Contromano, contro legge, contro logica, contro la sicurezza. E contro se stessi, almeno per i ciclisti che sono il punto debole, soccombente, in caso d’incidente.
C’è da tempo, ma in questi ultimi mesi il fenomeno ha raggiunto aspetti parossistici, l’abitudine per moltissimi ciclisti di non rispettare i segnali stradali. Dicono che ciò accada un po’ per trascuratezza, un po’ per “necessità”. Perché no, aggiungerei, un po’ anche per quel subdolo motivo psicologico che fa sentire il ciclista, che cavalca un mezzo più povero rispetto all’automobilista, quasi autorizzato a fare quel che vuole, ad ignorare le “regole di convivenza”. Forse crede che essendo il più debole, alla sua sicurezza ci penseranno gli altri. Si magari quelli che girano in città con una Ferrari da 200 mila euro!
Anche il mio caro e stimato amico, Carlo B., è stato investito. Gli è andata bene; l’auto procedeva pianissimo e lui, che pure non è più un ragazzino, cadendo a terra non s’è fatto quasi nulla. Così hanno accertato al Pronto Soccorso dell’Ospedale. Però poi, raccontandomelo, ha cercato delle giustificazioni, e mi ha anche sollecitato per cercare qualche cavillo per rivendicare comunque la ragione dalla sua parte. In fondo lui era in bicicletta!
Un nostro concittadino ha rischiato di “mettere sotto”, prendendosi comunque un gran paura, una signora in bicicletta. Gli è spuntata, contromano, da una strada a senso unico. Poi ha scritto al Sindaco, invitandolo ad attivare una seria vigilanza da parte dei Vigili Urbani scrivendo anche che “la circolazione al di fuori di ogni regola dei ciclisti comporta gravi rischi per i medesimi e costituisce un’insidia anche per gli automobilisti più accorti e prudenti“. Il Sindaco Mangialardi ha risposto, bontà sua, che “condivido con lei l’idea che il rispetto del codice della strada e dei comportamenti corretti debba essere tenuto da tutti coloro che utilizzano la sede stradale…”
Ora la mia domanda è questa, se posso farne al Sindaco una a posteriori: “Se Lei ha verificato che una certa strada può (o deve, come affermerà Quilly!) essere percorsa in violazione della segnaletica esistente sul posto, perché mai non ha provveduto a modificare, ad adeguare le disposizioni come la legge richiede?
E’ di poco tempo fa la spassosa intervista a Quilly, il noto poeta e blogger senigalliese, che – quale esponente del Movimento Lento Ciclabile Senigalliese – ha rilasciato delle dichiarazioni sull’argomento. Non ha avuto nessun ritegno, ma non è stato nemmeno spiritoso ed ironico, come in genere riesce di fare benissimo. Ha letteralmente affermato che, secondo lui, un ciclista ha il diritto di infrangere il Codice delle Strada in quanto “ci sono degli esempi lampanti di come un ciclista non può sottostare a dei sensi unici.”
Nella migliore delle ipotesi potrebbe essere la prova che vive in un altro mondo. Invece c’è solo da augurargli, se mai torni da queste parti, che non abbia a ritrovarsi sopra il cofano di un veicolo o sotto le ruote di un qualsiasi maledetto mezzo meccanico!
Si da il caso poi che ci sia stata anche una intervista, pochi giorni dopo, al nostro Sindaco Maurizio Mangialardi. Costui, nello sforzo continuo di essere “il Sindaco di tutti”, ha voluto coprire anche il fronte degli elettori-ciclisti-disobbedienti. Come? Facendo intendere che in qualche caso è stato anche lui dei loro, che ha commesso infrazioni, pedalando contromano, in dispregio del Codice della Strada. Dicono però che da buon politico si sia prima accertato, come avviene tra i suoi illustri colleghi, che comunque “il reato era prescritto”!
La mia valutazione nel caso appunto delle biciclette (ma in genere il modello vale per tutte le norme, le regole, le leggi) è che se esiste una disposizione questa va rispettata. Se la norma è contro la logica, il buonsenso, gli oggettivi interessi della collettività esiste il preciso dovere di fare quanto possibile per modificarla. Non crediate che occorra esser deputati o senatori della Repubblica per incidere su una legge. Ci sono persone che sia per argomenti importanti che per questioni in apparenza di piccolo conto, si sono impegnate a lungo, e con tanta determinazione, per ottenere le dovute modifiche. Poi ce l’hanno fatta! Ci sono anche persone, ma questo non si può chiederlo a tutti, che per segnalare adeguatamente il caso attuano la disobbedienza civile. In questo caso si va incontro alle sanzioni con serenità, in piena coscienza, facendo in modo che sia visibile a tutti, eclatante e macroscopico il carattere irrazionale della norma. Questa è la “regola” in un paese democratico. Se i ciclisti devono essere liberi da ogni disciplina chi deve e può proceda. A condizione che le modifiche rendano più agevole e sicura la vita di tutti.
Altrimenti le regole ci sono e vanno fatte rispettare.
A volte ho la sensazione che prendersela con le biciclette sia diventato un modo per giustificare la propria pigrizia.
A Quilly e Lorenzo vorrei dire un paio di cose.
Che relazione ha la “pigrizia” con i ciclisti che violano il Codice della Strada? Se una persona si trova in auto e rischia un incidente non credo lo faccia per pigrizia, magari per non pigiare il pedale del freno! Non ti pare Lorenzo?
