Cristina Donà e l’incanto di suoni e luci

Cristina Dona'

Giovedì 13 aprile, al Teatro Rasi di Ravenna, Cristina Donà ha tenuto l’ultimo concerto del suo breve tour in acustico che l’ha vista protagonista in alcuni teatri italiani. Un tour ideato per donare un’atmosfera particolare e ancora più intensa alle sue canzoni, grazie ad alcune lampade dal design accattivante, sapientemente sistemate sul palco, che in uno straordinario gioco di luci hanno interpretato lo spirito di ogni brano.

“Il Suono della Luce”, appunto.

Il concerto ha mostrato subito la sua forte carica di pathos: appena spente le luci, è stato alzato il volume e la musica in sottofondo è cambiata, una musica molto evocativa con alcuni arpeggi di chitarra, il pulsare del basso, che sembrava riprodurre il battito del cuore, e una voce maschile recitante.

Si trattava di Fisherman’s Daughter di Daniel Lanois.

Terminata la musica, si è vista un’ombra attraversare il palco, raggiungerne la destra e inginocchiarsi dove erano state poste alcune piccole percussioni. Si è acceso un fascio di luce ed è apparsa Cristina Donà, che ha iniziato a suonare, battendo le percussioni con le spazzole, delicatamente e in sequenza. Si è levata la sua bellissima voce ad intonare una melodia che non conoscevo, probabilmente una sua nuova canzone: “…è tempo di pulire il pensiero…”, uno dei versi di un testo poetico e profondo, dalla melodia armoniosa e intensa. Un momento davvero emozionante, il pubblico era con il fiato sospeso, tanto che quando Cristina ha terminato e le luci si sono spente di nuovo, c’è stato un lungo attimo di silenzio, quasi a non voler rompere l’incanto, per non disturbare l’artista e attendere il suo prossimo gesto. Cristina si è alzata, ha fatto un inchino nel buio e in quel momento tutti hanno applaudito. Le luci si sono accese e l’artista ha raggiunto la sua postazione, verso la sinistra del palco, ha afferrato la chitarra, ha salutato il pubblico ed è partita con la prima delle sue canzoni note, ormai classiche, Piccola Faccia. Con la voce colorava le note, mentre sul palco le luci creavano nuove suggestive dimensioni. E’ seguita L’aridità dell’aria, preceduta da una breve introduzione della sua autrice e interprete, che con spiazzante ironia ha raccontato come questa canzone parli di una coppia con problemi di comunicazione, che a causa dell’aridità del dialogo “decide di comprare un umidificatore…”. Risate tra il pubblico.

Siccome “l’umidificatore non ha funzionato, la coppia va al mare e lì incontra una sirena che gli racconta una storia…” così è cominciata In fondo al mare: “ In fondo al mare cadono le onde, riposano per ripartire e lasciano un’impronta sulla sabbia prima di sparire…”

Le luci accompagnavano la musica, evidenziandone ogni sfumatura.

Cristina ha ricordato quanto è importante cogliere al volo una giornata di sole per fare una passeggiata, specialmente dove vive lei, in montagna, dove il tempo è variabile; un’occasione per ricordarci di cogliere al volo un momento bello e non lasciarcelo sfuggire. Ha quindi attaccato con L’ultima giornata di sole.

La canzone successiva è stata Raso e chiome bionde, ispirata da alcune sensazioni avute guardando la televisione e cantata con una potenza vocale e un’energia da brividi.

Cristina ha lasciato la sua chitarra ed è andata al piano; prima di iniziare a suonare ha voluto fare una tenera premessa sulle sue capacità di pianista. Salti nell’aria è stata la prima canzone al piano, dedicata a tutti i bambini e scritta per loro, cantata con dolcezza, dando ulteriore prova di grande capacità e versatilità vocale, se ancora ce ne fosse bisogno!

Sono seguite le più sperimentali Volevo essere altrove e Volo in Deltaplano, la prima preceduta da una breve introduzione sulle vicissitudini che l’hanno ispirata (l’esperienza di “un albergo dove non sei tu a chiedere quanto vogliono, ma loro a chiedere quanto vuoi tu…. e una gara di carrelli al supermercato…”), anche in questo caso ilarità generale. Eseguendo Volevo essere altrove, Cristina poteva avvalersi di un pedale che ad ogni pressione riproduceva il suono della batteria e di campionamenti vari, in modo da arricchire il brano. E’ stata capace di scherzare sull’uso di questo pedale anche mentre stava cantando e suonando…! Una vera forza della natura! La gente non si teneva più dal ridere!

