E pensare che dormivano in convento

Pillole (amare) de “La Casta” (di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, edizioni Rizzoli). Parte 1.

Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella - La Casta - Rizzoli (copertina)

Era molto dura la vita per tutti gli italiani nel secondo dopoguerra, e anche i politici, in realtà, conducevano una vita assai più sobria e avevano decisamente meno pretese. Certo, il principio che la politica era un servizio da rendere gratuitamente come prevedeva l’articolo 50 dello statuto Albertino era stato abbandonato da un pezzo. Già nel 1913 i deputati si erano auto-attribuiti una modesta indennità, ma solo a titolo di rimborso spese. Indennità confermata e aumentata dal regime fascista. Ancora come rimborso. L’idea che il pubblico denaro dovesse essere rispettato tuttavia, era diffusa. Con qualche punta addirittura di ascetismo morale.

Enrico De Nicola, eletto capo provvisorio dello stato il 28 giugno 1946, prese così sul serio la sua provvisorietà del suo ruolo che non solo non si insediò al Quirinale, ma nemmeno ritirò mai il suo appannaggio di 11 milioni annui, e fece il presidente pagando di tasca sua.

Alcide De Gasperi, per andare in America nel 1947, si vedrà regalare due valige da una ditta per non farlo sfigurare, e il capotto gli lo regalò Attilio Piccioni. Pietro Nenni solo al momento di diventare Ministro degli Esteri compra finalmente due vestiti scuri e un cappello a falde larghe.

Angelo Raffaele Iervolino, padre dell’attuale sindaco di Napoli Rosetta Russo Iervolino, un avvocato antifascista e Ministro nel governo Badoglio, era uno dei democristiani più in vista della Costituente. E anche sua moglie, Maria de Unterrichter, era deputata. Allora era difficile trovare un posto per abitare, le case mancavano, alla fine trovarono una soluzione che doveva essere temporanea, invece durò ben nove anni: lui andò ad abitare presso i frati francescani in via delle Mura Aureliane, sua moglie Maria con la figlia Rosetta e suo fratello ospitate presso il convento delle Madri Pie di via Bonifacio VIII. Lui stavano al governo, la moglie alla camera. Eppure – c’è da sorridere davanti alle autoblù di oggi – i due si incontravano la mattina al capolinea del bus 64 per andare a Montecitorio.
Nove anni dopo lasciarono i conventi e presero possesso di un appartamento di una cooperativa edilizia tra parlamentari. Nello stesso palazzo abitavano parlamentari di tutti gli schieramenti politici, da Almirante a Mancini, Sullo, Amendola, Velio e Nadia Spano, Micheli, Nenni, Leone, La Malfa, Pertini, Parri. Solo nel 1963 quando Giovanni Leone fu nominato presidente del consiglio, in quel palazzo istallarono una linea telefonica speciale e misero un poliziotto (uno solo) in borghese nella guardiola ventiquattr’ore su ventiquattro.

Walter Audisio andava in parlamento in autobus. Aveva ammazzato lui Mussolini, o almeno così si diceva, ma se ne andava in giro da solo, tranquillo, senza scorta. Le classi dirigenti dell’una e dell’altra parte non si detestavano come adesso, c’era rispetto reciproco.

Anche gli stipendi dei parlamentari di allora non erano cosi ricchi come quelli di oggi, e anche loro cercavano di risparmiare; parecchi deputati democristiani dormivano nei conventi, negli ostelli del pellegrino, dalle suore. I deputati laici no, ma quando, nei primi anni ottanta, furono inaugurati gli uffici di via Valdina, alcuni di loro si ritrovavano nell’unico bagno del piano, con asciugamano e spazzolino da denti, dopo aver passato la notte sul divano accanto alla scrivania del proprio ufficio.

Negli anni sessanta il deputato comunista Renato Degli Esposti, che di professione faceva il ferroviere, andava su e giù, facendo in modo di passare la notte sui treni.

Certo che alla fine degli anni Cinquanta le cose vanno già meglio. La busta paga di un deputato arriva al lordo, tra una cosa e l’altra, a 350.000 lire mensili. Quando un direttore generale ministeriale guadagnava 320.000 lire al mese, un tranviere romano 75.000, e un commesso della pubblica amministrazione 68.000 mensili, un quinto del parlamentare.

Ora lo stesso commesso prende meno di un decimo dell’onorevole. Già a partire dagli anni Ottanta emerge una classe politica grintosissima, spregiudicata e nuovissima, assai diversa da quella dei padri costituenti; comincia a sentirsi il diritto di prendersi lussi un tempo impensabili.

Cominciano le mega-feste nelle acque della Costa Smeralda con venti barche attorno allo yacht dell’onorevole democristiano Pino Leccasi, dove si andava friggendo chili di pesciolini, olive, patate, zucchine e melanzane. A bordo, in coperta, salivano i politici, e dopo un po di tempo sull’imbarcazione del festeggiato non ci si riusciva più a muovere, tanti erano gli ospiti, molti dei quali era previsto che tornassero sui loro yacht per mangiare. A questo punto, come in una sequenza cinematografica, scattava un passavivande generale. Di mano in mano, di barca in barca, scorrevano enormi zuppiere di pasta e fagioli, orecchiette pugliesi, melanzane alla parmigiana, cannolicchi alla checca, lasagne fatte in casa ecc…

Per non parlare delle cene faraoniche date a Capri da Francesco De Lorenzo con 400 invitati. Alle vacanze ad Hammamet di tutta la corte di Bettino Craxi, che ad ogni negozietto di cianfrusaglie si fermava. Entrava, afferrava con le mani braccialetti d’ottone, statuine di peltro, minnoli di legno, e ne faceva omaggio a tutte le signore. Pagava tirando fuori rotoli di banconote.

