Democrazia è partecipazione?

«Siete voi, sì, soltanto voi, i colpevoli, siete voi, sì, che ignominiosamente avete disertato dal concerto nazionale per seguire il cammino contorto della sovversione, della indisciplina, della più perversa e diabolica sfida al potere legittimo dello Stato di cui si abbia memoria in tutta la storia delle nazioni.»
(José Saramago, “Saggio sulla lucidità”, 2004)

In questo romanzo, Saramago immagina che alle elezioni di un paese democratico gli elettori votino in massa scheda bianca.
Un diluvio di schede bianche che spiazza il potere: prima lo stupore e lo scandalo, poi l’indignazione ed infine una reazione autoritaria, lo stato d’assedio e la repressione. Il governo non trova di meglio che accusare gli elettori di essere dei rivoluzionari anarcoidi.
La politica, sostenuta da una stampa servizievole quando non addirittura complice, non s’interroga su se stessa, non si fa domande sui motivi veri per cui la gente, votando scheda bianca, ha voluto comunicare la sfiducia verso qualsiasi schieramento politico: centro, destra o sinistra. Si autodifende con lucido cinismo, criminalizzando quello che in un regime democratico è un gesto legale: il voto libero e segreto.

La situazione rappresentata da Saramago, nemmeno tanto paradossale, ci pone domande di straordinaria attualità: cos’è la democrazia oggi? Come si esercita la sovranità popolare? Qual è il senso della partecipazione popolare nei regimi democratici?

Prendiamo l’Italia.
La scelta tra i due schieramenti “alternativi” (il Partito Democratico e il Partito Della Libertà) è un’illusione. Siamo sinceri: non c’è alcun motivo concreto (a parte i preconcetti ideologici, che qui non m’interessano) per preferire uno schieramento all’altro.
Da una parte c’è la “cosa marrone” di Berlusconi & C.: li abbiamo visti all’opera dal 2001 al 2006, per cinque anni hanno usato la legge come carta igienica.
Dall’altra parte c’è la “cosa incolore, inodore e insapore” dei buoni a nulla del Centrosinistra. In due anni non hanno mosso un dito per mostrare di esser diversi da quell’altro. Non una delle leggi-vergogna è stata cancellata, il conflitto d’interessi è ancora lì, il programma elettorale è rimasto lettera morta.
Gli uni e gli altri si ripresentano, per l’ennesima volta, come “alternativi”. Ci esortano a una scelta di campo: o di qua o di là. Si propongono come le persone giuste per governare il Paese.
Con che faccia? Con quale credibilità? Perché dovremmo ingoiare ancora la stessa immangiabile minestra?

Montanelli consigliava di andare a votare turandosi il naso. Ormai non basta turarsi il naso, bisogna entrare nel seggio a stomaco vuoto e con la maschera antigas. E comunque, scegliere il meno peggio, scegliere per esclusione, non è un gesto di grande responsabilità civile.
È come il gioco delle tre carte: ne scegliamo una e comunque ce la pigliamo in quel posto. Ha senso, allora, partecipare al gioco?
Io credo che stavolta l’unica cosa da fare, l’unico atteggiamento dignitoso, sia non scegliere. O meglio, scegliere di non scegliere.

Tra annullare la scheda e lasciare la scheda in bianco cambia poco, tranne il fatto che una scheda già scarabocchiata non consente a chicchessia di votarla a posteriori (date le voci di brogli alle scorse elezioni, non si sa mai).

La terza possibilità è non votare, astenersi consapevolmente e non per fare la scampagnata domenicale.
È la posizione di chi non crede in questa legge elettorale, non crede in questo meccanismo di rappresentanza perché è un meccanismo che nega il principio di rappresentanza.
Queste sono condizioni anti-democratiche, non c’è alcun rapporto tra eletti ed elettori, c’è solo un’oligarchia autoreferenziale scollegata dalla società civile, che tende ad autoconservarsi.

