C. Sabelli: «Lei era favorevole al divorzio [ai tempi del referendum del 1974, N.d.R.]?»
A. Almirante: «Favorevolissima»
C. Sabelli: «Almirante era contrario»
A. Almirante: «No, Almirante era favorevole. Ma il segretario del partito, Michelini, aveva preso impegni con la DC»
C. Sabelli: «Poi Michelini morì. Almirante divenne segretario. E fece, lui divorziato, la campagna per l’abrogazione del divorzio»(Intervista di Claudio Sabelli Fioretti ad Assunta Almirante, vedova del segretario del MSI Giorgio Almirante – da “Sette”, supplemento del Corriere della Sera, 20/11/2003)
Basterebbero queste poche righe per rispondere a chi dice che difendere la famiglia è un valore di destra.
Quel che si può dire, a distanza di trent’anni, è questo. Se il tentativo clerico-fascista di abrogazione della legge Fortuna-Baslini fallì e oggi divorziare è possibile, non lo si deve solo agli elettori laici o di sinistra: per loro fu facile decidere, nonostante i tentennamenti del PCI, che considerava il divorzio quasi un vezzo «piccolo-borghese» (E. Berlinguer) e temeva di perdere «l’unità col mondo cattolico» (N. Jotti).
Lo si deve in misura decisiva a tanti elettori cattolici, democristiani e di estrema destra, a quelli che alle elezioni votavano DC o MSI, ma poi difendevano i diritti civili ai referendum (e per loro la decisione dovette essere meno facile, e il problema di coscienza terribile).
Trent’anni dopo, sono cambiati gli attori ma la commedia è sempre quella.
Prendiamo il referendum del giugno 2005 sulla procreazione assistita: i temi in discussione erano difficilmente inquadrabili entro gli schieramenti politici tradizionali, e anche stavolta la decisione ha sbaragliato le divisioni ideologiche. Abbiamo visto ex fascisti come Fini e Buontempo assumere posizioni superprogressiste, ed ex radicali come Rutelli esprimersi come Pio IX.
Ciò detto, a differenza di qualcuno, a me non serve frugare nella vita privata di Marcello Veneziani per screditare quello che dice. Non m’interessa sapere con chi va a letto Veneziani, se si fa le canne, se è credente o meno. Non gli voglio rinfacciare l’incoerenza tra il predicare e il razzolare. La coerenza è l’ultimo rifugio delle persone prive d’immaginazione, diceva Oscar Wilde.
Semplicemente dico che, in tema di vita, di morte e di morale, rivendicare a destra o a sinistra certi valori piuttosto che altri ha poco senso. Ancor più ridicolo è continuare a menarla con Dio, Patria e Famiglia.
Difendere la famiglia cosa significava nel 1974? Proibire il divorzio, negando un fenomeno sociale e continuando a tacere sulle famiglie sfasciate, in nome di chissà quale principio d’indissolubilità, oppure regolamentare quel fenomeno sociale? Il primo era un atteggiamento di destra e il secondo era di sinistra? Non lo so, di sicuro il primo era un atteggiamento da Stato etico, il secondo da Stato laico.
Cosa significa oggi difendere la vita? Far ingoiare agli italiani la legge 40, col risultato che le coppie sterili vanno all’estero per far figli, e i ricercatori emigrano in America per poter lavorare? E soprattutto, questo modo di difendere la vita può essere considerato di destra o di sinistra? Non lo so.
La storia – questo so – ha dimostrato che quando le scelte sono scelte di diritto e sui diritti, sulla vita e sulle vite delle persone, quando in gioco è la laicità dello Stato, le tradizionali categorie destra-sinistra saltano.
Rimane da una parte il λαός, la gente, con i suoi problemi; dall’altra ci sono i chierici custodi del tempio, sempre pronti a negare agli altri ciò che, in forza del loro potere, pretendono per sé.
Ottimo come sempre Andrea e stavolta concordo completamente con ciò che dici.