Il diritto di fare la guerra

Robert Kagan - Il diritto di fare la guerra (copertina)Quando un libro te lo regala un amico, specie se questi è uomo di grande e consumata esperienza, a me capita di intraprendere la lettura con molta più attenzione di quanto faccio sempre. Quando poi il titolo è senz’altro provocatorio come questo, “Il diritto di fare la guerra“, se non leggi il libro due volte perlomeno eviti di procedere con troppa fretta.

L’autore, Robert Kagan, è conosciuto come uno dei maggiori ideologi dei Neo-Conservatives, gruppo che ha largamente ispirato la nuova “dottrina Bush”. Tra l’altro è molto noto anche in Italia in quanto, in questi ultimi anni, abbiamo avuto l’occasione di leggere nella nostra lingua articoli e studi che sono stati tradotti in diverse occasioni.

Kagan, che cura abitualmente una rubrica sul Washington Post, ha già pubblicato in Italia, sempre per i tipi della Mondadori, cinque anni fa, “Paradiso e Potere. America ed Europa nel nuovo ordinamento mondiale“.

Nella libera traduzione italiana è sicuramente più d’effetto che di sostanza il titolo di questo volumetto. Per fortuna abbiamo il sottotitolo, la versione letterale dell’originale inglese: “Il potere americano e la crisi di legittimità“. Così  il contenuto risulta immediatamente più chiaro. Ci si trova di fronte ad un volume agile che si sviluppa soltanto con 64 pagine di testo. Ne seguono poi 6 di note e posso dire che le ho trovate davvero tutte davvero molto utile pertinenti.

Per chi avesse già letto l’eccellente saggio di Christian Rocca:” Contro l’Onu. Il fallimento delle Nazioni Unite e la formidabile idea di un’alleanza tra le democrazie” troverà subito una profonda sintonia in diverse pagine di Kagan. Ad esempio quelle in cui sviluppa i concetti che gli consentono di definire credibilmente l’assemblea  delle Nazioni Unite come “il  Santo Graal della legittimità internazionale“. Certo queste valutazioni, queste pagine non possono essere “digerite” tutte d’un fiato e richiedono uno sforzo di memoria e di comprensione per incasellare adeguatamente i molti e significativi esempi citati.

Questa valutazione potrebbe essere anche molto pertinente per la parte d’analisi, che inizia a pag. 21, con il capitolo intitolato “il mito dell’ordine internazionale“. E’ qui che appare evidente come sia avvenuto senz’altro, nei quattro decenni della “guerra fredda”, che il Consiglio di Sicurezza sia restato praticamente “paralizzato dall’implacabile ostilità dei due membri più forti e dotati del potere di veto“. Chi potrebbe mettere in dubbio questa constatazione?

In generale leggendo il resto del volume ho avuto sempre l’impressione che siano molto pertinenti ed appropriate le citazioni riferite agli interventi dei massimi attori della politica internazionale. Una per tutti potrebbe essere quella di Joschka Fisher, il famoso ministro degli esteri tedesco. Interessante appare anche l’analisi di queste dichiarazioni in quanto si prestano talvolta ad una perfetta contrapposizione con quelle del ministro degli esteri francese dell’epoca, Dominique de Villepin.

Nel testo resta centrale il ragionamento che Kagan propone e sviluppa, anche con maniere molto convincenti, tanto che queste tesi a me sembrano la parte centrale del saggio. Egli infatti approfondisce il fatto che gli Stati Uniti di fatto risultano totalmente dipendenti dalle richieste e dagli interessi delle “democrazie liberali amiche“. Sembra così che l’America consideri indispensabile disporre di una particolare legittimazione internazionale e che questa sia sempre completamente legata al placet morale vecchio continente.

