A proposito di OGM

Cari amici,
quando ho letto il pezzo sugli OGM mi sono balenate in mente diverse considerazioni, prima di tutti quella che avrei voluto dare un’occhiata alla bibliografia di riferimento. Accontentato quasi subito ho avuto una certa impressione accorgendomi che era dominante, se non esclusivo, un certo Autore, un solo nome… Tamino.

Io Tamino lo conosco bene, anzi lo conoscevo molto bene dai tempi lontani delle frequentazioni politiche e pertanto mi è passato in mente che su questa materia sarebbe stato meglio non andare a memoria, su nozioni che sono invecchiate ancor più della mia età ed ho scritto ad un giovane amico che si occupa di genetica, che ha avuto interessanti esperienze all’estero e che lavora in Italia, in ambiente universitario. Così lui mi ha girato via mail questo parere, quasi come uno sfogo (e lo comprendo bene!), aggiungendo alla fine:” Mi rendo conto che il mio e’ stato quasi uno sfogo notturno. Fanne cio’ che vuoi..”

Ecco quindi che alla richiesta di Marco ed Andrea, che avevano letto queste righe, non ho potuto dire di no. Anzi con piacere partecipo a questo dibattito perché le mie convinzioni sono anche più drastiche di quelle del giovane studioso.

Ragazzi oltre le scienze (che sono il mio terreno) studiate anche la storia, certo fate tesoro degli errori, ma per paura non restate ancorati nel porto senza mai prendere il largo. L’assoluta certezza dell’inesistenza dei rischi non cè mai per nessuno, in nessuna materia. Ogni passo della vita richiede decisioni e sofferenze. Lasciatevelo dire da chi – a ragione dell’età – ha sbagliato, ma anche avuto qualche soddisfazione.

Un saluto
Gianluigi Mazzufferi

Tamino e’ tristemente noto tra i genetisti agrari, in quanto portatore di un punto di vista “ideologico” sulle biotecnologie.
I pericoli che ci minacciano, apocalittici, secondo l’articolo, non sono secondo me concreti.

La questione della brevettabilità della materia vivente non piace neanche a me, ma gli investimenti (notevoli) per portare in campo una varieta’ coltivata con caratteristiche veramente buone devono pur essere compensati, altrimenti si ferma tutto, con buona pace di Tamino. Che cosa fa lui per la avitaminosi A nei paesi poveri? I soldi per il Golden rice li ha messi prevalentemente la fondazione Rockefeller, che ha scopi umanitari. Secondo me sono stati soldi spesi piuttosto bene.

Il Golden rice non risolve certo tutti i problemi, ma e’ un aiuto da affiancare al miglioramento della dieta che certamente deve essere realizzato. Le multinazionali che detengono i brevetti hanno accettato di non riscuotere royalties nei paesi poveri, ma solo in quelli ricchi. Potrykus, il leader del gruppo di ricerca, oggi in pensione, ha sviluppato riso arricchito di beta carotene (e anche di ferro) anche con altri metodi per aggirare vincoli di brevettazione.

Quello che mi sorprende e’ l’accanimento con cui Greenpeace e altri si oppongono all’introduzione di questo riso: cosa c’e’ da perderci? non si tratta mica di una sola varieta! saranno molte e molte varieta’ adattate ai diversi ambienti, ma tutte con questa nuova caratteristica, e chi non le vorra’ trovera’ anche le varietà non GM !!
Perche’ non mangiano riso integrale? Credo per le stesse ragioni per cui non ce lo mangiamo noi. Non credo che le multinazionali abbiano imposto la raffinazione del riso in tutto il mondo, questo fa veramente ridere. Così come la bassa qualità nutrizionale del riso della rivoluzione verde: questa e’ veramente grossa: Tamino forse vorrebbe tornare alle varietà locali antiche, che producevano una frazione di quello che producono le varietà moderne !! I grandi difensori della biodiversità hanno tutti la pancia piena. Perche’ milioni di agricoltori, anche a livelli di sussistenza, coltivano con soddisfazione piante GM resistenti ad insetti o a diserbanti ? Forse perche’ trattano meno (drastica diminuzione di intossicazioni da insetticidi tra gli agricoltori cinesi, drastica riduzione dei consumi di carburanti e forte del consumo di diserbanti in USA e altrove), producono e guadagnano di piu’ (anche considerando il maggior costo dei semi delle varietà GM, che comunque non sono le sole sul mercato!).