Poi è tornata alla chitarra e ci ha regalato una delle sue canzoni più belle e preziose, Goccia, eseguita con grande intensità; un brano che dal vivo è ancora più commovente che su disco. Allo sfumare di Goccia si sono sentite alcune parole in inglese e una melodia che ne sembrava il naturale proseguimento, era Maryan, di Robert Wyatt.

Nel mio Giardino, un canto di bellezza, sensualità e ricchezza interiore, è stato eseguito magistralmente, soprattutto in quella che è la specialità di Cristina, l’imitazione del suono della tromba ! Lei, infatti, riesce, chiudendo le labbra in un certo modo e facendo uscire l’aria dalla bocca (non so proprio come faccia!), a riprodurre in modo molto fedele il suono della tromba (anche se durante il concerto l’ha chiamata trumpet, all’inglese, perché dire “tromba”, ha precisato, non è molto fine!!). Mi era già capitato di sentirla dal vivo ed ero rimasta veramente colpita, ma stavolta, posso assicurare, ha di gran lunga superato se stessa, è diventata mostruosamente brava, tanto che il momento in cui riproduceva questo suono, anzi una melodia che suonava come se provenisse realmente da una… trumpet, è stato piuttosto lungo, ricco di sfumature e note molto varie, proprio uguale a com’è la canzone nel disco, in cui a un certo punto suona una tromba (vera!)… La gente era incredula, a bocca aperta. Veramente un mostro di bravura, oltre che di ironia, visto che Cristina in queste situazioni si prende molto in giro.

Con Invisibile ci ha parlato d’incomunicabilità e di un amore non ricambiato. Un altro momento molto emozionante. Ancora il tema amore è stato al centro della scena con Triathlon, canzone che usa una metafora sportiva per descrivere la fatica di uscire da un rapporto amoroso ormai logoro. Cristina ha suonato la chitarra con vigore, dando anche qualche colpo sulla cassa armonica.

Questo è stato l’ultimo brano del concerto, ma ovviamente non finiva qui.

Mentre il pubblico applaudiva al palco vuoto, illuminato dalle bellissime lampade, Cristina rientrava, per eseguire il rituale bis. Ci ha raccontato come fin da piccola abbia sempre guardato con stupore e ammirazione i nidi, simbolo di fragilità e forza insieme, così ci ha introdotto Nido. Nell’esecuzione di questo brano sono stati usati particolari effetti sonori che distorcevano la voce, che cantava in falsetto, rendendola più bassa e cupa, come se provenisse da un luogo remoto e oscuro. Gli effetti visivi riproducevano la stessa atmosfera, le luci infatti erano basse e concentrate sui toni del blu e del rosso, dando una sensazione di straniamento e di sottile turbamento.

A Nido sono seguite Give it back (to me), canzone in inglese della Donà, e Stelle Buone, un brano molto rock (nel vero senso del termine!) che racconta, con bellissime parole, un’appassionante storia d’amore.

A questo punto, Cristina Donà si è rivolta al pubblico e ha domandato se c’era qualche richiesta: non voleva proprio saperne di terminare il concerto! Tra le varie voci, qualcuno ha chiesto Blackbird (dei Beatles) e lei non si è tirata indietro: “La so!”, ha detto, e con nonchalance ha iniziato a suonare la chitarra e a cantare, imitando, sempre con la voce, il cinguettio degli uccellini che c’è nella canzone. La richiesta successiva è stata Mangialuomo, altra bellissima canzone della Donà, spesso eseguita dal vivo ed ogni volta con un arrangiamento leggermente diverso.

Cristina ha parlato dell’importanza di noi stessi per noi stessi, accompagnandoci all’ultima canzone, Ho sempre me, uno scatto d’orgoglio nei confronti di un amante insensibile. E’ immediatamente seguita State Trooper di Bruce Springsteen, che si è amalgamata perfettamente alla prima. Entrambe le canzoni sono state suonate ed interpretate con energia strepitosa, l’artista era concentrata, completamente assorbita dalla musica.

Purtroppo il concerto finiva, con una certa tristezza, anche da parte di Cristina, che si è portata una mano al viso ad imitare un bambino che piange.

Restavano però le emozioni a vibrare nell’aria.

Che dire? Che un concerto di Cristina Donà non si può descrivere, bisogna viverlo!