Quilly insiste, ed a mio avviso dico giustamente condividendo questa idea, che il “Il pericolo vero per la nostra salute, per il nostro spazio, per la socialità e per la vivibilità delle nostre città è l’ABUSO della macchina nella mobilità cittadina”. Giusto l’ABUSO. Osservo però, caro Quilly, che in una società come la nostra è pressochè impossibile punire l’ABUSO. Se mai è giusto e logico scoraggiare l’USO, quando si ritenga che ci siano valori diffusi ed interessi preponderanti da difendere.
Che poi tu non abbia voglia di attivarti con l’associazione, con altri referenti, tu stesso come blogger per tentare la pur difficile via di una futura modifica del CdS lo comprendo. Non capisco però perchè non ti sia passato per la mente di chiedere al Sindaco di consentire, previa apposizione della segnaletica specifica, il transito delle sole biciclette dove vuoi tu. Questa a me sembra “pigrizia”, davvero “pigrizia”, non so se del tipo di quella cui fa cenno qui sopra LorenzoMan.
Io non penso che come ciclista, come pedone, come automobilista o come scooterista abbia il diritto di fare quello che mi pare.
Non giustifico chi fa come gli pare, soprattutto chi lo fa in maniera sfrontata come se fosse un suo sacrosanto diritto.
Trovo buffa questa suddivisione in ciclisti, pedoni o automobilisti, come se usassimo un mezzo ed uno soltanto e, in realtà, non fossimo sempre noi.
Credo che si debba circolare in bicicletta senza mettere in pericolo la propria incolumità e quella degli altri, ma do un peso diverso alle diverse infrazioni.
Forse per voi un Q7 che passa per il Corso o percorre Via A. Costa contromano fa gli stessi danni e crea gli stessi problemi di una bici che compie le stesse infrazioni, ma per me no.
La frase scritta sopra è riferita a tutti quelli che mi dicono che, quando guidano, trovano noiose le bici, anche se transitano in tutta regola. Trovano fastidioso sorpassarle, in strade tipo lo Stradone Misa, sono quasi un impiccio. Ma non pensano mai di essere loro il fastidio, l’impiccio.
Continuo a preferire mille bici diciamo “moderatamente indisciplinate” a mille auto rispettose del codice.
Il MLCS non è politicizzato e non ha politici di riferimento. Nasce per sensibilizzare i cittadini e, perchè no, gli amministratori stessi all’uso della bici. Se poi i politici recepiscono il messaggio, faranno ciò che ritengono appropriato.
Anzi, una proposta a Quilly: perchè non fare un Critical Mass al contrario.
Tutti in macchina. Ben rispettosi del codice della strada, ovviamente. Magari con un bel cartello sulla fiancata: “Abbiamo preso l’auto per non crearvi problemi”.
Premesso che non so cosa sia un “Q7” (ma lo immagino!) dal mio punto di vista continuo a credere che il soccombente sia purtroppo sempre il ciclista. Le regole della strada dovrebbero, se rispettate da tutti, assicurare un vantaggio complessivo a quanti girano sulle strade.
Se permetti valuterei come una cretinata la manifestazione con le auto. Lasciala alla fantasia dei malati di quattro ruote.
Ancora, proprio per il fatto che questo MLCS non è “politicizzato” (direi meglio partitizzato!) ritengo che potrebbe rivolgersi a destra ed a sinistra chiedendo, ad esempio, di sperimentare quanto Quilly ci dice già realizzato in Belgio.
Infine concordo perfettamente con te, caro Lorenzo, quando scrivi: ” Non giustifico chi fa come gli pare, soprattutto chi lo fa in maniera sfrontata come se fosse un suo sacrosanto diritto. ”
Sono in perfetta sintonia in quanto è regola elementare di convivenza civile.
Allora, se la pensi come me, sarebbe il caso di vedere il problema nell’insieme e fare articoli sugli incivili, spesso incoscienti, che violano spudoratamente il Codice della Strada, a prescindere dal mezzo che usano. Come dice Mariangela su Viveresenigallia, la contrapposizione non deve essere tra ciclisti e automobilisti, ma tra civili ed incivili.
Al 100% concordo con te che sarebbe il caso di ” vedere il problema nell’insieme “. Che la contrapposizione sia tra “civili ed incivili” è fuori dubbio; in un paese democratico, moderno, rispettoso dei principi e dei diritti vorrei dire anche tra legalità ed illegalità.
Quindi sentiamoci, vediamoci, discutiamo e concordiamo anche con altri che possano impegnarsi in tal senso.
NESSUNO DI VOI LO LEGGERA’ MA IO LO POSTO LO STESSO
È noto che in quasi tutte le città italiane negli ultimi anni è ulteriormente diminuito il numero dei passeggeri sui mezzi pubblici e, siccome è improbabile che si sia ridotta la mobilità urbana complessiva, questo non può che significare che un maggior numero di persone è stato in qualche modo obbligato o indotto a far ricorso alla propria macchina. Il che non può che comportare un ulteriore scadimento della qualità del servizio pubblico, e un ulteriore aumento del traffico privato, e così via, senza fine.
Per misurare l´incremento del traffico automobilistico esistono dei metodi statistici, che consistono sostanzialmente nel contare il numero di auto che transitano attraverso determinati varchi ogni ora, ogni giorno o ogni anno (come si fa negli studi preparatori dei piani del traffico) o nel chiedere a un campione o a un intero universo di persone quanto si spostano ogni giorno, e con che mezzo (come viene fatto nei censimenti della popolazione e in altre indagini ad hoc). Nessuno di questi metodi è molto affidabile né, soprattutto, aiuta a farsi un´idea personale: nessuno di noi può mettersi a contare le auto che passano davanti al portone di casa, o chiedere agli amici, e chiedersi, se andiamo in auto più o meno dell´anno scorso; per il semplice motivo che per lo più non lo sappiamo.