Internazionalità significa di fatto, per gli Stati Uniti, l’accordo con l’Europa. Sembra poco credibile, ma riflettendoci per bene lo è di certo, che da sempre la politica estera di oltre Atlantico non solo abbia promosso gli interessi nazionali, ma anche quelli umanitari. Ricordiamo bene che ciò avveniva quando questo tipo di attenzioni era scarse dappertutto e nemmeno i diritti umani basilari godevano della definizione che oggi viene accettata come universale. Infine, a questo proposito appare illuminante una citazione di Beniamin Franklin, che risale al periodo della guerra di indipendenza. La frase suona testualmente così: “Non lottiamo solo per noi stessi, ma per l’umanità“. Kagan la prende al balzo e spiega meglio: “a prescindere dal fatto che sia sempre stato così, la maggior parte degli americani ha sempre voluto pensare che lo fosse“.

Da ultimo segnalo un concetto espresso in questo volumetto che mi ha fatto riflettere. Una motivazione che si sviluppa nel tempo e con diversi argomenti, è la seguente: il rischio che l’Europa, considerata nella molteplicità delle nazioni che la compongono, sottovaluti il pericolo dei nemici che ha e che attentano alla stabilità internazionale. Magari, aggiunge l’Autore, per il fatto che tra le due sponde dell’Atlantico non funziona più la forte alleanza strategica degli anni della guerra fredda. A complicare il tutto, forse anche a sconvolgere i principi di base su cui si era consolidato il modello nei decenni precedenti, potrebbe essere il fatto che l’equilibrio mondiale un tempo si basava su un sistena internazionale “ispirato al trattato di Westfalia“. Oggi però la minaccia terroristica ha reso troppo rischiosi i comportamenti consolidati in altre epoche storiche, e tra questi in particolare il temporeggiare. Ne discende quindi che saremmo costretti a far si che diventi legale e legittimo anche l’uso preventivo della forza.

18 pensieri riguardo “Il diritto di fare la guerra”

  1. Sull’assunto che l’America “consideri indispensabile la legittimazione internazionale” (o dell’Europa), avrei perlomeno qualche dubbio.
    Per invadere l’Iraq, gli USA non ebbero bisogno di nessuna legittimazione né dell’Europa, né dell’ONU.
    Questa è storia.

    Sul fatto che gli USA “non lottino per se stessi, ma per l’Umanità” sono altrettanto scettico.
    Gli USA hanno sempre combattuto solo quando in campo c’erano i suoi interessi.
    In effetti più che a Franklin, gli americani si ispirano alla dottrina di Monroe dell'”America First”, che è stata sempre rispettata dal momento della sua formulazione.

    Quello che noi europei non riusciamo a capire è che gli americani sono estremamente pragmatici e poco idealisti, al contrario di noi europei.

    Infine, faccio un appunto sul titolo del libro: “il diritto di fare la guerra” esiste sempre.
    C’è sempre una scusa per dichiarare guerra ad un’altra nazione.

    Basta osservare quello che sta accadendo in Georgia, dove il buon vecchio orso russo ha ripreso la solita politica muscolare per inviare un messaggio ai suoi confinanti: restate nella mia orbita (e non seguite le sirene americane) o vi schiaccio come formiche.

    Qualcuno crede realmente alla balla che la madre Russia vuole difendere i poveri osseti del Sud?

    Subito dopo l’11 settembre 2001, i russi rasero al suolo la Cecenia giustificando questo sterminio con la “guerra al terrorismo internazionale” (visto che i ceceni sono musulmani).
    Non mi ricordo grosse proteste da parte di quelli che oggi gridano allo scandalo per ciò che avviene in Georgia.
    Cos’è cambiato in Russia negli ultimi 7 anni?
    Nulla, c’è sempre Putin al comando.
    Il cambiamento è avvenuto negli americani che prima tolleravano lo sterminio di qualche centinaia di migliaia di ceceni, mentre oggi non vogliono veder vacillare il fossato protettivo che stanno allestendo intorno alla Russia.

