Meritocrazia? No, grazie

Interessante dibattito, mercoledì mattina a “Omnibus” su La7, tra due professori (i giuslavoristi Pietro Ichino e Michele Salvati) e due sindacalisti (Savino Pezzotta e Giorgio Cremaschi). Si discutevano le proposte di Ichino per “alleggerire” il costo dei dipendenti statali sulle finanze pubbliche.
Da una parte Ichino, a sostenere che i nullafacenti totali, gli impuniti, i protervi vanno, se non licenziati (come peraltro prevede la legislazione vigente) almeno pagati meno dei dipendenti più efficienti, i quali invece andrebbero incentivati.
Apriti cielo. Non sia mai che s’intraveda un po’ di meritocrazia.

E giù Cremaschi a dire che il cattivo esempio viene dall’alto, dai politici, dai dirigenti, dai top manager: cosa ci si può aspettare dall’ultimo impiegatuccio ministeriale, se il suo capo se ne frega, e con lui il capo del capo, il capo del capo del capo e così via?
Ecco, siamo in Italia: la responsabilità, nel bene e nel male, è sempre dell’“autorità”.
Pezzotta ha amaramente preso atto che il Paese è allo sbando: conviene fare i furbi e adeguarsi al comportamento dei più lavativi.

Insomma, da una parte c’era il marziano, Ichino, a sostenere cose che in un Paese normale sarebbero banalità disarmanti, ma in Italia diventano bestemmie (tra parentesi: per sostenere queste “banalità”, Ichino è sotto scorta dai tempi dell’assassinio di Marco Biagi).
Dall’altra parte quelli che ne sanno sempre una più degli altri, quelli affetti da “benaltrismo”. Si fa una proposta per rendere più efficiente la pubblica amministrazione? Ben altri sono i problemi! Ben altre sono le categorie da colpire! Ben altro ci sarebbe da fare…
Ragionevolissime le proposte di Ichino, ma proprio per questo siamo condannati a tenerci Cremaschi e Pezzotta.

3 pensieri riguardo “Meritocrazia? No, grazie”

  1. Meritocrazia fa rima con buonsenso…

    …ma non in Italia.
    Io, però, continuo a sostenere e a credere che per cambiare questo mondo "paraculistico" occorre essere sempre e comunque onesti. Che non significa necessariamente apparire ingenui o essere fessi.

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