Esiste invece un metodo sicuro per valutare – anche se solo «soggettivamente» – se il traffico privato è aumentato o diminuito negli ultimi tempi, e consiste nel guardare non le auto in movimento, ma quelle ferme, cioè parcheggiate (negli spazi «giusti», o in sosta vietata, o in seconda o terza fila, o sul marciapiede) nei luoghi che frequentiamo più spesso. E se siamo automobilisti, il metodo migliore per valutare – sempre «soggettivamente» – questo andamento, è chiedersi se è più facile o più difficile parcheggiare rispetto ad alcuni anni fa; se ci si mette più o meno tempo a trovare un posto; se ci riteniamo più o meno spesso «costretti» a parcheggiare in sosta vietata. Ciascuno, a questa domanda, sa benissimo come rispondere.
L´auto privata è il mezzo di trasporto più stupido che ci sia: promette la libertà e ti imprigiona nel traffico – e per di più in una corazza di lamiera, in mezzo ai gas più mefitici che ci siano. È stata inventata per agevolare gli spostamenti e rappresenta oggi il principale ostacolo alla mobilità, sia in città che fuori porta. È sempre più dotata di comfort e apparati di sicurezza, ed è una delle principali cause di scomodità della vita moderna e di incidenti. È perfettamente inutile installare un sistema di cosiddetti «semafori intelligenti» per regolare i movimenti di un mezzo così stupido.
L´automobile viene esaltata come massima espressione della libertà di movimento, ma la poca libertà di cui ancora fruisce è il portato della rigidissima regolamentazione a cui è ormai sottoposto il traffico. Basta che le regole non vengano rispettate, o che si blocchino i semafori, o che i vigili non intervengano al momento opportuno, e la mobilità di un´intera città rischia di bloccarsi.
L´anarchia di cui può godere il singolo automobilista è solo un prodotto della rigida regolamentazione del traffico.
Dell´auto si continua a dire che inquina, e per questo si cercano le soluzioni tecnologiche a minore impatto ambientale – minori consumi, auto elettrica, a metano, ibrida ecc. – molte delle quali non fanno che trasferire la fonte dell´inquinamento da un punto all´altro. Ma il guaio peggiore dell´auto non è l´inquinamento, ma il consumo di spazio. Trasformare le strade e le piazze in uno scolo per auto significa sottrarle agli umani: cacciare gli uomini, le donne, e soprattutto i bambini e gli anziani, per far posto alle protesi meccaniche degli automobilisti: di esseri nati bipedi e trasformati in robot a quattro ruote.
Bisogna convincersi che l´auto, come mezzo di trasporto privato, non ha futuro. Che possiamo procrastinarne la fine con i marchingegni e gli incentivi più vari; ma solo per poi accorgerci che abbiamo buttato una montagna di denaro (pubblico e privato), di tempo, di risorse (intellettuali e ambientali) in un pozzo senza fondo. Che se anche soltanto alcuni dei cosiddetti paesi in via di sviluppo (per esempio la Cina, o l´India, o il Brasile) raggiungessero il tasso di motorizzazione dell´Italia, l´intera superficie del pianeta non basterebbe a contenere le auto, né l´atmosfera terrestre, quand´anche surriscaldata a temperature roventi, sarebbe in grado di assorbire le loro emissioni.
Naturalmente, per convincerci che l´auto non ha futuro non bastano le prediche; occorrono dimostrazioni pratiche che provino che ci si può spostare più in fretta, più comodamente, a costi minori, con maggior sicurezza, con soluzioni diverse: il potenziamento del trasporto pubblico di massa – treni, tram, autobus, metropolitane (leggere) ecc. – e l´introduzione di tutte quelle soluzioni flessibili che rendono possibili gli spostamenti porta-a-porta senza dover ricorrere all´auto propria.
Quello che è mancato nel dibattito sulla crisi attraversata dalla Fiat è un approccio storico al fenomeno auto, che non è una realtà eterna, ma ha avuto un inizio e può avere – o sta avendo – una fine. Cent´anni fa l´invenzione del motore a combustione interna aveva dato avvio alla progressiva sostituzione dei cavalli, dei carri e delle carrozze con i veicoli motorizzati nei percorsi urbani e in quelli extraurbani secondari (cioè non serviti dalla ferrovia). Questo processo si è sviluppato nel corso di trent´anni negli Stati Uniti, di cinquanta in Europa, e di cento nel resto del mondo (tanto che in alcuni paesi è ancora in corso). I vantaggi erano indubbi: le automobili non sporcano la strada, richiedono meno manutenzione e sono più veloci di un animale. Prima dell´auto c´erano già tecnologia, mestiere – cioè professionalità – e una quota non irrilevante di business e di occupazione nella costruzione di carri e carrozze; tanto che la nascente industria automobilistica si era appropriata di alcune innovazioni sviluppate in quel campo: telai, balestre, soffietti, timoni ecc. Ma nessuno, mano a mano che l´automobile si faceva strada – innanzitutto nel trasporto di merci e nella mobilità rurale; poi nel trasporto di lusso -, ha mai pensato di sostenere il traino animale con incentivi e politiche ad hoc.