    Insomma, tutti questi ferventi guerrafondai mi fanno abbastanza sorridere: chi vuole fare le proprie guerre, le faccia.
    Ma non cerchino di giustificarle con qualche fantomatica legittimazione e soprattutto non ci prendano per i fondelli con delle fesserie come la “lega delle democrazie”.

  2. Per entrare meglio e soprattutto per aggiornare i discorsi di Kagan si potrebbe leggere quanto scrive oggi Barbara Spinelli su “La Stampa” discutendo a proposito di Europa e Georgia.
    Ecco il passo:

    Dopo anni di ideologica esportazione della democrazia, adesso il pensiero neo-conservatore rivaluta geopolitica e realismo: alla storia non si sfugge e pensare a un ordine etico mondiale è insensato, scopre Robert Kagan nel suo ultimo libro (The Return of History and the End of Dreams, 2008), smettendo le illusioni sulla freedom agenda – l’esportazione della democrazia – nutrite dal 1996. Oggi Kagan sostiene che gli Stati si muovono come nell’800, e fanno bene: custodendo sfere d’influenza, difendendo interessi economici tramite espansioni territoriali. Una realtà che l’Europa non vedrebbe, impigliata com’è nel sogno di un ordine mondiale giuridicamente vincolante. Sembra una svolta ma non lo è. Anche quando è realista, Kagan s’aggrappa all’illusione: che l’America abbia il diritto di agire unilateralmente ignorando vincoli e leggi, espandendosi a piacimento in zone d’influenza altrui, senza mai essere imitata. La storia si è vendicata, il suo grande emulatore è oggi la Russia.

    Quanto alla “lega delle democrazie”, citazione finale di Gaspa, a me non sembra affatto una presa “per i fondelli”, anzi…

  3. Si certo, basta capire quali siano le democrazie: la Russia era una democrazia quando sterminava i ceceni, mentre oggi, quando attacca una nazione amica dell’Occidente, sembra essere tornata una dittatura.

    Inoltre mi si deve spiegare contro chi dovrebbe combattere questa fantomatica lega, poichè ogni singola nazione ha i suoi interessi in determinati settori che spesso sono in conflitto con quello delle altre democrazie.

    L’esempio dell’Iraq è calzante anche per quanto riguarda i rapporti tra due democrazie come USA e Francia, la quale pose addirittura il veto sulla suddetta invasione.

    Infine non posso che condividere l’articolo della Spinelli.

  4. Una lega delle democrazie in effetti potrebbe essere un buon punto di partenza; certo i vari paesi allineati a livello democratico spesso sono in conflitto per altre questioni, ma nella costruzione di un ordine giuridico globale (cosa che non sta riuscendo all’ONU) potrebbe essere un buon punto di partenza.
    Bisogna però intendersi su come dovrebbe avvenire questa democratizzazione internazionale; ad oggi l’organo che maggiormente rieccheggia una forma di democrazia internazionale è l’assemblea delle Nazioni Unite la quale, dopo esser stata nei decenni passati, strumento per contrastare l’ingresso di paesi vicini all’Unione Sovietica, quindi arma in mano agli Stati Uniti, è oggi diventata strumento in mano ai paesi del cd. terzo mondo, i quali dettano l’agenda e gli ordini del giorno, ponendo solo questioni (di certo per loro importanti come i sussidi ai paesi in via di sviluppo) globalmente poco risolutive.
    Come pensiamo possano funzionare le Nazioni Unite se insieme siedono Usa e Russia, Cina e Iran?
    I paesi democratici (quelli veri, la Russia non lo è) devono farsi carico della situazione, anche se questo significa partecipare a delle missioni internazionali.
    E, in questo quadro, dovrebbe esserci una maggiore intesa tra Usa e Unione Europea, perchè i problemi che hanno gli americani (che in certi casi paventano di avere, ma che in altri casi sono reali) sono o diventeranno anche nostri problemi.

