Io, Suad, condannata a morte

“Per punirla di una gravidanza illecita il cognato l´ha cosparsa di benzina e ha dato fuoco. La donna si è salvata ma ancora oggi non mostra il suo volto e si nasconde dietro l´anonimato. Il suo libro ha venduto in Francia oltre trecentomila copie ed è stato tradotto in diciotto paesi”.

Ho letto il libro. Lo aspettavo da tempo, avevo letto delle recensioni…e per farmi ancora + del male, in alcuni giorni di vacanza me lo sono letto.

Agghiacciante, ma da leggere, quindi ve lo segnalo per il vostro club.

Cecenia, il disonore russo

Le guerre, si sa, non sono tutte uguali. Capita che i morti dell’Iraq si possano contare uno ad uno sui TG, mentre in Cecenia, nel silenzio, si muore “per un si o per un no”, oppure, piu’ semplicemente, per essere ceceno.
Per l’esattezza un ceceno su cinque e’ morto negli ultimi dieci anni a causa di due guerre, ripetutesi su un territorio grande come la Campania e una capitale, Grozny, ormai rasa al suolo. Perche’?

Il libro cerca di rispondere fin dall’introduzione, in cui il francese Andre’ Glucksmann ci riporta alla realta’ della storia, e ci spiega che i perche’ non vanno cercati in Cecenia ma nel resto della Russia, e siano di natura politica, di antica data.

Anna Politkovskaia, quarantenne giornalista russa, premio OSCE 2003 per il giornalismo e la democrazia, ci racconta soprattutto i come: come si vive, come (non) si mangia o (non) ci si lava e invece troppo spesso si muore in massacri gratuiti.
La giornalista disegna personaggi reali e conosciuti personalmente, soldati e alti ufficiali russi, gente comune e capi ceceni, e racconta avvenimenti visti e uditi, o raccolti in testimonianze dal valore storico, oltre che giornalistico.

Anna Politkovskaia parla anche da protagonista, avendo vissuto spesso in Cecenia negli ultimi dieci anni ed essendo stata la mediatrice durante il tragico sequestro nel teatro Nord-Ost a Mosca nell’ottobre 2002 costato la vita a piu’ di 140 persone: quel gesto terroristico, “frutto della disperazione”, e’ ripreso da vicino, in una cronaca chiara e appassionante.

Il libro spiega cosa ci sia dietro la parola Zaciska, e chiarisce come a compiere i misfatti piu’ efferati sia il banditismo, spietato quanto ben organizzato, costituito da russi e ceceni, alleati in nome del redditizio contrabbando di petrolio; a tutto cio’ assiste l’esercito russo, nutrito dai disordini che esso stesso alimenta. La corruzione nell’esercito e’ giunta al punto in cui gli ufficiali negano ai soldati meta’ della ricca ricompensa di guerra se questi chiedono di tornare a casa.

Ma l’esercito in Russia, e in modo particolare le unita’ speciali di stanza in Cecenia, sono un governo nel governo, una autorita’ autonoma e molto potente, che nemmeno i tribunali hanno il coraggio di toccare. Il caso del colonnello Budanov ne e’ la dimostrazione: dopo aver rapito, violentato e strangolato una diciottenne cecena, Budanov e’ stato assolto perche’ “temporaneamente irresponsabile” nel momento dell’omicidio.

Al Governo russo la Politkovskaia riserva un intero capitolo: l’amministrazione Putin vuole apparire all’esterno come garante dell’ordine e della sicurezza, ma in realta’ getta benzina sul fuoco e i suoi servizi segreti (FSB, ex KGB) sono particolarmente attivi in questo. In Russia il ceceno e’ “diverso”, malvisto e vessato dalla polizia. In TV gli sceneggiati in prima serata lo descrivono crudele e spietato mentre i russi sono raffigurati come eroi esemplari: in Russia il razzismo e’ di Stato.

Ma tutti i russi, eccetto forse i caucasici, vivono tradizionalmente da subalterni verso lo Stato, “non c’e’ popolazione meno sicura di se dei cittadini russi”, dice l’autrice, che spiega come verso l’autorita’ essi non alzino mai la testa, a meno di essere persone particolarmente importanti, per fama, soldi o meriti militari, motivi di molto superiori rispetto ai semplici diritti umani o civili. Questo atteggiamento e’ piu’ antico del comunismo ed si e’ ben conservato fino ad oggi.

In sintesi quello di Anna Politkovskaia, edito da Fandango, e’ un libro di estrema attualita’, per non dimenticare che dietro la “lotta al terrorismo” ci sia di tutto, anche un genocidio.

“Harry Potter and The order of the Phoenix”

Più degli altri quattro libri di Harry Potter, quest’ultimo presenta il protagonista nel suo travaglio di crescita in fase adolescenziale. È in questa transizione verso l’età adulta che Harry incomincia a sperimentare che anche gli eroi falliscono e che la verità non è sempre così semplice come sembra o come la si vorrebbe. Un libro decisamente orientato all’introspezione sul protagonista e meno (rispetto ai precedenti) agli eventi fantastici del mondo dei maghi.

In parte devo dire che mi ha deluso. Il tono dei primi quattro libri era abbastanza fanciullesco, qualche volta gioioso. In questo libro Harry si presenta invece come un adolscente piuttosto irascible e dai sentimenti abbastanza cupi. Benchè la storia finisca, com è ovvio, con la vittoria del bene e la sconfitta del male, il finale lascia un po’ “l’amaro in bocca” e l’atmosfera alla fine dell’anno scolastico ad Hogwarts è tutt’altro che di sollievo. Infine la lunghezza del libro è decisamente eccessiva (più di 700 pag.).

Direi che è un libro che vale la pena leggere se si sono letti i primi quattro, ma che certamente non tiene il passo dei precedenti.