Mangialardi: le parole e i fatti

Casa colonica abbattuta (Senigallia, via Capanna)

Quando la stagione è quella delle candidature, può essere più facile valutare una persona: basta mettere a confronto le sue parole con quelli che sono stati i suoi comportamenti. Nel caso in questione, vorrei esprimermi su Maurizio Mangialardi, oggi aspirante sindaco, assessore in carica del nostro Comune da dieci anni. Un’occasione d’oro per tutti noi cittadini, appunto in questo periodo elettorale, in quanto ci sembra di valere un po’ più del solito.

C’era a Senigallia un tipico esempio di casa colonica marchigiana. Di valore non solo per la forma, ma anche perché in buono stato di conservazione. La stessa era stata oggetto nel tempo di numerose segnalazioni e di diversi studi. L’esempio iniziale è quello riportato da Renato Biasutti su la “Casa Rurale Italiana”, con gli studi di Alberto Mori, Lastenia Brigidi ed Athos Poeta; i più recenti, ed anche più conosciuti, quelli prodotti dai concittadini Renzo Paci e Sergio Anselmi, illustri storici scomparsi pochi anni orsono.

La casa c’era, e per di più si trovava in via Capanna, oramai divenuta piena città. Da qui ancora un’ulteriore valenza: se conservata avrebbe consentito un’immediata e diretta fruizione; inoltre sarebbe stata il campione ideale di quello che, solo mezzo secolo fa, era un immenso patrimonio regionale diffuso nel territorio marchigiano. Quello che appunto Sergio Anselmi aveva definito:”monumento delle 100.000 case coloniche”.

Oggi non c’è più: è stata cancellata. Purtroppo abbattuta, e da noi con voce solitaria denunciato su questo blog, per far posto ad un anonimo e dequalificato condominio. Ancora appartamenti e case che fanno di Senigallia un grigio esempio di speculazione edilizia, anonime e dequalificate, spesso nemmeno abitate. Un triste esempio tra i tanti.

Vuole il caso che proprio durate la celebrazione della ricorrenza della scomparsa di uno di questi studiosi senigalliesi, Sergio Anselmi, si proponga ogni anno una lezione magistrale su temi storici, sempre con l’intervento di insigni studiosi. Lo scorso novembre, in apertura dell’incontro, celebrato all’Auditorium di S. Rocco il  giorno 7,  il saluto da parte dell’Amministrazione Comunale è stato affidato dal Sindaco, assente, all’Assessore all’Urbanistica.  Sì, Maurizio Mangialardi.  In questo caso la dissociazione tra i suoi precedenti comportamenti e le parole pronunciate per l’occasione ha raggiunto il paradosso.

L’audio che riportiamo, in questo podcast, ne è la riprova.

L’incontro ha evidenziato come questo amministratore abbia avuto la sfrontatezza di raccontare, non solo agli studiosi presenti quella mattina, ma ai suoi concittadini di quanto sia importante la tutela degli edifici rurali. Secondo lui il pericolo verrebbe dal ”piano casa che potrebbe demolire mille case coloniche”, mentre non si è accorto che, mentre lui governava, “la casa colonica detta di Santinelli” è scomparsa. Purtroppo il nostro Mangialardi non si è fermato qui. Già a novembre, lanciato nell’euforia delle promesse elettorali, forse stuzzicato dall’uditorio che aveva di fronte, non ha avuto il minimo ritegno ed ha dichiarato, con sfacciataggine, di voler “cogliere gli insegnamenti del professor Anselmi “.

Nessuno forse gli ha mai ricordato che l’antica stazione postale (che si trova lungo l’Adriatica di fronte alla sede dell’INPS), tanto per fare un esempio, è restata in piedi ed è ben conservata grazie all’intervento, a testa bassa, proprio del nostro compianto professore. Quanto a me che conoscevo abbastanza bene Sergio, e lo avevo frequentato per decenni, non ho dubbi nel dire che se fosse stato vivo, grazie alla sua autorità morale ed al carattere interventista, non avrebbe certo consentito che la speculazione spazzasse via questa preziosa testimonianza. Oggi la perdita c’è stata ed è irrimediabile.