  5. Ad evitare che i termine “lega delle democrazie” crei qualche equivoco vorrei precisre che almeno io penso alla “comunità delle democrazie”, quella originatasi i fatto nel 1999 durante la Presidenza Clinton quando Madeleine Albright, Segretario di Stato, dichiaro’ che la sua priorita’ era la creazione di una comunita’ mondiale di democrazie.

    Dal 2000 poi ci sono stati diversi incontri, il primo a Varsavia dove è stata approvata una “dichiarazione”“. Questa in sostanza prevede come requisiti fondamentali per gli aderenti “elezioni libere e imparziali, liberta’ di parola ed espressione, pari accesso all’istruzione, stato di diritto e liberta’ di libera associazione”.

    L’iniziativa e’ partita dagli Stati Uniti e dai governi di Polonia, Cile, Repubblica Ceca, India, Mali e Repubblica di Corea ma si è poi allargata ad altri paesi, compresa l’Italia, nel 2005.
    C’è anche una componente non governativa con organizzazioni della societa’ civile tra cui Il Partito Radicale Non-Violento, Transnazionale e Transpartito (Partito Radicale) che ne è stato promotore.

  6. L’Italia sarebbe bocciata in almeno uno di questi requisiti (stato di diritto). Poi non andiamo forte nemmeno in “libertà di parola ed espressione” e “elezioni libere ed imparziali”.

  7. Non lo so, l’ho chiesto per primo io a te.
    Chi decide quali sono le democrazie e quali non lo sono?
    Facciamo un esame?
    Quali sono le democrazie “vere” e quelle “finte”?
    Decide Gabriele?
    Oppure decidono gli americani a seconda dei loro interessi?
    Perché dovrebbero essere 10-20 e non 5 o 50 o 100?
    Chi dovrebbero combattere queste democrazie?
    Con quale esercito (sarebbe praticamente un monopolio USA)?

    A me, questa lega delle democrazie, pare veramente una fregnaccia.

    Se proprio vogliamo fare delle guerre, una alleanza la abbiamo già e si chiama NATO.
    Basterebbe cambiare le regole di una alleanza che oggi è solo difensiva e vedere chi è favorevole ad un cambiamento del genere.

  8. Su questo blog non scrivono i segretari di stato dei paesi del G8 o i rappresentanti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Quindi su come decidere non mi sento in grado di avanzare alcuna proposta. Però sono abbastanza convinto di alcune idee di base, o meglio su alcune analisi relative al quadro attuale. Ad esempio ho molti dubbi (nota la certezza dell’asserzione!)sul fatto che il Sudan e la Libia possano far parte, come altre nazioni, della Commissione per i Diritti Umani dell’ONU.
    Questo pessimismo planetario di Marco ed anche tuo, caro Gaspa, mi piacerebe vederlo ridimensionato. Perchè? Come? Facendo una graduatoria dei requisiti delle attuali democrazie, un po’ come avviene a scuola per valutare gli studenti. In una classe non tutti e per tutte le materie riportano 10/10, non ti pare? Su quasi 200 paesi che siedono nel Palazzo di Vetro ce ne saranno pur un 10 o un 20% vicini alla sufficienza, al fatidico 6 ?
    Senza presunzione io stesso direi che sono in grado di formulare una graduatoria, d’istinto addirittura, anche se non ho elementi razionali e misurabili per far bene questo tipo di lavoro.
    A me è capitato d’essere stato fermato dalla polizia di Mobutu, in Congo, e dalla gendarmeria francese nei pressi dell’Eliseo. Nel primo caso ero perlomeno molto preoccupato; a Parigi invece ho scherzato con i poliziotti ed ero sicuro che non sarebbe successo niente. Ci sarà stata pure una differenza tra i governi di questi due paesi, non ti pare? Un metodo un po’ empirico per valutare il livello di democraticità, ma pur sempre in grado di riuscirci, almeno a spanne. Senza dubbio facile almeno quando si ha a che fare tra Mobutu Sese Seko e Francois Mitterand.