Lei è una cantante straordinaria, con una voce che fa venire i brividi lungo la schiena (non è un modo di dire, è vero!), è una bravissima chitarrista, che riesce a passare con disinvoltura anche ad altri strumenti, mettendosi continuamente alla prova e inventando nuove soluzioni, ha una presenza scenica d’effetto, è fatta per stare su un palco, e sa muoversi molto bene: interpreta la musica con ogni parte del corpo, sentendola in ogni sua fibra, assume pose e compie gesti molto teatrali, da grande attrice, che la rendono sofisticata ed elegante, ma che sa anche sdrammatizzare con gustosa ironia (e autoironia) e con alcuni atteggiamenti teneri e un po’ buffi del tutto spontanei.

Durante il concerto Cristina Donà ha cantato divinamente e suonato altrettanto bene: la sua voce ha dominato la serata passando da tonalità rock/pop a sfumature jazz; ha mostrato il suo valore di musicista anche con strumenti a lei meno familiari, a conferma di come la musica sia qualcosa che appartiene all’anima, che scorre nel sangue, che o c’è o non c’è, prima ancora di qualsiasi abilità tecnica, che è importante, sì, ma viene dopo. Come se non bastasse, ha anche intrattenuto il pubblico, l’ha fatto commuovere, poi ridere, poi pensare, poi meravigliare, ha scherzato, giocato, si è presa in giro; mentre suonava la chitarra in alcuni momenti ha danzato sulle sue canzoni, ondeggiando come un’odalisca, in altri si è alzata sulle punte quasi a voler raggiungere la nota più alta con tutto il suo corpo, e si è profusa in ringraziamenti e inchini, insomma ha trasmesso tutto il suo grande amore per la musica.

Cristina è stata capace di comunicare gioia, energia, grinta, malinconia, sensualità, rabbia, dolcezza, forza, fragilità, meraviglia, mistero, inquietudine, ironia, delicatezza ed estasi, ricoprendo tutto lo spettro emozionale. Sensazioni ed emozioni rese ancor più vivide e belle dalle luci e dalle lampade sul palco che hanno creato un atmosfera magica, rendendo più potente la forza visionaria delle canzoni di Cristina Donà.

Tuttavia….

Il concerto non era ancora finito!

Mentre il pubblico si stava spellando le mani dagli applausi, Cristina è rientrata in scena, per la gioia di tutti noi, facendo capolino da dietro le quinte, un po’ incuriosita e compiaciuta, come una bambina.

E’ tornata al piano, ha chiesto al luciaio (…tecnico delle luci) una “luna piena” e si è rivolta al pubblico: “auguro a tutti voi di fare una bellissima vita”… si sentiva che era un augurio sincero. Con le braccia tese e le mani sui tasti si accingeva a suonare, quando ha aggiunto: “…vi tolgo l’ici!” e tutti sono scoppiati a ridere. Ma l’emozione più bella e sorprendente è arrivata quando si sono sentite le prime note della canzone che stava suonando: Moon River, sì proprio quella, la famosissima canzone del film Colazione da Tiffany, una delle più belle in assoluto della storia della musica. Confesso che ho provato un vero e proprio tuffo al cuore….

Prima di lasciarci definitivamente, Cristina ha voluto leggere il testo della canzone Fisherman’s Daughter di Daniel Lanois, tradotto in italiano da “quella meravigliosa persona che è mio marito” (lo scrittore Davide Sapienza), come lei stessa ha voluto precisare.

Un testo di rara bellezza poetica, che ci ricorda come sia importante conoscere il carico che ognuno di noi porta con sé, il carico di talenti….

(di seguito riporto una mia traduzione….chiedo venia!)

Cristina si è piegata sulle ginocchia, ha letto il testo della canzone, poi è rimasta ferma, con la testa abbassata, le braccia lunghe e incrociate, ed è tornata Fisherman’s Daughter in sottofondo.

Il concerto era terminato e il pubblico si alzava sorridente e un po’ stordito, con la consapevolezza di aver assistito ad uno spettacolo unico e con una sensazione di leggerezza lungo tutto il corpo.

La figlia del pescatore

Ero giaciuto sveglio una notte intera,
ad aspettare che il sole picchiasse sulla mia testa
in questo letto rotto.

Ero giaciuto sveglio e ho sognato navi
che attraversavano la notte,
in cerca di rifugio,
senza fermarsi in alcun porto.

Ho sentito le acque urlanti
gridare il nome di sessanta marinai.
Parole infuriate, che battevano contro la vela
come una balena rabbiosa.

Ho sentito il timone di ferro saltare,
l’odore dell’olio che gocciolava,
il calore della corda che sfuggiva.