19 pensieri riguardo “Mangialardi: le parole e i fatti”

  1. Più passa il tempo e più mi pento delle tante foto che non ho scattato alla mia città in questi ultimi anni. Stiamo perdendo qualità e personalità. C’era una casa colonica anche dove adesso sorge il Lidl?

  2. La perdità c’è stata indubbiamente, raramente un edificio contemporaneo riesce a portare la stessa ricchezza di un edificio antico, chi fosse l’assessore all’urbanistica in quel periodo non lo ricordo, di certo non Mangialardi.
    Ma per non cadere nella discussione più politica che vi lascio volentieri, vorrei soffermarmi sulla questione della tipicità presunta. Quell’edificio aveva sicuramente un valore nella sua “unicita”, le posso assicurare che non esiste, in un territorio anche molto vasto, qualcosa che avesse più di una vaga somiglianza, di certo aveva una distanza enorme da quello riconosciuto come tipo di colonica marchigiana in tutte le sue sfumature.
    A voler per forza trovare qualcosa che abbia una parentela, anche lontana, bisogna spostarsi di molto, alla ricerca di tipologie a volte usate in zone bonificate, se ne possono trovare esempi nella pianura pontina, alla foce dell’Ombrone, e qualcosa nella piana del fucino.
    Qualcosa quindi di studiato a tavolino da qualche commissione agraria (magari di regime) alla quale, forse, no vale la pena di affezionarsi troppo.
    Ben altra cosa è la tipologia delle nostre case colonica, sedimentazione perfetta della cultra e dell’ economia agraria dei secoli scorsi.
    Conservare quel valore significa però riuscire a conservare un contesto, cosa assai più difficile che conservare un edificio, senza di questo si fa uno sterile esercizio museografico, ancor più evidente in un edificio “offeso” dall’avanzare della città.
    Se si tratta di scegliere tra salvare la casa santinelli e salvare la nostra cultura storica contenuta nelle 100000 case coloniche di cui parlava Anselmi, avrei pochi dubbi.
    Ma il problema è che probabilemnte sono entrambe condannate da due diverse forme di fagogitazione: una quella edilizia della città che avanza, decontestualizza e poi distrugge le memorie contenute nel territorio, l’altra è quella culturale contenuta nel falso progresso che viviamo per cui gli edifici storici, ma anche la città storica, vengono vissuti con aspettative e approcci ben diversi che ne mettono in pericolo l’esistenza e la “coerenza”.
    La posta in gioco è molto alta, vale la pena di mettersi in gioco tutti e dare ognuno il proprio contributo.

  3. Penso ci sia poco da aggiungere alle parole di Gianluigi; il pulpito dal quale vengono le parole non è di certo credibile; chi ha permesso la speculazione edilizia a Senigallia dovrebbe evitare di parlare del piano casa o della tutela degli edifici antichi, semplicemente perchè non ha un briciolo di credibilità.

  4. Credo sarebbe stato più utile un contributo come ho provato a fare io.
    Chi la butta sempre in politica vuol dire che non ha niente da dire.
    La prossima volta che mi diranno che la rete è uno strumento di democrazia penserò a questo tuo commento.
    Grazie per avermelo ricordato.

  5. Credo che Gianluigi con questo suo articolo intenda ricordare ai candidati sindaci, le promesse fatte in campagna elettorale, e far notare le occasioni in cui in passato si sono contraddetti. Poi le sue opinioni possono essere o no condivise. Ma la politica la fanno loro, i nostri politici, noi da comuni cittadini siamo alla finestra ed osservare il loro lavoro. Penso che possa esserci concesso di scambiare delle opinioni e valutare il propio operato. Penso sia nostro diritto, visto che i loro stipendi sono proventi da denaro pubblico, quindi dalle nostre tasse.
    La graduale scomparsa dei vecchi edifici è una situzione che anche a me fa piangere il cuore, ma non so quale contributo nel mio infinitamente piccolo possa dare.

