Il mio primo aereo africano? Un ULM!
Lo scorso anno ho lasciato la mia attivita di istruttore, iniziata nel 2001 a Houston nel Texas; non potevo assolutamente rinunciare a un’offerta di lavoro quale bush pilot in Africa. E’ sempre stato un sogno per me volare sui parchi africani: avvistare elefanti, giraffe, bufali ed ippopotami dall’alto, fare il pelo alla pista per liberarla da facoceri, impala e gnu prima dell’atterraggio. L’ho sognato per tanti anni ed ora è finalmente realtà.
Ma due parole le devo innanzitutto spendere per il mio “esordio” nei cieli d’Africa, davvero inconsueto: i miei primi voli li ho fatti a Bagamoio grazie ad un amico italiano, proprietario di un “ICP Amigo”. Con questo piccolo biposto metallico ad ala bassa siamo andati a Sadani (unico parco africano sul mare) dove ho visto per la prima volta in vita mia una giraffa proprio in mezzo alla pista, e poi tanti ippopotami nel fiume e centinaia di fenicotteri. Quindi siamo andati nel Selous, la piu grande riserva naturale africana, e anche qui una gran varieta di animali era ad attenderci. Poi Le isole di Mafia e Zanzibar, con acque trasparenti e barriere coralline a perdita d’occhio. Ed infine sorpresa! Atterriamo al Dar es Salaam International Airport a bordo di un ULM, che è trattato come un aereo “vero”! Con una premessa del genere come avrei potuto dire di no alla “Coastal Aviation” quando mi offri un lavoro con un Cessna C-206 per collegare le isole ai parchi?
Professionalmente vengo da una formazione aeronautica di stile americano, e devo dire che ho dovuto letteralmente reimparare alcune procedure a dir poco insolite, ma anche in campo aeronautico “paese che vai usanza che trovi”. Innanzitutto ogni volo da o per un aeroporto controllato deve avere un piano di volo. E sin qui poco male, anche se la cosa prende un bel po’ di tempo. Il vero problema è piuttosto nelle comunicazioni radio, che sono da incubo se paragonate alla facilita ed all’efficienza di quelle americane: vi basti sapere che vanno notificate tutte le informazioni, persone a bordo, autonomia, livello di volo, ora di decollo e tutti gli stimati successivi. Per di più ad ogni facility tutti questi dati vanno ripetuti, con gran spreco di tempo e con la grave conseguenza che la frequenza viene inutilmente impegnata.
Nell’aeroporto internazionale di Dar es Salaam, dal quale operiamo quotidianamente, non esiste una frequenza per la “clearance delivery” e non esiste una “ground control“, la torre praticamente fa tutto. Con una sola frequenza controlla il traffico a terra, quello in atterraggio e in decollo, in uscita e in entrata dal CTR (15Nm) inoltre fornisce tutte le clearance VFR e IFR. Un bel lavoro per una persona sola, e a volte, specie nei momenti di traffico intenso, potete capire come si complichino le cose.
Inoltre queste inutili e lunghe comunicazioni radio fanno si che la frequenza si intasi anche con pochi aerei. Con queste premesse è ovvio che i piloti, in Africa, non si fidano piu di tanto dei controllori!
Piccolo o grande?
Fondamentale da queste parti è la frequenza VHF comune a tutti i collegamenti Aria-Aria, la 118.200 Mhz. Su questa si fanno generiche chiamate all’aria per mantenere separazioni tra il traffico in prossimita’, e si salutano gli amici in quanto la comunita dei piloti non e’ poi così grande. Per mantenere i contatti con distanze piu grandi si usa la radio HF, che quasi tutti gli aerei hanno a bordo per le operazioni nelle aree piu remote. Il servizio meteo el pressoche inesistente, e ancora una volta la frequenza Aria-Aria 118.200 risulta fondamentale per diffondere informazioni e “pireps”.
E’ in pratica una specie di tam-tam tra piloti! Una volta usciti dal CTR si rimane in contatto con l’approach, la TMA ha 100 NM di raggio con centro il VOR di Dar es Salaam “DV”. Qui hanno appena installato un radar di derivazione militare, con il quale i controllori vedono con buona precisione tutti gli aerei che volano nella loro zona, anche se non dotati di trasponder. Il problema semmai arriva quando si presentano in avvicinamento e in finale due aerei (sottolineo “due”) con velocita diverse, la cui gestione manda in crisi i “controllori” … ehm … ehm … diciamo che manca loro ancora un po’ di pratica, e che il fatto che i piloti non si fidino troppo non deve stupire nessuno!
Il Selous è la mia destinazione più frequente, trasporto i turisti al parco per un safari, e poi li riporto a Zanzibar. Spesso il tutto in giornata, anche se a volte le comitive rimangono nel parco più giorni. Una consistente parte dei passeggeri che utilizzano il mio volo è italiana; alla vista dell’aereo “piccolo” (come dicono loro) con “solo” sei posti, hanno spesso paura! Non riesco ancora a capire perché il subconscio di moltissima gente colleghi il concetto di “grande” con sicuro e “piccolo” con pericoloso e instabile.
