Vogliono salvare l’Italia. È una minaccia?

Stavolta mi metto nei panni di un elettore del Partito Democratico, magari uno di quei tremila e passa senigalliesi che lo scorso ottobre votarono alle primarie sperando in una ventata d’aria nuova.
In costume e asciugamano, passo davanti alla Rotonda venerdì 8 agosto e vedo il pullman “Salva l’Italia” del PD. Ci sarà un’altra campagna elettorale, penso, o una gita organizzata, oppure un rinfresco offerto da Cedroni & Uliassi.
Parcheggio la bici e mi faccio largo tra i presenti: purtroppo non si mangia, e infatti la gente è poca, quasi tutti notabili di partito con incarichi nelle amministrazioni locali. Quattro gatti, anche se l’indomani il comunicato stampa del partito parlerà di “entusiasmo e interesse”.
Il manifesto dell’iniziativa recita: «dire no ad un governo che non rispetta le regole democratiche, forza la mano sui temi della giustizia e non fa nulla per far crescere salari e pensioni mentre l’Italia vive una pesante crisi e le famiglie faticano ad arrivare alla fine del mese».

Complice il caldo, inizio a non capirci più nulla. A quali regole democratiche si riferiscono? Quali saranno i temi della giustizia che preoccupano Uòlter Veltroni, il sottosegretario all’opposizione nel governo Berlusconi?

Sarà il conflitto d’interessi?
Sicuramente no, quello è stato un punto centrale del programma di governo del centro-sinistra per ben due legislature, ed è rimasto lettera morta. Anzi, ormai parlare di conflitto d’interessi è fuori moda, la gente è stanca, l’antiberlusconismo è finito e il Cavaliere è diventato uno statista.
Saranno le leggi vergogna del governo Berlusconi (Cirami, Cirielli, falso in bilancio, ecc.)?
Non credo. Il programma di governo del 2006 prevedeva la cancellazione delle leggi vergogna, che invece stanno ancora lì, vive e vegete. In compenso, con mirabile sforzo bi-partisan, è stato approvato a tempo di record l’indulto, che non era nel programma.
Sarà la legge elettorale, voluta in extremis da Berlusconi per limitare i danni nel 2006?
Risposta sbagliata. Era anche questo tra i punti del programma, ma poi se ne sono dimenticati, forse perché una legge del genere fa comodo a destra come a sinistra. Ma se proprio pareva brutto abrogare il “Porcellum”, le ultime elezioni politiche avrebbero potuto essere una splendida occasione per marcare una differenza nell’etica politica: presentare le liste elettorali facendo scegliere i candidati agli elettori con le primarie, anziché alle segreterie di partito. Invece anche il PD ha scelto il metodo oligarchico delle liste bloccate e dei candidati preconfezionati, per di più con le deroghe ad personam oltre le tre legislature per i soliti noti (Fassino, D’Alema, ecc.).
Sarà il “decreto sicurezza”, quello che sospendeva centomila processi per bloccare quello del presidente del consiglio, oppure il “lodo Alfano”, quello dell’immunità per le alte cariche?
Non direi. Sul “blocca processi” il PD ha fatto finta di scandalizzarsi un po’, ma ha subito cercato di barattarne il ritiro con la disponibilità a dialogare sull’altrettanto vergognosa (e incostituzionale) immunità per le alte cariche. Perché la cosa più importante, il vero mantra della legislatura è il dialogo: nessuno sa bene perché e su cosa, ma bisogna dialogare.
Sarà la prossima legge-bavaglio sulle intercettazioni e il diritto di cronaca?
Macché. Su questo, anzi, il PD è disponibilissimo al confronto. D’altra parte ci avevano provato anche loro la scorsa legislatura, col disegno di legge Mastella.

Insomma, sulle regole democratiche e i temi della giustizia, il PD dorme sonni profondi (e stendiamo un velo pietoso su questioni altrettanto serie come i diritti civili e la laicità). Un’opposizione inqualificabile, degno complemento ad un governo inqualificabile.
Sono sempre loro, gli stessi. Sono sopravvissuti a sconfitte elettorali che in una democrazia seria avrebbero segnato la fine di carriere politiche e imposto un ricambio di classe dirigente. Loro invece, i fighetti che si credono di sinistra, cadono sempre in piedi, hanno le facce di pugili suonati ma non gettano la spugna, passano le giornate tra il loft al centro di Roma, lo studio di “Porta a Porta” e la barca a vela ormeggiata a Capalbio.
Adesso, tra una pennichella e l’altra, vengono in pullman a chiederci un’altra firma, l’ennesima cambiale in bianco.
Per fare ciò che, negli ultimi quindici anni, non hanno saputo o voluto fare, né al governo né all’opposizione. Non salvare l’Italia, per carità, nessuno pretende questo, ma almeno dare l’impressione d’esser diversi da quegli altri, presentare una proposta riconoscibile e alternativa, dare segni di vita.
Cari amici del PD, mentre voi salvate l’Italia io riprendo la bici e vado al mare. Quando avete finito, fate un fischio.

3 pensieri riguardo “Vogliono salvare l’Italia. È una minaccia?”

