Sei accreditato?

Oggi mi è arrivata questa e-mail dall’ufficio stampa del Comune di Senigallia:

Come saprete, dal corrente mese di gennaio nell’Aula consiliare sono collocate delle telecamere per poter offrire a chiunque la possibilità di assistere in diretta alle riprese delle sedute del Consiglio Comunale attraverso il sito internet dell’Ente.

In coincidenza con questo evento, che vedrà la sua attivazione in via sperimentale fin dalla prossima seduta, il Comune di Senigallia ha avviato anche un’operazione di accreditamento formale di tutte quelle testate (quotidiani, emittenti televisive o radiofoniche, singoli giornalisti o organi di informazioni on line) che siano interessate ad effettuare riprese video nell’Aula consiliare.

Chiunque voglia dunque accreditarsi a tal fine, può farlo semplicemente inviando una comunicazione scritta alla Presidenza del Consiglio (presidente.consiglio@comune.senigallia.an.it).


Accanto alla (realmente) ottima scelta di trasmettere in streaming le sedute consiliari, c’è questa perla del diritto: chi vuole riprendere in aula deve “accreditarsi”. Deve far sapere ai presenti che lui è li. Deve poter permettere a chi non lo gradisca, di uscire dall’aula.
Se ne deduce che chi non è “accreditato” non potrà riprendere nulla. O meglio, lo farà e basta, come è accaduto a Luca Conti lo scorso agosto.

Stai pensando ad un buon motivo per cui questa regola ha senso? Scrivilo qui, in un commento.

8 pensieri riguardo “Sei accreditato?”

  1. Io sto pensando ad un buon motivo ma non mi viene proprio in mente; probabilmente si spaccia questa come una necessità organizzativa o cose del genere; insomma una giustificazione (formale) si trova sicuramente.
    Comunque ben venga la possibilità di vedere le riprese del consiglio comunale.

  2. Questa naturalmente non è una risposta ufficiale al tuo quesito, altri risponderanno, però cerco di trovarne un senso.
    L’accredito è comodo per chi vuol far riprese abitualmente e può quindi evitare di fare una comunicazione ogni volta che vuol riprendere una seduta.
    Ma forse la questione che poni è un’altra: perchè uno che riprende una seduta deve comunicare la sua identità, le modalità di diffusione ecc.?
    Non voglio annoiare nessuno ricordando le infinite discussioni in commissione e in conferenza di capigruppo per definire questi aspetti, dico solo che sono emerse posizioni molto diverse, da quelle più liberali a quelle più “protezionistiche”.Non credo interessi a qualcuno la mia posizione o quella di altri, la discussione alla fine ha prodotto dei risultati che sono, evidentemente, una sintesi possibile. Non necessariamente la migliore.
    I punti rilevanti mi sembrano questi:
    Ovviamente nessuno può (e vuole) impedire ad un cittadino di riprendere una seduta o scattare delle foto in consiglio, la questione si pone per la diffusione delle immagine, per la quale ci troviamo in un groviglio di norme di diritto pubblico e privato che sicuramente non facilitano la soluzione dei problemi, per cui la semplice riproduzione di un fatto assolutamente reale e pubblico può comportare dei problemi, in primo luogo per chi divulga le immagini. E’ una assurdità ma è così.
    Anche il recente riordino delle normative per gli organi di informazione non ha sciolto tutti i dubbi, specialmete per il mondo dei blog, che rischiano di pagare le storture del nostro sistema di informazione senza riceverne in cambio nessun beneficio.
    Forse perchè ad oggi non si riesce a definire il blog, è un mezzo di informazione oppure no?
    In attesa che si formi una consapevolezza diffusa su cosa siano i blog credo sia utile non rimanere in mezzo al guado. Se tra i tanti blog che esistono, qualcuno intende fare qualcosa che in qualche modo somiglia ad una informazione, oggi è possibile farlo. Che si chieda, a chi vuol farlo, di lasciare le proprie generalità, non mi sembra uno scandalo, in fondo ad altri organi di informazioni è richiesto molto di più: codice deontologico, diritto di replica, ecc.
    Secondo me esiste la possibilità, a Senigallia, di aggiungere un tassello a questo mosaico, di fatto si può dire che, almeno per quanto riguarda le riprese in consiglio, i blog vengano elevati al ruolo di mezzi di informazione.
    E’ naturalmente una opzione,si faccia avanti chi è interessato.
    Detto questo, per ora mi fermo quì, la prassi è sicuramente in via sperimentale, per cui ,massima disponibilità a tutti i contributi.