La conquista della mobilità urbana di massa, e non più solo di élite, da parte dell´auto negli Stati Uniti – anni Venti e Trenta del Novecento – è invece un´altra storia. A quell´epoca il trasporto pubblico si era già diffuso grazie a tram e metropolitane che viaggiavano su rotaie e sfruttavano la propulsione elettrica, due soluzioni che hanno bisogno di un tracciato fisso. Per scalzarle a favore della motorizzazione privata, la grande industria statunitense dell´automobile aveva comprato a una a una le società private – o, più spesso, municipali – che gestivano il trasporto pubblico locale per poi chiuderle. Chi voleva muoversi doveva comprarsi un´auto. In Italia lo smantellamento dei binari dei tram è continuato fino alla fine degli anni Settanta; poi ci si è accorti che era un errore.
L´auto come veicolo pressoché esclusivo della mobilità interurbana è stata invece imposta negli anni Cinquanta, innanzitutto negli Stati Uniti, con la costruzione di una rete nazionale di autostrade, ricalcata su quella tedesca degli anni trenta, costruita essenzialmente per ragioni belliche, ma rimasta il modello insuperato di tutti i successivi programmi di lavori pubblici (governi italiani compresi) a livello mondiale.
Con l´imposizione dell´auto come soluzione privilegiata di mobilità, si sono andate affermando anche le principali caratteristiche dell´epoca in cui viviamo: individualismo, consumismo, sprawl urbano (o città diffusa) e taylorismo (cioè lavoro ripetitivo, parcellizzato e controllato meccanicamente).
L´auto ha stravinto, ma è da tempo soffocata dal suo stesso successo: continua a invadere tutto il territorio disponibile, ma ogni auto in più non fa che sottrarre «spazio vitale» alle altre; scarica i propri miasmi nell´atmosfera, ma il cielo, che per gli antichi era una sfera di cristallo e da Copernico in poi uno spazio infinito, si è dimostrato incapace di contenerli tutti. Inoltre l´auto non è più in grado di mantenere quello che aveva promesso: la libertà di andare dove si vuole si è trasformata nella clausura dell´imbottigliamento; la possibilità di partire quando si vuole nella rigida programmazione degli spostamenti per evitare gli ingorghi; l´indipendenza dai tracciati rigidi dei binari nella costrizione dei sensi unici, delle zone vietate o a traffico limitato, nei percorsi che si avvitano su se stessi per scoraggiare l´afflusso; la velocità nella lentezza della regolamentazione semaforica, delle code, della quotidiana ricerca di varchi e di parcheggi.
Guido Viale si occupa di politiche del Lavoro in campo Ambientale per il Comune di Milano. E’consulente di numerosi enti pubblici ed è uno dei più grandi esperti italiani ti mobilità e rifiuti.
Il suo libro “Vita e morte dell’automobile” potrebbe farvi cambiare idea su tante cose riguardanti la mobilità.
La pausa pranzo a che serve, se non a leggere?
Bello ed interessante.
Con la più classica delle “provocazioni” il nostro Quilly ha copiato (vero?) un capitoletto del libro di Guido Viale. Invece di offrire una bella recensione, che credo Marco avrebbe volentieri ospitato su queste pagine, infila così un discorso diverso su questo post. Qui, caro Quilly, si cercava di dibattere il tema del rispetto delle regole basilari della circolazione stradale.A vanataggio di tutti, ma pazienza, non ci si riesce!
Guido Viale, se non sbaglio per possibili omonimie, è per me una vecchia conoscenza dagli anni in cui di certo tu non eri nemmeno nato. Spero che abbia messo giudizio ora che è grande e che scrive cose sensate!
Si. E’ un passo del libro di Guido Viale “Vita e morte dell’automobile” quando ho fato il copia e incolla mi sono rimasti fuori i riferimenti che invece compaiono sia su FB che su Viveresenigallia, ma è stata solo disattenzione e non tentato furto.
Hai ragione Gianluigi, sono andato fuori tema, ma volevo solo esprimere qual’è il mio pensiero sulla mobilità urbana, e ho usato le parole di uno molto più bravo di me ma del quale condivido ogni singola virgola.
Guido Viale è stato un 68ino e poi appartenente a Lotta Continua.
Il suo percorso però del quale non so nulla lo ha portato fino a questa posizone che condivido pienamente ripeto.
Riguardo al rispetto delle regole, tutti siamo daccordo che è necessario un rispetto delle regole. Altresì è fondamentale cambiarle altrimenti stanti queste regole la bicicletta non la prenderà più nessuno.
Ho letto anche io con interesse questo brano, mi sembra però che qui si volesse parlare del comportamento dei ciclisti nostrani, non di riflettere sul futuro dell’automobile.
Quindi è esatto dire che questo pur bel pezzo è OT.
Demonizzare l’auto e immaginare un futuro senza auto mi sembra quantomeno ingenuo, se non altro perchè penso non siamo molto distanti dal livello massimo di auto si possano avere in circolazione, almeno nel nostro paese.
Col rischio di andare anche io OT vorrei una risposta semplice ad una domanda: cosa si può dire del comportamento di chi, da automobilista, si ferma al semaforo rosso e, da ciclista, decide di fregarsene e passare?
Credo che il rapporto tra civilità ed inciviltà si giochi proprio qui, in questa specie di doppia personalità che molti di noi hanno.
Le infrazioni non sono tutte uguali, altrimenti le multe sarebbero sempre dello stesso importo e lo stesso dicasi per i punti decurtati. Ovvio che esistono infrazioni inaccettabili sia in auto che in bici.
Il problema è solo, e non lo ripeto più, aver creato una viabilità che ha l’auto come punto di riferimento e che, di conseguenza, costringe ciclisti e pedoni a doversi a queste adattare.
Senigallia non è una giungla di sensi unici per colpa delle troppe biciclette.