  1. A pensare che Berlusconi meno di un anno fa stava per essere scaricato da i suoi alleati, ogni tanto usciva con un idea diversa, ogni giorno dava un nuovo nome al suo partito, magari tra la folla su predellino della macchina, ad ogni votazione al Parlamento prometteva di dare una spallata al governo Prodi, ma nonostante tutte le sue manovre per acquistare senatori, questa spallata non arrivava, e lui aveva fretta di ritornare al Governo
    In autunno convoca un vertice con i suoi alleati a Palazzo Grazioli, ma si presenta solo Rotondi, ogni giorno si sfogava in ogni trasmissione TV dando la colpa a i suoi alleati per non aver potuto fare tutte le riforme che lui avrebbe voluto, definiva la Casa della libertà “un ectoplasma”.
    In quei giorni, Fini gli rinfaccia le leggi ad personam, affermando: “Berlusconi con me ha chiuso non pensi di recuperarmi, io al contrario di lui non cambio posizione. Lui a Palazzo Chigi non ci tornera mai, per farlo ha bisogno del mio voto che non lo avrà mai più”.
    Casini gli rinfacciava oltre alle leggi ad personam anche i conflitto di interessi prendendo sempre più le distanze dal Cavaliere.
    Bossi non si muove dal suo paese Gemonio.
    Quello era il momento nel quale Veltroni avrebbe dovuto aprire un dialogo con Fini, Casini e Bossi. Invece questo dialogo il PD non lo apre con quelli che stavano scaricando il Cavaliere, ma lo aprono con l’isolato Berlusconi.
    Veltroni afferma: l’intesa con Berlusconi è indispensabile, non c’è alternativa al dialogo con lui.
    Così ogni giorno il già precario governo Prodi è sempre più traballante, fino ad arrivare alla crisi e alle votazioni. Secondo me, il ritorno del Cavaliere a Palazzo Chigi, è tutto merito dei vari Veltroni, D’Alema e compagni del PD, oltre a quello che a ben spiegato Andrea, quello di non aver fatto nessuna riforma promessa in campagna elettorale nei due anni di governo di centrosinistra.

    Pasquino 39 (elettore deluso di CS)

  2. Ho la sensazione che anche questo scritto di Andrea, eccellente nelle forma, non vada oltre l’esercizio dell’opinionista politico. Penne che tutti i giorni sfilano sulle migliori testate; quindi c’è sempre molto da leggere e tanto poi di cui discutere.
    Però a me sembrerebbe più importante, specie in una tribuna di provincia anche se WEB, dare maggior concretezza alle stesse questioni, ai medesimi interrogativi che Andrea a posto indirizzandoli con precisione. Come? Ad esempio centrandoli sui nostri politici, sugli eletti in città, in provincia, nella regione. Questo non solo per la pratica impossibilità di intervistare Veltroni o Rutelli, ma in quanto credo ci sfugga la possibilità pratica di incidere sui massimi livelli. Mentre invece rivendico il sacrosanto diritto di chiedere conto dell’operato, dei progetti, delle proposte che dovrebbero essere il loro pane quotidiano. Di questo si che debbono dar conto tanti illustri signori.
    “Tampinali” Andrea, altrimenti costoro nella calma aurea delle presenze istituzionali finiscono per sonnecchiare e per addormentarsi. Proprio sui comodi banchi di Palazzo Madama e di Montecitorio per i quali hanno ottenuto la sofferta “designazione” del partito.

  3. La speranza che da qualche parte si iniziasse un vero percorso di rinnovamento e di cambiamento della politica e della classe politica italiana c’era ma, come era purtroppo prevedibile, il pd ha invocato questo finto rinnovamento per non soccombere del tutto (ovvero i ds l’hanno fatto); insomma a mio avviso hanno fatto loro il motto di Tomasi di Lampedusa per il quale “tutto deve cambiare se vogliamo che tutto resti uguale”; peccato per l’occasione persa; del resto nel momento in cui le persone erano sempre le stesse, c’era poco da aspettarsi.
    Per di più questa operazione “salva centro sinistra” che è stata fatta, astutamente è stata pensata in uno dei momenti più oscuri della politica italiana, in cui l’addormentata società civile diveniva sempre più incazzata (anche grazie a qualche libro in circolazione) e i politici hanno ben pensato di cavalcare l’onda di tanta indignazione; insomma il risultato è stato quello di metterlo agli italiani in quel posto per la seconda volta: a giocar così con la fiducia degli elettori tuttavia, si rischia molto.
    Visto che stiamo parlando del Pd, un cambiamento è a mio avviso quasi impossibile perchè cambiare modo di far politica costerebbe al Pd un’operazione che deve essere necessariamente sociale; di cosa parlo?
    Parlo del radicamento del centro sinistra in alcune regioni italiane, laddove, bisogna ammetterlo, la sinistra è stata brava a radicarsi praticamente in quasi tutti i gangheri della società; così il cittadino romagnolo, umbro, toscano, marchigiano, per abitudine si muove all’interno di un sistema mosso da questi signori; vuoi per le feste dell’unità (che han cambiato nome ma son sempre feste di partito) vuoi per i supermercati coop, vuoi per le assicurazioni unipol e le banche; cambiare nel centro sinistra vorrebbe dire essere disposti a mollare un po’ la presa anche da queste cose; ma si sa, gli interessi in gioco ora sono troppo forti e per questo un cambiamento non avverrà mai.
    A parole i leaders nazionali hanno fatto dei bei ragionamenti, peccato solo che a livello locale non siano disposti a metterli in pratica.

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