Quelle dighe non dovevano crollare

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un programma della BBC che parlava di uno storm surge (stesso fenomeno verificatosi a New Orleans) capitato nel 1953 nel Mare del Nord.

Uno storm surge è un innalzamento del livello marino provocato dall’azione del vento sulla superficie marina in concomitanza con una bassa pressione atmosferica. Quello storm surge di circa 3 metri di altezza (senza contare il normale effetto di marea) provocò 307 morti sulla costa orientale dell’Inghilterra e circa 1800 in Olanda. Per non parlare dei danni alle abitazioni e all’agricoltura. Lo storm surge risalì persino il corso del Tamigi e alcuni quartieri di Londra furono inondati.
A seguito di quella catastrofe, favorita da inadeguate strutture a protezione di aree situate sotto il livello del mare,  grandi opere di difesa furono costruite sia in Olanda (l’imponente piano Delta, un vero e proprio gioiello di ingegneria idraulica) che in Inghilterra (paratoie mobili alla foce del Tamigi, innalzamento e consolidamento delle difese costiere nelle aree depresse del Norfolk, sistemi di previsione e monitoraggio del fenomeno).

Rimango pertanto stupito nel leggere che a difesa di una città come New Orleans, situata sotto il livello del mare e circondata su tutti i lati dall’acqua, fossero previsti solo dei semplici argini, di cui alcuni in terra.

Differentemente da quanto pensato da molti, non sempre è pratica ingegneristica costruire opere che non collassino mai. Infatti non sempre è possibile o economicamente fattibile evitare una qualche forma di rottura o collasso. Perciò il progettista cerca di condurre il collasso laddove questo crei meno danno.
Tanto per fare un esempio: le case di civile abitazione in cui noi tutti viviamo vengono progettate per non subire danni in caso di terremoti “normali”, subire danni lievi in caso di terremoti “forti” e subire danni pesanti ma non tali da provocare il collasso della struttura in caso di terremoti “catastrofici”.

È però vero che per strutture considerate di importanza strategica un tale approccio non è accettabile. È richiesto qualcosa di più, in quanto tali opere devono garantire la perfetta agibilità anche in condizione di catastrofe. Tra queste, tanto per citarne alcune: ospedali, caserme, ponti, dighe, centrali atomiche e via dicendo.

In altre parole una diga, soprattutto una diga eretta a protezione di una città come New Orleans, non doveva collassare. E parliamo di un uragano forza 3, quindi non la massima.
Non tutti sanno che la tristemente famosa diga del Vajont non è collassata, pur essendo stata  sottoposta a carichi eccezionali. Lì purtroppo l’errore, altrettanto grave, fu quello di costruire un bacino in corrispondenza di versanti instabili.

Chiudo con due citazioni di due miei professori dell’università:

  1. L’ingegnere impara dagli errori degli ingegneri che l’hanno preceduto
  2. L’ingegnere non deve inventare, deve copiare (quel che di buono han fatto altri)

Sembra che negli USA qualcuno (gli ingegneri o i governanti?) si sia dimenticato di questi semplici principi.

3 pensieri riguardo “Quelle dighe non dovevano crollare”

  1. Re: Sembra che negli USA

    [quote=petto]Sembra che negli USA qualcuno (gli ingegneri o i governanti?) si sia dimenticato di questi semplici principi.[/quote]

    Leggendo varie cronache sull’accaduto, sembra che alcuni centri scientifici, tra cui una vicina base della NASA (inondata anch’essa), avessero predetto tale catastrofe e richiesto già da anni degli stanziamenti per piani di messa in sicurezza degli argini.
    Solo che questi stanziamenti vennero dirottati dall’amministrazione Bush indovinate per cosa?
    Già, proprio per la guerra in Iraq e per il piano di difesa anti-terrorismo.
    Solo che neanche il più bravo terrorista avrebbe potuto pensare e realizzare un disatro di così enormi proporzioni!
    Fa anche riflettere la ritrosia americana a firmare il piano di Kyoto sulle emissioni inquinanti.
    Sembra infatti che sia proprio l’effetto serra a riscaldare il golfo del Messico, innalzandone il livello e dando maggiore energia agli uragani.
    Come possiamo notare, tutti i nodi prima o poi vengono al pettine e, se consideriamo che la stima di 30 miliardi di dollari di danni è solo parziale, che una città grande come Milano è stata praticamente spazzata via dalle carte geografiche e che la produzione americana di greggio è stata duramente colpita a causa del danneggiamento di piattaforme e di raffinerie, sembra lecito affermare che una più attenta politica ambientale avrebbe richiesto sicuramente una spesa minore!

