Fortificazione israeliana sulle alture del Golan
Le vecchie fortezze sulle alture del Golan della guerra dello Yom Kippur sono vuote e ospitano decine di curiosi. Dalle feritoie che permettono una vista eccezionale su tutta la zona di confine tra Israele e Siria ora non spuntano le canne di mitragliatrici, ma fotocamere e videocamere digitali dei turisti, soprattutto israeliani. Da quei magnifici punti di osservazione circondati da mura e trincee di cemento si può vedere sino a Quneitra, nelle giornate particolarmente limpide anche fino a Damasco. Non stiamo parlando di storia antica, non delle vestigia di un conflitto dell’epoca dei romani o dei crociati. Ma delle tracce di una guerra conclusa militarmente solo 35 anni fa, ripresa nel 1982 e pronta a riaccendersi in ogni momento. Con la Siria non si è mai concluso un trattato di pace. Tra Israele e il suo vicino arabo militarmente più forte permane uno stato di guerra fredda permanente, intervallata da episodi di guerra calda.
Confine Siria-Israele e la vecchia città di Qunetra (alture del Golan)
Non sono passati più di cinque anni, infatti, da quando gli aerei israeliani colpirono campi di addestramento per terroristi in territorio siriano. Ed è del 6 settembre scorso il misterioso raid degli aerei con la Stella di David contro un presunto impianto atomico costruito con l’aiuto dei nordcoreani. Damasco ha appena invitato gli ispettori dell’Aiea sul suo territorio per verificare se quel sito sospetto fosse realmente un reattore segreto o meno. Intanto che si tratta per raggiungere un accordo di pace e contemporaneamente si cercano le prove della nuova “pistola fumante” del regime di Assad, sul Golan si vive in una condizione che non è ne’ pace ne’ guerra. Si vive tranquilli nelle città, anche quelle più vicine al confine, dove i giovani vanno ai McDonald’s appena usciti da scuola, i campi sportivi sono pieni, i surfisti si divertono nelle acque del Mar della Galilea e a Tiberiade si esce a “fare le vasche” in centro o sul lungolago, tra mercatini e locali con musica revival anni ’80, proprio come a Iesolo in piena estate. Nello stesso tempo, a una ventina di chilometri da questa pace, ci si prepara a fare la guerra. Al fianco delle strade asfaltate si snoda una serie di percorsi paralleli, fatti in cemento armato o in terra battuta, dove possono passare i carri armati senza danneggiare o rallentare il traffico dei civili.
Kibbutz sulle alture del Golan
E’ l’emblema della vita da quelle parti: la guerra è una realtà sempre presente o imminente, ma non può disturbare la vita di tutti i giorni. Non ci sono esempi di pacifismo militante, come eravamo abituati nell’Europa della Guerra Fredda. Sul Golan, semplicemente, i cittadini di un paese vicino alla possibile linea del fronte protestano se i carri armati fanno le manovre anche di notte, oltre che di mattina. Le bandiere arcobaleno ci sono su molte finestre, ma non sono quelle della pace. Sono quelle dei drusi, una minoranza che non ha una sua terra, ma non dimostra una visibile propensione a volerne una. Sul Monte Hermon svettano le antenne radar e quelle dei centri di ascolto israeliani, quelli che spiano ogni singolo movimento del possibile futuro nemico. Si tratta di apparecchiature misteriose e sofisticate. E anche alquanto dispendiose: ciascuna di esse, a quanto si dice da queste parti, richiede più energia elettrica di quella usata da tutti i cittadini della regione del Golan. Sono quelle le nuove sentinelle: il tempo dei militari di pattuglia, trincerati sulle alture e muniti di binocolo, è tramontato. Alle spalle della prima linea, sotto il fronte degli occhi e delle orecchie elettronici, si preparano i carri armati.
Impianti militari per la sorveglianza del confine Siria-Israele
Sono sempre i Merkava, anche se evoluti (si è arrivati al modello 4) a costituire la forza di difesa-contrattacco di questo fronte. Ovunque sono state scavate (di recente) buche per interrarli in caso di attacco e fossati anti-carro per frenare i mezzi del nemico. I Merkava manovrano ovunque e si fanno vedere, più numerosi del bestiame locale. Gli equipaggi che li manovrano non sono sprovveduti e molti hanno già un’esperienza di combattimento: la guerra del Libano del 2006.
Carristi dell’IDF in esercitazione
Un giovanissimo ufficiale carrista, sicuro di sé e della potenza dei mezzi al suo comando, ci spiega che le lezioni di quel conflitto sono state preziose. La guerra contro una fanteria leggera nemica ha insegnato che carri e fanteria non possono combattere in operazioni separate. La guerra ha inoltre insegnato che un carro non può mai fermarsi, deve essere in movimento costante per non fare da facile bersaglio per i fanti nemici armati di anti-carro. Da un lato, quel conflitto è terminato con una conferma della bontà dell’equipaggiamento della Forza di Difesa israeliana. Gli Hezbollah hanno lanciato circa 10.000 missili e razzi anticarro, ma solo 50 mezzi corazzati israeliani sono stati distrutti, di cui uno solo ha perso tutto l’equipaggio. I miliziani sciiti hanno perso circa 800 uomini, gli israeliani 128, inclusi i civili colpiti nelle loro case, a decine di chilometri dal fronte. Quando chiediamo all’ufficiale cosa pensi dei media occidentali che considerano quella del Libano una sconfitta israeliana, risponde ridendo: “vedete voi, ognuno la pensa come vuole”. Nel caso la Siria faccia troppi passi falsi, dovrà combattere contro questi uomini.
(Stefano Magni è giornalista de L’Opinione ed ha condiviso con noi di Popinga il recente viaggio in Israele. Questo articolo è comparso su L’Opinione, edizione 111 del 04/06/2008. Le foto sono di Marco Scaloni e Gianluigi Mazzufferi)
Popinga aveva già trattato alcuni aspetti della complessa realtà che si vive sul Golan l’anno scorso. Chi fosse interessato ad approfondire può utilmente leggere quanto scritto aprendo questo link: http://scaloni.it/popinga/appuntamento-a-gerusalemme-2/