La realta’ e’ che senza le varietà moderne di cereali oggi ci sarebbe molta piu’ gente che soffre la fame, e le varietà GM vengono coltivate ogni anno di piu’ non certo soltanto perche’ le promuove Monsanto e i suoi amici, ma soprattutto perche’ gli agricoltori le vogliono coltivare perche’ gli conviene (vedi www.isaaa.org).

Ormai tutti sono d’accordo che l’aumento della produzione di cibo non potra’ essere sostenibile se realizzato mettendo a coltura nuove terre. Si deve produrre di piu’ sulla terra oggi coltivata, magari recuperando quella impoverita dalla cattiva pratica agricola. Per questo le biotecnologie possono dare un grande aiuto: esistono gia’ piante rese resistenti al sale o all’acidità del terreno.

Ma il resto del mondo l’ha capito, e pure la Chiesa Cattolica. I nostri ambientalisti stanno veramente facendo una battaglia di retroguardia. Io poi non ne posso piu’ di sentire parlare di prodotti tipici e locali. La patata e il pomodoro non erano tipici prima del 1500 ! Quella e’ roba molto bella ma da ristoranti costosi e da gente che ha tempo e soldi. Bisogna avere l’onesta’ di ammetterlo, e di dire che l’umanità non puo’ campare di agricoltura biologica, a meno, forse, di non diventare tutti subito vegetariani. Per me non sarebbe un grosso problema, ma non mi sembra che si possa fare facilmente o imporre per decreto.

Le piante GM sono supercontrollate, anche troppo: io se vedessi scritto “contiene OGM” su un’etichetta comprerei piu’ volentieri. l’introduzione di geni di diversa provenienza non mi turba affatto, il codice genetico e’ universale e le proteine prodotte sono note. Tutta l’agricoltura e’ una manipolazione profonda dell’ambiente, un’attività artificiale. Chi deve decidere il limite? I ricercatori devono avere voce in capitolo o no? Per i nostri politici pare di no, visto che si scelgono i consulenti tra quelli contro gli OGM, trascurando il parere di autorevoli società scientifiche specializzate (vedi www.siga.unina.it).

Il Prof. Sala ha scritto un libretto molto documentato, molto pro OGM ma secondo me molto franco e largamente nel giusto: “Gli OGM sono davvero pericolosi?” Universale Laterza, 2005. Te lo consiglio.

Scienza, Società, Biotecnologie

Il periodo storico che stiamo vivendo può essere tranquillamente definito come “l’epoca delle biotecnologie”: biotecnologie che promettono di trasformare il nostro pianeta per far scomparire malattie, fame, povertà, mettendo allo stesso tempo in discussione le radicate basi morali della cosiddetta “società occidentale”.

Tematiche quali la clonazione umana, l’utilizzo delle cellule staminali, gli organismi geneticamente modificati (OGM) evidenziano oggi, come mai prima d’ora, tutte le contraddizioni e i paradossi di cui è vittima una scienza senza limiti e priva di controllo. La biologia che promette un’illimitata palingenesi fornisce nel contempo le basi teoriche e pratiche per la produzione di strumenti veramente “micidiali”: non si tratta di rinverdire i fasti della teoria che vuole le ricerche ed i risultati della scienza sempre positivi e la loro utilizzazione soggetta al “buono” o al “cattivo” uso, ma di capire che disgiungere i risultati della scienza dalla loro utilizzazione pratica significa separare la scienza dal suo contesto sociale. Corollario della natura della scienza, infatti, è il sacrosanto diritto dei cittadini “comuni” di discutere dei fatti della scienza e di decidere di volta in volta se questa rappresenti un “progresso” od un “limite”, senza così soggiacere a impostazioni autoritarie tecnicistiche e specialistiche legate più agli interessi di pochi (leggasi multinazionali del settore “Biotech”) che a quelli della collettività.