Mani che venivano meno, speranza che veniva a mancare.
Ogni marinaio chiede…
fa la domanda sul carico
che sta portando.

La collera di Dio irruppe tra le nuvole
ed Egli spaccò il carico perché tutti vedessero-

La colpa del marinaio,
la colpa di colui che non fa domande
sul carico che sta portando.

[parte cantata, non letta da Cristina]

Pesci e racconti e la figlia di un pescatore
cammina nella pioggia, cammina verso l’acqua
verso il mare…

(Daniel Lanois, album: Acadie)

Fisherman’s Daughter

[Spoken Poem]

I laid awake a whole night long,
waiting for the sun to beat down on my head
in this broken bed

I laid awake and dreamt of ships
passing through night,
searching for shelter,
stopping at no harbor

I heard the screaming waters
call sixty sailors’ names
Raging words, pounding on the sail
like an angry whale.

I felt the iron rudder skip
the smell of seeping oil,
the heat of slipping rope.
Failing hands, failing hope

Every sailor asks…
asks the question about the cargo
he is carrying

God’s anger broke through the clouds
and He spilt the cargo for all to see –

The fault of the sailor,
the fault of he who asks no questions
about the cargo he is carrying

Fishes and tales and a fisherman’s daughter
walks in the rain, she walks to the water
to the sea…

Scaletta :

    Fisherman’s Daughter

  • (Canzone nuova)
  • Piccola faccia
  • L’aridità dell’aria
  • In fondo al mare
  • L’ultima giornata di sole
  • Raso e chiome bionde
  • Salti nell’aria
  • Volevo essere altrove
  • Volo in Deltaplano
  • Goccia + Maryan
  • Nel mio Giardino
  • Invisibile
  • Triathlon

1° bis:

  • Nido
  • Give it back (to me)
  • Stelle Buone
  • Blackbird
  • Mangialuomo
  • Ho sempre me + State Trooper

2° bis:

  • Moon River
  • Lettura testo
  • Fisherman’s Daughter

Qualche link utile:

11 pensieri riguardo “Cristina Donà e l’incanto di suoni e luci”

  1. Caspiterina…! 🙂

    Vedo che questo articolo è uno dei più letti, finora 125 volte, però…!

    Ma perché, o voi lettori, non lasciate un commento??

    Se vi è piaciuto l’articolo, oppure no. Se conoscete Cristina Donà e i suoi dischi, e se vi piace o no…

    Apriamo una discussione!

    Popinga mi pare un po’ troppo silenzioso…

    Grazie.

    Sibilla

    1. onestamente…

      non l’avevo mai sentita nominare prima d’ora.

      Se hai qualche CD da farci sentire così che si possano fare dei commenti…

      1. Re: onestamente… [quote=gaspa]

        non l’avevo mai sentita nominare prima d’ora.

        Se hai qualche CD da farci sentire così che si possano fare dei commenti…

        [/quote]

        Figurati!

        E’ anche perché non è molto presa in considerazione da stampa e tv, sempre pronte ad incensare il fenomeno da baraccone di turno…

        Certo che posso prestare i cd!

        Comunque va ascoltata con calma e attenzione, perché all’inizio può non essere di facile "presa", ma una volta che ti "entra dentro" non esce più…

        Ciao

        Vale

        1. ..altre info sulla Donà

          Cristina Donà – NIDO

          "Nido" è fresco ed intenso, raffinato e completo. Questa giovane ragazza di provincia, che in tutta naturalezza e senza pretese inventa un nuovo mondo musicale, ha proprio dell’incredibile. Già il precedente "Tregua" testimoniava la nascita di un nuovo rock che con "Nido" si consolida in un genere a se. È difficile determinare che tipo di ascolti abbiano influenzato, o cosa abbia ispirato, la vena artistica di Cristina. C’è chi la accosta a P.J Harvey o Patti Smith, e persino a Joni Mitchell. In realtà non vi sono elementi tecnici o poetici che rimandino a queste grandi donne del rock; forse è il coraggio che le accomuna. Un coraggio che in alcuni casi si materializza in brani difficili, vedi "volo in deltaplano", ma che una volta ‘digeriti’ proiettano fortissime immagini dentro di noi: "vedo me mentre cerco di stare sola e forse mi aiuta sapere che siamo solo un passaggio di ombre che si perdono se perdono il cuore".

