i campi di ricerca intrapresi. Se, da un lato, questa posizione mette in risalto come sia importante tentare di sfruttare ogni strada che sembra aprirsi davanti a noi, dall’altro canto sottolinea come al momento presente non si conosca ancora quella che sarà l’energia del futuro e, in un periodo di transizione come quello che stiamo vivendo, questa incertezza finisce inevitabilmente nello spostare l’attenzione su quale sarà il futuro dell’energia.

Principî etici e Stato laico

Nel mio ultimo articolo volevo marcare una differenza: da un lato la pari dignità di opinioni personali circoscritte all’etica individuale (pro o contro i Pacs, pro o contro l’aborto, pro o contro la fecondazione assistita, ecc.); dall’altro la non equivalenza di situazioni oggettive derivanti da leggi dello Stato (Pacs consentiti o proibiti, aborto consentito o proibito, fecondazione assistita consentita o proibita, ecc.).

Non ho la verità in tasca, ma non sono affatto convinto che una legge debba essere lo specchio di una visione etica, debba cioè tradurre in norma dei principî morali assoluti. Era così nella repubblica islamica dei talebani. In uno Stato laico una legge dovrebbe fissare regole che governino la convivenza civile e prevedere sanzioni per chi non le rispetta.

C’è chi dice: “ma come faccio a votare contro le mie opinioni personali, contro le mie convinzioni religiose, contro i miei principî etici?”
Potrei rispondere che in ogni momento di partecipazione alla vita civile – quindi anche in un referendum – ci viene chiesto di esprimerci non su principî assoluti ma su leggi dello Stato. Il quesito non riguarda i massimi sistemi etici o filosofici, ma recita più o meno così: “volete voi che sia abrogato l’articolo x della legge y…?”.
Se la distinzione non sembra così facile a noi mediterranei, è più familiare agli anglosassoni, i quali hanno un approccio meno filosofico e più empirico o pragmatico nelle questioni sociali. Hanno capito meglio di noi (forse anche grazie alla Riforma?) che la politica è soprattutto il terreno del possibile, del tentativo, delle verità conquistate senza imporre la Verità.

Prendiamo la legge sull’aborto, la famosa 194. Nel 1978 lo Stato italiano ha tentato di regolamentare un fenomeno sociale che fino ad allora era massiccio e clandestino: l’ha fatto con la prevenzione, l’informazione ed il riconoscimento del diritto di aborto sotto precise condizioni. Da allora ad oggi le interruzioni volontarie di gravidanza si sono ridotte di quasi il 70%.
Lasciando un momento da parte le convinzioni personali e i principî assoluti, le due situazioni di fatto da confrontare sono:
– Fenomeno sociale non regolamentato, prima del 1978, quando l’aborto era proibito e gli aborti clandestini venivano stimati in oltre 250000 all’anno (tasso del 2,5÷3%);
– Fenomeno sociale regolamentato, dopo il 1978, quando l’aborto è diventato legale e il tasso di aborti è sceso dal 3% a meno dell’1%.
A quale delle seguenti affermazioni vi sentite di aderire, come cittadini di uno Stato laico?
1) La legge è da sostenere (magari migliorandola) perché ha ridotto i danni derivanti da un fenomeno sociale;
2) Anche se rimanesse un solo aborto, la legge è moralmente inaccettabile perché ha sancito il diritto ad abortire. L’unica legge giusta sarebbe quella che annullasse il numero di aborti senza concedere il diritto ad abortire.

Un altro esempio, sul filo della provocazione, è quello degli incidenti stradali. In Italia muoiono decine di migliaia di persone all’anno: è un fenomeno sociale che comporta danni enormi. Una buona legge in materia è quella che governa il fenomeno e riduce il numero di incidenti stradali (con informazione, prevenzione, repressione, ecc.) oppure quella che li abolisce in nome del diritto alla Vita, magari prevedendo la galera per chi li provoca?

La mia critica all’“io non lo farei dunque nessuno lo deve fare” aveva proprio questo senso: mettere in guardia dall’imporre agli altri quella che per noi è la verità, tanto più se questo comporta precludere agli altri strade che noi non vogliamo percorrere.
Due versetti del Vangelo di Luca sono più chiari di tante argomentazioni:
«Guai a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11, 46).
«Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito» (Lc 11, 52).

Un Mattinale con Ferruccio Ferroni

Ferruccio Ferroni al “Mattinali al Caffè Centrale” (14 settembre 2005)

Lodevole iniziativa quella del Circolo d’Iniziativa Culturale che ha proposto una serie di appuntamenti denominati, “Mattinali al Caffè Centrale”. Il Mattinale non è nient’altro che un “incontro mattutino organizzato per proporre ai senigalliesi ed ai turisti la riscoperta dei protagonisti della cultura e dell’arte della provincia marchigiana”.

Mercoledì 14 settembre un piccolo ma interessato gruppo di appassionati ha incontrato, l’avvocato Ferruccio Ferroni, allievo di Giuseppe Cavalli, uno dei “padri” della fotografia italiana. Ferroni nel 1996 è stato insignito del titolo di M.F.I., “Maestro Fotografo Italiano”, dalla F.I.A.F. Leggi tutto “Un Mattinale con Ferruccio Ferroni”

Ancora sulle dighe di New Orleans

Ho concluso il mio precedente articolo sul crollo delle dighe di New Orleans lasciando aperto un dubbio: e’ stata colpa degli ingegneri o dei governanti?