  6. Più che buttarla in politica (tra l’altro di politica si parla o stiamo parlando di calcio?) la mia è una constatazione, molto semplice, di quello che vedo a Senigallia.
    Capisco però che ricordare la realtà a volte possa dare fastidio.

  7. Se l’architetto Curzi intende discutere sulle tipologie delle case coloniche posso tentare anche se lui è un professionista. Magari più avanti ci proverò!
    Non sarebbe meglio, per ora, concentrarsi, come argutamente suggerisce Gabriele 2, sul fatto che ” i candidati sindaci ” fanno un certo tipo di promesse in campagna elettorale, mentre dimenticano “ le occasioni in cui in passato si sono contraddetti ” ?

  8. Non intendevo lungi da me offendere od altro
    giorni fa quando mi sfuggì anche l’espressione sulla “fatica personale” nel leggere e tradurre il dialetto che purtroppo giorno per giorno sto dimenticando
    Sono scivolato in buona fede su altro sito chè c’era gente ed io ho commesso una caduta già guarita.
    Però-però e non mi pare educato-bello
    anzi astioso riprendermi e tentare con molta fatica fare dello spirito fuori luogo
    avrei accettato con calore suggerimenti che non sono venuti
    mi serve da esempio la superbia o altro sì chè in fututo saprò regolarmi

    il parallelo tra il dialetto duro senigalliese ed il friulano mi sembrano oggetto di studio ancora trascurato

    non ho voluto nè offendere e tanto meno fare la vittima
    solo che si risponde in modo diverso se si tenta essere spiritosi

    spero essermi fatto comprendere chè la perfezione ed altre giuste cause forse non esistono

    con fatti linguistici e momenti storti non è il momento di dare lezione

    si può anche capire se si vuole

    persone
    pochissime
    hanno capito e mi hanno teso la mano
    a loro va la mia stima nel momento tristo
    buio fatto di ridicoli cazzotti

    “cose”
    a chi le merita
    altri nuotino nel fosso di ultra da calcio domenicale

    pensieri nascosti e riservati a ci già sa.

    dario.

  9. All’architetto Curzi, ed a quanti magari silenti la pensano come lui, vorrei indirizzare alcune precisazioni. Prima di tutto specificare che il riferimento a Mangialardi nasce dalla logica concatenazione della sua costante presenza al governo della città da dieci anni e dalla forse esagerata esibizione in apertura del convegno dedicato al professor Anselmi. Se avesse tenuto un profilo più basso, magari avrei avuto maggior difficoltà ad esprimere questa critica. Critica che, caro Curzi, era stata già da me pubblicata all’inizio del 2006 come appello-denuncia, quindi quattro anni orsono. Forse allora Le era sfuggita, ma se così fosse non andrebbe a Suo merito, in quanto all’epoca (mi sbaglio?) sedeva sui banchi del Consiglio Comunale ed avrebbe potuto e dovuto far qualcosa. Invece ricordo che altri presentarono un’interrogazione sull’argomento; spero, per miglior documentazione sui fatti, che si riesca a recuperarla.
    Nel secondo capoverso leggo delle asserzioni che ritengo criticabili, in quanto del tutto generiche ed imprecise. Scrivere che ” di certo aveva una distanza enorme da quello riconosciuto come tipo di colonica marchigiana in tutte le sue sfumature “ significa ignorare del tutto o disconoscere lo studio citato (vedi sopra nel testo). Fu proprio Sergio Anselmi nell’indicare le “Linee della ricerca” pubblicata nel 1985, sotto il titolo “Insediamenti rurali, case coloniche, economia del podere nella storia dell’agricoltura marchigiana” che sottolineò quanto pubblicato nella collana del Biasutti quali beni culturali di riferimento, quindi per se meritevoli di particolare tutela. Non a caso poi, da questi studi e dagli stessi uomini (ad esempio Anselmi e Paci) furono presi i “mattoni” che costituirono le normative specifiche accolte nel PPAR.
    Sarebbe ampiamente condivisibile la Sua affermazione che “conservare quel valore significa però riuscire a conservare un contesto “. Questa asserzione perfetta in linea teorica è però è debolissima, anzi inesistente, nella pratica urbanistica di tutti i giorni. Per provarlo basterebbe che Lei ci spiegasse, solo per fare un esempio cittadino, che significato avrà la conservazione della ciminiera dell’ex stabilimento Italcementi quando tutto attorno è stata fatta piazza pulita.