  9. Guarda, se vuoi fare una classifica, falla pure, ma non so a cosa possa servire.
    Io ho fatto delle domande chiare e circostanziate, a cui, come al solito, nessuno risponde.
    Mi ripeto ma cosa dovrebbe fare questa alleanza?
    Quali interessi dovrebbe difendere?
    IMO il caso iraqueno è emblematico: Francia e USA sono innegabilmente due democrazie eppure si trovarono in completo disaccordo sull’invasione dello stato di Saddam.
    Allo stesso modo, perché gli USA e le altre democrazie non decidono di attaccare stati come la Birmania o il Sudan, dove avvengono cose altrettanto gravi rispetto all’Iraq o alla ex-Jugoslavia?
    Perché non sono intervenute per fermare le stragi in Rwanda?
    Ammesso e concesso che l’ONU sia un ente sorpassato ed inutile, non vorrei sostituirlo con un altro altrettanto inutile.
    Giusto per fare degli esempi pratici: la lega delle democrazie interverrebbe militarmente per difendere la Georgia o per liberare il Tibet?
    La risposta è ovvia, come è ovvia l’inutilità pratica di una tale lega.
    Mi ripeto ancora, ma l’alleaznza militare tra le democrazie esiste già e si chiama NATO.
    La NATO non dipende certo dall’ONU e, modificando il suo statuto, può servire benissimo a svolgere il compito di sceriffo mondiale e di difensore delle democrazie.

    P.S. Alla caserma di Bolzaneto non so come avranno valutato il grado di democraticità dello stato italiano.

  10. Io non faccio classifiche, anche se penso non sia poi così difficile individuare degli elementi minimi per definire un paese democratico; i primissimi elementi sono ad es. delle elezioni libere ed imparziali e la libertà di espressione; ho citato la Russia come esempio di non democrazia, o almeno di democrazia non compiuta perchè, causa il brutto lascito dell’Unione Sovietica, non c’è libertà di espressione, requisito minimo in una democrazia.
    Possiamo stare a fare i puntigliosi ma sul fatto che l’Italia, la Francia, la Germania, l’Inghilterra, la Svezia, il Giappone, gli Stati Uniti e non ne elenco molte altre, siano democrazie (perfette anche se perfettibili) non ho dubbi.
    Sul fatto che la Russia per i motivi detti e la Cina per i motivi che sono sotto gli occhi di tutto il mondo non lo siano sono altrettanto sicuro.

  11. Nella vita di tutti i giorni le classifiche si fanno di continuo, pertanto non mi scandalizzerei se si volesser fare. Con tutti i possibili errori del caso è sempre meglio mettere prima l’Italia piuttosto che la Siria.
    Gaspa sostiene poi di aver fatto delle “domade chiare e circostanziate”. Ebbene non restino senza risposta.
    Dico subito che non credo in queste Nazioni Unite, come anche mi sembrerebbe azzardato aver fiducia in una ipotetica alleanza militare tra le democrazie, tanto più che si deve ancora creare.
    Sarei fiducioso invece in una “società delle nazioni democratiche” che magari si potrebbe avvalere anche della NATO, questo si. Se poi come leggo “due democrazie possono anche trovarsi in completo disaccordo” non ne sarei molto meravigliato. Ancor più se una è la Francia. Ai tempi di De Gaulle io ero già grandicello e quindi ho memoria diretta! In fondo sempre meglio due democrazie in disaccordo che due ditaori in sintonia.
    Quanto agli interventi, specie in armi, li ho quasi sempre stimati inoppotruni e pericolosi. Però laddove le armi ci sono è difficle andare ed essere presenti con lo stile del poverello d’Assisi.
    Infine il post scriptum sul “grado di democraticità dell caserma di Bolzaneto”. Risulta che c’è stato un processo, che già è una regola di base della democrazia. Sui risultati dello stesso posso solo dire che più omeno saranno nella media di tutti gli altri del nostro paese. Così discutendo passeremmo subito alla questione “giustizia in Italia” che a mio avviso è l’emergenza più grave e profonda del nostro paese. Non è però il caso di scriverne ora; diamoci un obiettivo per affrontare questo tema, per quel poco che è nelle nostre capacità e possibilità, con i prossimi post di Popinga. Mi piacerebbe davvero e così spero sia per molti tra voi.

