Per Renato Biondini questo libro non è un debutto. Aveva già pubblicato opere importanti ed impegnative come “L’8 settembre nelle Marche”, nel 2004, per i tipi de Il Lavoro Editoriale o “I cannoni della vittoria”, nel 2005, per le Edizioni Bieffe di Recanati. Biondini, che nella vita di tutti i giorni è impegnato in tutt’altro settore, è intervenuto con questo volume su un aspetto poco conosciuto e sicuramente utile per approfondire il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
La sua ricerca storica porta alla ribalta quanto forse era noto solo ai conoscitori di temi militari, ma certo ignorato dal grande pubblico. La questione determinante per gli eventi militari del tempo: quella delle nuove artiglierie a canna rigata.
Nelle campagne militari dal 1859 al 1861, cioè dalla “seconda guerra d’indipendenza” alla “battaglia di Castelfidardo (18 settembre 1860) l’artiglieria sabauda riesce a colpire a grande distanza, per di più lanciando proiettili di notevole potenza distruttiva. Ciò fu possibile grazie alla “rigatura” dell’anima della canna delle bocche da fuoco. La “rigatura” è quel sistema di solchi elicoidali, ricavati sulla superficie interna, che consente di imprimere al proiettile una forte velocità di rotazione intorno al proprio asse aumentando notevolmente la gittata (cioè la portata del tiro) ed incrementando al contempo la precisione del medesimo. Si racconta che già un secolo prima questa previsione fosse stata avanzata da un matematico inglese che ipotizzava il grande successo della possibile innovazione. Tanto da scrivere che avrebbe dato l’opportunità, a chi fosse riuscito a realizzarla per primo, di ottenere un assoluto predominio sugli avversari.
Il libro è centrato sugli episodi marchigiani ed il racconto di Biondini coinvolge il lettore con la narrazione dell’assedio e della presa di Ancona. Qui, per azione congiunta delle forze di terra e di mare, viene operata una vera carneficina. In particolare quando le bocche da fuoco della flotta sabauda, al comando del contrammiraglio Pellion di Persano, colpiscono il forte della Lanterna e fanno saltare anche la polveriera. A colpi di cannone i piemontesi riescono anche a demolire uno dei due supporti tra i quali era tesa la pesante catena messa dai pontifici all’imbocco del porto, per impedire l’accesso a chiunque. E’ così sbarcano ad Ancona.
Molto interessante è anche il capitolo precedente laddove si racconta lo svolgimento della ben nota “battaglia di Castelfidardo”. Per questa ricordiamo che si possono annoverare numerose versioni agiografiche, soprattutto le più datate, mentre ai nostri tempi diversi autori hanno inquadrato assai più onestamente l’evento avvenuto alla foce del Musone.
Anche su questo scenario di battaglia, come esattamente evidenzia l’Autore, la vittoria arrise alle truppe piemontesi certo per effetto dell’attacco a sorpresa (prima ancora che giungesse la dichiarazione di guerra!), ma anche per l’indubbia superiorità numerica. Però vengono evidenziati gli indiscutibili aspetti qualitativi determinati dall’artiglieria piemontese (vedi sempre Biondini in un precedente lavoro del 2005, “I cannoni della vittoria”). La sostanza dipendeva dal fatto che le artiglierie a canna rigata avevano, oltre una gittata decisamente maggiore, anche una “regolarità e precisione di tiro” rimarchevoli che aumentavano quindi notevolmente le probabilità di colpire l’obiettivo. Ciò si trova ben evidenziato nei rapporti di parte pontificia, come in questo che cito, diretto al generale Lamoricière. Ecco l’ammissione testuale diretat al generale, appunto in lingua francese: ”L’inferiorité de notre artillerie par rapport à celle de l’ennemi”.
Chiude il volume, preceduto dal ritratto del generale Giovanni Cavalli (l’ufficiale piemontese unanimemente ritenuto “il padre delle armi rigate”) la ristampa anastatica di alcune interessanti pagine del “manuale pel servizio dell’artiglieria in campagna”, edito a Torino nel 1861.
Renato Biondini
I CANNONI DELL’UNITA’ D’ITALIA
Le nuove artiglierie nelle campagne militari del 1859-1861
Affinità Elettive, 2011
128 pagg. 16€
Caro Gianluigi,
grazie sempre per le tue opportune segnalazioni amico troppo lontano,
io non conoscevo il libro da te segnalato con cura, allora ti debbo ancora come altre volte rivolgere care parole chè altrimenti non si saprebbero certe cose.
Per quanto riguarda il periodo da te citato onestamente ciò che mi colpisce maggiormente è il periodo e la conclusione su come si arrivò alla unificazione del nostro Paese.
Mi spiego ancor meglio:gli innominati che contribuirono ed il nome sconosciuto dei medesimi,quante donne cafone e non, e giovani ragazzini dettero la vita senza troppo capire l’atto che compivano.
Le menti di Mazzini e l’atruismo nobile di Pisacane ed altri innominati hanno fatto l’Italia senza nulla avere solo donando la vita ed il nulla che avevano.
Ecco Gianluigi la tua segnalazione mi ha fatto venire a mente come e quanto sia ancora ignota la storia tutta del nostro Paese.
Grazie ancora per la segnalazione, non si finisce mai di sapere imparare.
Auguri amico caro,
dario.