  10. Gentile Mazzufferi, apprezzo la sua impostazione nel rispondere al mio commento, ho apprezzato meno il commento di altri che, senza argomentare alcunchè, ritenevano utile tacitarmi a prescindere dall’argomento, sono metodi da ventennio che vanno sempre respinti.
    Ma venendo alla questione Le devo alcuna precisazioni: innanzitutto nel 2006 non ero in consiglio comunale, ma ricordo, forse un po’ genericamente; la discussione nata intorno alla necessità di salvre quella casa, questione sulla quale non si poteva che convenire, e ne convengo ancora oggi.
    Come ho cercato di dire un manufatto può meritare di venire conservato a prescindere dalla sua tipicità, alle volte lo merita appunto per la sua unicità.
    Confermo per quanto di mia conoscenza che quella casa non era affatto una tipica abitazione dell’entroterra Senigallliese e neppure marchigiano, questo non vuol dure che non avesse un valore, il fatto che fosse stata citata in qualche riceca rafforza l’idea che valesse la pena di conservarla, ma, ripeto, a prescindere dalla sua tipicità.
    Riguardo alle questioni della conservazione del contesto ritengo che sia quello l’ambito sul quale valga la pena concentrarsi, é mia personalissima opinione che la conservazione materiale di un edificio completamente decontestualizzato non sia di per se un valore, altra cosa è il paesaggio agrario in quelle ampie porzioni di territorio nel quale conserva quasi intatto il suo valore. Per quello sarei disposto a salire sull barricate, e non dubito che lo farebbe anche Lei.

  11. Se, come penso, si riferisce a me, ha preso un granchio Curzi.
    Non riesco a capire come mai pensa mi stessi riferendo a lei, mi sembrava abbastanza evidente che la critica politica che ho fatto fosse riferita a Mangialardi, che tra l’altro è il soggetto dell’articolo scritto da Gianluigi.
    C’è chi la chiamerebbe “coda di paglia” ma voglio pensare si sia trattato di semplice incomprensione; il riferimento a metodi del ventennio è poi alquanto ridicolo… solo per aver fatto una critica politica userei motodi del ventennio?
    Se non ricordo male all’epoca le critiche non erano ammesse.
    Non essendo un esperto nè di case coloniche nè di costruzioni, mi limito alle critiche di carattere generale.
    Non capisco il perchè di tanta insofferenza.

  12. Gentile architetto, qual’ora nella lista fossi compreso anche io, (considerato che il suo riferimento è fatto al plurale), mi unisco alle parole di gabriele, visto che sarebbe stata la stessa risposta che intendevo darle. Vorrei sottolineare che il suo riferimento al ventennio, è decisamente fuori luogo e di cattivo gusto. Lei sta dando del “fascista” ad una persona che non conosce..

  13. A Gabriele: ha ragione, ho creduto che il suo commento fosse riferito a me, e siccome avevo cercato di tenermi fuori dalla polemica politica l’ho letto come un “tu non puoi parlare perchè..”. Ho equivocato, la prego di scusarmi. Il fatto è che mi capita spesso ultimamente di imbattermi nel pregiudizio di persone che mi imputano questo o quest’altro senza sapere niente di me e di quello che ho fatto in questi anni, le critiche le accetto sempre purchè argomentate, il pregiudizio invece mi disturba. Spero capirà.
    A Gabriele 2: No, non mi riferivo a lei. Inoltre quando parlo di metodo da ventennio, pur nell’equivoco, non mi riferisco al fascismo tout court, mi riferisco ad un metodo, tornato molto in voga recentemente, che attribuisce all’intrlocutore un’etichetta di avversario, e in quanto tale tende ad annichilirlo, a farlo tacere, a far sparire le sue ragioni e le sue argomentazioni. E’ una forma di violenza verbale che fa emergere il lato peggiore di qualsiasi questione, quella della contrapposizione ideologica, e che ci lascia alla fime, peggiori di quanto eravamo.