Gaspa mi aveva fatto propendere per la seconda ipotesi. Nella sua replica aveva infatti affermato: “… sembra che alcuni centri scientifici, tra cui una vicina base della NASA (inondata anch’essa), avessero predetto tale catastrofe e richiesto già da anni degli stanziamenti per piani di messa in sicurezza degli argini.”

Tuttavia avevo ancora dei dubbi. Tali dubbi sono stati amplificati dalla lettura di un interessantissimo articolo di Leonardo Coen comparso su Repubblica il 7 settembre scorso e intitolato “Sfida alla violenza delle acque, gli Usa a lezione dall’Olanda”.

L’articolo inizia cosi’:
Con molta umilta’ e con altrettanto imbarazzo gli ingegneri americani ammettono che sono indietro tecnologicamente sul fronte della prevenzione idraulica ed hanno ancora molto da imparare, a cominciare dalla vecchia bistrattata Europa. Parole inconsuete da queste parti. “Bisogna capitalizzare le esperienze dei paesi che sono stati capaci di contrastare efficacemente la violenza delle acque” ha dichiarato per esempio il professor George Z. Voyidis, capo della facolta’ di ingegneria civile della Louisiana State University.”

Un altro dato interessante che ho trovato nell’articolo e’ il paragone tra le altezze dei sistemi di protezione che io stesso avevo citato:

  • Barriere mobili all’estuario del Tamigi: 20m sul livello del mare (quando sollevate al livello massimo)
  • Argini olandesi del Piano Delta: 12m sul livello del mare
  • Dighe di New Orleans: 6m sul livello del mare

Un dato che, senza essere esperti del settore, la dice lunga sull’inadeguatezza delle dighe di New Orleans.

In definitiva la dichiarazione del professor George Z. Voyidis mi fa pensare che, se anche ci fossero stati gli stanziamenti richiesti per la messa in sicurezza citati da Gaspa, questi non sarebbero probabilmente bastati a garantire una soulzione ingegneristicamente affidabile o per lo meno comparabile al livello di quelle europee.

Colpa degli ingegneri o dei governanti? Forse di entrambi.

Pacs vobiscum

Sui Pacs, le unioni di fatto, il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha invitato il centrosinistra a «non scomunicare chi la pensa diversamente: lasciamo la libertà di dire ai cattolici che non sono d’accordo». «Oggi c’è il diritto […] di essere d’accordo con i Pacs come c’è il nostro di non esserlo. Deve prevalere la logica della libertà di coscienza, come avvenuto per il referendum per la procreazione assistita».

A chi dice che il ragionamento di Casini non fa una piega, consiglio di leggere la favola di Fedro del lupo e dell’agnello.
A parte il fatto che nessuno vuole scomunicare nessun altro e già il lessico è inappropriato, Casini confonde l’equivalenza tra due diritti d’opinione con la reciprocità tra due situazioni di fatto.
La dignità delle due opinioni personali – pro o contro i Pacs, pro o contro la fecondazione assistita – è ovvia e nessuno (tranne Giovanardi e pochi altri) l’ha mai messa in discussione. È la reciprocità delle due situazioni di fatto che contesto.

Il punto non è essere personalmente d’accordo o meno sui Pacs (così come ieri sulla fecondazione assistita); il punto è consentire o meno di avvalersene ad altri che la pensano diversamente da noi. È una questione di facoltà.
Tradotta in norma civile, la posizione “no Pacs” vieta a chiunque di avvalersene; la posizione “sì Pacs” consente a qualcuno di avvalersene e lascia liberi di non avvalersene tutti gli altri.
Lo stesso è accaduto con la fecondazione assistita: con la legge 40 abbiamo oggi un divieto per tutti di fare qualcosa che è peccato per qualcuno: io non lo farei, dunque nessuno lo deve fare.
Nella situazione opposta avremmo avuto la facoltà per tutti di fare qualcosa che qualcuno, per sua convinzione, non farà mai: io non lo farei, ma chi vuole può farlo.
Sono situazioni reciproche? A me pare ci sia una bella differenza!
E la logica della libertà di coscienza, invocata da Casini, a quale delle due appartiene?
Voi che ne pensate?

La medium

C’è un’auto con un cadavere in fondo al lago di Como, presso Dervio (Lecco). Pare si tratti di una ragazza del posto, Chiara Bariffi, scomparsa nel nulla quasi tre anni fa. Pare, soprattutto, che l’indicazione sia venuta da una sensitiva, tale Maria Rosa Busi, alla quale i genitori della scomparsa si erano rivolti nei mesi scorsi. L’auto si trova proprio nel punto segnalato.
“Medium trova nel lago ragazza scomparsa” è il titolo emblematico del Corriere della Sera. La vera notizia, infatti, è questa: nessuno mette in dubbio che la scoperta sia davvero il prodotto di capacità paranormali. Che sia stata la medium, è già dato per acquisito.
Si accettano scommesse su ciò che accadrà da domani: giù tutti a intervistare la signora, a cercare di capire come ha fatto, che palla di vetro usa, se riceve per appuntamento. Le faranno ogni domanda, tranne una: scusi signora, chi le ha detto dell’auto in fondo al lago (spiriti a parte, s’intende)? Non sia mai che a qualcuno salti in mente di fare il giornalista…
Appresa la notizia, il leader dell’Unione Romano Prodi ha subito telefonato alla signora Busi. S’è complimentato e le ha detto di star tranquilla: se fior di Commissioni parlamentari hanno creduto a lui e al suo piattino semovente, perché i carabinieri di Lecco non dovrebbero credere alla veggente?