E penso che sia meglio un ciclista in più, pur se costretto a fare un tratto in controsenso con tuti i dovuti accorgimenti e precauzioni, ed una macchina i meno, anche se impeccabilmente guidata.
Se poi dobbiamo parlare del ciclista che passa col rosso (che comunque non ne uscirebbe bene contro un TIR passato col verde dall’altra parte), parliamo anche del 10% degli automobilisti che guida sotto effetto di alcool e droghe (TG5 di ieri sera, mi pare), o dei pedoni sfragellati sulle strisce pedonali dai pirati della strada (volete qualche decina di link degli ultimi due-tre anni?), senza considerarli OT.
Ho fatto qualche proposta nel commento 35 e chiudo dicendo (e ripetendo) che, prima di tutto, la viabilità andrebbe rivista privilegiando ed agevolando mezzi di trasporto “sani”, senza demonizzare l’auto quando indispensabile ma facendo in modo che la bicicletta sia non una forzatura, ma la naturale alternativa in tutti gli altri casi.
Tanto per restare con i piedi in terra, sempre e solo su questo argomento, secondo voi in queste due settimane s’è mossa una paglia nella nostra città?
Se si non me ne sono accorto.
Quello che mi piacerebbe capire Lorenzo è come mai quando si mette il culo sulla bicicletta ci si sente esonerati dal rispetto di alcune regole che in altre situazioni si tende a rispettare.
Se ci si mette in mezzo la storia del “tanto in bici al massimo faccio male a me stesso” poi non credo sia giusto definirsti come soggetti deboli e lamentarsi, pur avendo una parte di ragione.
Questi discorsi mi ricordano i tempi in cui, a scuola, i ragazzini prendevano in giro “quelli più grandi” per poi dire “non mi puoi menare, sono più piccolo”.
Analogie e sciocchezze a parte, non so so qua o altrove ho scritto che per agevolare l’uso della bici la prima cosa sensata da fare è progettare ogni nuova viabilità partendo dai percorsi ciclabili e poi pensando alle macchine, su questo siamo perfettamente d’accordo; peccato si continui a fare l’esatto contrario.
Uno dei motivi è che si occupa meno spazio, poco più di un pedone e, nel mio caso, si viaggia a 4-5 km. all’ora in più.
Un altro è che, come ho detto, i sensi unici ed il poco spazio disponibile sono causate dall’eccesso di auto. Quando ero più piccolo Via Verdi era larga come adesso, ma era a doppio senso, come gran parte della città. Le auto hanno generato regole di circolazione assurde che un ciclista, se deve rispettarle alla lettera, è portato a trasformarsi in automobilista.
Provate a percorrere mentalmente in bici (con la spesa) la strada dalla Conad alla redazione di Viveresenigallia (parliamo della zona del Vivere Verde). Le alternative sono auto o piccolo tratto in controsenso. Con le dovute precauzioni preferisco il secondo.
Credo di aver esaurito l’argomento.
Come mi sembra scrivesse LorenzoMan in qualche commento precedente le piste ciclabili sono cresciute un po’ a caso (talvolta, e questo lo dico io, più per le classifiche della Bandiera Blu che per i ciclisti!).
Ora, ad anni di distanza, con le situazioni di traffico che complessivamente peggiorano non sarebbe il caso di cominciare a migliorarle? A me sembrerebbe opportuno anche far comprendere a tutti che la segnaletica non è un optional.
Ad esempio, e chiedo lumi, a me è capitato almeno due volte di veder scender di colpo dalla elegante pista di Viale Matteotti un ciclista, con conseguente improvvisa occupazione della carreggiata laddove moto ed auto non sempre marciano a passo d’uomo. Secondo voi si può fare? Se fosse ammissibile a me sembrerebbe comunque molto pericoloso.
Gabriele ma dove vivi?
Ma possibile che non vedi gente che va in macchina senza cintura, parcheggiando su piste ciclabili, telefonando al cellulare, sgommando e non rispettando MAI e sottolineo MAI i limiti di velocità?
Come fai a dire che i ciclisti si sentono esonerati al rispetto delle regole?
I ciclisti infrangono le regole come tutte le altre categorie di utenti della strada.
E ricordati che i ciclisti non sono solo ciclisti, e gli automobilisti non sono solo automobilisti.
Le infrazioni delle regole sono sempre sbagliate, ma continuo a pensare e nessuno me lo leverà dalla testa che il contromano, umile e prudente praticato in bicicletta con attenzione nn sia il principale flagello della mobilità senigalliese.
Se invece lo è chiedo scusa e vi do appuntamento alle sei di oggi pomeriggio alle rotatorie del Cityper o alla rotatoria dell’ospedale o all’una di qualsiasi giorno lavorativo al Campus scolastico.
Comunque ora va di moda puntare il dito sui ciclisti aspettiamo che passi intanto io continuo tutti i giorni a rischiare la mia incolumità fisica andando incontro a pazzi e soprattutto pazze che scorazzano per le strade urbane a velocità proibitive…
Direi che Popinga dovrebbe ospitare un bel report di Quilly su questi disgraziati. Ovviamente ben preciso e documentato tanto da far si che le autorità preposte usino davvero la mano pesante, come la legge prevede.
Prima che si abbiano a versare altre lacrime.
Quilly come al solito hai serie difficoltà a rimanere sull’argomento!
Chi dice che non vedo gli automobilisti indisciplinati? Sbaglio o parlavamo, in questo post, di CICLISTI indisciplinati?