Quando si parla di biotecnologie spesso si fa una gran confusione, con il rischio di non riuscire a discernere le complessità e le diversità di ogni singola tecnica oggi in uso. Proviamo a fare “ordine” con una breve sintesi.

E’ certamente una biotecnologia il “miglioramento” di una specie vegetale attraverso incroci e selezioni all’interno della stessa specie, arrivando in tempi relativamente brevi ad una pianta in grado, ad esempio, di produrre lo stesso frutto ma in situazioni ambientali diverse o con una resa superiore. D’altra parte, è sicuramente una biotecnologia la modificazione genetica – sempre per finalità produttive – di una pianta nel cui DNA è stato inserito un gene estraneo, proveniente da un’altra specie vegetale o, addirittura, da una specie animale.

C’è però una grande, importante differenza: nel primo caso si copia, anche se con finalità molto diverse, quello che la natura, con la selezione naturale, mette in opera quotidianamente in risposta alle pressioni ambientali e alle mutazioni genetiche proprie di ogni singola specie; si lavora sulla genetica della pianta, dunque, ma non si inseriscono “pezzi” di DNA estranei alla specie stessa. Nel secondo caso, invece, si infrange una vera e propria “barriera naturale” andando a modificare il patrimonio genetico di un vivente – che ha quella particolare, unica, irripetibile e stabile configurazione genetica ottenuta grazie al risultato dei processi evolutivi durati anni e anni ed ancora in corso – inserendo nel suo DNA uno o più geni provenienti da una specie diversa che, spesso e volentieri, è separata da milioni di anni dal punto di vista filogenetico. Una tecnologia già di per se aberrante e senza controllo che purtroppo ben si sposa con finalità legate alla bieca commercializzazione di questi nuovi “oggetti viventi” così ottenuti e brevettati, i tanto famigerati organismi geneticamente modificati. 

In questa sede non voglio appesantire troppo le mie riflessioni andando a ribattere, con argomentazioni motivate, ai presunti benefici degli OGM tanto sbandierati dai loro sostenitori. Argomento che conto di riprendere in una prossima “puntata” sul tema. Mi piace riportare, però, un solo esempio che considero veramente significativo e illuminante rispetto alla sincerità, all’indipendenza intellettuale e alla buona fede dei brillanti ricercatori pro-OGM e delle lobbies ad essi colluse: l’emblematico caso del “Golden Rice”, ovvero quando si specula sulle gravi e reali situazioni di denutrizione in vaste aree del Terzo Mondo per ottenere consenso popolare ed enormi vantaggi economici.

Il Golden Rice è una “meravigliosa” varietà di riso raffinato ad alto contenuto del precursore della vitamina A (il beta-carotene) che gli scienziati pro-OGM hanno creato in laboratorio per salvare dalla fame, una volta per tutte, i poveri delle regioni africane, asiatiche e dell’America latina, nelle cui popolazioni è stata da tempo riscontrata un’alta deficienza proprio di vitamina A (specialmente nei bambini), correlata ad altre carenze di micronutrienti (come ferro, iodio e zinco).

Il riso è uno dei principali, se non l’unico, alimento-base di queste popolazioni: l’avitaminosi è dovuta sia alla graduale sostituzione delle migliaia di varietà di riso integrale coltivate (più di 10.000 nel 1949) con le attuali due sole varietà raffinate il cui valore nutrizionale si è notevolmente ridotto, sia alle condizioni di assoluta povertà. Questi sono alcuni degli effetti della cosiddetta “rivoluzione verde” (che ha come principio base la monocoltura) e della reiterata proposizione di modelli agrari insostenibili (leggasi “neocolonialismo economico”) che hanno costretto a modificare le tradizionali pratiche agricole locali e, di conseguenza, i modelli agro-nutrizionali delle popolazioni rurali, per la sovrapproduzione che vola verso il “Nord” del mondo. Nel caso del riso, per ragioni commerciali legate alla domanda del mercato occidentale, questo viene privato dello strato esterno di aleuroni naturalmente ricco in provitamina A: l’involucro esterno, infatti, tende ad irrancidirsi durante lo stoccaggio, specialmente nelle aree tropicali.