Conosco già l’obiezione. Non scegliere è qualunquismo, è indifferenza, non serve a nulla, in democrazia gli assenti hanno sempre torto, ci sarà sempre qualcun’altro che decide al posto tuo, eccetera.
Esatto: in democrazia. Questa non è democrazia, questa è tecnicamente una partitocrazia. Qui l’elettore di fatto non conta nulla, gli è stata scippata la facoltà di scegliere i propri rappresentanti: con le liste bloccate, i parlamentari non sono eletti ma nominati dalle segreterie. Il numero di votanti non serve manco a conteggiare i rimborsi elettorali, erogati invece (in barba a un referendum) sulla base del numero di elettori aventi diritto.

Forse coloro che scelgono di non stare al gioco (astenuti, schede bianche e nulle) potrebbero per una volta aver ragione: la ragione di chi, con coscienza e onestà, sceglie di non collaborare con la cosca partitocratica.
Il 13 aprile io sarò tra questi, e voi?

10 pensieri riguardo “Democrazia è partecipazione?”

  1. Caro Andrea,
    con queste pessime premesse e lo squallido girotondo di cose bianche, rosse, marroni e nere che pensano solo al loro tornaconto (e a quello dei “portatori di voti”), io mi vedo sempre di più nel partito dell’astensione, peraltro già frequentato in altre occasioni.
    E la cosa più vomitevole nelle prossime settimane sarà l’ennesima campagna elettorale basata sul nulla, sulle parole altisonanti e sulle accuse agli avversari di turno.
    Per fortuna che ho rinunciato da tempo alla TV.
    David

  2. L’astensione intesa come “non c’è nessuno che mi rappresenta” e soprattutto come obiezione di coscienza a questo sistema parademocratico è certamente una scelta legittima, condivisibile e assolutamente rispettabile.
    Di sicuro è la più difficile e la più faticosa, perché non si può e non si deve esaurire nella cabina elettorale ma richiede un impegno costante e coraggioso nella vita personale di ciascuno.
    Comunque è già da un pò che ci penso anch’io!

  3. Parole Sante! Ho sentito troppe volte politici auto legittimarsi con la frase “GLI ITALIANI CREDONO ANCORA NELLA POLITICA (sottinteso politici), LO SI DENOTA DALL’ ALTA AFFLUENZA ALLE URNE!”
    In questo Paese le elezioni sono una pseudo-scelta: da 50 anni si vedono le stesse facce e siamo costretti a cercare i nostri rappresentanti tra un numero ristretto di personaggi che si sono auto proclamati dirigenti a vita.
    Come si fa a chiamarla democrazia? E allora, perché andare a votare se fanno finta di farci scegliere?
    Blair in Inghilterra dopo un decennio se ne è andato a fare altro, in Spagna Aznar lo stesso, Chirac in Francia pure, negli USA si può essere rieletti solo 2 volte…. E in Italia? A VITA come i tiranni!!!
    Il ricambio sta alla base di tutto, riadattandola al famoso detto sul pesce si potrebbe dire che “dopo un po’ i politici puzzano”, se non li si “consuma” nel medio termine poi si instaurano delle logiche umane di potere che portano al clientelismo, alla corruzione e malcostume.

    2 LEGISLATURE E A CASA!!

  4. Voglio dire la mia in breve, se ci riesco. Quanto scrive Andrea sarebbe accettabile se il suo non fosse un gesto limitato alla sola, facile, comoda “omissione” del voto. Ben sapete cosa diceva Churchill della democrazia; della versione italiana, a cui fa difetto soprattutto la legalità (vedi quanto denunciano da anni solo i radicali!)ed anche io, come Andrea e gli altri che hanno commentato, ho un concetto molto riduttivo.
    Però occorre impegnarsi di persona, almeno una volta nella vita ed al livello in cui si può, per cambiare, per migliorare. Altrimenti anche questa “sparata” finisce come la serie dei post apparsi qui su Popinga. Mi riferisco a quelli scritti contro il voto e l’istituzione “provincia”. Nei fatti, contrariamente agli impegni presi tutti assieme, non hanno avuto poi nessuna continuazione. Ed almeno su questo tema che non poche forze politiche hanno fatto finta di mettere all’ordine del giorno, di spazio per chiedere una urgente modifica costituzionale ce ne sarebbe tanto.
    Ancora più in sintesi: ci crederò di più se vedrò in campo almeno una iniziativa concreta su quello che si sostiene, solo in linea teorica, cioè in chiacchiere su questo blog!