    1. C’è un modo di dire C’è un modo di dire tra la nostra gente che rende bene l’idea di quello che è accaduto a me leggendo prima l’articolo di Petto e poi il commento di Gaspa. “Toccar il culo alla cicala!” e si, proprio così, una gran voglia di approfondire e anche di criticare severamente qualcuna delle notizie riportate in questi giorni dai media. Comunque vi prometto che farò uno sforzo ed il mio commento sarà breve.
      Quanto scrive l’ingegnere ovviamente delinea quello che dovrebbe accadere in teoria e lascia trasparire un po’ di meraviglia per il fatto che “fossero previsti solo dei semplici argini, di cui alcuni in terra.” Non so come l’avrebbero presa gli ambientalisti americani se quegli argini fossero stati realizzati, magari in cemento armato! Agli ingegneri, per bravi che siano, vengono dati non solo limiti di budget, ma anche delle specifiche di progetto che talvolta rispondono alla mediazione di diversi criteri. Per fare un esempio in loco, qui nella valle della Misa, come forse qualcuno ricorda, ci fu uno straripamento delle acqua non molti anni fa a seguito del cedimento di un argine. Pare che lo stesso sia collassato a seguito di infiltrazioni di acqua nelle piccole gallerie scavate alla base dalle volpi o dai tassi. Pertugi difficili anche da vedere e tanto più da chiudere…pur se alcuni cacciatori approfittarono subito per affermare che se fossero state fucilate tutte le volpi il guaio non si sarebbe verificato.
      Il commento di Gaspa la butta sulla politica ed a proposito degli ingenti fondi necessari per le opere di regolazione idraulica così scrive.” questi stanziamenti vennero dirottati dall’amministrazione Bush… proprio per la guerra in Iraq e per il piano di difesa anti-terrorismo”. Non so se questa sia l’esatta versione dei fatti, ma è altamente probabile e si potrebbero trovare anche i necessari riscontri.
      Così io mi sento spinto a fare un paragone con casa nostra, con la nostra città e per problemi del tutto analoghi. Penso subito al fiume Misa, all’incuria dei fossi e delle scoline in campagna, al quartiere “basso” dello Stradone Misa, alle miserie da pochi centesimi che vedono pressoché tutti i tombini occlusi e nessuno che mai li pulisce. Premesso che ci sono responsabilità gravissime, denunciate anche alla Magistratura dal locale Comitato dello Stradone, riferibili a chi ha amministrato mi chiedo perché mai il Sindaco Angeloni, cioè il nostro Bush, non decida (visto che tra l’altro è decisionista) di annullare per un paio d’anni tutte le spese relative all’effimero, contributi ai fiancheggiatori, le cosiddette spese di rappresentanza per disporre delle risorse necessarie a risanare ed a mettere in definitiva sicurezza gli abitanti e le case. Questi si davvero “affogati” nell’ansa del fiume Misa. Non sarà il Missisipi, ma qualcuno di noi più avanti negli anni ha buona memoria di cosa significhi la “fiumana”.
      Rinvio ad una prossima occasione il commento sull’effetto serra, il protocollo di Kyoto, le catastrofi naturali e cosucce del genere.
      Infine per alleggerire le chiacchiere mando a Scala un paio di foto di New Orleans e del Missisipi. Spero che sia possibile inserirle qui. Sono state da riprese, a bordo di un piccolo aereo da turismo, quando qualche anno fa mi sono recato da Marco negli USA ed ho svolazzato in lungo e largo sul Golfo del Messico.

      1. Caro Gianluigi,tu

        Caro Gianluigi,

        tu scrivi:

        [quote]Agli ingegneri, per bravi che siano, vengono dati non solo limiti di budget, ma anche delle specifiche di progetto che talvolta rispondono alla mediazione di diversi criteri.[/quote]

        Per esperienza quotidiana, so molto bene che i progetti "normali" finiscono spesso per essere un compromesso tra la soluzione migliore e la piu’ economica.
        Tuttavia col mio articolo intendevo proprio evidenziare come, per opere di importanza strategica, i limiti di budget non ci dovrebbero essere e le specifiche di progetto dovrebbero seguire questo principio.
        In Olanda e in Inghilterra qualcuno lo ha capito e messo in pratica.

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