Ebbene il riso OGM “arricchito” con beta-carotene, che viene in apparente soccorso al modello commerciale che colpisce duramente lo stato nutrizionale delle popolazioni locali, è il prodotto di 10 anni di costosissime ricerche (circa 100 milioni di dollari) grazie alle quali si è “costruita” una pianta nel cui DNA sono stati inseriti geni e materiali genetici provenienti principalmente dal virus del mosaico del cavolfiore CaMV e dal batterio del suolo Agrobacterium tumefaciens (responsabile di molti tumori vegetali). In questa varietà di riso, dunque, si ritrova in piccole quantità il beta-carotene che si è perso con le moderne tecnologie di raffinazione, ma anche tutta una serie di prodotti non identificati e non caratterizzati (proteine, geni, ecc.) dei quali, ovviamente, non si sa nulla né sul loro valore nutrizionale, né tantomeno sulla loro tossicità e stabilità.   

Multinazionali del Biotech finalmente benefiche e fame del mondo almeno parzialmente sconfitta ? Non proprio.
Quello che non viene sapientemente detto né divulgato da chi sta facendo fruttare i circa 70 brevetti sul Golden Rice (…pensavate fosse gratuito ?) è che, vista la quantità di beta-carotene del riso OGM, una dieta normale (di circa 300 grammi di riso al giorno) fornirebbe solo l’8% della quantità giornaliera di questa preziosa provitamina A raccomandata dai nutrizionisti. E cioè: una donna in fase di allattamento dovrebbe nutrirsi con circa 18 kg di riso cotto al giorno per ottenere la quantità di beta-carotene che le è necessaria !

Se qualcuno pensasse “…meglio poco che niente…” è bene che rifletta anche sul processo fisiologico di trasformazione del beta-carotene in vitamina A. Infatti una volta ingerito, il precursore vitaminico deve essere trasformato dall’organismo e questo non avviene se la dieta è troppo povera di grassi, proteine, zinco e vitamina E; dunque …. i poveri del Terzo Mondo rischiano di non utilizzare nemmeno quel poco di beta-carotene contenuto nel Golden Rice a causa delle note carenze alimentari. E questo evidenzia ancor di più, se mai ce ne fosse stato bisogno, che ai problemi provocati da una tecnologia si risponde proponendo una nuova biotecnologia, ignorando completamente che esiste una realtà soggiacente al mondo artificiale. Una realtà che chiede soluzioni che l’approccio ipertecnologico non potrà mai fornire.

In conclusione a queste mie considerazioni, non posso non far notare come oggi quello che manca è un serio approfondimento a vari livelli del rapporto “uomo-natura” e dell’effetto sulla nostra identità di un mondo naturale svilito a risorsa da rapinare e a recipiente di prodotti a presunto “alto valore aggiunto”, ottenuti dalla cruenta trasformazione/modificazione del patrimonio genetico degli esseri viventi. In questo contesto la commercializzazione della scienza ed i rapporti sempre più stretti tra università ed industria aventi finalità stile … do ut des …, stanno minando la fiducia del “grande pubblico” verso la scienza e gli studiosi, verso una ricerca scientifica che obbedisce agli interessi economici, alle nuove regole sulla brevettazione, alla moderna pirateria che preda le risorse genetiche del Terzo Mondo.