  12. Mah, secondo me parlate proprio di aria fritta.
    Non si capisce a cosa possa servire una “società delle nazioni democratiche” sia a livello politico che a livello militare.
    Quando risucirete a dirmi in concreto cosa potrebbe fare una siffatta lega, potrò dare un giudizio di merito, queste sono solo chiacchiere da bar.
    Mi viene da sorridere solamente pensando che già a livello europeo non si riesce a trovare un accordo per una politica estera e di difesa comune e voi vorreste riuscirci anche con paesi extra-europei…
    LOL
    Per quel che riguarda la guerra e la pace, io non penso di essere nè un guerrafondaio, nè un pacifista (che palle questi idealismi), ma penso che gli interventi dei paesi democratici sono ben strani.
    In alcuni teatri sono molto reattivi, mentre in altri sono indifferenti, se non accondiscendenti.
    Se ci fosse il chiaro obbiettivo di combattere le dittature e di fermare i genocidi e le pulizie etniche, sarei pure d’accordo, ma non mi sembra questa la volontà.
    Mi sembra che sia sempre l’interesse a prevalere.

    Anche a livello di classifiche, vi vorrei chiedere se stati strani come Turchia ed Israele rientrerebbero in questo computo.

    Pe quel che riguarda Bolzaneto, l’ho tirato in ballo perché Gianluigi ha fatto il paragone tra la polizia francese e quella congolese.
    In quest’altra classifica dove la mettiamo la polizia di uno stato che fa certe cose a persone già in stato di fermo e quindi impossibilitate a nuocere?
    Magari qualche fermato era convinto di essere in uno stato democratico e quindi di ricevere un trattamento diverso…
    La sentenza, onestamente, mi interessa poco.
    Ne ho già parlato su Gaspatcho e l’ho trovata assurda, non per le condanne e le assoluzioni, ma per il fatto che a pagare sono stati solo i contribuenti dello Stato italiano, ovvero anche io, Gianlugi e Gabriele.

  13. Aria fritta” sarebbe un’espressione da usare con cautela, caro Gaspa, visto che viene dalla penna del grande Mario Pannunzio. Va bene se ti riferisci a noi tuoi amici, ma poichè l’idea della Organizzazione Mondiale delle Democrazie nasce dal Partito Radicale Transnazionale, da quelle teste matte di Marco Pannella ed Emma Bonino io mi sarei documentato un po’ più specificamente.
    Ad esempio puoi leggere questa intervista, di qualche anno fa, firmata da Cristina Missiroli.
    Puoi attribuire a me una grossa ingenuità, ma non so se anche a Gabriele (l’uso del “voi” mi fa pensare ad entrambi i commentatori). Quanto a me ammetto che spesso sono stato preda di facili episodi di “innamoramento” verso i radicali. Però tu puoi ragionare con un certo distacco e quindi dovresti tener presenti certi successi in materie affini. Pensa ad esempio alla nascita del Tribunale Penale Internazionale per i Crimini di Guerra o alla battaglia per la Moratoria della Pena di Morte.
    Direi che questo basta per un relativo ottimismo.

  14. Successi?
    Mi sembra che i democratici USA non abbiano aderito nè alla moratoria sulla pena di morte, nè al tribunale penale internazionale (a cui neanche Israele ha aderito)…
    Già questo dovrebbe far pendere la bilancia dalla parte del fallimento.

    Saddam Husseyn è stato forse giudicato all’Aia?

