Olio d’oliva: dalla leggenda alla scienza /2 (Ipercolesterolemia)

(segue) L’enorme progresso tecnico scientifico nei vari ambiti della scienza e la progressiva evoluzione della medicina verso quella che viene chiamata la Medicina Basata sulle Evidenze, ha spinto numerosi studiosi a porre in atto una serie di ricerche per verificare se gli effetti terapeutici dell’olio d’oliva, sostenuti e tramandati nel corso dei millenni fino ai nostri giorni, sono veramente attendibili o meno.

In tale ambito, con una rassegna sintetica, abbiamo voluto valutare se e quanto siano dimostrate le affermazioni che l’olio extra vergine d’oliva (VOO) possa essere in qualche modo efficace nel concorrere a prevenire e/o ridurre e/o a curare ipercolesterolemia, profilo delle lipoproteine sieriche ed aterosclerosi, ipertensione arteriosa, profilo trombofilo e malattie cardiovascolari, ossidazione e stress ossidativo, processi infiammatori, obesità e diabete tipo 2, e neoplasie.

Ipercolesterolemia, profilo delle lipoproteine e aterosclerosi

Negli anni ’50 è stato evidenziato che grassi saturi e colesterolo della dieta aumentano la colesterolemia nell’uomo con aumento dell’aterosclerosi e del rischio cardiovascolare. Questo ha portato all’ipotesi dell’importanza della dieta ed in particolare dei grassi saturi nelle ipercolesterolemia e nelle malattie cardiovascolari.

Note ricerche epidemiologiche negli anni ’50-60, in particolare di A. Keys, che potremmo definire l’inventore della Dieta Mediterranea (DM), hanno prospettato l’azione benefica del VOO, successivamente confermata da numerosi altri studiosi in ambito sperimentale, in vitro e in vivo, nell’animale e nell’uomo, anche su casistiche molto vaste.

Infatti fin dall’inizio è emerso che la DM, nella quale l’apporto lipidico è alquanto elevato (costituendo oltre il 25-30% delle calorie totali, ed è rappresentato quasi esclusivamente dal VOO ricco di acido oleico, acido grasso monoinsaturo (MUFA)), riduceva sia alcuni fattori di rischio, ipercolesterolemia, aterosclerosi ed ipertensione, sia la mortalità per malattie cardiovascolari, ed anche la mortalità totale del 56%, il rischio di neoplasie del 61%.

Il Seven Country study (Italia, Grecia, Ex Yugoslavia, Olanda, Finlandia, USA e Giappone in soggetti d’età compresa tra i 40 e 59 anni) ha evidenziato che, con la DM, la prevalenza della malattia aterosclerotica cardiovascolare variava dal 2 al 10% nel sud Europa, dove il consumo annuale per persona di VOO è maggiore (Turchia: 1 kg; Italia, Grecia e Spagna 10 – 12 Kg) e tra il 10 e il 18% nel nord Europea e negli USA (consumo in USA 0.45 kg/anno). La mortalità nei primi 15 anni è risultata più bassa tra i consumatori di VOO (che contiene pochi acidi grassi saturi e un alto rapporto acidi grassi monoinsaturi/acidi grassi saturi) e cioè Italia, Grecia e Yugoslavia. Successivamente il Lyon Diet Heart Study ha rilevato un minor numero di reinfarti e di morti del 50-70% nei soggetti che, dopo aver subito un primo infarto, oltre alle normali terapie avevano seguito una DM arricchita di acido alfa linolenico. Tale riscontro evidente dopo 27 mesi, è stato confermato dopo 46 mesi. Altre conferme sono venute successivamente da numerosi studi che hanno evidenziato una ridotta frequenza di patologia (ipercolesterolemia, ipertensione, aterosclerosi, diabete e obesità) in chi segue la dieta mediterranea. Oggi è noto che l’ipercolesterolemia è secondaria all’ingestione di grassi saturi, soprattutto se in quantità elevata, e all’iperlipemia post prandiale che ne segue, con aumento totale dei trigliceridi, in particolare di quelli di origine intestinale rispetto a quelli epatici. Il perdurare nel tempo di tali situazione lipemica contribuisce a sviluppare l’aterosclerosi attraverso l’attivazione di geni implicati nei fenomeni infiammatori.

Del tutto recentemente, una review ha evidenziato che una adeguata osservanza della DM riduce del 9% la mortalità per malattie cardiovascolari, del 6% quella per tumori, del 9% la mortalità totale, del 13% l’incidenza del morbo di Parkinson e di Alzheimer.

Per quanto riguarda il profilo delle lipoproteine, è inoltre noto che il colesterolo LDL si riduce, senza ridurre quello HDL, quando il VOO sostituisce un uguale apporto calorico di grassi saturi, e che si riducono i trigliceridi mentre aumentano le HDL se viene a sostituire un apporto calorico troppo elevato di carboidrati.

Alcuni risultati ora riportati si possono in verità in parte ottenere con qualunque tipo di olio che contenga quantità elevate di acido oleico, ottenuto in seguito ad interventi genetici sulle piante, ma è stato dimostrato che, nell’uomo, risultati di gran lunga migliori sono dovuti all’azione concomitante di acido oleico e di composti minori del VOO. Fra questi ultimi importanti sono alcuni fenoli che danno risultati tanto maggiori quanto maggiore è il loro contenuto. E’ stato così evidenziato che esistono più percorsi metabolici responsabili di tali risultati che, a loro volta, si sommano determinando un migliore effetto terapeutico.

Anche l’ossidazione delle LDL, fenomeno di estrema importanza, viene ridotta in rapporto al contenuto di fenoli del VOO. Il livello di LDL ossidate viene oggi considerato un marker del danno ossidativo e di una aterosclerosi subclinica, indice predittivo di malattia cardiovascolare acuta. Questo perché l’ossidazione dei lipidi e delle apolipoproteine presenti nelle LDL determina dei cambiamenti nella loro conformazione per cui più facilmente possono entrare nei monociti-macrofagi della parete arteriosa e favorire il processo aterosclerotico, processo che viene ostacolato dagli antiossidanti dei cibi in misura migliore rispetto ai vari antiossidanti di derivazione industriale . Un elevato livello di LDL ossidate si associa anche ad una maggior frequenza di sindrome metabolica. (continua)

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