E’ una settimana circa che preciso, vedi di rileggere con più attenzione sopra, come il problema sia uno ben preciso, cioè il fatto che i ciclisti si sentono esonerati dal rispettare alcune regole poste per la loro sicurezza in primis che gli automobilisti (e gli stessi DA automobilisti) rispettano, primis lo stop al semaforo rosso.
Ma lo stesso vale per l’uso dei fanali o roba simile.
Perchè non mi spieghi QUESTI comportamenti?
P.s. Attraverso la zona cityper in bici più volte di te visto che abito nelle vicinanze, quindi non venirmi a parlare di disagi e pericolosità che conosco anche meglio di te.
Scusa Gabriele, ma seguendo il tuo ragionamento sei OT pure tu. Il post si intitola “Contromano”, non “Passare col rosso” o “Camminare a fari spenti”.
Però spero che, dopo 70 commenti, il mio punto di vista sia chiaro a tutti. Non vorrei ricorrere al copia incolla di ritvaniana memoria…
Dato che il post l’ho scritto io, e stavolta ho messo anche il titolo, mi sembra opportuno precisare che per i ciclisti “andar contromano”, almeno qui a Senigallia, m’era sembrata l’infrazione più frequente. Oltre dieci anni fa scrivevo (e posso recuperarlo…è quasi una minaccia!)un pezzo, sempre sui ciclisti, che se ben ricordo era intitolato cosi:” Accendi la luce, salva la vita”. A proposito di velocipedi che circolano allegramente di notte senza un faro o un misero catarifrangente.
Scrivo questo sempre per restare in ambito ciclistico e per trattare l’argomento sicurezza.
Se però si volesse allargare giustamente il discorso alla questione, assai più generale ed importante, della legalità nella vita pratica di tutti i giorni penso che accetterei la provocazione. Lo scrivo anche se mi riprometto sempre di fare un passo indietro da queste ed altre diatribe.
Lorenzo, il tuo punto di vista l’ho capito perfettamente; quello che vorrei far capire è che, a mio avviso, se qualche infrazione (che è pur sempre un’infrazione) è “comprensibile”, altre non possono avere giustificazioni se non una specie di menefreghismo.
E lo stesso può dirsi delle infrazioni commesse dai pedoni, dagli automobilisti, dai motociclisti, dagli scooteristi.
Gianluigi forse ha scritto il post muovendo le mosse da un angolo visuale che è quello della legalità, a me interessa un versante diverso ma strettamente collegato, quello della sicurezza.
Per concludere e col rischio di essere leggermente OT: se è vero che a Senigallia la viabilità ciclabile è pessima e pericolosa, che gli automobilisti non hanno rispetto per i pedoni ed i ciclisti, è possibili sottolineare come spesso siano gli stessi ciclisti a mettersi in situazioni per loro stessi assolutamente pericolose?
Addirittura dover scendere dalla bici per attraversare sulle strisce mi sembra davvero un pignoleria…ma che problema vi crea?!
Questa mattina i Vigili Urbani mi hanno fermato e chiesto: “Patente e libretto”. Un classico del loro servizio.
Hoo subito approfittato dell’occasione per chiedere alla pattuglia di servizio in via Cellini: “Voi li vedete mai i ciclisti contromano?”.
Dopo un po’ d’incertezza, un silenzio più lungo del solito, forse temendo che non arrivasse subito la risposta ho aggiunto: “Ma le multe le fate?”.
Ecco la risposta:” Come si fa, ce ne sono troppi…però quando poi si verifica un incidente li multiamo sempre!”
A quanti leggono forse sarà gradito tirare delle conclusioni, a seconda dei gusti.
Pensavo, Gianluigi, a come una consuetudine possa tacitamente essere tollerata, e quindi consentita, semplicemente perchè vengono presi continui provvedimenti senza minimamente prenderla in considerazione.
Spiego: le strade della nostra città sono assoggettate al senso unico in maniera massiccia e, riducendo spesso le carreggiate come in Via Verdi e Via Marche, definitiva. La pianificazione di questo reticolo di sensi unici viene decisa pensando solo ed esclusivamente alle automobili. A nessuno viene in mente di non trasformare una strada a doppio senso in senso unico perchè allungherebbe di un chilometro il percorso ai ciclisti.
Forse, così facendo, implicitamente tollerano, e contestualmente autorizzano, i ciclisti a comportarsi come pedoni.
da tempo LorenzoMan porta argomenti utili ad approfondire questo dibattito.
Ho però l’impressione, caro Lorenzo, che “tiri la coperta” solo da una parte! Provo a spiegarmi dicendo che anche io, come te, sono convinto che la pianificazione della circolazione sia stata pensata con al centro le automobili, piuttosto che le biciclette.
Però non devo essermi spiegato bene scrivendo questo post. Forse anche il titolo, “Contromano”, non è stato dei più felici. Io vado sostenendo che non rispettare il Codice della Strada, specie per i ciclisti sia un fatto che comporta gravi rischi per gli stessi e mette gli automobilisti in una brutta condizione di responsabilità.
Investire un cristiano che pedala “contromano” non è affatto piacevole, concordi?
Ora ti dico in estrena sintesi qualche mia recentissima esperienza. Oggi in via delle Saline, strada molto larga che può essere percorsa in entrambi i sensi di marcia, c’erano due ragazze in bici che andavano verso Sud sulla corsia lato mare. Ti sembra giusto?
Due giorni fa, in via Marche, tratto verso Sud con senso unico per le auto e doppia pista pedociclabile (mi sembra (proprio sotto all’edificio in cui ci siamo incontrati l’ultima volta)una signora in bicicletta procedeva imperterrita al centro della via. Il sottoscritto, in auto, si è fermato ed ha atteso. Giunta solo ad un paio di metri dal cofano si è decisa salire sulla pista ciclabile…mi sembra con qualche imprecazione. E’ giusto?
