Ecco un itinerario un po’ strano, fuori dai circuiti turistici commerciali e più frequentati. Fiumi, montagne, spiagge e parchi, conosciuti di persona dall’Autore.
Marco Mazzufferi, dopo un lungo periodo nei cieli del Texas, ha lavorato e volato dapprima quale “bush pilot” e poi come pilota di linea trasportando turisti, lavoratori e merci, a sud dell’equatore. Una esperienza difficile, ma affascinate in una delle regioni naturalisticamente più interessanti dell’Africa, uno scrigno di tesori ambientali, con un eccellente grado di conservazione.
La proposta qui pubblicata è un itinerario nient’affatto teorico, perché già vissuto molte volte di persona, a portata di mano per il turista intelligente che voglia sottrarsi all’ozio delle spiagge o alla semplice escursione di due giorni con i soliti animali, nei soliti parchi.
Zanzibar, nodo cruciale per i navigatori e commercianti dell’Oceano Indiano, famosa per le sue spezie, il traffico degli schiavi e i sultani che l’hanno abitata fino a allo scorso secolo, è oggi meta turistica per chi cerca spiagge da sogno e acque cristalline.
In realtà Zanzibar è il nome dell’arcipelago che comprende due grandi isole (più tante isolette sparse). A nord Pemba e a sud Unguja, quest’ultima chiamata erroneamente Zanzibar, dimenticando la distinzione tra le due isole.
Molti dei turisti che scelgono Unguja (Zanzibar) come meta per i loro viaggi, non cercano altro che le spiagge bianchissime e le acque limpidissime, come si vedono sui depliant delle agenzie turistiche.
Nell’immaginario collettivo Zanzibar, le Maldive, le Seichelles, o perfino la Malesia o le Bahamas hanno tutte le stesse caratteristiche. Pochi in realtà sanno che Zanzibar ha una storia piena di commercianti, navigatori, sultani ed esploratori, e che è a due passi dalla Tanzania, un paese ricchissimo di risorse naturali, dove gli ambienti intatti dei parchi, oggi protetti, si mescolano ancora con i segni, le tracce della storia umana.
Partiamo da Unguja (Zanzibar): il mare si, è famoso; tutti sanno che andando alla costa dell’est (una costa che si sviluppa per una ottantina di chilometri) si troveranno spiagge bianchissime, a perdita d’occhio, acque blu, cristalline, caldissime dietro al reef che si trova ad oltre 300 mt dalla riva. I reef brulicano di vita, dai coralli a pesci di ogni tipo; armati di maschera e pinne basta infilare la testa sott’acqua e si scopre un mondo totalmente nuovo, coloratissimo, affascinante. Personalmente non mi stancherei mai di nuotare tra pesci e coralli. Pochi sanno però, che le più belle immersioni (o anche semplici nuotate) tra banchi corallini, che circondano isolette piccolissime o addirittura banchi di sabbia che spuntano dal nulla nel bel mezzo dell’Oceano Indiano, sono possibili appunto nella costa dell’Ovest: la parte dell’isola un po’ snobbata, per fortuna, dal turismo di massa. Questa offre spigolature molto interessanti anche per il turista più esigente.
Tra le escursioni nella costa ovest meritano di essere ricordate: Kizimkazi, dove è possibile nuotare tra i delfini; Jozani forest, una vera foresta, molto fitta, popolata da scimmie uniche (Red colobus), le foreste di mangrovie, Prison island (che era la prigione per gli schiavi prima che fossero venduti), Stone Town (città antica con intricatissime e pittoresche vie), Spice tour (visita alle coltivazioni di spezie e alcune rovine dell’epoca dei sultani), “slave chambers and caves”, grotte naturali molto grandi ed assai intricate visitabili dall’interno, oppure le piccole celle, scavate artificialmente, anch’esse adibite a prigioni per gli schiavi provenienti da Bagamoyo. Il tutto vicinissimo a Mangapwani, una delle più belle spiagge di sabbia mista a rocce di tutta l’isola; proprio qui appunto approdavano assai spesso i commercianti di schiavi.
Zanzibar non è solo mare, ci sono molte altri luoghi da visitare.
A esempio i palazzi dei sultani (molti in rovina purtroppo), le aziende dove si coltivano spezie, ancora con metodi del tutto tradizionali, oppure le escursioni per effettuare osservazioni di uccelli e animali selvatici tipici dell’isola, ad esempio tra le foreste di mangrovie o nelle vecchie piantagioni di legname ora abbandonate che sono state successivamente protette quali riserve naturali.
Usciamo dall’isola e volo d’uccello, partendo da nord seguiamo tutte le isole a largo della costa tanzaniana. Pemba, Unguja, Mafia, Songo Songo e decine di altre isolette disabitate e sperdute nell’oceano. Pemba e Mafia sono ancora vergini dal turismo di massa, e sono considerate dei veri e propri paradisi per i sommozzatori. Un giorno, mentre ero in volo sulla costa ad Est di Mafia, ricordo di aver contato tartarughe marine a centinaia che venivano a respirare in superficie, diciamo in media una ogni 100 metri o poco più. Mai visto una cosa simile da altre parti.