  14. Non si preoccupi Curzi, è stato un semplice malinteso; non farei mai una critica, anche politica, all’operato di chi non conosco.
    Sulla contrapposizione ideologica, inutile e dannosa, mi trova pienamente d’accordo.
    Buona serata

  15. E’ piacevole che si possa instaurare un colloquio su questo argomento. Prima di tutto si evidenzia che chi è attento a questo tipo di questioni ama la sua terra, le sue origini ed è vigile su quello che gli riserva il futuro. Da parte mia, a ragione degli anni trascorsi e delle esperienze vissute, posso riferire soprattutto quanto viene dalla lunga e stretta frequentazione con gli studiosi citati che sono personaggi importanti per le Marche. Aggiungerei inoltre, avendo vissuto la stagione del PPAR in prima persona e con grande entusiasmo, che le speranze sono state pari solo alla delusione finale.
    Tornando alla casa citata prima di tutto sottolineo che non ero affatto certo della Sua presenza sui banchi del Consiglio Comunale, da qui il punto interrogativo. Ero certo invece della vicinanza politica agli amministratori che hanno permesso la cancellazione. A questa si aggiunga la delusione per la totale assenza della parte politica a cui fa riferimento in quanto almeno una “casa simbolo” come questa non doveva proprio farsela sfuggire. Tanto più che era al governo.
    Quanto alla disquisizione che Lei affronta affermando come non fosse “affatto una tipica abitazione dell’entroterra Senigallliese e neppure marchigiano “ l’avverto che argomentando così rischia d’imboccare una strada molto pericolosa, anzi del tutto sbagliata. Pur avendo gli studiosi cercato di tipizzare, in particolare a fini didattici, tutte le forme architettoniche possibili (dalle palombare alle case d’argilla, dalle loggette della Valle del Chienti ai “bufiri” della Laga, da quelle su fondamenta di epoca romana ad altre di “bonifica recente” ad esempio tra Metauro e Cesano, solo per citarne alcune !) ben si sa che esiste una variabilità incredibile delle tipologie. Addirittura in edifici a pochi chilometri di distanza tra loro, talvolta da podere a podere e soprattutto da proprietario a proprietario, specie quando questi era colto ed attento. L’impronta culturale, la provenienza, le esperienze, gli studi e le sperimentazioni di chi costruiva erano e sono sempre state molteplici, tanto che difficilmente si riesce a scrivere schede che siano sovrapponibili se non per quelle della cosiddetta “Corea” degli anni ’50, per fare un esempio a pochi chilometri da noi. Non a caso “l’itinerario a colori” che realizzai con Renzo Paci per la pubblicazione in materia del 1985 ci costrinse ad una serie ripetuta, insistente, talvolta anche estenuante di revisioni (durate ben due anni!) per arrivare a quanto ci sembrava l’ordine più logico per l’esposizione. Da qui la normalizzazione finale attraverso differenti tipologie di valle in valle e di epoca in epoca.
    Infine una nota sull’ultimo capoverso in quanto non mi trovo del tutto d’accordo; non foss’altro perché, a forza di cancellare singoli tasselli, si altera inevitabilmente anche il complessivo paesaggio. Quando Lei scrive, in conclusione, che: “Per quello sarei disposto a salire sulle barricate “ non mi trova in sintonia. Semplicemente in quanto per mia impostazione credo più alle piccole cose di tutti i giorni senza sognare le “barricate”. Queste non ci saranno mai; quando ci sono state erano così di facciata che non sono servite a molto e scrivendo mi riferisco alla casa colonica di Borgo Mulino, comunque abbattuta per far posto al distributore di carburanti! Oppure che dire del silenzio sostanziale per l’altra casa, qui evocata nel commento n. 1, di Lorenzo Man, che si trovava lungo via Podesti, laddove oggi sorge il supermercato?
    Il fatto è che un Assessore oggi, un Sindaco domani, una Giunta non so quando, nei fatti sono la prova quotidiana che c’è miopia e insensibilità. In fondo la cultura, come in questo caso, la si relega solo alle belle parole per i saluti ad un convegno. Fa scandalo che mi meravigli se questi saranno i nostri amministratori?