Le splendide certezze di un avvenire migliore, di un “progresso” legato al consumismo che fa rima con benessere e che scienza ed economia pubblicizzano incessantemente con il più o meno tacito placet dei politici di turno, sono continuamente smentite dalla dura, e spesso drammatica, realtà vissuta dalla maggior parte del genere umano; certezze che svaniscono giorno dopo giorno nel fallimento di un progetto “cosmetico” inteso a modificare ed abbellire i clamorosi insuccessi di una grossa parte del sapere ipertecnologico (vedi il caso degli OGM) sempre più lontano dai bisogni quotidiani della gente.
Il nostro ruolo di “cittadini-consumatori informati, critici e consapevoli” è quello di continuare ad essere informati e fare controinformazione per spingere i nostri politici, i nostri amministratori, i nostri concittadini più “ignavi” verso valori quali la tutela della natura e della biodiversità, la giustizia sociale, la solidarietà ed il rispetto della vita in ogni sua forma. Senza per questo essere tacciati di oscurantismo o di essere definiti nemici del “progresso”, proprio come gli oppositori al riso OGM “Golden Rice” sono stati definiti.

David Fiacchini
Biologo
[dr.fiacchini@libero.it]

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Ladri di geni. Dalle manipolazioni genetiche ai brevetti sul vivente.
Gianni Tamino, Fabrizia Pratesi.
Editori Riuniti

Etica, biodiversità, biotecnologie, emergenze ambientali.
Gino Ditaldi, Margherita Hack, Gianni Tamino.
Edizioni Isonomia.

Le biotecnologie. Atti del seminario di Roma, 24 settembre 1999.
Ministero dell’Ambiente,
Supplemento al mensile “l’ambiente informa” n. 11 – 1999.

Riso transgenico dilemma cinese (Gianni Tamino).
Altreconomia, n. 59, marzo 2005, pp.14-16

Coltivazioni transgeniche e lobbies OGM: Alemanno, il pesto, il decreto indigesto (Gianni Tamino).
Gaia, n. 22/2004, inverno 2005, pp. 16-19

Soia OGM in Argentina: un fallimento annunciato (Sue Bradford).
Gaia, n. 22/2004, inverno 2005, pp. 18-19
(giornalista del NEW SCIENTIST; www.newscientist.com)

RISORSE IN RETE:

www.lescienze.it/index.php3?id=10454
Le Scienze: "Politico blocca studi sugli OGM"

www.greenpeace.it
Greenpeace, uno dei più grandi movimenti ambientalisti del mondo

www.ciboogmnograzie.it

www.equivita.it
Equivita, Comitato Scientifico Antivivisezionista

www.genet-info.org
GENET, rete internazionale informatica che riporta notizie su geni e OGM.

A proposito di libertà dei cattolici…

L’8 marzo ho letto su Vivere Senigallia un intervento del prof. Gianfederico Tinti (responsabile cultura del coordinamento comunale Forza Italia) sulla libertà dei cattolici. Tinti sposa le posizioni della Curia senigalliese e del vescovo Mons. Orlandoni: bisogna rifiutare un «coinvolgimento diretto o indiretto del clero nelle questioni politiche, perché la missione della Chiesa riguarda la dimensione sociale, la concretezza delle situazioni di disagio, la vicinanza agli “ultimi”, l’aspetto caritativo dell’esistenza».

La Chiesa, continua Tinti, deve prendere «distanza dagli schieramenti in campo, perché al giorno d’oggi nulla sarebbe più disdicevole e controproducente di certo clero sindacalizzato e politicizzato, […] che tessa la trama del do ut des nel buio di qualche canonica; no, la scelta politica e amministrativa spetta al laicato, che, alla luce dei valori fondamentali cristiani […] opera le sue scelte in libertà di coscienza».

Vorrei fare alcune osservazioni semplici semplici.
Innanzitutto una curiosità: quelle frasi valgono solo per Senigallia oppure sono vere in generale? Perché delle due l’una: se ciò che vale per Senigallia non vale per l’Italia, si spieghi il perché; altrimenti ne deduco che il prof. Tinti non la pensa come le gerarchie vaticane e c’è da aspettarsi qualche sua dura critica verso di loro. Mi sembra, infatti, che nel nostro Paese l’andazzo non sia esattamente quello che il prof. Tinti dipinge nel suo articolo.