Procedendo a sud le isole terminano, ma il reef sulla costa tanzaniana prosegue ininterrottamente passando Kilwa, Lindi fino a giungere a Mtwara, dove un parco marino sorge proprio alle foci del fiume Ruvuma, confine di stato con il Mozambico.
Praticamente non c’è turismo a Mtwara; al momento c’è un imprenditore australiano che sta impiantando un centro sub e che gestisce un ristorante con alcune camere che si affacciano su una baia stupenda, circondata da baobab, manghi e palme.
Ho avuto la fortuna di poter girare in barca l’estuario del fiume Ruvuma tra i tunnel di mangrovie e visitando villaggi di pescatori che dubito avessero visto un altro bianco di recente. Le loro tecniche di conservazione del pesce pescato si riducono all’essiccazione al sole e l’affumicatura. Ho avuto modo di assaggiare alcuni dei loro pesci appena cotti sul fuoco, uno dei quali però non era affatto un pesce, ma un delfino! Mi dissero che era morto perché rimasto impigliato in qualche rete. Un sapore stranissimo, direi una via di mezzo tra tonno e manzo, più quest’ultimo però.
Il turista che voglia ripartire da Mtwara per il parco del Selous scoprirà che non è poi così lontano, soprattutto se si va, come preferibile, in aereo. Il Selous è la riserva naturale più grande dell’Africa, con una superficie pari a quella della Svizzera.
La maggior parte di quest’area è riservata ai safari di caccia, mentre nella regione nord, sopra il fiume Rufiji, il più importante bacino di raccolta d’acqua dell’Africa Orientale, ci sono i “campi safari” dove si svolge l’attività turistica con i cosiddetti “safari fotografici”.
Proprio qui, nella stagione delle piogge, si formano enormi laghi e in gran parte il terreno e le strade diventano impercorribili, mentre nella stagione secca ci si muove bene, ma sempre su quattro ruote, preferibilmente in “Land Rover”. Per avvistare ogni sorta di animale è sufficiente avvicinarsi alle pozze o ai corsi d’acqua rimasti, mentre in quella delle piogge gli animali si disperdono di più nel territorio e diventa più difficile avvistarli.
Ippopotami ed impala sono numericamente i più frequenti e facilmente visibili in queste zone. Secondi a loro sono le giraffe; poi possiamo annoverare i bufali, gli gnù, i cercopitechi, i babbuini, i coccodrilli, i facoceri, e poi ancora elefanti e leoni, animali che con una buona guida non sono poi così difficili da scovare. Più rari ma ancora presenti in queste zone sono i licaoni, che vivono in branchi numerosi. I leopardi, molto timidi e riservati, pur essendo presenti in buon numero, sono difficili da avvistare a seguito delle loro abitudini. Sempre qui nella riserva del Selous ci sono alcuni degli ultimi esemplari di rinoceronte nero della Tanzania. Moltissimi altri animali, uccelli in particolare, vengono comunemente avvistati ed ogni safari è diverso dai precedenti. Ripercorrendo il medesimo tragitto dopo poche ore un avvistamento del tutto imprevisto diventa di nuovo possibile.
Da qui procedendo verso Ovest troviamo il Ruaha, un altro parco, il secondo per estensione della Tanzania, che ci offre paesaggi stupendi, rocce, e valli incantate. Si sviluppa su un altopiano attorno ai 1000 mt di quota, ma con montagne che sfiorano i 2000 mt, e pertanto il clima è più secco e quindi più confortevole.
Qui diventa possibile avvistare i ghepardi, animali sfuggenti e veloci. Troviamo anche gli struzzi e le antilopi nere ed equine, i kudu, ed in generale tutti gli animali sembrano raggrupparsi in colonie più numerose. Le numerose mandrie di bufali offrono spettacolo ed anche gli elefanti sono abbastanza frequenti, anche se in genere sono piuttosto giovani in quanto, solo poche decine di anni fa, il bracconaggio aveva prodotto una drastica riduzione di numero, ma per fortuna ora si stanno ripopolando.
In questo parco alcuni dei campi safari sono di una bellezza unica e di un comfort eccezionale: tende e tavoli per deliziosi pasti in zone panoramiche, con viste strategiche per tenere sott’occhio gli animali in qualunque ora del giorno e della notte e non perdersi mai il superbo spettacolo.
Ora procediamo a nord ovest costeggiando la “rift valley”; di fatto stiamo puntando dritti al lago Vittoria. Ecco il più grande lago africano, con una superfice di 68.000 kmq a 1100 m sul livello del mare. Anche qui il paesaggio è prevalentemente roccioso, molte le colline assi pittoresche e la vicinanza del lago rende gli ambienti anche più suggestivi. Cormorani e marabù danno l’impressione di essere i veri padroni di queste zone.