  16. Premesso che di architettura non ne so proprio nulla, sono però sensibile alle tematiche inerenti la difesa dei patrimoni storici e naturali del territorio, oltre che della salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini.
    In quest’ottica penso sia impossibile non parlare di politica in quanto alla fine tutte le scelte inerenti ai problemi di cui sopra vengono fatte proprio da chi amministra un territorio. Mangialardi purtroppo non è nuovo a questi scivoloni e la sua sfortuna è che, a mio avviso, adesso c’è più attenzione da parte della gente a quanto viene detto, rispetto magari a 5 anni fa. Il suo voler a tutti i costi essere sempre sopra le righe lo ha portato spesso a dire cose inesatte o addirittura contrarie alla realtà come nel caso della celebrazione di cui ha parlato il sig. Mazzufferi nel suo articolo, con il risultato di essere immediatamente smentito.
    Così come non può nel suo programma elettorale parlare di consumo 0 del territorio quando le zone adiacenti l’autostrada pullulano di ruspe che stanno devastando il territorio.
    Il problema di fondo è solo politico. Gli amministratori devono in primis occuparsi degli interessi della collettività e quindi se una casa colonica è un bene pubblico deve essere salvaguardato e non sacrificato in nome dell’edilizia. E in questi ultimi anni sacrifici in nome dell’edilizia mi sembra se ne siano fatti anche troppi. Chi ha governato fino ad oggi non si deve offendere se riceve delle critiche in quanto anche queste fanno parte del loro ruolo istituzionale. E la critica, in particolare fatta dai cittadini stessi, è a mio avviso un ottimo strumento di controllo e deve essere per gli amministratori un monito ad operare sempre e solo per la collettività, evitando di perseguire interessi personali o di pochi fortunati. Rendendomi conto di quanto sta succedendo in questi giorni mi viene da pensare che se si utilizzassero tutte le risorse (economiche e non) spese nella campagna elettorale, per perseguire gli obiettivi normali di gestione che ogni amministrazione deve avere, quante cose potrebbero essere fatte? E invece adesso ci troviamo sommersi da foto, articoli, comizi di persone che “pretendono” il loro posto al sole, e dai prossimi mesi ci troveremo di nuovo a denuciare episodi di mal governo.

  17. Ho omesso di dare un’altra indicazione, a proposito di recupero delle case coloniche marchigiane. Nel 1990, quand’ero in politica, ebbi la soddisfazione di veder approvata una mia proposta di legge per il recupero delle case coloniche. la Legge Regionale n. 33/90. Finanziata per tre anni c’è ancora. Se quindi si volesse sarebbe facile ed agevole procedere, almeno per gli edifici più significativi. Però spesso di questi argomenti si parla ai convegni, ma lo si fa tanto per dar fiato alla bocca!

  18. Io davanti a quella casa in via Capanna ci sono passato per anni in bicicletta tutti i giorni, e anche da piccolo ero in grado di apprezzarne l’originalità ed il valore storico e culturale. La conoscevo benissimo… ci teneva le bestie il Sig. Santinelli, che abitava sul mio pianerottolo. Era stupenda e rimpiango il fatto di non avergli mai scattato delle foto…
    Invece nella casa che c’era al posto del Lidl, ci abitavano miei parenti… anche quella la conoscevo molto bene…
    Tutto questo è scandaloso… ma nonostante ciò, Senigallia si rimetterà ancora una volta nelle mani di questi signori.
    Che tristezza…
    Ciao, Luca.

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