Siamo riusciti ad essere presenti a Roma la mattina del 15 novembre scorso all’incontro con Jared Diamond.
La presentazione si è tenuta in un sala dei Musei Capitolini, con una serie di relazioni attorno al suo nuovo, corposo libro, recentemente tradotto in italiano: Collasso, come le società scelgono di morire o di vivere (edizioni Einaudi).
Diamond è un autore quanto mai eclettico; innanzi tutto è un vero poliglotta (si dice che parli una decina di lingue) ed ha seguito gli interventi e parlato successivamente in un italiano perfettamente comprensibile. Anche la successiva intervista, andata in onda due giorni dopo su “Rai3Scienza”, è in italiano.
Molti nostri connazionali conoscono questo autore anche perché ha vinto il Premio Pulitzer 1998 con Armi, acciaio e malattie, pubblicato in Italia l’anno precedente. Un libro che ipotizza i motivi per cui sul pianeta alcune civiltà sono rimaste all’età della pietra, mentre altre “vanno a spasso nello spazio”.
Lo scrittore-scienziato è sicuramente un soggetto di grande interesse sia per la versatilità delle sue ricerche che per la grande capacità di divulgazione. Jared Diamond è uno scienziato davvero eclettico: ha precedenti accademici da fisiologo, zoologo, antropologo e quindi si è occupato anche di ecologia. E’ inoltre membro di importanti società scientifiche e dell’Accademia di Scienze Americana.
Diamond, che è anche un ornitologo appassionato, ha saputo coniugare lo sguardo dello zoologo con quello dello studioso di altre discipline affrontando fenomeni fra loro assai diversi come l’evolversi delle infezioni o la selezione del mais. In particolare possiamo dire di lui – come è già stato scritto – che studiando e divulgando quei fattori che hanno portato all’estinzione di tante specie vegetali ed animali è da considerare un vero esperto di «ecocidi».
Alla presentazione italiana, organizzata in primis dalla “Fondazione Peccei”, ha parlato Roberto Peccei, figlio di Aurelio, il fondatore del Club di Roma nel lontano 1968.
Di fronte ad una sala gremita, sono poi intervenuti relatori molto noti e di diverse competenze: dal giornalista scientifico Piero Angela, all’economista Pietro Laurano, a Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia, al climatologo Antonio Navarra, dell’Istituto nazionale di Geofisica, a Giulio Sapelli, docente di Storia economica e di Analisi culturale dei Processi Organizzativi, presso l’Università di Milano.
Quest’ultimo ha chiuso gli interventi della mattinata con una riflessione severa su alcune teorie che vengono divulgate in ambienti protezionistici, come se fossero davvero attendibili, anche quando fino ad oggi non è stato possibile nessun serio riscontro scientifico. Analisi questa condivisa puntualmente da Jared Diamond, che – alla fine – dicendosi “cautamente ottimista” sul destino del pianeta Terra ha portato due esempi, davvero inaspettati. Il caso della compagnia petrolifera Chevron che ha dimostrato in diversi teatri e differenti occasioni un comportamento esemplare. Sempre su questo filone controcorrente ha narrato anche quello del governatore della Florida, Jeb Bush, fratello del presidente americano. Dopo aver letto quanto pubblicato da Diamond, il governatore ed il suo staff hanno deciso di coinvolgere lo scienziato in alcune ricerche adottando quindi successive importanti decisioni, relativamente alle politiche ambientali delle isole.
Quando avremo letto le oltre seicento pagine del libro forse avremo modo di comprendere, se condivideremo i dati e le teorie di Diamond, il motivo per cui le civiltà, a volte, non sopravvivono a se stesse. Infatti i polinesiani dell’Isola di Pasqua o intere civiltà come i Maya si sono miseramente autoestinte. Come conferma Diamond, gli abitanti dell’Isola di Pasqua hanno tagliato più alberi di quanti ne crescessero e quindi non hanno più avuto la materia prima per costruire le loro imbarcazioni. Tutto ciò è successo però senza che i polinesiani avessero dati sufficienti per comprendere che stavano ipotecando il loro futuro. Cosa che non avviene nel nostro caso.
Che ne sarà quindi della nostra civiltà? Siamo accecati e corriamo verso il baratro o invece abbiamo in qualche modo la possibilità di rispondere positivamente alle crisi ecologiche da noi stessi generate?