Che dire del conto di 490 milioni di lire per il soggiorno di 29 mesi di Gianni De Michelis all’Hotel Plaza. E dello stupendo casale ristrutturato, di proprietà del Demanio, avuto in comodato d’uso per 19 anni dall’ex democristiano, ora Forza Italia, Angelo Sanza: stupenda villa a due passi da piazza del Popolo, dotata, oltre che di un ascensore interno, di una sala fitness, di campo da tennis, una vasca in mosaico tardo pompeiano a forma di mezzaluna turca proprio accanto al letto, di uno sfizio hollywoodiano. Dal tunnel che porta al garage il nostro arriva sotto la piscina, guarda in alto e s’illumina vedendo nuotare nell’oblò, come una sirena, la sua compagna.

Chissà cosa avrebbe detto il vecchio Alcide De Gasperi.

Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella - La Casta - Rizzoli (copertina)

4 pensieri riguardo “E pensare che dormivano in convento”

  1. Hai molte ragioni, io però aggiungerei un argomento al tuo discorso. La politica è una cosa giusta, è attraverso essa che sono state costruite cose importanti, però bisogna ammettere che il livello dei politici allora era ben superiore a quello attuale. Io direi che la degenerazione della politica è iniziata nel primo dopoguerra quando la Democrazia Cristiana ha occupato il potere per decenni, dispensando favori e incarichi ai propri appartenenti e a quelli che avrebbero poi preservato il potere.Con la scusa della Libertà, ci hanno mangiato su alla grande, tanto che gli altri, quelli che all’inizio la combattevano l’hanno imitata, fino a diventare uguali. E’ ovvio che ciò ha causato disgusto e disaffezione nella gente normale, ma non è abbandonando la politica ai politici che le cose cambieranno in meglio. Pensate che la gestione della cosa pubblica passerà sempre dalla politica, pensateci bene e, per favore, rentrate nei partiti, perchè solo da dentro è possibile fare pulizia.

  2. … provo a dire
    … il sindacato (esempio) non dovrebbe essere né rivoluzionario né rivoltoso ma uno
    strumento del Sistema il quale ha il compito di rendere tutto e tutti attivi e sistematici
    un tutto forte e sano e non pochi mediocri che rendono impossibile l’agire dei molti e il
    decidere dei capaci.
    I think
    … e chi sono i capaci?
    Bho!……. uno protebbe essere il prof. Mario Monti .. la pensa più o meno così
    .. motivo per cui lo tengono alla larga … qualche altro illuminato nell’Esercito
    e nella Corte dei Conti lo si può trovare … un profondissimo piano di risanamento
    e di disarmo radicale dei privilegi e quant’altro di più appropriato possa dire chi per
    l’attuazione di questi propositi ha titolo.

  3. A beneficio di quanti volessero “perdere” due minuti o tre, parassito, copio e incollo l’ intervento di un consigliere regionale sulla Casta Marchigiana.

    …. sulla gestione politica delle assunzioni impone, in particolare che si faccia chiarezza sulle politiche di reclutamento della regione ed in particolare dell’Agenzia Sanitaria. Un “carrozzone” o poco più che il Consiglio Regionale, in base alla legge all’art. 3, comma 2, della legge 35/05, aveva stabilito fosse azzerato per giungere – d’intesa con altre Regioni – ad una agenzia unica interregionale. Al contrario, e con buona pace dei propositi di contenimento della spesa propalati dalla giunta marchigiana, a due anni di distanza l’Agenzia non solo è viva e vegeta. Ma prospera e si ramifica: lo scorso 13 marzo infatti la Giunta Regionale ha aumentato di ben 734.172,00 euro il budget dell’ARS rispetto allo stanziamento previsto dalla legge n. 3 del 23 febbraio 2007 di approvazione del bilancio 2007. Ed è cosi che nel breve volgere di 20 giorni le somme a disposizione per l’agenzia sono passate da 2.065.000 euro a 2.800.000 euro. Ma non è finita qui. Il 5 aprile 2007 la Giunta assesta due colpi micidiali alle casse della regione: prima attribuisce a due professionisti esterni ( il dott. Aletti Paolo ed all’Ing. Mario Stucchi) altrettanti incarichi di direzione nell’ambito dell’Agenzia Sanitaria per un costo stimato nel 2007 (9 mensilità tredicesima) pari a 200.000 euro (DGR 286/07). Poi autorizza il Direttore dell’ARS ha stipulare altri otto ulteriori contratti di collaborazione esterna per un costo totale, per il solo 2007, di 454.000 euro (DGR 287/07). Insomma nel giro di un giorno è stato bruciato un miliardo e trecentomilioni di vecchie lire in incarichi professionali. Niente male per un ente che doveva essere soppresso. Ovviamente gli otto consulenti (che per il momento nono sono noti) dovranno essere rigorosamente individuati su base fiduciaria e cioè “sulla base di selezione non comparativa”. Ma questo è un dettaglio che non ci stupisce. Ma le sorprese, o meglio le conferme circa le gravi interferenze tra politica e sanità, non si fermano all’ARS e coinvolgono anche l’ASUR. E’ del 18 aprile scorso la stipula di un contratto a tempo determinato da parte dell’ASUR in favore di Nazzareno Firmani, capogruppo DS al Comune di Ascoli Piceno, già assessore ai servizi sociali nel periodo 1995-1999. Si occuperà per i prossimi tre anni del supporto aziendale in materia di integrazione socio-sanitaria e coordinerà le relative attività….

    E’ da paese sedicente sviluppato continuare a mettere al vertice di enti e aziende personaggi politici, come a dire che quei vertici sono e rimarranno (temo) approdi naturali per la continuazione della propria carriera di tesserato vip?

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