Ogni paura comunque passa in volo, specie quando, poche miglia prima dell’atterraggio, scendo a 1000 ft sulla savana e coinvolgo i miei passeggeri nell’avvistamento degli animali: elefanti a destra, bufali a sinistra, giraffe e zebre poco più avanti. Anche chi ha partecipato ad altri safari in precedenza ha gli occhi che brillano di felicita’ e non riesce a nascondere l’emozione. Il finale per l’atterraggio a “Mtemere” è diretto sulla verticale del fiume: gli ippopotami sotto di noi sono a decine. I turisti, che prima avevano paura di volare, sono alla fine dispiaciuti di essere gia’ a terra, in rullaggio verso una Land Rover che ci aspetta per il “Game drive”. In volo era tutto più suggestivo e divertente. Spesso i passeggeri mi chiedono cosa sono quelle “zolle” che sto evitando zigzagando con il Cessna sulla pista in terra battuta … “Escrementi di elefante, ovviamente!”, rispondo io …
Piste, pendenza e …. animali!
Ci sono numerose piste nella grossa area del Selous, tutta la riserva si estende, infatti, per una superficie pari a quella della Svizzera. A nord del fiume Rufiji l’area è riservata ai safari fotografici, a sud la parte più grande e selvaggia è destinata ai safari di caccia. Ogni pista qui è diversa, pur se sono tutte in terra battuta, alcune strette, altre davvero corte. Quelle che preferisco io sono in collina, con un pezzo in salita, uno in discesa o, incredibile ma vero, inclinato lateralmente! Con simili piste capirete come le direzioni di decollo e atterraggio siano obbligatorie e indipendenti da altri fattori. Come sulla pista di “Kiba”, per esempio, sulle prime colline che si incontrano risalendo il fiume Rufiji, una pista degna del miglior stile “Air America”.
Seguendo il fiume verso il mare, arriviamo in volo sull’enorme e ramificato delta, (da qui il nome “Delta flight”), e quindi a circa 10 miglia fuori dalla costa, c’e l’isola di Mafia, un vero paradiso per i sub e per tutti i vacanzieri che cercano qualcosa di speciale, in un ambiente ancora intatto. La pista e oggi semidistrutta, con buche al limite della sicurezza e la gente del villaggio circostante che attraversa in continuazione a piedi e in bicicletta. Probabilmente proprio questa trascuratezza, unita alla carenza di infrastrutture, ha contribuito a lasciare l’isola con un ambiente quasi intatto.
Invece, risalendo il Rufiji dalla parte opposta, subito dopo “Kiba” il fiume passa attraverso una serie di gole strettissime scavate dall’acqua: sono dei veri e propri canyon naturali. C’e un’altra pista in cima a queste stupende colline, la “Stiegler Gorge”. Passate le colline, la vista si riapre nell’immensa pianura; è qui che il fiume Ruaha si immette nel Rufiji. Il Ruaha viene da molto lontano e attraversa un’altra riserva naturale che prende il nome dal fiume. Nella riserva del Ruaha la compagnia per la quale lavoro ha un campo safari, e anche se la mia meta principale di norma è il Selous, sono andato molte volte nel Ruaha.
Qui i paesaggi sono mozzafiato, il clima è piu fresco e asciutto, decisamente piu vivibile di quello del Selous. Il tutto circondato da colline a perdita d’occhio, con grandi massi di roccia in bilico che sembrano sempre sui punto di dover rotolare a valle. E anche qui i passaggi radenti non sono sempre sufficienti a liberare la pista per l’atterraggio: in questi casi arriva un’auto fuoristrada per far spostare ogni specie d’animale che ha deciso di trascorrere il suo tempo proprio in mezzo alla pista, completamente indifferente a qualsiasi aeroplano che voglia atterrare (“atterrare” … che pretesa … senza dubbio un pretesto non valido per spostarsi dalla linea di mezzeria, ma il bello dell’Africa e anche questo).
Volare in Africa è un’esperienza unica, irripetibile sotto tutti gli aspetti, e inoltre, almeno a mio parere, cambiare l’ambiente in cui si vola aiuta ad avere una visione del mondo aeronautico piu completa. Io sono davvero contento di essere impegnato in questo ambiente selvaggio e affascinante, e in futuro spero di avere ancora nuove opportunità per rivivere queste esperienze e, quindi, per crescere professionalmente. Per adesso sto facendo il passaggio dal 206 al Caravan, e poi … poi si vedrà! L’importante è volare.
(Articolo pubblicato su Aviazione Sportiva nel giugno 2004)
Ciao Marco,
che posti meravigliosi hai visitato grazie al tuo lavoro, che tra l’altro è anche la tua passione….sei davvero un ragazzo fortunato!! 🙂
Non immagini quanto mi è dispiaciuto non essere riuscita a venire a trovarvi a Zanzibar nel Settembre 2005, nè nel Febbraio 2006, in occasione del tuo matrimonio con Sylvia. Sono felice però di sapervi qui in Italia e di incontrarvi ogni tanto nell’oasi della “collina del cavallo” e/o in giro per la città e/o cinema x caso.
Un abbraccio forte ovunque tu&Sylvia siate ora nel mondo!!
Vi dedicherò un’altro post…e spero di rivedervi presto.
Aly 😉
Ciao Marco, è vero l’articolo è un po’ più tecnico, ma comunque interessante e poi…quando inizi a descrivere le riserve con i suoi animali e lo scenario che vi si preannuncia dall’alto si percepisce tutta la passione che hai per questa terra e che hai trasmesso a quanti hanno volato con te. Sono stati davvero fortunati!
ciao Marco, innanzitutto bell articolo e belle foto, poi ti volevo chiedere: sono anche io un pilota commerciale con atpl frozen ect ect e il mio sogno è fare quello che fai te in Africa, ma che requisiti ci vogliono, ci vuole gia esperienza o l’iter formativo che ti porta a essere un pilota commerciale (250 ore) basta? e dove mi posso informare? a te questo lavoro te lo ha proposto qualcuno che conoscevi o l’hai trovato cercando?
grazie mille per ora
ciao
Giulio