I costi della politica

Sebbene ogni partito, di qualsiasi colore politico, faccia della necessità di diminuire il costo della politica un proprio argomento in campagna elettorale, passate le elezioni proposte concrete in tale direzione non se ne vedono. Anzi, se qualcuno avanza l’idea di aumentare stipendi, pensioni o benefit del personale politico, tutti, al momento della votazione, si trovano d’accordo, sia nella maggioranza che nell’opposizione, sia in ambito nazionale che locale. Eccone un esempio.

Nei giorni scorsi alla Regione Marche è uscita una proposta bipartisan di aumentare il rimborso per le spese di soggiorno ad Ancona dei Consiglieri Regionali dagli attuali 2.602 € a 4.000 € netti (esentasse) al mese. Teniamo presente che il compenso dei nostri consiglieri regionali non si limita a quella voce. Ogni mese tutti loro, indistintamente, si vedono accreditare altri 7.607 € (lordi) di indennità di carica, a cui si somma una indennità di funzione che varia da 585 € a 2.925 € (lordi), stabilita sulla base dell’incarico ricoperto. Poi c’e’ anche il rimborso-benzina, compreso tra 390 € e 1.000 € (esentasse) al mese, che dipende dalla distanza della propria residenza da Ancona.
L’indennità di funzione, inoltre, prevede l’adeguamento del potere d’acquisto, che quest’anno ammonta al 4,58 %. E questo a partire da stipendi già aumentati da un anno, per cui sono previsti altri 4.000 € di arretrati nel 2007.

Alcuni di questi consiglieri hanno affermato che “è ora di finirla con le ipocrisie“, e che “si lavora sette giorni su sette anche sedici ore al giorno. Sempre fuori casa senza vedere i figli crescere“.

Io mi limito ad osservare che, mentre una volta fare politica era una vocazione, oggi i politici si lamentano per il troppo lavoro e per il compenso non adeguato. Come se glielo avesse ordinato il medico di stare li. Come se non facessero i salti mortali per arrivarci e per essere riconfermati.

Io mi limito ad osservare che la metà dei cittadini vive con meno di 1.000 € al mese, e che alcuni di loro, per quella cifra, lavorano 8 o 10 ore al giorno, sulle impalcature nelle costruzioni edili, alle intemperie, e la pausa pranzo la fanno mangiando un panino al freddo all’interno del cantiere. Oppure stanno per 8 ore su una catena di montaggio. Oppure fanno i pendolari giornalieri, stando fuori casa per 12-14 ore al giorno.

Io mi limito ad osservare i molti giovani laureati che, non trovando un impiego nella propria regione, devono trasferirsi in qualche grande città, partono da casa la domenica pomeriggio e ritornano il sabato successivo, facendo 10 – 15 ore di treno per settimana che si pagano di tasca propria, mantenendosi con 1.200 € mensili in una camera da 400- 500 € al mese. Anche tutta questa gente, caro consigliere regionale, non vede crescere i propri figli, non solo perché li vede raramente, ma anche perché non ha i soldi per arrivare a fine mese e poter dare tutto quello che a loro serve.

Tutto questo mentre vediamo aumentare continuamente il costo della vita, per esempio nei ticket sanitari, nelle tasse locali e nazionali, e negli stipendi e pensioni che aumentano secondo l’inflazione programmata, sempre inferiore a quella reale. Ad esempio, l’aumento del potere d’acquisto dal 1° gennaio 2007 per una pensione di 1200 € lordi è stato del 2%, quando per i nostri consiglieri regionali la percentuale è più che doppia.

Io mi limito ad osservare che, procendendo in questo modo, il divario tra amministratori ed amministrati sarà sempre più ampio, mentre il costo della politica sarà sempre più alto. E suoneranno sempre più stonati gli inviti a fare sacrifici, col nobile scopo del risanamento dei conti pubblici. E il cittadino si allontanerà sempre più dal mondo politico, e avrà sempre meno fiducia nei propri rappresentanti nelle varie istituzioni.

Se davvero gli stipendi dell’ampio e diversificato personale politico-amministrativo sono vincolati e interdipendenti (a partire dai giudici, seguiti dai parlamentari nazionali, poi quelli regionali, e così via), e se davvero volesse abbassarne costo, il politico serio proporrebbe di bloccare gli aumenti a cominciare dai livelli meglio retribuiti, e progressivamente tornare a trattamenti più giusti, per tutti.