Un esempio recente.
Lo scorso 17 gennaio, a Bari, la Conferenza Episcopale Italiana, per bocca del suo presidente cardinale Camillo Ruini, ha ribadito la legittima e sacrosanta contrarietà alla modifica della legge 40/2004 sulla procreazione assistita; per i prossimi referendum la CEI ha invitato i cattolici ad «avvalersi di tutte le possibilità previste». A cosa si riferiva il cardinale? A chiarire il concetto, per chi ancora non lo avesse capito, ci ha pensato lo stesso Ruini il 7 marzo, con un’esplicita «indicazione di non partecipare al voto». «Non si tratta in alcun modo», spiega il prelato, «di una scelta di disimpegno, ma di opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità».

Passi pure la solita tiritera sul fatto che la materia è troppo complicata per i referendum, il Paese si spacca, la gente non capisce. La storia dimostra (ad esempio col divorzio) che quando la gente è stata messa in condizione di decidere non solo ha capito ma ha votato con libertà di coscienza, laicamente. Il Paese non si è spaccato, e soprattutto i cattolici hanno saputo distinguere tra le proprie convinzioni religiose e le leggi dello Stato. Per inciso, la complessità o la semplicità di una materia la decide Ruini?
Non m’interessa neppure discutere se sia giusto o sbagliato non andare a votare. Il discorso ci porterebbe lontano: bisognerebbe capire come mai l’astensione ai referendum è legittima – e lo deve essere, ovviamente – però poi alle elezioni, quando si tratta di poltrone e rimborsi elettorali, bisogna fare una “scelta di campo” e correre tutti alle urne. Ma lasciamo stare.
Rinuncio anche ad entrare nel merito dei 4 referendum sulla procreazione assistita, che voteremo in primavera. Si tratta di questioni di coscienza che afferiscono alla Vita e alle vite concrete di milioni di persone. Sperando che l’informazione sia adeguata, ognuno farà la propria riflessione e sceglierà.

Per il momento, mi interessa “solo” una questione di forma. D’altra parte, cosa sono la legge e la legalità, se non anche e innanzitutto forma?
L’articolo 2 del Concordato Lateranense dice che «la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione». Queste e non altre sono le materie di intervento riconosciute alla Chiesa e ai suoi organi.
Con ciò non si sta togliendo alla Chiesa il diritto di diffondere i precetti della morale cattolica; non la si vuole privare della facoltà di sostenere che l’embrione è una persona e in quanto tale portatore di diritti; tanto meno si nega ai cattolici la libera manifestazione del pensiero. Sarebbe da pazzi solo pensare cose del genere. Qui si sta dicendo che non spetta alla Chiesa né alla CEI entrare nei meccanismi politici e legislativi dello Stato italiano, e mettere il naso nei dettagli tecnici del voto referendario, prescrivendo agli elettori il comportamento da tenere: se votare, come votare, o se andare al mare.
Prof. Tinti, tutto ciò non le pare un «coinvolgimento diretto o indiretto del clero nelle questioni politiche»? Quella che Lei chiamerebbe «distanza dagli schieramenti in campo» a me sembra piuttosto una militanza esplicita e faziosa.
In un altro paese, un paese con un minimo di coscienza laica, non ci avrebbero nemmeno provato. Si sarebbero perlomeno alzate delle voci, l’opinione pubblica se ne sarebbe accorta e indignata, molti avrebbero fatto notare l’indebita ingerenza. Il Governo avrebbe inviato una nota formale di protesta al segretario di Stato Vaticano.
Invece niente, tranne qualche voce isolata sui quotidiani. Evidentemente oltre Tevere sanno di potersi permettere queste uscite, sanno che gli andrà bene, che nessuno gli chiederà conto di nulla. Ma se lo fanno è anche perché hanno paura: tanta è la loro fiducia nell’unità dell’elettorato cattolico che temono persino di farlo esprimere.

Nota: Quest’articolo è stato anche pubblicato il 10/03/2005 su Vivere Senigallia.