  5. il delinquere autorizzato non è delinquere gli
    estranei al magna magna con il loro voto ad un bel chiunque autorizzano
    qualsiasi cosa anche le cose brutte .. se non te ne viene niente meglio non
    votare non autorizzare.

  6. Io sono per la logica del “meno peggio”: parto dal presupposto “Tot capita, tot sententiae” ovvero ognuno è fatto a modo suo e un partito o un politico che mi rappresenti al 100%, ma diciamo anche al 10%, non esisterà mai (a meno che non sia io stesso a candidarmi) quindi inutile aspettare sul bordo del fiume della politica italiana che passi qualcosa che sia (non dico più meglio) ma almeno accettabile, quindi io voto per il “meno peggio” visto che “più meglio” non si ci sarà mai.

    Sono iscritto al partito che per me è “meno peggio” e cerco di migliorarlo (dal mio punto di vista, per altri magari lo peggioro 🙂 ). Mi sento spesso dire che cambiare i partiti da dentro è da illusi, ma come qualificare il comportamento di chi pensa di cambiare i partiti da fuori?

    Forse è poco, direte voi, forse inutile, ma sempre meglio di un nulla senza speranza. I miei nonni hanno rischiato la vita (e non per modo di dire) per qualche diritto che oggi è scontato, e sembra (sembra solamente) conquistato definitivamente.

    Finché ho qualche carta, anche minima, anche inefficace, io me la gioco; voi fate liberamente come “più meglio” credete, io credo “meno peggio”.

    Con rispetto per le opinioni di tutti, questa è la mia.

  7. Sottoscrivo in pieno ogni singola sillaba di quanto postato.
    Non è possibile, in questa tornata elettorale, dare un voto consapevole.
    Chi è morto per darci il voto non lo ha fatto per vederci andare al seggio col naso tappato!

  8. Esiste una quarta possibilità.
    E’ previsto che il cittadino recatosi al seggio, vidimato il certificato elettorale (quindi come qualsiasi votante) possa rifiutare le schede.
    Verrai conteggiato nel computo dei votanti, non darai premi di maggioranza a nessuno, adempi comunque al dovere civico di recarsi al seggio per votare.
    Verrà messo a verbale il rifiuto della scheda.
    Può essere richiesto di apporre a verbale anche la motivazione del rifiuto ed io suggerirei qualcosa come “nessuno dei candidati presenti mi rappresenta”
    buon “non voto a tutti”
    Ciao Michele

  9. A me questi discorsi sembrano veramente aria fritta.
    Un incrocio tra azzeccagarbugli, ufficio complicazioni affari semplici e qualunquismo.
    Nessuno nega che il non-voto sia una opzione praticabile, ma fare tutti questi gesti teatrali non ha alcuna utilità, non capisco come iniziative del genere possano portare un beneficio al nostro paese.
    Inoltre, comunque la vogliate mettere, nelle elezioni politiche dove non c’è un quorum da raggiungere, non votare equivale a votare per chi ottiene più voti.
    Quindi il risultato pratico sarà che voi voterete per quello che decideranno gli altri e dunque premierete una maggioranza, volenti o non volenti.
    Io, per una volta tanto, non voterò turandomi il naso ma con convinzione, ma penso che tra una scelta consapevole e una inconsapevole, la prima alternativa sia comunque la migliore.

  10. Caro michele, ho fatto diverse volte il presidente di seggio, ti assicuro che se qualcuno facesse come dici tu si prenderebbe sotto-sotto tutti i “colpi” e le maledizioni del caso, anche perché gli effetti della tua protesta sarebbero:
    una grana per chi sta al seggio
    la protesta finirebbe lì e stai certo che ai politici non gliene fregherebbe nulla.
    Cmq fai un po’ come ti pare… a me sembrano sterili proteste che finiscono esattamente dove iniziano.

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