8 pensieri riguardo “I costi della politica”

  1. Questa situazione è saputa e risaputa, ma cosa si può fare in concreto? Se sono i politici stessi a decidere la loro paga e, quando decidono di darsi un aumento, sono tutti d’accordo, come ne veniamo fuori?
    Detto tra noi, anche io, se potessi, mi aumenterei lo stipendio. 😛
    E’ altresì vero che quelli dei politici hanno raggiunto cifre spropositate.
    IMO l’unica soluzione possibile sarebbe quella di ridurre il numero dei politici, ma credo che sarà dura intraprendere anche questa strada visto che l’ultima riforma costituzionale è stata bocciata e non sembra che ce ne sia un’altra all’orizzonte.
    Se fossi io al governo proporrei due riforme:
    1- l’eliminazione del Senato. Qualcuno mi deve infatti spiegare a cosa servono due camere che discutono sulle stesse identiche cose e si rimpallano le leggi allungando solamente i tempi di approvazione.
    2- eliminare le provincie. Un organo totalmente inutile se non dannoso (fa solo proliferare la burocrazia). Sarebbe una riforma a costo zero visto che le competenze potrebbero essere divise tra Regioni e Comuni e i dipendenti assegnati di conseguenza a questi enti.
    Ci sarebbe però un bel risparmio perchè non dovremmo spendere soldi per mantenere ed eleggere le giunte e si avrebbe un concreto snellimento burocratico.
    In tempi di magra sarebbe ora di iniziare a tagliare cose veramente inutili invece di parlare sempre e solo di sanità e pensioni.

  2. Complimenti a Franco Scaloni, concordo anche in pieno con le cose che dice Francesco Gasparetti. Aggiungerei soltanto che, siccome “Detto tra noi, anche io, se potessi, mi aumenterei lo stipendio”, allora bisognerebbe che l’entità degli stipendi non li possano decidere quelli che poi dovranno percepirli, semplice ma fondamentale direi.

  3. Questo stesso argomento in altro modo è stato dibattuto su Vivere Senigallia: http://www.viveresenigallia.it/modules.php?name=News&file=article&sid=15610
    leggendo qui e leggendo la, il bell’articolo di Paolo Belogi, m’è venuta in mente un’idea che a me, naturalmente, sembra buona anche se non so se è possibile, in ogni caso la copincollo qui:
    Legge di iniziativa popolare
    di Mbuto il Saturday, 17 February @ 11:00:07

    Si, complimenti a Paolo Belogi, ancora un ottimo intervento.

    La mia idea su questa cosa però è che finché a decidere quale stipendio e quali privilegi debbano avere i politici saranno i politici stessi non usciremo mai da questa spirale perversa. Qui il problema non è di destra o sinistra ma squisitamente corporativo, se io avessi il potere di decidere il mio stipendio, la mia pensione ecc. non mi farei mancare sicuramente nulla, mica sono scemo scusate, e se gli operai e gli impiegati avessero la facoltà di decidere a maggioranza sul loro trattamento economico cosa pensate che succederebbe?

    Allora la mia proposta è questa e la rivolgo in primo luogo a Paolo Belogi:
    Promuovere una “legge di iniziativa popolare”
    http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_iniziativa_popolare
    servono 50.000 firme.
    Dovrebbe essere una legge che individua un’organismo indipendente che faccia gli interessi dei cittadini su questa questione e che “contratti” coi politici il loro trattamento economico, poi i politici farebbero il loro sindacato e così funzionerebbe come per tutte le altre categorie di lavoratori. Solo dal baso, molto basso, può venire questo cambiamento.

    Sarebbe un bel colpo se questa iniziativa partisse proprio da Senigallia e da 4 o 5 consiglieri di circoscrizione di vari orientamenti politici.
    Che ne pensi Paolo? Si può fare?

  4. Per contribuire con dati precisi al dibattito in corso mi sono mosso subito dopo la pubblicazione di questo post.
    Ho aspettato per giorni di avere informazioni attinenti la “pubblicità della situazione patrimoniale di titolare di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti”. Infatti la legge 441 del 1982 ha trovato accoglimento in una specifica legge regionale: la n° 4 del 3 marzo 1984. Così viene consentito a tutti cittadini la consultazione (vedi art. 7) in quanto le dichiarazioni dei pubblici ammnistratori debbono essere pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Marche. Almeno per quanto a mia diretta conoscenza così è sempre avvenuto fino al 1995.
    Da giorni ho provato a cercare i dati sul BUR (Bollettino Ufficiale della Regione), ma con mia grande sorpresa non sono riuscito nell’intento.
    Quindi ho pensato di chiedere aiuto all’URP. Dopo poco sono stato raggiunto al telefono dal funzionario che mi ha sommariamente spiegato che i dati di cui ero alla ricerca non sono più pubblicati. Altri contatti ci sono stati ma alla fine mi hanno comunicato di non poter comunque soddisfare la richiesta.
    Ho quindi scritto da poco una lettera al Presidente del Consiglio Regionale delle Marche ed al Presidente delle Giunta per formalizzare questo diritto di tutti i cittadini. Me la sarei potuta risparmiare appunto perché viviamo in un’epoca dove la consultazione di questi dati avviene, agevolmente, per via telematica, senza la fatica ed il costo del cartaceo.
    Ho chiesto di conoscere, per evidenziare chi siano i responsabili, anche “da quale anno tale pratica è stata messa in atto”.
    Darò conto su queste pagine degli sviluppi del caso.

  5. Pingback: Popinga

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