Sono ancora vivi nella memoria gli avvenimenti che ci hanno tenuto col fiato sospeso nell’agosto scorso, mentre si consumava una feroce azione di guerra tra Israele e Libano. Qui si combatte da sempre per interessi che nascono da lontano, da una parte il blocco degli stati arabi, dall’altra il leone israeliano, appoggiato dagli alleati occidentali. Spesso ci scordiamo di questa fetta di mondo, così vicina ma tanto lontana, perché troppo spesso appaiono in televisione ai nostri occhi scene di paesaggi quasi lunari, nella loro devastazione; e immagini di mura diroccate, persone disperate in pianto, fucili levati al cielo, carri armati e soldati creano di giorno in giorno nella nostra mente un’idea distorta e imprecisa di questa terra.
Per questo e altro sono rimasto molto sorpreso durante il mio soggiorno israeliano, tra febbraio e marzo di quest’anno, dovuto a motivi di lavoro; e mi è dispiaciuto molto di non aver potuto partecipare ad Haifa ad un altro soggiorno che si sarebbe dovuto tenere in questi giorni, rimandato perché molti dei partecipanti non hanno dato la loro adesione.
Il mio soggiorno è cominciato a Ein Gedi, una specie di oasi sulla sponda occidentale del Mar Morto, è florida per la presenza di una sorgente sotterranea le cui acque alimentano la vita del kibbutz omonimo; qui ho fatto la conoscenza con questa particolare tipo di comunità israeliana, dove convivono vecchi e giovani, e tutti lavorando hanno diritto ad usufruire delle strutture comunitarie. Ormai anche questo sistema di vita sta cambiando, e si reorienta alla produzione o al turismo. Da Ein Gedi, oltre ad una escursione sul Mar Morto, è stato possibile anche visitare la fortezza romana di Masada (roccaforte erodiana di epoca storica), le terme sulfuree e la riserva naturalistica a pochi chilometri dal giardino. Intorno solo roccia e montagne, in un’atmosfera quasi surreale.
Fig. 1 e 2. Panoramica del kibbutz Ein Gedi e canalone all’esterno del kibbutz stesso.
Da Ein Gedi, ripassando per un tratto di Palestina, dopo innumerevoli posti di blocco fino a Tel Aviv, ho raggiunto col treno Haifa, e precisamente la cittadella del Technion, l’università tecnica Israeliana; questa si adagia sulle propaggini a sud del Monte Carmelo, ed è simile in tutto e per tutto ad un campus americano: dentro ci sono infatti gli edifici adibiti a istituti di ricerca, diversi minimarket, alloggiamenti per gli studenti, mense, una banca, una piscina, un campo sportivo, un anfiteatro ed innumerevoli spazi verdi. La città di Haifa non offre in realtà molto al turista, in quanto è una città essenzialmente commerciale, e quindi ha un porto molto grande e ben sviluppato.
Il monte Carmelo, collina sulle cui cime si estende la città, scende molto ripidamente verso la parte orientale della città, quasi a precipizio sulle case sottostanti, e domina il golfo fino ad Akko, l’antica Acri. La parte orientale della zona di Haifa si allunga fino al mare, con una spiaggia estesa e ben curata; sulla punta settentrionale del Carmelo c’è invece un convento cristiano, da cui è possibile raggiungere anche a piedi il centro-città, con i suoi centri commerciali e tutto quello che contraddistingue una ricca città occidentale. Meritano comunque una visita i giardini del Bhai Shrine: questi giardini a livelli si estendono sul lato orientale del Carmelo, partendo dalla cima e arrivando al Ben Gurion street, al porto. Sono stati costruiti per volere di un mercante persiano del secolo scorso; egli fu il fondatore di ina nuova religione e per questo motivo è stato imprigionato e mandato in esilio proprio ad Haifa.
Fig. 3 e 4. Spiaggia del Carmelo (Hof Ha Carmel) e vista del porto dal Carmelo.
Fig. 5. I giardini del Carmelo.
Naturalmente è stata d’obbligo una visita a Gerusalemme, consumata in una giornata; per motivi di organizzazione mi sono aggregato con un gruppo di russi, con guida al seguito. E quindi ho pagato il mio tributo ai luoghi sacri della tradizione ebraica, cristiana e musulmana, che sembrano qui concentrati in grande numero, ognuno addossato all’altro quasi volessero contendersi ogni scampolo di territorio; ho visitato il Santo Sepolcro, la Spianata delle Moschee e il Muro del Pianto, solo per citare alcuni dei luoghi più famosi. Ovunque sono presenti gli ebrei ortodossi, qui frequenti come in nessun altro luogo, con le loro kippa, i riccioli alle tempie, i cappelli e il lungo vestito nero: vi capiterà certamente di essere fermati da loro per delle offerte, e insieme a loro, e anche più di loro, sono ovunque i soldati, mitragliatori al braccio, giovanissimi, ragazzi ma anche tantissime ragazze, ai posti di blocco, all’ingresso degli edifici, alle fermate dei bus. Da un ragazzo di quei posti al quale raccontavo il mio stupore per tutti questi soldati giovanissimi, mi sono sentito rispondere che prima o poi ci si fa l’abitudine.
Gerusalemme è la città dei quattro quartieri, armeno, cristiano, ebraico e musulmano, ed ognuno di essi rispecchia in maniera precisa le caratteristiche dei suoi abitanti. Il vecchio cardo romano, che passa sotto il quartiere ebraico, è una galleria colorata di negozi e botteghe.
Per concludere, un cenno ai buonissimi kebab che ricorderò sempre con piacere, e che non mi sono risparmiato, e alla salsa di ceci ovunque presente che si chiama humus (in Italia non esiste). La speranza più grande è che possa ritornare e trovare una situazione migliore di quella attuale.
Fig. 6 e 7. Ebrei ortodossi a Gerusalemme. Mura Occidentali.
Fig. 8. Altare copto nella parte dietro del Santo Sepolcro.