Termino con un altro “esempio di vita vissuta”. Strisce pedonali di Via Carducci, verso Ponte del Corso 2 Giugno. Sto per attraversarle, risalendo lungo il fiume…sono libere, non ci sono pedoni. Ad un tratto un giovane in bicicletta (tra l’altro proveniente da via Carducci che credo pedonalizzata) con un guizzo agilissimo passa sulle strisce pedonali. Ero in “prima” pianissimo, ma ho avuto paura per lui e…per me.
In questi casi di “vita vissuta” tu cosa faresti?
Gianluigi, gli esempi si sprecano.
Che dire del ciclista che tempo fa si è fiondato in mezzo a viale Anita Garibaldi quando io avevo il verde e lui il rosso? Potrei portartene mille altri, come quello di un signore che, due settimane fa, in via dei Gerani ha ben pensato di passare col rosso perchè, tanto, non c’era nessuno.
Il tizio era in macchina.
E’ che in Italia si pensa che il codice della strada possa essere derogato in alcuni casi; i ciclisti pensano di poter avere ancor più deroghe, anche a scapito della loro sicurezza.
Attualmente non vedo soluzione dato che, da un lato, non mi sembra ci sia la volontà di abbandonare certi comportamenti (passaggio col rosso, contromano dove c’è il doppio senso, mancato uso dei fanali di notte) e, dall’altro, continuano a sviluppare una città che non sarà mai a misura di ciclista (e manco di automobilista a dire il vero).
Nessuno degli esempi riportato dagli ultimi due commenti di Gianluigi e Gabriele è, a mio parere, giustificato e giustificabile. Non lo pratico da ciclista e non lo tollero da automobilista ed ho la sensazione di ripetermi.
Tornando al contromano (non avresti sbagliato solo il titolo, ma anche tutte le foto), dico solo che se si è costretti da una viabilità che non ti prende minimamente in considerazione, e con tutte (sottolineo TUTTE) le precauzioni del caso, a percorrere dei tratti di senso unico in senso contrario, preferisco un ciclista in più ed un’auto in meno comunque. Anche qui ho la sensazione di ripetermi.
Non giustifico nell’ordine: chi passa col rosso, chi pretende precedenze che non ha, chi percorre contromano una via a doppio senso, chi ha la pista ciclabile ad un metro ed occupa la carreggiata, chi non circola con prudenza, chi non circola in fila indiana, ecc.
Resto tuttavia del parere che le stesse (o assimilabili) infrazioni compiute dagli automobilisti hanno conseguenze molto più gravi.
Intervengo nella discussione solo perché il tema mi sta a cuore e perché ritengo che abbiano ragione un po’ tutti: i ciclisti senigalliesi sono indisciplinati, ma è altresì vero che Senigallia dà poco aiuto a chi va in bicicletta.
Tempo fa mi era venuto in mente di fare un reportage audiovisivo sulle piste ciclabili senigalliesi, ma non ho avuto alcun riscontro dagli amici bloggers in altre faccende affaccendati.
La verità è che la viabilità di Senigallia è pensata solo per agevolare il traffico delle autovetture, mentre le piste ciclabili sono un orpello aggiunto solo per motivi diversi rispetto a quello di agevolare la vita ai ciclisti.
Io ritengo che l’unica pista ciclabile decente e veramente utile sia quella che va dal parco della Pace fino alla Cesanella, con la quale i ciclisti possono evitare di percorrere via Verdi in senso contrario (cosa pericolosissima, visti i nuovi marciapiedi nella parte Nord).
Penso inoltre che alcune piste ciclabili siano veramente inutilizzabili, in particolare quella che va dal ponte del Corso II giugno fino al sottopassaggio per il mare, in direzione mare.
In primis pochissime persone sanno che quella è una pista ciclabile e nessuno la usa poiché venendo dal lungofiume e volendo andare al foro annonario, bisognerebbe attraversare la strada per ben due volte nel punto forse più trafficato di Senigallia.
E’ chiaro e giustificabile che tutti i ciclisti usino la strada normale poiché quella pista ciclabile è sempre piena di pedoni (che dovrebbero camminare nella pista pedonale dall’altra parte della strada, se non erro).
Ma degna di mInzione e dell’assegnazione del premio: “progettista più cretino e cervellotico del mondo” è quella che va dal LIDL fino alla chiesa del Portone.
Io la uso spesso per andare in piscina ed, onestamente, non passo mai sulla pista ciclabile perché è un toboga insulso, inserito nella via più grande di Senigallia (quindi non venitemi a dire che non c’era il posto per creare una pista ciclabile ampia e decente).
Ma veniamo alla descrizione di cotanta creazione per un ciclista che dal LIDL voglia raggiungere la chiesa del Portone: si parte sul marciapiede di destra che bisogna condividere con pedoni indisciplinati, di cui molti ignorano la distinzione di colore delle mattonelle che separa la zona pedonale da quella ciclabile (se multiamo i ciclisti, bisognerebbe multare pure i pedoni!).
Appena entrati in viale dei Gerani (scusate se faccio confusione, ma vado a memoria), bisogna girare a sinistra attraversando la strada e salendo su un altro marciapiede da contendere ai pedoni, soprattutto d’estate. La pista ciclabile è segnalata con vernice rossa, invece che con le precedenti mattonelle colorate.
Arrivati all’altezza della piscina, bisogna entrare dentro al parcheggio, perché sulla carreggiata ci sono una decina di parcheggi.