  3. La questione si pone per la diffusione delle immagine, per la quale ci troviamo in un groviglio di norme di diritto pubblico e privato che sicuramente non facilitano la soluzione dei problemi

    Non vedo allora perché il Comune debba aumentare l’entropia, pretendere di regolamentare qualcosa che rientra già abbondantemente nella sfera del diritto pubblico e privato.

    chi vuole fare le riprese si accrediti e buonanotte

    Ciò che per Maddeché è da sempre lana caprina, per me è una questione di principio (ma sono io che forse ragiono all’antica).

    Il principio affermato a Senigallia è che una seduta pubblica del primo organo rappresentativo della città non è davvero pubblica. Questo perché, sic et simpliciter, nell’epoca di YouTube, dei cellulari e dei blog, ciò che non è pubblicabile non si può dire compiutamente pubblico. O sbaglio?

  4. Concordo con quanto dice Marco; siamo ad un livello di assurdità notevole perchè, pur non volendo sviare dall’argomento, in questo paese c’è il rischio che tutte le nostre conversazioni private siano ascoltate e registrate ma poi, quando si parla di divulgare l’attività di un’assemblea pubblica, eletta dai cittadini si creano mille problemi e difficoltà.
    Anche dopo la risposta del consigliere Curzi mi rimane un dubbio: non sarebbe possibile non prevedere alcuna forma di comunicazione?
    Sarebbe una formalità in meno e una libertà in più; perchè se non è una necessità imposta è solamente un formalismo, o se preferite chiamatela inutile burocrazia.

  5. Gabriele, io imposterei la questione in altri termini senza fare la solita polemicuccia politica, peraltro completamente inconsistente come ti mostrerò fra un attimo.
    Qui si tratta d’affermare una questione di principio, che come tutte le questioni di principio può sembrare oziosa e superflua: non possono esistere atti pubblici che non siano anche pubblicabili.
    Ciò deve valere per la ripresa delle sedute del Consiglio Comunale senza fitri o accrediti, ma anche per le intercettazioni.
    La propaganda ci dice che siamo tutti intercettati, che l’Italia ha l’emergenza intercettazioni. Invece il problema è del nostro presidente del consiglio e di una ristretta cerchia di inquisiti. Non so tu, ma io la mattina quando mi sveglio non ho come primo pensiero quello di essere intercettato.
    E comunque, le intercettazioni che sono state diffuse con grande “scandalo” erano tutti atti pubblici non coperti da segreto. Dovresti saperlo meglio di me.
    La vergogna che il governo da te votato sta apparecchiando (“votato” è una parola grossa, visto che si sono autonominati prendendo per il naso pure te che hai fatto il segno sulla scheda) è quella di limitare la realizzazione di intercettazioni e soprattutto proibirne la pubblicazione, cioè fare in modo che ci siano atti pubblici ma non pubblicabili.
    Questa ti sembra libertà?

  6. Se permetti è abbastanza paradossale che chiunque possa venire intercettato e finire sui giornali solo perchè parla con una persona inquisita; non è la mia prima preoccupazione la mattina me è possibile che accada, anche a te.
    Sono finite sui giornali conversazioni su delle sciocchezze indicibili.
    Siccome c’è un articolo della Costituzione (il 15) il quale dice che la libertà di comunicazione è inviolabile, bisognerebbe mettere un freno a certe azioni che si trasformano in violazioni della privacy.
    Il paradosso comunque sta nel fatto che questo è possibile mentre per riprendere una seduta di un consiglio comunale, organo votato dai cittadini, siano necessarie autorizzazioni o comunicazioni.

  7. Concordo col commento 7 di Gabriele (che quando non si esibisce nel dare addosso indiscriminatamente a tutti i barbuti intabarrati e al loro Corano lo trovo delizioso) e aggiungo per Andrea Scaloni: proprio sicuro che “E comunque, le intercettazioni che sono state diffuse con grande “scandalo” erano tutti atti pubblici non coperti da segreto.”?. Cioè, mi faccia capire, se Vittorio Emanuele di Savoia o Pinco Pallino telefona a un suo compare perché gli trovi delle donnine allegre per sollazzarsi, questo diventa ipso facto un “atto pubblico” appena il maresciallo intercettatore trascrive la conversazione? Alla faccia del cosiddetto “segreto istruttorio”, nonché della privacy dei cittadini – e dei loro peccati, non reati – in un regime che – stando almeno alla Costituzione Italiana – non dovrebbe essere simile a quello degli ayatollah!

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