    Con “voi” mi riferivo ai sostenitori della “lega delle democrazie” a cui io non mi iscriverò, almeno fino a quando non capirò a cosa possa servire e quali scopi si prefigga.

    Di enti inutili ne abbiamo già abbastanza senza doverne creare di nuovi.
    IMO le democrazie hanno già gli spazi politici per discutere e la forza militare per intervenire.

    Sono gli interessi a divergere. Quando questi convergeranno sarà facile fare delle alleanze (anche se difficilmente per difendere i diritti umani).

    Mi inchino di fronte alla penna di Pannunzio ed alle iniziative di Pannella e Bonino, che condivido in linea di principio, ma i risultati, ad oggi, sono altrettanto deludenti rispetto a quelli ottenuti dall’ONU.

    Questo mi basta per essere relativamente pessimista.

  15. I democratici USA non solo hanno aderito a questa ipotesi per la O.M.D. (Organizazione Mondiale delle Democrazie), ma addirittura è stata l’ex-segretario di Stato americano del Presidente Bill Clinton, Madeleine Albright, a promuoverne i primi passi, mi pare nel 1999.
    Nulla toglie però che si possa essere più o meno pessimisti, purtroppo quasi sempre quando si ha a che fare con l’ONU.

  16. Si, gli americani hanno tante belle idee, ma quando si va sul concreto non firmano nulla.
    Kyoto non l’hanno firmata; la moratoria sulla pena di morte non l’hanno firmata; al tribunale internazionale non hanno aderito.
    Insomma firmano solo ciò che gli fa comodo, altrimenti agiscono unilateralmente senza tante remore.
    Se si fa una moratoria sulla pena di morte e vi aderiscono solo paesi in cui la pena di morte non c’è, è un fallimento.
    Certo non mi aspetto che aderiscano la Cina o l’Iran, ma se non lo fanno gli USA, che valenza ha?
    Stesso identico discorso per il tribunale internazionale.
    La ipotetica OMD sarebbe solamente una nuova ONU in cui sono tagliati fuori i paesi del terzo mondo, ma avrebbe gli stessi problemi dell’ONU.
    Le alleanze si fanno “per qualcosa” o “contro qualcuno”.
    Quale fine avrebbe la OMD?
    Difendere i diritti umani?
    Promuovere lo sviluppo della democrazia?
    Belle idee, ma di difficile realizzazione, poiché bisognerebbe attuare una politica muscolare (militarmente e commercialmente) anche verso paesi molto importanti.
    Molto più facile è fare alleanze contro qualcuno.
    All’indomani dell’11 settembre, Bush fece una specie di lega delle democrazie (i good willing) per combattere il terrorismo islamico.
    Ebbene in questa lega vi erano pure la Russia, che sterminò i ceceni, e la Cina che doveva regolare qualche conto in sospeso con gli uiguri, la minoranza musulmana del Sinkiang.
    Si scoprì che quasi ogni stato aveva dei “terroristi” islamici da combattere…

    A me sembra che una lega “inter pares”, cioè fra stati alla pari, sia impossibile a causa dell’atteggiamento degli USA, che hanno un atteggiamento ondivago sulle alle alleanze, ma fermo sul principio di difendere i propri interessi (cosa peraltro non condannabile).
    In pratica la linea la decidono loro, chi ci sta è bene accetto, chi non ci sta è bellamente ignorato, almeno fino a quando non rema contro.

    Il rapporto tra USA e Russia di questi ultimi 7 anni è estremamente emblematico: prima Bush e Putin erano due amiconi (chi non ricorda le camminate a braccetto nel ranch texano), oggi, dopo le controversie sullo scudo spaziale e sull’allargamento ad Est della NATO, Putin è diventato un tiranno e si riaccende un clima da guerra fredda.

    Resta solo da vedere come agirà la nuova amministrazione americana, magari potremmo riparlarne nel 2009, ma io resto pragmaticamente pessimista.

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