Qualcuno dovrebbe spiegarmi a cosa servono e perché non potevano essere fatti all’interno del parcheggio grande, lasciando una parte della carreggiata alla pista ciclabile!
Quando si giunge allo stadio, si deve risalire su un marciapiede, sempre conteso con i pedoni, segnalato con le mattonelle di colori diversi (mentre sulla carreggiata ci sono una decina di altri inutili parcheggi).
Si arriva dunque alla scuola dove bisogna scendere dal marciapiede ed entrare dentro al piccolo parcheggio, perché sulla carreggiata c’è il parcheggio degli autobus (non potevano farlo dentro?).
Ma il bello deve ancora venire: dopo poche pedalate il ciclista è in vista della COOP, ma il prode progettista ha avuto un colpo di genio!
Perché agevolare il ciclista facendolo andare dritto fino alla chiesa del Portone, in una strada grande e per un lungo tratto a senso unico?
NO, il ciclista deve girare a destra in Viale dei Garofani, per poi prendere via delle Rose e Via Rovereto per arrivare al semaforo sul ponte.
In pratica in nostro ciclomunito deve pedalare per una distanza tripla rispetto a quella percorsa da un automobilista comodamente seduto in auto.
E’ mai possibile che per avere una decina di parcheggi sulla parte del viale dei Gerani a fianco della COOP, un ciclista debba farsi un tour completo delle Saline?
Vogliamo poi parlare della pista ciclabile di via Piave, costruita su un marciapiede ondulato con i rami degli alberi che ti schiaffeggiano il volto e con macchine perennemente parcheggiate sulla sede ciclabile?
Oppure quella famigerata del lungomare Sud, su cui, d’estate ci sono costantemente parcheggiati i camion che riforniscono tutti i vari bar?
Suggerirei all’assessore Campanile, sempre entusiasta delle nostre piste ciclabili ed al nostro sindaco, spesso visto a bordo di una due ruote a trazione umana, di andarsi a fare un giro a Vienna, Ferrara od anche a Riccione, per avere una vaga idea di cosa sia una pista ciclabile funzionale.
Vorrei dunque concludere dicendo che fare una crociata contro i ciclisti mi sembra fuori luogo, almeno in una città in cui i ciclisti sono certamennte i più svantaggiati rispetto ai tracotanti automobilisti, con le loro astronavi di metallo, e rispetto agli ignoranti pedoni, i quali, in forza della loro debolezza, agiscono costantemente come se non ci fosse alcuna regola!
Il commento di Gaspa di per se meriterebbe un POST. Cosa aspetta il Direttore di Popinga ad ingaggiarti?
Con LorenzoMan il discorso è sempre di sostanza e questo alimenta, a mio modo di vedere, la concretezza della discussione.
Potrei ammettere d’aver “sbagliato” titolo e foto, ma tu sai benissimo Lorenzo quanto poco tempo ci vorrebbe a scrivere ed illustrare cinque o dieci post specifici su sciocche, insulse e pericolose violazioni delle norme del Codice della Strada e non solo da parte dei ciclisti.
Io sono e resto convinto del valore della legalità. Quando questa sia contro la logica ed il buon senso credo che si possa mettere in atto soltanto una cosciente ed onerosa disubbidienza civile.
@Gaspa: lo troviamo insieme il tempo di fare quel “documentario”? Io ci sto.
Se Popinga è servita come “agenzia matrimoniale” credo che possiamo ben dirci soddisfatti. Siamo in attesa del “documentario”.
:D! Pur rispettando i gusti di tutti, io e Gaspa siamo all’antica. Se riusciremo a fare questa “cicloripresa” sarete i primi a saperlo.
@Lorenzo: Io la settimana prossima lavoro di notte, quindi il pomeriggio sarei libero, nel week end ho qualche problema…
Aggiornamento luglio 2011: http://sfoglia.corriereadriatico.it/Articolo?aId=1179022
dalla rubrica “Scrivi al Sindaco” copiamo ed incolliamo:
Biciclette in corso II giugno
06.07.2011
Egr. Sig. Sindaco, in Corso 2 Giugno c’è un divieto anche per le biciclette ma a quanto pare non viene rispettato. E’ il luogo, specie d’estate, più affollato di Senigallia e l’unico dove c’è un divieto ben visibile per i ciclisti. In barba a qualsiasi legge quest’ultimi continuano a sfrecciare zig-zagando tra i pedoni, tra cui molti bambini ignari del pericolo. Sono anni che c’è questo divieto ma la situazione persiste. Distinti saluti.
Andrea Costantini
12.07.2011
Gentile signor Costantini,
sono consapevole della situazione che ci segnala e approfitto per ricordare a tutti i lettori che le biciclette non possono transitare lungo Corso 2 Giugno se non portate a mano. Nell’ordinanza n. 37 del 27/01/2011, che ha istituito una nuova disciplina dell’Area pedonale e della ZTL del centro storico, si è infatti individuata via Mastai come percorso ciclabile preferenziale proprio per evitare incidenti e spiacevoli situazioni nel luogo principe delle passeggiate e dello shopping cittadino. Converrà però con me che, per cambiare abitudini consolidate, occorre tempo e pazienza, considerando anche il fatto che in questo periodo molti sono gli ospiti della nostra città che ancora non conoscono le novità introdotte. In questa prima fase perciò la Polizia Municipale è impegnata a fare opera di dissuasione e informazione, cui seguirà successivamente una seconda fase di maggiore rigidità.
Cordiali saluti.
Il Sindaco
Maurizio Mangialardi