In questa zona un posto in particolare merita di essere citato: è un isola a sud del lago Vittoria con flora e fauna, quella ornitica in particolare, molto interessante: è ”Rubondo Island National Park” .
In quest’isola, raggiungibile solo con barche o piccoli aerei, è possibile effettuare dei safari naturalistici a piedi con un infinita possibilità di osservazione per animali e piante delle specie più svariate. Nella stagione delle “corte piogge”, poi da ottobre a dicembre, fioriscono tantissime piante e tra tutte spiccano quelle appartenenti alla famiglia delle Orchidacee e delle Liliacee. Durante tutto l’anno Rubondo è uno dei migliori posti per il bird watching, ma anche l’osservazione delle farfalle trova sempre più escursionisti appassionati. Su questa isola molte specie animali sono state solo recentemente introdotte e va anche segnalato che l’assenza di predatori pericolosi (anche per l’uomo) rende l’ambiente ideale per le passeggiate naturalistiche, anche ai meno esperti ed ai più timorosi.
Da qui proseguendo il nostro tragitto verso Est potremmo attraversare la grande pianura del Serengeti, il parco certamente più famoso per i circuiti turistici e per i documentari cinematografici e televisivi. Molto meno nota di certo è la pur importantissima gola dell’Olduvai, un vero canyon a nord-ovest del cratere di Ngorongoro, profonda 90 metri e lunga quasi 50 chilometri, dove a metà dello scorso secolo furono ritrovati i resti di un famoso cranio vecchio di 1,8 milioni di anni appartenente all’Astralopithecus boisei. Il cratere di Ngorongoro, ampio una ventina di chilometri ha una densità di animali e di conseguenza una frequentazione turistica così elevata che potrebbe apparire come una sorta di zoo.
Proseguendo ancora, ci si lascia alle spalle il Kilimangiaro che, con i suoi 5896 metri, è la vetta più alta dell’Africa, che può essere scalata in cinque giornate, soprattutto da fine giugno ad ottobre e da fine dicembre a febbraio (stagione secca), avvalendosi delle organizzazioni sul posto che offrono l’assistenza necessaria con guide e portatori.
Chiudendo idealmente il nostro giro saremo di nuovo sulla costa, dopo aver sorvolato le zone interne sui monti Usambara e Pare, per giungere all’antica capitale coloniale di Bagamoyo, dove a metà dell’’800 i missionari fondarono il Villaggio della libertà per gli schiavi riscattati. Oggi la città di un tempo, la capitale dell’Africa Orientale Tedesca ed uno dei porti più importanti della costa dell’Oceano Indiano, non è altro che un piccolo centro cittadino. Un tempo non molto remoto era, agli occhi degli schiavi, l’ultima immagine che vedevano del loro continente quando scendavano dalle regioni del lago Tanganika. Infatti proprio da qui venivano imbarcati per essere trasferiti a Zanzibar, dove si sarebbero svolte delle vere e proprie aste per la loro vendita.
Su questa costa troviamo i resti di un antichissimo insediamento arabo, probabilmente il più antico su tutta la costa orientale africana, che si ritiene risalgano al XIII ed al XV secolo, quando la località, Kaole, era una delle più importanti stazioni dedicate al commercio.
A nord di Bagamoyo, invece, c’è un altra riserva, quella di Saadani, divenuta l’ultimo parco in ordine di tempo della Tanzania. Questo è l’unico parco africano affacciato sul mare, con spiagge estese e molto suggestive, fino all’omonimo villaggio che una volta era un porto di eccezionale rilievo. La fauna molto diversificata, dagli ippopotami ai coccodrilli, dai falchi pescatori ai fenicotteri, è in costante aumento grazie ad un crescente controllo del bracconaggio e, sembrerà un po’ strano, ma qui è possibile vedere gli elefanti e le giraffe fin sulla spiaggia.
(Versione aggiornata di un articolo pubblicato sulla Rivista semestrale, “Natura & Montagna”, anno LII, n.2, luglio/dicembre 2005)
Ciao Marco!!
Bellissimo questo post…mi sembra di aver fatto quel famoso viaggio che mi ero promessa di fare nel venirti a trovare nell’Ottobre 2005, ma finito male, e dirottato poi a NY, per i motivi che tu ben conosci.
Complimenti per le foto e per le emozioni che trasmetti con le semplicità di parole ed immagini. Ti dedicherò un post appena ho tempo se vuoi.
Buona giornata e salutami tanto la tua dolce mogliettina Sylvia.
Un abbraccio
Aly 😉
..avevo lasciato un commento…ma non so come mai…ora non c’è piu!!??
Comunque complimenti marco..proprio un bell’articolo e fantastiche foto!!
un abbraccio
Aly 😉
Ciao Marco, ho letto il tuo racconto tutto d’un fiato!! Non potevi descrivere meglio le meraviglie della Tanzania, complimenti.