          Il disco è gonfio di strumenti (archi e fiati ma anche percussioni ed effetti) arrangiati sapientemente dalla stessa Cristina – con l’aiuto di Manuel Agnelli. "Nido" è nato senza scendere a compromessi, senza prescindere alcunché; è un opera fuori dal mondo musicale che conosciamo. Le ritmiche sono così originali e complesse che quasi non si potrebbero/dovrebbero chiamare così; anche quelle dei brani più pop dell’album sono evolutive ed imprevedibili. Poi c’è la voce di Cristina. Quella voce che si rende subito inconfondibile; o ce l’hai o non sei Cristina! Ora soffice e penetrante, ora potente e brillante, ora stridula e distorta, a volte lagnosa ed insofferente; non a caso la Donà è capace di presentarsi da sola sul palco e condurre un intero concerto di sola voce e chitarra. Un vero fenomeno.

          Molte e varie sono le collaborazioni in "Nido": a parte il già citato Manuel Agnelli che si occupa un po’ di tutto (cori, chitarre, piano, hammond, arrangiamenti, ecc.), troviamo niente meno che Robert Wyatt (Soft Machine) con il suo corno, Morgan dei Bluevertigo e Marco Parente.

          I brani dell’album possono essere raggruppati in tre filoni generici: la sperimentazione, il pop ed il jazz. Al primo appartengono brani originali e poco orecchiabili, pezzi a cui dovrete dedicare un discreto periodo di assimilazione dopo il quale non potranno più essere dimenticati. Questi sono: la stessa ""Nido"" (una sensuale metafora dell’essere donna), "così cara" (viaggio ironico nel mondo della prostituzione), "volo in deltaplano" (drammatica consapevolezza dell’essere temporanei ed insignificanti), "volevo essere altrove" (due momenti di vita moderna di cui faremmo volentieri a meno) e "cibo estremo" (esposizione sulle contraddizioni della gastronomia e dietologia). L’insieme pop è invece composto dalla ninna nanna "goccia" (la sofferta incapacità di chiudere con il partner non più desiderato), un poker rock: "qualcosa che ti lasci il segno" (contrariamente a ‘goccia’, questa volta il partner viene brutalmente mollato), " l’ultima giornata di sole" (onirica festa della natura), "deliziosa abbondanza" (quando l’abbondanza uccide) e "terapie" (la congenita necessità di assumere farmaci, anche se superflui), una danza dalle tinte esotiche "brazil" ed un blues "mi dispiace" (pesante ed ironica autocritica; indirettamente il messaggio è –sono così, lasciatemi in pace-). Infine il capolavoro jazzato che vale un album da solo: "mangialuomo", i cui testi importanti e coinvolgenti colpiscono in profondità: "l’uomo mangia l’uomo, succhia la preda e dimentica".

          Un’opera indispensabile, insomma, che non avrà pari nella vostra collezione. Trentotto minuti di sublimi visioni e percezioni che non verranno lasciate sole nella loro custodia neanche a distanza di decenni.
          Andate, quindi, e fate sì che la parola di Cristina si diffonda. Come detto in apertura infatti, la nostra amatissima è misconosciuta e le sue canzoni inascoltate; lei stessa dice: "mi dispiace, non so parlare così bene da intrattenere, ho accumulato parole inascoltate, le conservo coi fiori sul davanzale". Non c’è un Maurizio Costanzo che la inviti in televisione, una stazione radiofonica nazionale che passi un suo brano o un telegiornale che annunci l’uscita di un suo ciddì; per trovare un suo disco devi spulciare in 3 negozi della capitale, basti pensare che "Nido" ha venduto più copie nel Regno Unito che da noi..Immaginiamoci se gli inglesi capissero cosa dice!! "Mi dispiace Cristì! Non sarai mai ricca e famosa se continui così!" Ma a lei evidentemente non interessa questo tipo di successo, è un’artista autentica, come pochi ancora: versa l’anima nella penna e nella cassa armonica sul ginocchio senza pensare ai riscontri commerciali; si accontenta, inconsapevolmente, di quello zoccolo duro che scalpita soltanto a sentire il suo nome..Lei passerà inosservata per altri dieci anni e quando le persone se ne accorgeranno si sentiranno fieri di essere italiani e si chiederanno dove fossero vissuti fino a quel momento, ma soprattutto si domanderanno come abbia fatto Carmen Consoli ad avvalorarsi del titolo di "cantantessa d’Italia"!

          Francesco Collepardo

          1. Grazie…

            grazie.

            Belle foto, vero?

            sono tratte dal sito http://www.stellebuone.it

            l’autore è Fabbbio ‘dde Roma.

            Ne è valsa proprio la pena di andare fino ad Agliana, provincia di Pistoia. Gran bel concerto! 🙂

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.